La dignità dello stato vedovile |
Nell'esordio di quest'operetta avevo promesso di svolgere i due aspetti necessari del problema che avevo indicati: l'esposizione della dottrina e l'esortazione alla pratica.
Avendo quindi sviluppato, secondo le mie possibilità e secondo le esigenze dell'argomento, il primo tema, veniamo al secondo, affinché il bene conosciuto con esattezza venga amato con l'ardore che merita.
La prima esortazione che ti rivolgo è che l'amore che provi per la santa continenza lo attribuisca alla bontà di Dio e ne lo ringrazi.
È stato infatti Dio a concederti in abbondanza il suo Spirito e a diffondere la sua carità nel tuo cuore. ( Rm 5,5 )
Così, mediante l'amore per un bene più grande, ti sei privata della facoltà di usare una cosa che pure ti era lecita.
Egli ti ha elargito [ la grazia ] che non ti piacesse sposarti anche quando ciò ti era lecito: così che, poi, non ti fosse più lecito, anche se ti piacesse.
Anzi, dall'esserti privata d'una cosa che ti era lecita, è seguita una volontà più stabile nel rinunziare a quello che non ti era più lecito.
Tu, vedova di Cristo, hai meritato anche la bella sorte di vedere tua figlia vergine di Cristo.
Mentre tu preghi come Anna, lei è diventata ciò che era Maria.
Quanto più, dunque, ti persuaderai che tutto questo è dono di Dio, tanto più ne sarai felice; anzi, non sarai felice se non riconoscendo da chi ti viene ciò che hai.
Bada alle parole che in proposito dice l'Apostolo: Noi non abbiamo ricevuto lo spirito di questo mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, per riconoscere i doni che Dio ci ha elargiti. ( 1 Cor 2,12 )
C'è infatti della gente, e non poca, che da Dio ha ricevuto innumerevoli doni, ma se ne gloria con empia vanità, ignorando colui dal quale li ha ricevuti.
Nessuno, tuttavia, può raggiungere la beatitudine mediante i doni divini, se si mostra ingrato verso il donatore.
In tal ordine di idee rientra l'invito, che ci viene rivolto durante i sacri misteri, di avere in alto il cuore.
Siccome una tale ingiunzione possiamo eseguirla soltanto con l'aiuto di colui che ci esorta e comanda, per questo - cioè affinché del grande privilegio che è avere il cuore rivolto al cielo non attribuiamo a noi il merito, quasi sia una conquista delle nostre forze - viene aggiunta l'esortazione a ringraziare il Signore Dio nostro.
Subito dopo, infatti, ci viene ricordato questo [ dovere ] e che esso è cosa degna e giusta.
Se ti ricordi da dove sono prese queste espressioni, ti sarà facile apprezzarne l'autorità e capirne la eccelsa santità.
Tieni, dunque, caro ciò che hai ricevuto, e ringraziane sempre chi te l'ha donato.
Benché infatti il ricevere e il possedere siano azioni tue, quello che possiedi lo hai ricevuto da altri.
E allora ricorda quel che la Verità, per bocca dell'Apostolo, dice al superbo che si gloria empiamente dei propri beni, quasi che li avesse per le proprie risorse: Cos'hai tu, che non l'abbia ricevuto?
Se lo hai ricevuto, perché te ne glori, come se non lo avessi ricevuto?. ( 1 Cor 4,7 )
A dire queste cose mi spingono le chiacchiere insipide di certa gente che - occorre dirlo fra le lacrime - si comporta da nemica della grazia di Cristo. ( Fil 3,18 )
Sono parole da fuggirsi con ogni cautela; eppure, a forza di risuonare agli orecchi, hanno cominciato a insinuarsi nell'animo di molti.
Discorsi che mirano a creare la persuasione che la preghiera non è affatto necessaria per non cedere alla tentazione.
Gli autori della teoria si battono con accanimento in difesa del libero arbitrio dell'uomo, e dicono che esso, da solo, senza l'aiuto della grazia di Dio, ci rende capaci di adempiere quanto ci viene comandato dal Signore.
Ne deriva, è ovvio, che il Signore ci prescrive senza un vero motivo di vigilare e pregare per non entrare in tentazione, ( Mt 26,41 ) e che noi invano diciamo ogni giorno nell'orazione insegnataci dal Signore: Non ci esporre alla tentazione. ( Mt 6,13 )
Se infatti noi, da soli, possiamo impedire che la tentazione ci vinca, perché dovremmo pregare per non entrarvi o non esservi esposti?
Eseguiamo piuttosto ciò che rientra nell'ambito del nostro libero arbitrio e del nostro potere sovrano, e prendiamoci gioco dell'Apostolo e delle sue parole: Dio è fedele e non permette che voi siate tentati sopra le vostre forze. ( 1 Cor 10,13 )
Opponiamoci a lui e diciamogli: "Ma perché dovrei andare dal Signore e chiedergli una cosa che egli ha posto in mio potere?".
Ma non sia mai che uno, con la testa a posto, la pensi in questa maniera!
Chiediamo, quindi, al Signore che ci dia quello che ci comanda di avere.
Egli infatti, se comanda d'avere ciò che ancora non abbiamo, è per insegnarci cosa dobbiamo chiedergli e affinché, quando ci accorgiamo di riuscire nell'opera comandata, ci ricordiamo della provenienza del dono ricevuto.
Così non succederà che, gonfiati e insuperbiti dallo spirito di questo mondo, misconosciamo i beni che Dio ci ha elargiti. ( 1 Cor 2,12 )
Non è vero quindi affatto che noi distruggiamo il libero arbitrio dell'uomo, quando ci rifiutiamo di negare, per superbia e ingratitudine, la grazia con cui Dio viene in aiuto del libero arbitrio e quando viceversa insistiamo con pietà e riconoscenza nell'affermarne il valore.
Nostro, infatti, è il volere; ma la nostra volontà, perché si muova, ha bisogno d'essere incitata; ha bisogno d'essere sanata perché possa agire, dilatata per ricevere, riempita per avere.
Se infatti noi non volessimo, non potremmo né ricevere i doni né possederli.
Chi, ad esempio, potrebbe avere la virtù della continenza - tanto per limitarmi a quello, fra i doni divini, che costituisce il tema del discorso che ti sto facendo -, chi potrebbe avere la continenza, ripeto, se non chi la vuole?
In effetti nessuno può ricevere alcunché senza volerlo.
Ma, se mi chiedi da chi venga accordata al nostro volere la possibilità di ricevere e di possedere, ascolta la Scrittura; anzi, siccome già la conosci, rammenta quel che hai letto: Sapendo che nessuno può essere continente, se Dio non glielo concede …; ed era già questo un frutto della sapienza: conoscere da chi provenisse un tal dono. ( Sap 8,21 )
Grandi sono questi due doni: la sapienza e la continenza!
Con la prima ci formiamo nella conoscenza di Dio; con la seconda evitiamo di conformarci a questo mondo.
Dio ci comanda di essere sapienti e continenti, possedendo queste due virtù, senza le quali sarebbe impossibile raggiungere la giustizia e la perfezione.
Preghiamo però Dio che, col suo aiuto e la sua ispirazione, ci elargisca quel che ci comanda: Dio che, attraverso il suo comando e la sua chiamata, ci ha indicato cosa dobbiamo volere.
Preghiamo pure che voglia conservarci quel che ci ha donato e accordarci quel che ci manca.
Sì, preghiamo. E siamogli riconoscenti per quel che abbiamo ricevuto.
Quanto invece a quello che ancora ci manca, abbiamo fiducia!
Lo riceveremo, se non saremo stati ingrati ai doni ricevuti.
Difatti colui che concede ai fedeli, se sposati, la grazia d'astenersi dall'adulterio e dalla fornicazione, dà alle sante vergini e vedove la forza d'astenersi da ogni commercio carnale: virtù, questa, che propriamente si chiama integrità o continenza.
E poi, si vorrà forse dire che noi riceviamo da Dio la continenza, e da noi stessi la sapienza?
Ma allora, che significherebbe l'espressione dell'apostolo Giacomo: Se qualcuno di voi non ha la sapienza, la chieda a Dio, che dona a tutti con larghezza, senza rinfacciare, e gli sarà concessa? ( Gc 1,5 )
Ma di questo argomento, con l'aiuto di Dio, abbiamo già parlato molto in altre operette e torneremo a parlare ancora in seguito, quando ci si presenterà l'occasione, per quanto è nelle nostre possibilità per dono di lui.
Ho voluto accennare a questi problemi per andare incontro a certi nostri fratelli, che ci amano con grande affetto, così come noi li riamiamo: i quali, benché senza colpa, tuttavia sono rimasti implicati nell'errore.
Essi pensano che, quando esortano gli altri alla giustizia o alla pietà, la loro esortazione non avrebbe efficacia se non riponessero in potere dell'uomo quell'insieme di iniziative che si prendono perché quest'uomo possa agire.
La volontà non sarebbe corroborata dalla grazia di Dio, ma esplicherebbe esclusivamente le risorse della sua libertà.
Come se la volontà potesse essere libera di portare a termine un'opera buona senza che venga liberata dalla grazia di Dio!
Né considerano, costoro, che è dono di Dio se riescono a esortare con quell'efficacia che vale a scuotere delle volontà fiacche sì che inizino a condurre una vita buona; se sono in grado d'infiammare le volontà fredde, di rettificare quelle deformate, di convertire quelle perverse, di mettere in pace le ribelli; se possono convincere delle persone ad attuare quanto suggeriscono.
Poiché, se non mirano a ottenere questo risultato nelle volontà dei loro simili, cosa si prefiggono? perché parlano? Le abbandonino piuttosto al loro arbitrio!
Se invece ottengono in esse di questi risultati, sarà mai possibile che un uomo con la sua parola influisca tanto in una volontà umana, e Dio non vi influisca per niente con il suo aiuto? Tutt'altro!
Ammettiamo pure che ci sia un uomo tanto valente per incisività di discorso che, con la sua abilità nelle discussioni e la soavità nel porgere, riesca ad immettere nella volontà umana la verità, ad alimentare la carità e a togliere con l'insegnamento l'errore e con l'esortazione l'accidia.
Vale però sempre quanto afferma l'Apostolo: Né colui che pianta è qualcosa, né colui che irriga, ma colui che fa crescere: Dio. ( 1 Cor 3,7 )
Vano sarebbe, quindi, tutto il lavoro che esteriormente compie l'operaio, se il Creatore non operasse al di dentro nascostamente.
Spero dunque che questa mia lettera per opera della tua Eccellenza giunga presto nelle mani di tali persone.
Per loro infatti mi sono sentito in dovere di trattare, sia pur brevemente, tali questioni.
Mi vi ha spinto anche un secondo motivo, e cioè che, se tu o qualsiasi altra vedova leggerete queste mie righe o ne ascolterete la lettura, sappiate che, ad amare e impossessarvi del bene della continenza, giovano più le vostre preghiere che non le nostre esortazioni.
Le quali, se in qualche modo vi tornano vantaggiose, non bisogna attribuirlo al ministro per cui mezzo vi giungono le parole, ma alla grazia di colui nelle cui mani - come dice la Scrittura - siamo noi e i nostri discorsi. ( Sap 7,16 )
Se tu non avessi consacrato a Dio la tua continenza vedovile, ti esorterei senz'altro a farlo.
Ma siccome il voto già l'hai emesso, ti esorto a perseverare.
Queste cose tuttavia debbo pur dirle, per innamorarne e far decidere in tal senso anche le persone che stavano orientandosi per le nozze.
Prestiamo ascolto all'Apostolo: Chi non si sposa, ha modo di occuparsi delle cose di Dio, per essere santa nel corpo e nello spirito.
Chi invece si sposa deve occuparsi in cose di mondo e di come piacere al marito. ( 1 Cor 7,34 )
Non dice: È occupata nelle cose del mondo sì da non poter essere santa; ma, certamente, la santità delle persone sposate è più limitata: nel senso che il loro pensiero è, in parte, occupato dalla ricerca di piaceri mondani.
La cristiana che non si sposa, al contrario, tiene raccolte - per così dire - tutte quelle risorse interiori che avrebbe dovuto spendere in cose necessarie per piacere al marito, e può indirizzarle a quell'unica meta che è piacere al Signore.
E nota subito chi è colui cui piace la persona che ha scelto di piacere al Signore.
Certamente più gli piace, più è felice: solo che, più si occupa delle cose del mondo, meno riesce a piacergli.
Vedete dunque di piacere con la massima intensità al più bello tra i figli degli uomini!
Se gli piacete, è opera della sua grazia: quella grazia che è cosparsa sulle sue labbra. ( Sal 45,3 )
Piacetegli anche con quella parte di energie spirituali che [ in altro genere di vita ] sarebbe occupata dal mondo, dal desiderio di piacere al marito.
Rendetevi accette a colui che ricusò d'essere accetto al mondo per liberare dal mondo coloro che avessero voluto piacere a lui.
Era infatti il più bello tra i figli degli uomini, ma, quando gli uomini lo mirarono sofferente sulla croce, non aveva né bellezza né attrattiva.
Il suo volto era sfigurato, il suo atteggiamento repellente. ( Is 53,3 )
Da questa deformità del vostro Redentore, tuttavia, è scaturito il prezzo della vostra bellezza: bellezza, si capisce, interiore, come sta scritto: Tutta la bellezza della figlia del re è nel di dentro. ( Sal 45,14 )
Sforzatevi di piacergli per questa bellezza.
Questa bellezza curate con impegno costante e con pensiero vigile e solerte.
Lui non ama le apparenze né le finzioni.
La Verità si compiace di cose vere; e lui, se hai penetrato bene le parole spesso lette, ha nome Verità, come egli stesso diceva: Io sono la via, la verità, la vita. ( Gv 14,6 )
Correte verso di lui, passando per lui.
Mediante il dono che viene da lui, procurate di piacergli.
Vivete con lui, in lui e di lui.
Cercate d'essere amate da un tale sposo con sentimenti veraci e con illibata purezza.
Voglia ascoltare queste raccomandazioni anche l'orecchio interiore di quella santa vergine che è tua figlia.
Che lei ti preceda, e di molto, nel regno del Sovrano celeste non mi sfugge; ma è tutt'altra questione.
E poi, tutt'e due, madre e figlia, avete incontrato la persona a cui piacere mediante la castità, che è la vostra comune bellezza, e per lei avete ricusato le nozze: tu le seconde, l'altra anche le prime.
Se aveste il marito a cui piacere, forse tu ti vergogneresti di ornarti con gli stessi monili che usa tua figlia.
Ma adesso non vi sembri sconveniente attendere insieme a ciò che costituisce il vostro ornamento: non è infatti colpevole, ma meritorio, farvi amare insieme da quella stessa persona.
Quanto alle tinte, bianche o rosse, per la vostra carnagione, so che, anche se aveste marito, non ne usereste di artefatte o preparate con cosmetici: non vi sembrerebbe cosa ben fatta ingannnarlo in tal modo né, per voi stesse, ricorrere a simili trucchi.
Vedete, dunque, di piacere insieme nella verità a quel Re che s'è invaghito della bellezza di quell'unica sposa di cui voi siete le membra. ( Sal 45,12; 1 Cor 12,27 )
A lui tenetevi insieme unite.
La tua figlia gli piaccia per l'integrità verginale, tu per la continenza vedovile: tutt'e due per la bellezza interiore.
In questa bellezza vi è socia, bella come voi, colei che per tua figlia è nonna, per te è suocera.
Costei sarà indubbiamente già invecchiata, ma, quanto al rigoglio di questa bellezza, finché c'è la carità a dilatarla e farla progredire, gli anni non la segnano con rughe.
E voi, questa matrona, santa nella famiglia e santa in Cristo, l'avete presso di voi.
Consultatela in merito alla vostra perseveranza: come si debba combattere in questa o in quest'altra tentazione, cosa fare per superarla con facilità, a quali cautele ricorrere per evitare nuove insidie, e altre cose simili.
Ve lo insegnerà certamente, lei che ormai è sicura per la lunga esperienza, ben disposta per l'affetto, premurosa per la religiosità, tranquilla per gli anni.
Tu soprattutto, tu ricorri a lei per consiglio in tali situazioni, sapendo che ella ha vissuto le stesse vicende che hai vissute tu.
Quanto alla vostra Demetriade, infatti, lei canta quel cantico che, secondo l'Apocalisse, soltanto i vergini possono cantare. ( Ap 14,3-4 )
La tua suocera prega per voi con più ardore che non per se stessa, ma la sua preoccupazione principale è rivolta alla nipote, cui la vita riserva più anni, e quindi più tempo per [ sostenere e ] vincere le tentazioni.
Quanto a te, ti vede più vicina alla sua età, e ti sa madre di una figlia che, se tu avessi veduta sposarsi ( cosa che oggi non le è più lecita, e che mai abbia a succedere! ), credo ti saresti vergognata, al pari di lei, d'aver messo al mondo.
E, circa l'età [ cosiddetta ] pericolosa, quanta vuoi che te ne rimanga?
Se infatti non sei chiamata nonna, non è forse perché tu stessa hai preferito essere, come tua figlia, feconda del frutto di santi pensieri e di opere buone?
Non è dunque senza un motivo che lei, la nonna, sia in pensiero principalmente per la nipote, per la quale anche tu, madre, sei in ansia.
Più impegnativo infatti è il voto che ha emesso e, avendo cominciato da poco, le resta tutto da realizzare.
Che il Signore ascolti le sue preghiere, affinché con una vita santa possiate rendere testimonianza ai meriti di colei che, dopo essere stata in gioventù madre di tuo marito, da vecchia sta partorendo il cuore di tua figlia.3
Tutte poi, insieme e d'accordo, vedete di piacere con la vostra condotta a quell'unico Sposo di quell'unica sposa, nel cui seno vivete in unità di spirito.
Siate assidue nell'orazione. ( Rm 12,12; Col 4,2 )
Il giorno passato non torna più.
Come ieri, così se ne va l'oggi; come l'oggi, così se ne andrà il domani.
Passano i tempi e le cose temporali tutte: finché non giunga la promessa, che sarà stabile.
Sarà salvo colui che avrà perseverato sino alla fine. ( Mt 10,22 )
Orbene, supposto che il mondo stia per finire, a che scopo dovrebbe, in tal caso, partorire la donna sposata?
Ovvero: perché sposarsi, desiderando in cuore la maternità, se poi di fatto non si avranno figli?
Se invece il mondo seguiterà ancora ad esistere, perché non amare, più che non il mondo, colui che ha creato il mondo?
Se presto svaniscono le attrattive mondane, non c'è motivo per cui un'anima cristiana le ricerchi avidamente; se dureranno a lungo lì è il caso di disprezzarle sospinti dalla santità.
Nella prima ipotesi il piacere non ha nulla da sperare; nella seconda, diviene maggiore il merito della carità.
Quanti poi saranno gli anni nei quali il corpo conserva in pieno il suo vigore, e che valore potranno mai avere?
Ci sono donne che pensano di sposarsi, anzi, ne smaniano ardentemente.
Capita che nessuno le guardi o che l'affare vada per le lunghe.
Così diventano vecchie: tanto che, alla fine, la vergogna di sposarsi viene a superare la voglia.
Altre si sposano, ma, appena sposate, i mariti se ne partono per terre lontane, e loro invecchiano nell'attesa del ritorno.
Vedove anzitempo, talvolta non hanno nemmeno la sorte di riabbracciare, vecchie, i loro vecchi compagni di vita, tornati finalmente a casa.
Fidanzati che ricusano o differiscono, mariti lungo tempo lontani.
Eppure si riesce a dominare l'istinto, e non si commette stupro o adulterio.
E dovrebb'essere impossibile contenersi al fine di evitare un sacrilegio?
Se si riesce a frenare la passione quando bolle fra un rinvio e l'altro, perché non riuscirci quando, stroncata sin dalla radice, ha ormai smesso di bruciare?
Più ardente infatti sentono la passione quelle persone che conservano in cuore la speranza d'assaporarne il piacere.
Quanto alle altre, invece, cioè coloro che non si sposano affatto, consacrando a Dio la loro castità, costoro eliminano ogni prospettiva di cedimento al piacere, che è l'esca della passione: e riescono più facilmente a domarla, in quanto non è tenuta desta da alcuna attesa.
Tuttavia, per vincerla, occorre ugualmente pregare; altrimenti, lo stesso fatto d'essere cosa illecita finisce col suscitare brame più ardenti.
Nello stato di santa castità, occorre che le gioie spirituali prendano il posto dei piaceri carnali: la lettura, l'orazione, la salmodia, i buoni pensieri, l'impegno in opere di bene, l'attesa della vita futura, l'elevazione del cuore.
E, inoltre, il ringraziamento al Padre di ogni lume per tutti questi benefici.
È da lui, infatti, che proviene ogni grazia eccellente, ogni dono perfetto; ( Gc 1,17 ) né in questo ci sono dubbi, poiché lo attesta la Scrittura.
Che se, al contrario, una persona, in luogo dei piaceri che gli sposati trovano nella convivenza col proprio coniuge, come per consolarsi andasse in cerca di altri piaceri ugualmente carnali, cosa le potrei io dire dei mali che gliene deriverebbero?
Lo ha detto concisamente l'Apostolo: Una vedova che viva tra i piaceri, già mentre vive è morta. ( 1 Tm 5,6 )
Voi pertanto, che avete resistito al desiderio di sposarvi, non fatevi accalappiare, adesso, dalla bramosia delle ricchezze; e che l'amore per il denaro non venga nel vostro cuore a sostituirsi all'amore per il marito.
Non di rado infatti, osservando il comportamento della gente, abbiamo potuto notare come, in certuni, repressa la sensualità, si fosse sviluppata maggiormente la cupidigia.
Su per giù come capita nei sensi del corpo umano.
Chi è privo della vista, ha più acuto l'udito, e col tatto riconosce tante e tante cose, con una sensibilità che certamente manca a coloro che hanno l'uso degli occhi.
Ciò significa che, diminuita la capacità di percezione in un organo, ad esempio gli occhi, questa si esplica più intensa e più spedita mediante gli altri sensi: quasi che, attraverso gli uni, la natura tenti di supplire a ciò che non le riesce con gli altri.
Così succede, di frequente, per la passione carnale.
Repressa nel suo sfogo sessuale si butta con maggiore violenza alla ricerca del denaro, e, dirottata dal primo sbocco, si volge con più accanimento a questo secondo.
Voi però, insieme all'amore per le nozze, smorzate anche l'amore per le ricchezze.
Dei beni che possedete, usate piamente, mirando a ricavarne godimenti spirituali.
La vostra generosità, sorretta da fervore, vada a soccorrere i poveri, più che non ad arricchire gli avari.
Nel tesoro celeste infatti vengono inviati non i doni fatti agli ingordi ma le elemosine elargite ai poveri. ( Sap 1,11; 1 Cor 8,11-12 )
E queste elemosine avvalorano in modo straordinario le orazioni delle vedove.
Anche i digiuni e le veglie, anche quelle che appaiono faticose, si trasformano in fonti di gioia spirituale: basta che non nuocciano alla salute e si trascorrano nella preghiera, nella salmodia, nella lettura e nella meditazione della legge di Dio.
Quando uno ama, le fatiche non sono in alcun modo pesanti, anzi, recano soddisfazione.
Si pensi ai cacciatori, ai bracconieri, ai pescatori, ai vendemmiatori, ai mercanti, agli sportivi delle varie specialità.
L'importante è l'oggetto che si ama.
Per il resto, quando si ama non si fatica, o, se si fatica, questa stessa fatica è amata.
Nota bene, allora, quanto sia sconcio e quanto triste che si provi gusto a lavorare per prendere la selvaggina, per riempire la borsa o il sacco, per lanciare la palla, e non lo si provi per raggiungere Dio.
Le persone libere dal matrimonio si godranno, dunque, le loro gioie spirituali.
Occorrerà, tuttavia, provvedere a che la loro santità sia salvaguardata anche esternamente.
Non basta infatti che la condotta non sia cattiva o lussuriosa, se poi, per trascuratezza, si riscuota cattiva fama.
Ci sono certe persone consacrate, uomini e donne, che, quando le si rimprovera di negligenze che possano ingenerare sospetti nei loro riguardi, sicure come sono della loro vita e come essa sia totalmente diversa dalle apparenze, rispondono essere sufficiente avere una buona coscienza davanti a Dio, e che loro non interessa affatto la stima degli uomini.
Questi tali agiscono con imprudenza e crudeltà. Non vanno, quindi, ascoltati.
Uccidono l'anima del prossimo, ( Sap 1,11; 1 Cor 8,11-12 ) dando a certuni l'occasione di screditare la via di Dio e di disapprovare la vita dei suoi servi ritenendola disonesta mentre in realtà è casta.
Ad altri, poi, offrono il pretesto d'imitare un genere di vita che non sono andati a vedere, ma lo ricavano basandosi esclusivamente su delle congetture.
Orbene, come uno che si trattiene dalle infamie e dai delitti si mostra provvido verso se stesso, così chi, oltre a questo, ha cura della propria reputazione è caritatevole verso gli altri.
Come infatti la nostra [ buona ] vita è necessaria a noi stessi, così la nostra [ buona ] reputazione è necessaria agli altri: senza dire che ogni servizio che, mossi da carità, rendiamo al prossimo in ordine alla salvezza torna anche a nostro vantaggio.
Molto saggiamente, quindi, dice l'Apostolo: Cerchiamo di fare il bene non soltanto davanti a Dio ma anche davanti agli uomini. ( 2 Cor 8,21 )
E altrove: Rendetevi accetti a tutti in ogni cosa, come faccio io, che mi sforzo di piacere in ogni cosa a tutti, non cercando il mio tornaconto, ma il vantaggio del prossimo, affinché tutti siano salvi. ( 1 Cor 10,33 )
È, poi, nota l'esortazione in cui dice: Fratelli, tutto quello che è vero, tutto quello che è santo, tutto quello che è giusto, tutto quello che è puro, tutto quello che è prezioso, tutto quello che dà buona fama, se ci sono virtù e lode da conquistare, a questo pensate.
Così come avete imparato da me, ricevuto da me, udito e veduto in me. ( Fil 4,8-9 )
Osserva come, fra le molte doti che inculca nella sua raccomandazione, non tralascia di sottolineare tutto quello che dà buona fama; anzi, ogni altra buona qualità è compendiata in queste due parole: virtù e lode.
Nell'ambito della virtù rientrano le doti enumerate prima; nella lode invece rientra la buona reputazione.
E, a proposito della lode, ritengo che l'Apostolo non attribuisse grande importanza a quella degli uomini, se in un passo diceva: A me non importa affatto d'essere giudicato da voi o da un tribunale umano; ( 1 Cor 4,3 ) e altrove: Se mi preoccupassi di tornare gradito agli uomini, non sarei servo di Cristo; ( Gal 1,10 ) come pure: La nostra gloria sta qui: nella testimonianza della nostra coscienza. ( 2 Cor 1,12 )
Tuttavia, di questi due ideali, la buona vita e la buona reputazione, o, più in breve, la virtù e la lode, egli molto sapientemente riteneva per sé il primo, mentre, animato da squisita condiscendenza, si preoccupava anche dell'altro per il bene del prossimo.
Grande sarà, quindi, la nostra diligenza nell'evitare con ogni possibile cautela i sospetti delle persone malevole, anche se non si riuscirà ad impedirli totalmente.
In questi casi, se cioè qualcuno vorrà imbrattare la nostra fama attribuendoci azioni cattive o sospettando sinistramente, se noi avremo fatto in coscienza tutto quello che ragionevolmente potevamo, godremo della serenità interiore e - perché no? - anche della gioia.
In cielo la nostra ricompensa sarà grande, ( Mt 5,11-12 ) anche se la gente avrà sparlato molto di noi: a patto, evidentemente, che noi in realtà viviamo da santi e da giusti.
Quella ricompensa sarà, per così dire, il soldo pagato a coloro che hanno combattuto con le armi della giustizia, maneggiandole non solo con la destra, ma anche con la sinistra, vale a dire, approfittando della gloria e del disonore, della cattiva reputazione e della buona. ( 2 Cor 6,7-8 )
Avanti dunque nella vostra corsa! Correte con perseveranza, finché non raggiungiate [ la meta ].
Con l'esempio della vita e con parole di persuasione, attirate sulla vostra scia quante più persone potrete.
Da questo zelo di attirare molti alla vostra imitazione non vi distolgano le ciance di quel leggeroni che sentenziano: "Ma, se tutti abbracciano la continenza, come tirerà avanti il genere umano?".
Come se il mondo presente continui ad esistere per altra ragione che quella di rendere completo il numero dei predestinati!
Quando questo numero sarà completo, non verrà certo differita la fine del mondo.
E nemmeno l'altra ragione vi trattenga dal propagandare il vostro stato.
Mi riferisco a quel che vi si dice: "Ma, se anche le nozze sono buone, come faranno ad esistere nel corpo di Cristo tutti i valori positivi, tanto i più grandi come i meno grandi, se tutti vorranno imitarvi nell'amore e nella pratica della continenza?".
Prima risposta: Per quanto ci si sforzi di rendere tutti consacrati alla continenza, pochi lo saranno di fatto.
Non tutti, infatti, comprendono questa parola. ( Mt 19,11 )
Siccome però sta anche scritto: Capisca chi può, ( Mt 19,12 ) io concludo che le persone capaci capiranno se l'ideale non viene taciuto nemmeno a quelle che non capiscono.
Ancora: Non dobbiamo paventare che tutte capiscano e così uno dei beni ( non dei più eccelsi ) qual è la vita coniugale, venga a mancare nel corpo di Cristo.
In tale ipotesi, infatti, che cioè tutti ascoltino e tutti comprendano, dovremmo riconoscere essere stato predestinato anche questo: che i beni del matrimonio siano già al completo nel numero, così ampio, di quelle membra di Cristo che hanno lasciato la vita presente.
Poiché, anche se da oggi tutti cominciassero a praticare la continenza, non si tributerà l'onore che spetta ai continenti anche a quelle persone che hanno portato nei granai del Signore soltanto il frutto del trenta per uno ( Mt 13,8 ) ( supposto che in questo si rappresenti il bene del matrimonio ).
Lassù, pertanto, tutti questi vari stati di vita avranno il loro posto, anche se d'ora in poi, per ipotesi, nessuna donna volesse più maritarsi e nessun uomo ammogliarsi.
Insistete dunque con ogni tranquillità, presso tutti quelli che vi è consentito, al fine di renderli come siete voi.
E pregate con attenzione e fervore, affinché, con l'aiuto di Dio onnipotente e l'abbondanza della sua grazia e misericordia infinita, possiate perseverare nel vostro stato fino a raggiungere quello verso il quale siete incamminate.
Infine, vi scongiuro, in nome di colui dal quale avete ricevuto il vostro dono e dal quale ne sperate il premio, affinché vogliate annoverare anche me fra coloro per i quali pregate, voi e tutta la vostra Chiesa domestica.
È stato infatti secondo un ordine meraviglioso che tempo addietro scrivessi a tua madre, ormai anziana, una lettera sull'orazione.4
A lei, infatti, incombe principalmente il dovere di unirsi a voi nella lotta portandovi il contributo delle sue preghiere: lei che ha meno problemi per se stessa che non per voi.
Per te, poi, e non direttamente per tua madre, ho composto il presente trattatello sulla continenza vedovile.
Tu, infatti, devi ancora superare le difficoltà che essa, alla sua età, ha ormai superato.
E la vostra Demetriade, vergine consacrata, se desiderasse leggere qualcuna delle nostre opere sul genere di vita che professa, la rimanderei a leggere il libro, veramente notevole, su La santa verginità.
Riguardo a quest'opera, io rivolgevo anche a te l'esortazione a leggerla, perché vi si contengono numerosi temi che debbono conoscere quanti professano l'uno o l'altro genere di continenza, verginale, cioè, e vedovile.
In considerazione di questo, nell'opera presente ho accennato appena ad alcuni di essi, mentre altri - dei quali avevo trattato più diffusamente in quel libro - li ho omessi completamente.
Sii perseverante nella grazia di Cristo! Amen.
Indice |
3 | Hier., Ep. 8 |
4 | Agostino, Ep. 130 |