La Trinità |
Alcuni ritengono che l'uguaglianza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo sia difficilmente concepibile in quanto la Scrittura dice: Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio. ( 1 Cor 1,24 )
Non sembra vi sia uguaglianza perché il Padre non è personalmente la forza e la sapienza, ma il genitore della forza e della sapienza.
E certamente indagare in che senso il Padre si chiami Dio della forza e della sapienza è cosa che ordinariamente esige una riflessione tutt'altro che superficiale.
Ora l'Apostolo afferma: Cristo è la forza di Dio e la sapienza di Dio.
Partendo da questo testo alcuni dei nostri hanno argomentato contro gli Ariani, contro quelli precisamente che per primi si ribellarono alla fede cattolica, contrapponendo il seguente ragionamento.
Si attribuisce allo stesso Ario questa argomentazione: Se Cristo è figlio, è nato.
Se è nato vi fu un tempo in cui il figlio non esisteva.1
Ario dunque non comprendeva che anche l'essere nato, in Dio, è eterno, cosicché il Figlio è coeterno al Padre, come lo splendore che il fuoco genera e diffonde è coevo al fuoco e sarebbe coeterno se il fuoco fosse eterno.
Perciò alcuni Ariani più tardi hanno respinto questa opinione ed ammesso che il Figlio di Dio non ha avuto inizio nel tempo.
Ma nelle controversie che i nostri sostennero con coloro che affermavano: Vi fu un tempo in cui il Figlio non esisteva, alcuni inserivano anche questo ragionamento: "Se il Figlio di Dio è la forza e la sapienza di Dio, e se Dio non è mai stato senza la forza e la sapienza, il Figlio è coeterno a Dio Padre.
Ora l'Apostolo afferma: Cristo è la forza e la sapienza di Dio, ed è stolto pretendere che Dio in qualsiasi momento non abbia avuto la forza e la sapienza; dunque non vi fu alcun momento in cui non esistesse il Figlio".2
Questo ragionamento ci obbliga ad ammettere che Dio Padre non è sapiente se non in quanto possiede la sapienza da lui generata,3 non in quanto è da sé la stessa sapienza.
Inoltre, se le cose stanno così, bisogna vedere se anche lo stesso Figlio possa essere chiamato "Sapienza da sapienza", come è chiamato "Dio da Dio", "Luce da luce", nel caso che il Padre non sia la sapienza stessa, ma il genitore della sapienza.
In questa ipotesi, perché il Padre non sarebbe anche il genitore della sua grandezza e della sua bontà, della sua eternità, della sua onnipotenza, in modo da non essere lui stesso la sua grandezza e la sua bontà e la sua eternità e la sua onnipotenza, ma grande per la grandezza che ha generato e buono per la bontà, eterno per l'eternità, onnipotente per l'onnipotenza nata da lui, allo stesso modo che egli non è lui stesso la sua sapienza, ma sapiente per la sapienza che è nata da lui? ( Sir 1,4 )
Infatti non c'è da pensare di sentirci costretti ad ammettere l'esistenza di molti figli di Dio - lasciando da parte l'adozione della creatura - figli coeterni al Padre, se il Padre è genitore della sua grandezza e della sua bontà e della sua eternità e della sua onnipotenza.
A questo sofisma infatti è facile rispondere: sebbene siano nominate molte cose, non ne consegue che egli sia padre di molti figli coeterni, alla stessa maniera che dal fatto che Cristo è detto forza di Dio e sapienza di Dio, ( 1 Cor 1,24 ) non consegue che egli sia padre di due figli.
Infatti in lui la forza si identifica con la sapienza e la sapienza con la forza.
E lo stesso vale per tutte le altre denominazioni, cosicché la grandezza è identica alla forza e così anche si dica per tutti gli attributi già enumerati e per gli altri che si potrebbero enumerare.
Ma se al Padre in se stesso non si riconosce altro che quanto di lui si dice rispetto al Figlio, cioè padre, genitore, principio, essendo logicamente colui che genera principio per colui che viene generato;
se poi qualunque altro attributo gli è dato con il Figlio, o piuttosto nel Figlio: grande per la grandezza da lui generata, giusto per la giustizia da lui generata, buono per la bontà da lui generata, potente per la potenza, o per la forza da lui generata, sapiente per la sapienza da lui generata, mentre il Padre non è detto la grandezza stessa, ma il generatore della grandezza;
se, d'altra parte, l'attributo di Figlio è proprio del Figlio e non comune con il Padre, sebbene relativo al Padre, e tuttavia il Figlio non è grande da se stesso, bensì con il Padre di cui egli è la grandezza, ed ugualmente sapiente con il Padre di cui egli è la sapienza, come il Padre è sapiente con il Figlio, essendo sapiente per la sapienza da lui generata, ( Sir 1,4 )
ne consegue che tutti gli attributi che competono a ciascuna delle due Persone in senso assoluto non le competono con esclusione dell'altra, ossia ogni attributo che si riferisce alla loro sostanza li include entrambi.
Ne segue che né il Padre è Dio senza il Figlio, né il Figlio è Dio senza il Padre.
Ma ambedue insieme sono Dio.
E l'espressione: In principio era il Verbo, si ha da intendere: "Nel Padre era il Verbo".
Oppure se "in principio" equivale a prima di tutte le cose, nelle parole seguenti: E il Verbo era presso Dio, ( Gv 1,1 ) s'intende per Verbo solo il Figlio, non il Padre e il Figlio insieme come un unico Verbo.
( Si corrispondono infatti Verbo ed Immagine; ( Col 1,15 ) ma il Padre e il Figlio non sono insieme una Immagine, bensì solo il Figlio è Immagine del Padre come è suo Figlio; non sono ambedue insieme un unico Figlio ).
Nell'affermazione successiva: E il Verbo era presso Dio, ( Gv 1,1 ) interessa intendere il Verbo per il solo Figlio, era presso Dio non per il solo Padre, ma Dio come Padre e Figlio insieme.
Che c'è di strano se in questo modo possiamo esprimerci a proposito di certe cose molto diverse tra loro?
Infatti quali cose più differenti dell'anima e il corpo?
Eppure si può dire: L'anima era presso l'uomo, cioè nell'uomo, perché l'anima non è il corpo e l'uomo è insieme anima e corpo.4
Di modo che le parole che seguono: Il Verbo era Dio, s'intendono così: Il Verbo che non è il Padre, era Dio insieme con il Padre.
Qual è, dunque, la conclusione? Diciamo così nel senso che il Padre è il generatore della grandezza, ossia il generatore della propria forza, il generatore della propria sapienza; il Figlio è la grandezza, la forza e la sapienza; ( 1 Cor 1,24 ) Dio invece, grande, onnipotente, sono ambedue insieme?
Come allora Dio da Dio, luce da luce? Non infatti ambedue insieme Dio da Dio, ma solo il Figlio da Dio, cioè dal Padre; né ambedue luce da luce, ma solo il Figlio dalla luce, che è il Padre.
A meno che, forse, per suggerire ed inculcare sinteticamente la coeternità del Figlio con il Padre non sia stata usata l'espressione: "Dio da Dio" o "luce da luce", ed ogni altra espressione di questo genere, per dire: ciò che il Figlio non è senza il Padre, gli viene da ciò che il Padre non è senza il Figlio, cioè questa luce, che non è luce senza il Padre, da quella luce che è il Padre, il quale non è luce senza il Figlio; così nell'espressione: Dio - ciò che il Figlio non è senza il Padre - e da Dio - ciò che il Padre non è senza il Figlio - si comprende perfettamente che il genitore non è anteriore a ciò che ha generato.
Se è così, solo ciò che non sono tutti e due insieme, non si può dire di essi "questo da quello".
Come non si può dire "Verbo da Verbo", perché non sono Verbo tutti e due insieme, ma solo il Figlio; né "Immagine da Immagine", perché non sono ambedue insieme immagine, né "Figlio da Figlio", perché non sono ambedue insieme Figlio, secondo l'espressione: Io e il Padre siamo una sola cosa. ( Gv 10,30 )
Siamo una sola cosa è detto. Ciò che Egli è, lo sono anch'io secondo l'essenza, non secondo la relazione.
Ed ignoro se si trovi nella Scrittura l'espressione: "sono una sola cosa" a proposito di esseri di natura differente.
Ma se anche vi sono esseri della stessa natura, ma di sentimenti diversi non sono una sola cosa certo, in quanto hanno sentimenti diversi.
Quando raccomandò i suoi discepoli al Padre, Cristo, se già fossero stati una cosa sola per il fatto che erano uomini, non avrebbe detto: Che siano una sola cosa, come anche noi siamo una sola cosa. ( Gv 17,11 )
Ma Paolo ed Apollo erano tutti e due uomini e pensavano allo stesso modo, e così l'Apostolo disse: Colui che pianta e colui che irriga sono una stessa cosa. ( 1 Cor 3,4.8 )
Dunque l'espressione "una sola cosa" quando non si specifica di che unità si tratti, e si dice che sono una sola varie cose, significa che sono di una identica natura ed essenza, senza dissomiglianza e dissentimento.
Se al contrario si precisa di che unità si tratta, l'espressione può applicarsi ad una cosa composta di molti elementi, anche di diversa natura.
Per esempio l'anima ed il corpo non sono evidentemente una sola cosa - che c'è infatti di più diverso? - a meno che non si precisi o sottintenda di che unità si tratti: un uomo o un animale.
Perciò l'Apostolo dice: Colui che si unisce ad una meretrice, è un solo corpo con essa. ( 1 Cor 6,16 )
Non disse "sono una sola cosa", oppure "è una sola cosa", ma aggiunse la parola "corpo", quasi si trattasse di un solo corpo, composto dal contatto dei due differenti corpi dell'uomo e della donna.
E ancora: Colui che si unisce al Signore è un solo spirito. ( 1 Cor 6,17 )
Non disse: "Colui che si unisce al Signore è uno solo, o sono una cosa sola", ma aggiunse la parola: spirito.
Infatti lo spirito di Dio e lo spirito dell'uomo sono una cosa diversa per natura, ma per l'unione si forma un solo spirito da due spiriti diversi, in modo tale che lo spirito di Dio è beato e perfetto senza lo spirito dell'uomo, ma lo spirito dell'uomo non è beato che con Dio. ( 1 Cor 2,11-14; 1 Cor 3,16; Gen 1,2 )
Né è casuale il fatto, credo, che nel Vangelo di San Giovanni il Signore, pur parlando tante volte e con tanto vigore dell'unità, della sua unità con il Padre, o della mutua unità tra noi, non abbia mai detto: "Che noi ed essi siamo una cosa sola", ma: Che siano una sola cosa, come anche noi siamo una sola cosa. ( Gv 17,11 )
Dunque il Padre ed il Figlio sono una sola cosa, beninteso, di un'unità di sostanza e un solo Dio, un solo grande, un solo sapiente, come si è dimostrato.
Ma allora, in che cosa è più grande il Padre? ( Gv 14,28 )
Se è più grande, è più grande per la grandezza.
Ma perché la sua grandezza è suo Figlio e questo non è certo più grande di colui che lo ha generato, né quest'ultimo più grande della grandezza per la quale è grande, ne consegue che è uguale, ma come uguale se non per quello che è, non distinguendosi in lui l'essere dall'essere grande?
Se fosse per l'eternità che il Padre è più grande, il Figlio non è uguale a lui sotto ogni aspetto.
Da che cosa proviene infatti la sua uguaglianza?
Se si risponde che proviene dalla grandezza, è facile controbattere che non è uguale una grandezza che è meno eterna dell'altra e così di seguito.
O forse è uguale per la forza, ma ineguale in sapienza?
Ma come può essere uguale una forza che ha meno sapienza dell'altra?
O è forse uguale in sapienza, ma non in forza?
Ma come può essere uguale una sapienza che ha meno potenza dell'altra?
Non resta dunque che concludere che, se in una cosa non è uguale, non è uguale da nessun punto di vista.
Ma la Scrittura proclama: Non giudicò rapina l'essere uguale a Dio. ( Fil 2,6 )
Perciò, per quanto nemico della verità uno sia, purché rispetti l'autorità dell'Apostolo, è costretto a riconoscere l'uguaglianza del Figlio con Dio, sotto ogni aspetto, come in uno solo.
Scelga quello che vorrà: sarà sufficiente per provargli l'uguaglianza del Figlio in tutto ciò che si predica della sua sostanza.
Succede la stessa cosa con le virtù dell'anima umana.
Le une rispondono ad una nozione, le altre ad un'altra, ma non sono affatto separate le une dalle altre, di modo che coloro che sono uguali, per esempio, in fortezza, lo saranno pure e in prudenza, e giustizia e temperanza.
Se infatti affermerai che costoro sono uguali in fortezza, ma che uno è superiore in prudenza, ne consegue che la fortezza degli altri è meno prudente e perciò non sono uguali nemmeno in fortezza, essendo più prudente la fortezza di uno di essi.
Ed osserverai la stessa cosa delle altre virtù, se le passerai in rivista alla stessa maniera.
Infatti non si tratta del vigore del corpo, ma della fortezza dell'anima.
Con quanta maggiore perfezione si verificherà questa stessa cosa in quella immutabile ed eterna sostanza, incomparabilmente più semplice dell'anima umana?
Perché, per l'anima umana, essere non è la stessa cosa che essere forte, o prudente, o giusta, o temperante; infatti può esistere l'anima senza possedere nessuna di queste virtù; ma per Dio essere è la stessa cosa che essere potente, o giusto, o sapiente e tutto ciò che attribuirai a quella semplice molteplicità o molteplice semplicità per designare la sua sostanza.
Perciò, sia che l'espressione "Dio da Dio" si adoperi in modo che il nome Dio convenga a ciascuno di essi in particolare non tuttavia nel senso che ambedue insieme siano due dèi, ma un solo Dio ( essi infatti sono tanto uniti tra loro come l'Apostolo afferma anche di sostanze distanti e differenti tra loro.
Per esempio il Signore da solo è Spirito ( Gv 3,6; Gv 4,24; 1 Cor 2,11 ) e da solo lo spirito dell'uomo è spirito.
Tuttavia se lo spirito umano aderisce al Signore fa un solo spirito, ( 1 Cor 6,17 ) quanto più allora l'unità non sarà da affermarsi là dove vige un vincolo così indistruttibile ed eterno, affinché non si abbia l'aria di pensare in maniera assurda ad un figlio di due persone quando si parla di Figlio di Dio, ( Mt 14,33; Mt 16,16; Mc 1,1; Mc 3,12; Lc 1,35; Lc 4,41; Gv 1,34-49; Gv 6,70; Gv 10,36; Gv 20,31; 1 Gv 3,8; 1 Gv 4,15; 1 Gv 5,5 ) se il nome di Dio non si applica ad ambedue insieme ), sia che tutto ciò che si dice di Dio come indicante la sua sostanza non si predichi che di ambedue, anzi della stessa Trinità insieme; sia dunque vera la prima ipotesi o la seconda - il problema è da discutersi più a fondo - per l'argomento di cui ora trattiamo ci basta sapere che il Figlio non è uguale al Padre in nessuna maniera se si rivela ineguale a lui in qualche cosa che concerna la sua sostanza, come già abbiamo mostrato.
Ma l'Apostolo ha detto che è uguale, perciò il Figlio è uguale al Padre sotto ogni aspetto, ( Fil 2,6 ) ed è di una medesima ed unica sostanza.
Per questo anche lo Spirito Santo sussiste insieme in questa medesima unità e uguaglianza di sostanza.
Sia egli infatti l'unità delle due altre Persone, o la loro santità, o il loro amore, sia la loro unità perché è il loro amore, e sia il loro amore perché è la loro santità, è chiaro che non è affatto una delle due prime Persone, in cui si attua il vincolo della loro mutua unione, in cui il generato sia amato dal suo generante ed ami il suo generatore, in cui tutti e due conservino, non per partecipazione, ma per loro essenza, non per il dono di un essere superiore, ma per il dono di sé, l'unità di spirito nel vincolo della pace. ( Ef 4,3 )
E ciò che ci viene comandato di imitare, aiutati dalla grazia, ( Dt 6,5; Dt 10,12; Dt 11,13; Mt 22,37-38; Mc 12,29-31; Lc 10,27; Gv 13,34; Gv 15,12-17; Lv 19,18; Rm 13,9; Gal 5,14; Gc 2,8 ) sia nei riguardi di Dio, sia tra noi stessi; in questi due precetti è contenuta tutta la Legge ed i Profeti. ( Mt 22,40 )
E così questi Tre sono un solo Dio unico, grande, sapiente, santo, beato.
Noi invece siamo beati da lui, per mezzo di lui, in lui, ( Rm 11,36 ) perché per grazia sua siamo una sola cosa tra noi ed un solo spirito ( 1 Cor 6,17 ) con lui, sempre che la nostra anima si unisca a lui.
Aderire a Dio è il nostro bene, ( Sal 73,28 ) perché egli perderà chiunque gli è infedele. ( Sal 73,27 )
Lo Spirito Santo è dunque qualcosa di comune al Padre e al Figlio, qualsiasi cosa sia, o più precisamente la stessa comunione consustanziale ed eterna; se il nome di amicizia le si addice, la si chiami così, ma è più esatto chiamarla carità.
Ed anche questa carità è sostanza, perché Dio è sostanza e Dio è carità, ( 1 Gv 4,16 ) secondo la Scrittura.
D'altra parte, come la carità è sostanza insieme con il Padre e con il Figlio così anche insieme è grande, buona, santa e tutto ciò che di Dio si dice in senso assoluto, perché per Dio è la stessa cosa essere ed essere grande o buono o gli altri attributi, come sopra abbiamo mostrato.
Infatti se in lui la carità è meno grande della sapienza, la sapienza non è amata, tale quale è, ma la sapienza è uguale al Padre, ( Fil 2,6 ) come sopra abbiamo indagato; perciò è uguale anche lo Spirito Santo e, se è uguale, è uguale sotto ogni aspetto per la somma semplicità di quella sostanza divina.
Di conseguenza non sono più di tre: uno che ama colui che ha origine da lui, uno che ama colui dal quale ha origine, e l'amore stesso.
E se questo è niente, in che modo Dio è carità? ( 1 Gv 4,8 )
E se questo non è sostanza, in che modo Dio è sostanza?
Se ci si chiede come questa sostanza è semplice e molteplice, bisogna prima osservare perché la creatura è composta e in nessun modo veramente semplice.
Anzitutto l'universo corporeo si compone, beninteso, di parti in modo che vi è una parte più grande, un'altra più piccola, e l'universo è più grande di qualsiasi sua parte, per quanto grande essa sia.
Infatti il cielo e la terra sono parti della massa dell'universo e la terra sola o il cielo solo a loro volta si compongono di innumerevoli parti e la terza parte è minore del resto e la metà minore del tutto.
L'insieme del mondo che si è soliti chiamare con i nomi delle sue due parti, il cielo e la terra, è più grande certo che il cielo e la terra presi separatamente.
Inoltre in ogni corpo altra cosa è la grandezza, altra il colore, altra la forma.
Infatti può diminuire la grandezza, pur restando immutati il colore e la forma; può mutare il colore, restando identica la forma e la grandezza; può cambiare la forma, pur conservando il corpo la sua grandezza e il suo colore.
Tutte le proprietà fisiche attribuite al corpo possono trasformarsi tutte insieme o alcune senza le altre.
Di qui si ha la prova che la natura corporea è composta e manca assolutamente di semplicità.
La stessa creatura spirituale, l'anima per esempio, paragonata al corpo è molto più semplice, ma al di fuori di questo paragone, è composta; anch'essa è priva di semplicità.
Certo è più semplice del corpo, perché non espande la sua mole nello spazio, ma in ogni corpo è tutta intera nel tutto, tutta intera in ogni parte e per questo, quando accade nella più piccola particella del corpo un qualcosa che l'anima possa sentire, sebbene ciò non accada nel corpo intero, l'anima lo sente tutta intera, perché ad essa tutta intera non sfugge.
Tuttavia anche per l'anima una cosa è essere attiva, altra essere inerte; una cosa aver lo spirito penetrante, altra la memoria fedele; una cosa è il desiderio, altra il timore; una cosa è la gioia, altra la tristezza, e queste disposizioni possono trovarsi nella natura dell'anima le une senza le altre, alcune con maggiore intensità, altre con minore, in maniera infinita, incalcolabile.
È perciò evidente che l'anima non è una natura semplice, ma molteplice.
Infatti nulla di ciò che è semplice è mutevole, ma qualsiasi creatura è mutevole.
Dio invece riceve molti attributi: grande, buono, sapiente, beato, verace e ogni altro non indegno di lui.
Ma la sua grandezza s'identifica con la sua sapienza ( infatti non è grande per la sua mole, ma per la sua potenza ), e la sua bontà è la stessa cosa che la sua sapienza e grandezza, e la stessa verità è la identica cosa che tutto questo.
Ed in lui non è altra cosa l'essere beato e l'essere grande e sapiente, o vero, o buono, o semplicemente l'essere.
7.9 Né perché è Trinità ne consegue che si debba ritenerlo triplice: altrimenti il Padre solo, o il Figlio solo sarebbero minori del Padre e Figlio insieme.
Sebbene d'altra parte non si veda come si possa parlare di Padre solo e di Figlio solo, perché l'uno è sempre inseparabilmente con il Figlio, l'altro con il Padre; non che siano tutti e due Padre o tutti e due Figlio, ma perché sono sempre l'uno con l'altro, mai solo né l'uno né l'altro.
Allo stesso modo noi diciamo un Dio "solo" la stessa Trinità, benché sia sempre in compagnia degli spiriti e delle anime sante, ma noi lo chiamiamo "solo" in quanto è Dio, perché questi non sono Dio con lui, altrettanto diciamo del Padre che è "solo", non perché sia separato dal Figlio, ma perché non sono Padre tutti e due insieme.
Poiché dunque tanto grande è il Padre da solo o il Figlio da solo o lo Spirito Santo da solo, quanto il Padre il Figlio e lo Spirito Santo insieme, in nessun modo si deve dire triplice.
I corpi crescono per addizione.
Sebbene colui che si unisce alla sua sposa non faccia che un solo corpo, ( Ef 5,31; Gen 2,24; 1 Cor 6,16 ) tuttavia questo è un corpo più grande che se fosse il corpo dell'uomo solo o della donna sola.
Ma nelle cose spirituali, quando il più piccolo si unisce al più grande, come la creatura al Creatore, il primo diventa più grande di quello che era, non il secondo.
Infatti in queste realtà la cui grandezza non è quantitativa, divenir più grande equivale a divenire migliore.
Ora migliore si fa lo spirito creato aderendo al Creatore cui prima non aderiva, e in tanto anche più grande in quanto migliore.
Chi dunque si unisce al Signore è un solo spirito, ( 1 Cor 6,17 ) ma il Signore non diventa per questo più grande, sebbene lo diventi colui che al Signore si unisce.
Ebbene in Dio stesso quando il Figlio, che è uguale al Padre, aderisce al Padre, che è uguale al Figlio, e lo Spirito Santo, che è loro uguale, aderisce al Padre e al Figlio, Dio non diviene più grande di ciascuno di loro, perché quella perfezione non può crescere in alcun modo.
Perfetto tanto il Padre, tanto il Figlio, tanto lo Spirito Santo e perfetto Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, e perciò Trinità piuttosto che triplicità.
Poiché abbiamo mostrato in che modo il Padre possa dirsi solo, cioè nel senso che nella Trinità egli soltanto è Padre, dobbiamo esaminare l'affermazione che il solo vero Dio non è il Padre soltanto, ma il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Se qualcuno chiede: "Il Padre solo è Dio?" come rispondere che non lo è, a meno forse di dire: "Il Padre è Dio, ma non il solo Dio, perché il solo Dio è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo".
Ma come interpreteremo allora la testimonianza del Signore?
Egli parlava al Padre - e "Padre" era il nome che dava a colui al quale si rivolgeva - quando esclamò: Questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio. ( Gv 17,3 )
Gli Ariani sono soliti interpretare quella affermazione nel senso che il Figlio non è vero Dio.5
Lasciando da parte costoro, occorre vedere se siamo obbligati a intendere questa espressione del Signore, rivolta al Padre: Che conoscano te solo Dio vero, ( Gv 17,3 ) nel senso che abbia voluto far intendere che il solo Padre è il vero Dio e metterci in guardia dal pensare che sono un solo Dio i Tre insieme: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Non è forse dunque basandoci sulla testimonianza del Signore che noi chiamiamo il Padre solo vero Dio, il Figlio solo vero Dio, lo Spirito Santo solo vero Dio e il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo insieme, cioè tutta la Trinità insieme, non tre veri dèi, ma l'unico vero Dio?6
O perché ha aggiunto: E colui che hai mandato, Gesù Cristo, ( Gv 17,3 ) si debbono sottintendere le parole: "unico vero Dio" e ordinare così la frase: "che conoscano te e colui che hai mandato Gesù Cristo, come l'unico vero Dio"?
Perché allora non parla dello Spirito Santo?
Forse perché ovunque si nomina una realtà unita ad un'altra con una pace così profonda che di queste due cose se ne fa una, si deve di conseguenza pensare a questa stessa pace, sebbene non sia menzionata?
Infatti l'Apostolo sembra quasi passare sotto silenzio lo Spirito Santo, e tuttavia pensa a lui nel passo: Tutto è vostro, voi siete di Cristo e Cristo è di Dio; ( 1 Cor 3,22-23 ) e altrove: Il capo della donna è l'uomo; il capo dell'uomo è Cristo; il capo di Cristo è Dio. ( 1 Cor 11,3 )
Ma d'altra parte, se non sono Dio che queste tre Persone insieme, come può essere Dio il capo di Cristo, cioè come può essere la Trinità il capo di Cristo, dato che Cristo appartiene alla Trinità, perché vi sia la Trinità?
Forse ciò che è il Padre congiuntamente con il Figlio, è capo di ciò che è il Figlio solo?
Infatti il Padre è Dio in unione con il Figlio, ma il Figlio solo è Cristo, considerato soprattutto che è il Verbo fatto carne ( Gv 1,14 ) che parla.
È anche per questo suo umile stato che il Padre è più grande di lui, come lo afferma: Perché il Padre è più grande di me. ( Gv 14,28 )
Così lo stesso essere Dio, che il Verbo ha in comune con il Padre, è capo dell'uomo mediatore, che il Verbo solo è.
Infatti se noi siamo nel giusto quando affermiamo che lo spirito è l'elemento principale dell'uomo, ossia, se così si può dire, che è il capo della sostanza umana pur essendo, l'uomo, uomo per il suo spirito; perché non è più esatto e molto preferibile affermare che il Verbo è, con il Padre, Dio insieme con lui, capo di Cristo, sebbene sia impossibile pensare il Cristo uomo, ( 1 Tm 2,5 ) senza la presenza del Verbo fatto carne? ( Gv 1,14 )
Ma, come si è già detto, considereremo più attentamente questo punto più avanti.
Per il momento abbiamo dimostrato, quanto più brevemente l'abbiamo potuto, l'uguaglianza, l'unità e l'identità sostanziale della Trinità affinché in qualunque modo si presenti la questione di cui si è appena parlato, e la cui discussione abbiamo rimandato per sottoporla ad un esame più attento, niente ci impedisca di riconoscere la suprema uguaglianza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Uno scrittore, volendo far comprendere in poche parole le proprietà di ciascuna delle Persone della Trinità disse: L'eternità è nel Padre, la forma nell'Immagine, la fruizione nel Dono.7
Si tratta di un uomo la cui autorità è grande nell'interpretazione delle Scritture e nella difesa della fede.
È Ilario che ha scritto ciò nei suoi libri.
Di questi termini: Padre, Immagine, Dono, eternità, forma, fruizione, ho scrutato, per quanto ne sono capace, il senso nascosto e non credo di essermi discostato dal suo pensiero a proposito della parola "eternità" intendendola così: Il Padre non ha un Padre da cui procede, il Figlio invece riceve dal Padre e la sua esistenza e la sua coeternità con lui.
Se l'immagine infatti riproduce perfettamente la realtà di cui è immagine, è essa che si eguaglia alla realtà e non questa all'immagine.
In questa immagine egli pone in risalto la forma, a causa, penso, della bellezza.
In essa vi è una così perfetta proporzione, la suprema uguaglianza, la suprema rassomiglianza, senza alcuna differenza, senza nessuna specie di ineguaglianza, senza la minima dissomiglianza, ma una corrispondenza fino all'identità con la realtà di cui è immagine.
In essa c'è la vita primale e suprema, per la quale vivere non è diverso dall'essere, ma la stessa cosa è l'essere e il vivere.
In essa vi è l'intelligenza prima e suprema per la quale non è diverso vivere e intendere, ma intendere è vivere, è essere tutt'uno.8
Essa è come un verbo perfetto, cui nulla manchi, una specie di arte di Dio onnipotente e sapiente, piena di tutte le ragioni immutabili degli esseri viventi: tutte in essa sono un'unica cosa, come essa è qualcosa d'uno che ha origine dall'Uno con il quale è una sola cosa.
In essa Dio conosce tutto ciò che ha fatto per mezzo di essa e così, mentre i tempi passano e si succedono, niente passa e niente si succede nella scienza di Dio.
Infatti gli esseri creati, non sono conosciuti da Dio perché sono stati creati, ma piuttosto sono stati creati, anche se mutevoli, perché immutabilmente conosciuti da lui.
Così quell'ineffabile amplesso del Padre e dell'Immagine non è senza fruizione, senza carità, senza gioia.
Questa dilezione, questo diletto, questa felicità, o, diciamo, beatitudine, se tuttavia una parola umana può esprimerla adeguatamente, Ilario chiama in maniera concisa "fruizione" ed è nella Trinità lo Spirito Santo che non è generato, ma è la soavità del genitore e del generato e inonda con la sua liberalità, con la sua abbondanza immensa tutte le creature secondo la loro capacità, affinché conservino il loro ordine e riposino nei loro luoghi.
Dunque tutte queste opere dell'arte divina presentano in sé una certa unità, forma ed ordine.
Ognuna di queste costituisce qualcosa di uno, come le nature corporee e i caratteri delle anime; è costituita secondo una certa forma, come le figure e le qualità dei corpi, le teorie e le tecniche delle anime; persegue o tiene un determinato ordine, come i pesi e le posizioni dei corpi, gli amori ed i piaceri delle anime.
È dunque necessario che, conoscendo il Creatore per mezzo delle sue opere, ( Rm 1,20 ) ci eleviamo alla Trinità, di cui la creazione, in una certa e giusta proporzione, porta la traccia.
È nella Trinità infatti che si trova la fonte suprema di tutte le cose, la bellezza perfetta, il gaudio completo.
Così queste tre cose sembrano determinarsi da sé vicendevolmente e sono in se stesse infinite.
Però quaggiù nelle cose corporee una cosa sola non è uguale a tre cose insieme e due cose sono più di una sola, mentre nella suprema Trinità una cosa sola è tanto grande quanto tre cose insieme, e due non sono maggiori di una.
Inoltre sono in se stesse infinite.
Così ciascuna di esse è in ciascuna delle altre, tutte sono in ciascuna, ciascuna in tutte, tutte in tutte e tutte sono una sola cosa.
Colui che vede ciò anche parzialmente, anche per specchio, in enigma, ( 1 Cor 13,12 ) goda di conoscere Dio, l'onori come Dio e gli renda grazie.
Colui che non lo vede, si sforzi di vederlo per mezzo della pietà non di calunniare per la sua cecità.
Perché c'è un solo Dio, ma è Trinità.
Dunque non bisogna intendere come dette alla rinfusa queste parole: Dal quale, per mezzo del quale, nel quale sono tutte le cose, ( Rm 11,36; 1 Cor 8,6 ) e non a molti dèi ma: a lui è la gloria nei secoli dei secoli. Amen. ( Rm 11,36 )
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1 | Ilario, De Trin. 1, 34; Ambrogio, De fide 1, 18, 120; 1, 19, 123; 4, 8, 79; 4, 9, 96; Prof. ariana et prof. cath. 10, 24; Eusebio da Vercelli, Trin. 5, 17-19 |
2 | Ibid |
3 | Agostino, Retract. 1,25; Eccli 1, 4 |
4 | Cicerone, De fin. bon. mal. 4, 7, 16; 5, 12, 34; Sallustio, Iug. 2, 1; Lattanzio, Instit. 7, 5, 16 |
5 | Tomus Damasi, Anath. 12 |
6 | Tomus Damasi, Anath. 24-25 |
7 | Ilario, De Trin. 2, 1, 1 |
8 | Mario Vittorino, Adv. Arium 4, 16; 21; 22 |