Protreptico ai Greci

Capitolo 10

Ma, voi dite, non è ragionevole sovvertire una consuetudine tramandataci dai nostri padri.

E perché allora non continuiamo a servirci del primo nutrimento, del latte, al quale indubbiamente le nutrici ci abituarono dalla nascita?

Perché aumentiamo o diminuiamo la paterna sostanza, e non la conserviamo sempre uguale, come l'abbiamo ricevuta?

Perché non vomitiamo più nel seno paterno e non compiamo più le altre cose, con le quali, quando eravamo piccini ed eravamo allevati sotto la direzione delle madri, provocavamo il riso, ma ci correggemmo da noi stessi, anche se non trovammo buoni precettori?

Inoltre, quando si tratta delle vostre passioni, le deviazioni dalla consuetudine, se anche siano dannose e pericolose, tuttavia vi riescono, in un certo qual modo, piacevoli: e quando si tratta della vita, non abbandoneremo la consuetudine malvagia ed esposta alle passioni e priva di Dio?

E non ci volgeremo verso la verità, anche se i nostri padri si indignino, e non cercheremo Colui che è veramente nostro padre, scacciata fuori la consuetudine come un veleno mortale?

Questo infatti è proprio il più bello dei còmpiti a cui stiamo attendendo, mostrarvi che è per effetto di follia, e cioè di questa sciaguratissima abitudine, che la pietà è stata odiata: giacché non avrebbe potuto mai essere odiato o ripudiato sì gran bene, il maggiore di quanti siano mai stati donati da Dio al genere umano, se voi non vi foste lasciati trascinare dall'abitudine, e non aveste quindi chiuso i vostri orecchi a noi, e a guisa di cavalli riottosi che strappano le redini e mordono il freno, non aveste fuggito i nostri ragionamenti, desiderando scrollarvi dal dorso noi, gli aurighi della vostra vita, e trascinati ai precipizi della rovina dalla vostra insensatezza, non aveste stimato esecrando il sacro Verbo di Dio.

Vi toccano perciò in conseguenza, come premi della vostra scelta, per dirla con Sofocle, senno fuggito via, orecchie inutili, vani pensieri, e non sapete che questo è vero più di ogni altra cosa, che cioè i buoni e i pii avranno buono il contraccambio, poiché hanno onorato ciò che è buono, quelli che al contrario sono cattivi, avranno la pena adeguata, e che sul capo del principe del male è stato sospeso il castigo.

Certo, è a lui che rivolge la minaccia il profeta Zacharia: " Faccia vendetta su di te Colui che scelse Gerusalemme: ecco, non è questo un tizzone strappato dal fuoco?"

Quale è dunque questa brama di morte volontaria, che ancora spinge gli uomini?

Perché si sono rifugiati presso questo tizzone mortifero, insieme col quale saranno bruciati, mentre sarebbe stato loro possibile vivere bene secondo Dio e non secondo la consuetudine?

Giacché Dio largisce la vita, la cattiva consuetudine invece, dopo il passaggio da questa vita, infligge un vano pentimento insieme con la punizione, e " dopo aver sofferto lo stolto comprende" che il culto dei demoni porta la rovina, e la pietà la salvezza.

Guardate coloro che servono presso gli idoli: sordidi nella capigliatura, mal ridotti in vesti squallide e a brandelli, ignari assolutamente di bagni, con le unghie lunghe come quelle delle bestie selvagge, molti anche privati della virilità, dimostrazione vivente che i templi degli idoli non sono che delle tombe o delle carceri: costoro mi sembra che piangano gli dei, non che li venerino, poiché lo stato in cui si trovano è degno più di compassione che di pietà religiosa.

E voi, vedendo queste cose, restate ancora ciechi, e non leverete gli occhi verso il padrone di tutte le cose e signore dell'universo?

Non fuggirete dal carcere terreno, per rifugiarvi nella compassione che viene dai cieli?

Giacché Dio nel suo grande amore per gli uomini difende l'uomo, come fa l'uccello madre, che vola sopra l'uccellino caduto dal nido, e se mai un serpente spalanchi la bocca verso l'uccellino svolazza intorno la madre, piangendo i figli diletti.

Dio è un padre e cerca la sua creatura e guarisce la caduta e scaccia il serpente e riconforta l'uccellino, e lo esorta a volare di nuovo verso il nido.

Inoltre, i cani, quando si sono smarriti, andando dietro con le nari all'odore, scoprono le tracce del loro padrone, e i cavalli dopo avere scrollato dal dorso il cavaliere, a un fischio di esso, ubbidiscono al loro padrone: " Conosce ", dice, " il bue il suo padrone e l'asino la greppia del suo signore, ma Israel non mi conobbe ".

E che cosa fa dunque il Signore? Non si ricorda del male, ancora ha compassione, ancora vi richiede il pentimento.

Io voglio domandarvi se non vi sembri assurdo che noi uomini, che siamo l'ultima creazione di Dio, e da lui abbiamo ricevuto la nostra anima e siamo in tutto di Dio, serviamo ad un altro padrone e, oltre a ciò, veneriamo, invece del re il tiranno, e invece del buono, il malvagio.

Chi infatti - in nome della verità! - essendo sano di mente abbandona ciò che è buono per stare insieme col male?

Chi è colui che fugge da Dio per convivere coi demoni?

Chi, potendo essere figlio di Dio, gode di essere schiavo?

O chi, potendo essere cittadino del cielo, cerca l'erebo, mentre gli è possibile coltivare i campi del paradiso e percorrere gli spazi del cielo e partecipare della vitale e incorruttibile fonte, camminando nell'aria, sulla traccia di quella luminosa nube, come Elia, contemplando la pioggia che porta la salvezza?

Ma alcuni invece, a guisa dei vermi, avvoltolandosi nelle paludi e nel fango, cioè nelle correnti del piacere, si pascono di inutili e futili delizie, da veri uomini porcini.

I porci infatti, dice, " godono del fango" più che dell'acqua pura e, come dice Democrito, "vanno pazzi per i rifiuti".

Non facciamoci dunque, non facciamoci ridurre in schiavitù, né diventiamo simili ai porci, ma come veri " figli della luce ", leviamo gli occhi e guardiamo in alto verso la luce, badando che il Signore non ci smascheri come spurii, come fa il sole con le aquile.

Pentiamoci dunque e passiamo dall'ignoranza alla conoscenza, dall'imprudenza alla prudenza, dall'intemperanza alla temperanza, dall'ingiustizia alla giustizia, dall'empietà a Dio.

È un bel pericolo disertare passando nel campo di Dio.

Di molti altri beni è dato di godere a noi, gli amanti della giustizia, che perseguiamo la eterna salvezza, ma di quelli specialmente a cui allude lo stesso Dio, quando per mezzo di Isaia dice: " Vi è  un'eredità per quelli che servono il Signore ".

Bella invero ed amabile è questa eredità, costituita non di oro né di argento né di vesti, in cui possono penetrare la tignola e il ladro, che non pone gli occhi che sulla terrena ricchezza, ma di quel tesoro della salvezza, al quale bisogna che noi tendiamo col diventare amanti del Verbo: è da qui che partono insieme con noi le nobili opere, e prendono il volo con noi sull'ala della verità.

Questa eredità ce la trasmette l'eterno testamento di Dio, il quale ci fornisce l'eterno dono; e questo nostro padre amantissimo, che veramente è nostro padre, non cessa di esortarci, di ammonirci, di emendarci, di amarci; giacché neppure cessa mai di salvarci, ma ci consiglia il meglio: " Divenite giusti, dice il Signore, voi che avete sete, venite all'acqua, e quanti non avete denaro, venite e comprate e bevete senza denaro "

È al lavacro, alla salvezza, alla illuminazione che egli ci esorta, gridando quasi e dicendo: Ti dò la terra e il mare, o figlio, e il cielo e quanti esseri viventi sono in essi te li regalo; solo, o figlio, abbi sete del padre; gratuitamente ti sarà rivelato Dio; la verità non si vende al minuto, Egli ti dà anche i volatili e i pesci e gli animali che sono sulla terra.

Queste cose il padre le ha create perché tu ne goda gratuitamente.

Con denaro le dovrà comprare il figlio spurio, giacché egli È figlio della perdizione, perché ha preferito "servire a Mammona "; ma a te, al figlio legittimo, dico, affida ciò che è tuo proprio, a te che ami il padre e per il quale ancora egli opera e al quale solo egli fa anche la promessa, dicendo: "E la terra non sarà venduta in eterno", giacché essa non è soggetta alla corruzione; " mia è infatti tutta la terra ", è anche tua, se tu accoglierai Dio.

Perciò giustamente la Scrittura ( là questo buon annunzio a coloro che hanno creduto: "I Santi del Signore erediteranno la gloria di Dio e la potenza di Lui".

Quale specie di gloria, dimmi, o beato?

" Quella che occhio non vide né orecchio ascoltò né entrò in cuore di uomo: ed essi si allieteranno nel regno del loro Signore in eterno, amen".

Voi avete, o uomini, la divina promessa della grazia, avete udito, d'altra parte, anche la minaccia del castigo, le due cose per mezzo delle quali il Signore salva, educando l'uomo per mezzo del timore e della grazia.

Perché indugiamo? Perché non evitiamo la punizione? Perché non accettiamo il dono?

Perché non scegliamo le cose migliori, cioè Dio invece del Maligno, e non preferiamo la sapienza alla idolatria e prendiamo la vita in cambio della morte?

" Ecco", dice, " di fronte alla vostra faccia ho posto la morte e la vita".

Ti tenta il Signore perché scelga la vita. Ti consiglia, come padre, di obbedire a Dio.

" Giacché se mi ascolterete", dice, " e vorrete, mangerete i beni della terra " - e questa è la grazia dell'ubbidienza; "ma se non mi ubbidirete né vorrete, la spada e il fuoco vi divoreranno " - e questo è il giudizio della disobbedienza.

"Giacché la bocca del Signore ha detto queste cose ", e la parola del Signore è legge di verità.

Volete che io diventi vostro buon consigliere? Ebbene, ascoltatemi: e io, se possibile, vi offrirò la mia opera.

Bisognerebbe che voi, o uomini, quando ragionate intorno al bene stesso, chiamaste in vostro aiuto la fede innata, che è un testimone attendibile, tratto dal vostro intimo essere, la quale sceglie con la maggior chiarezza ciò che ‚ il meglio, e non cercaste se il bene debba essere perseguito, ma lo compiste senz'altro.

E infatti, quando si tratta di vedere, per esempio, se uno si debba ubbriacare o no, bisognerebbe porre in bilancia la cosa; voi invece, prima di aver considerato la questione, vi ubbriacate; e così, se si tratta di fare ingiuria, voi non ricercate se si debba farla, ma quanto più presto è possibile la fate.

Soltanto dunque quando si tratta di vedere se Dio debba essere onorato, voi cercate se si debba farlo, e così quando si tratta di vedere se questo sapiente Dio e Cristo debba essere seguito, questa cosa stimate degna di deliberazione e di esame, mentre non capite neppure che cosa sia mai ciò che conviene a Dio.

Abbiate fede in noi, anche se allo stesso modo come fate nel caso dell'ubbriachezza, affinché diventiate sobri; abbiate fede in noi, anche se allo stesso modo come nel caso dell'ingiuria, affinché viviate.

Ma se anche volete persuadervi dopo avere contemplato la manifesta fede delle cose ineffabili, ebbene io vi presenterò in abbondanza gli argomenti che vi daranno la persuasione intorno al Verbo.

E voi ( giacché le patrie usanze in cui siete stati prima educati non vi permettono più di attendere alla verità ) vogliate ascoltare ormai come stanno le cose che seguono.

E nessuna vergogna di questo nome vi metta in prevenzione, giacché è dessa che "danneggia grandemente gli uomini", distogliendoli dalla salvezza.

Svestitici dunque davanti a tutti nello stadio della verità, combattiamo la lotta legittima, nella quale è arbitro il santo Verbo e agonoteta il padrone dell'universo.

Non piccolo è il premio che ci è proposto, l'immortalità.

Non preoccupatevi più, dunque, neppur poco, di quello che dicono di voi talune canaglie della piazza, empi coreuti della superstizione, che sono ridotti finì sull'orlo del baratro dalla loro dissennatezza e follia, fabbricatori di idoli e adoratori di pietre.

Sono essi infatti che hanno osato divinizzare degli uomini, annoverando come tredicesimo dio Alessandro il Macedone, " che Babilonia dimostrò mortale".

Ammiro perciò quel saggio di Chio, di nome Teocrito: dopo la morte di Alessandro, Teocrito, irridendo alle vane opinioni che gli uomini avevano intorno agli dei, disse ai suoi concittadini: " State di buon animo, cittadini, finché vedete gli dei morire prima degli uomini".

Ma chi adora e si fa compagni dei che possono essere visti e la massa raccogliticcia di questi esseri generati, è molto più infelice di quegli stessi demoni.

"Dio" infatti "non è mai, in nessun modo, ingiusto" come sono i demoni, "ma, quanto più è possibile, giustissimo ", e nulla è a lui più simile che quegli di noi che divenga quanto più giusto è possibile.

Venite fuori nella via, artigiani, che la figlia di Giove, la gorgòpide, dea Industre, con i vagli sollevati supplicate, stolti fabbricatori e adoratori delle pietre! Vengano il vostro Fidia e Policleto e anche Prassitele ed Apelle, e quanti altri esercitano le arti manuali, i quali sono terreni lavoratori di terra.

Giacché una certa profezia dice che allora le cose di qui avranno esito infelice, quando gli uomini crederanno nelle statue.

Vengano dunque ancora, giacché non mi stancherò di chiamarli, questi micro-artisti.

Nessuno di essi ha mai creato una immagine spirante, né fatto molle carne della terra.

Chi liquefece il midollo o chi rese compatte le ossa? chi distese i nervi o chi gonfiò le vene? chi versò in esse il sangue o chi vi distese intorno la pelle?

Come potrebbe qualcuno di essi fare degli occhi che vedono?

Chi soffiò dentro i corpi l'anima? Chi donò il sentimento della giustizia?

Chi ha promesso l'immortalità? Solo il Creatore del tutto, "il padre, supremo artista", foggiò quella vivente statua che siamo noi, l'uomo; ma il vostro Zeus Olimpio, immagine di immagine, molto lontana dalla verità, è una bruta opera di mani attiche.

" Immagine di Dio" è infatti il suo Verbo ( e il Verbo divino, luce archetipo della luce, è legittimo figlio della Mente ), e un'immagine del Verbo è l'uomo vero, ciò‚ la mente che è nell'uomo, il quale per questo è detto essere stato creato "a immagine" di Dio e "a sua somiglianza", perché, per mezzo dell'intelligenza del suo cuore, egli è fatto simile al divino Verbo e perciò razionale.

Ma le statue di forma umana, che dell'uomo visibile e nato dalla terra sono immagine terrena e lontana dalla verità, non sono evidentemente che materia che ha ricevuto una temporanea impronta.

Nient'altro dunque che piena di follia mi è parsa essere quella vita, che con tanta cura si occupa della materia.

La consuetudine che vi ha fatto gustare la servitù e la assurda cura di futili minuzie è stata fomentata da vana opinione; ma degli empi riti e delle ingannevoli cerimonie è causa l'ignoranza, la quale, avendo posto nel genere umano il principio di sorti esiziali e di odiosi idoli, con l'escogitare numerose forme di demoni, impresse in coloro che la seguono il marchio di una continua morte.

Ricevete dunque l'acqua razionale; lavatevi, voi che siete insozzati, purificatevi delle macchie dell'abitudine con le stille della verità: bisogna essere puri per salire al cielo.

Sei uomo, la cosa che hai più in comune con gli altri; cerca colui che ti ha creato; sei figlio, la cosa che ti è più propria, riconosci tuo Padre.

Ma tu persisti ancora nei tuoi peccati, consumandoti nei piaceri?

A chi dirà il Signore: " È vostro il regno dei cieli?".

Esso è vostro, solo che vogliate; poiché esso è di coloro che hanno prescelto Dio; di voi, solo che vogliate aver fede e seguire l'accorciatoia della predicazione, a cui obbedendo le genti di Ninive, per mezzo di una sincera penitenza, mutarono in magnifica salvezza l'attesa rovina.

Come dunque dice - potrei salire al cielo?

"La via" È il Signore, " stretta" sì, ma " che viene dal cielo", stretta, sì, ma che conduce al cielo: stretta, in quanto è disprezzata sulla terra, larga, in quanto è adorata nei cieli.

Quindi, colui che non sentì mai parlare del Verbo, ha l'ignoranza come scusa del suo errore, ma colui che lo udì con le sue orecchie, e con l'anima non l'ascoltò, porta dalla sua convinzione la disubbidienza, e quanto più parrà essere sapiente, tanto più la sua intelligenza gli sarà causa di male, perché ha la sapienza come accusatrice, in quanto non ha scelto il meglio.

Giacché, come uomo, egli è fatto per natura per essere in stretto rapporto con Dio.

Come, dunque, non obblighiamo il cavallo ad arare né il toro a cacciare, ma volgiamo ciascun animale a quell'opera a cui è adatto per natura, così certamente è dell'uomo: in quanto egli è nato per la contemplazione del cielo ed è veramente " una pianta celeste ", noi lo chiamiamo alla conoscenza di Dio, poiché abbiamo compreso ciò che è proprio di lui, e particolare, ciò che lo differenzia da tutti gli altri animali, consigliandogli di provvedersi di pietà, come di un viatico sufficiente per l'eternità.

Coltiva la terra, gli diciamo, se sei agricoltore, ma conosci Dio mentre coltivi la terra; e naviga, tu che ami la navigazione, ma invocando il pilota celeste; la conoscenza di Dio ti ha colto mentre facevi il soldato: ascolta il generale che ti ordina ciò che è giusto.

Voi che siete dunque come gravati da sonno e da ubbriachezza, riprendete i vostri sensi e, volti gli occhi intorno, considerate un poco che cosa significhino le pietre che adorate e le spese che sostenete vanamente intorno alla materia.

L'ignoranza è l'oggetto per cui consumate le sostanze e il patrimonio, che è come dire la morte, l'oggetto per cui consumate la vostra vita.

Giacché questo solo è il termine che avete trovato alla vostra vana speranza; né siete capaci di aver compassione di voi stessi, ma neppure siete nelle condizioni opportune per seguire il consiglio di coloro che hanno compassione di voi per il vostro errore, poiché siete schiavi della cattiva abitudine, ed essendo attaccati ad essa, di vostra volontà, fino all'ultimo respiro, siete trascinati giù verso la rovina.

" Giacché la luce è venuta nel mondo e gli uomini amarono più le tenebre che la luce ", mentre sarebbe stato possibile purificarsi delle cose che sono di impedimento alla salvezza, dell'orgoglio cioè e della ricchezza e del timore, ripetendo questi versi del poeta: Dove portar queste grandi ricchezze? ove errando vo io stesso?

Voi non volete dunque respingere queste vane fantasie e rinunziare alla consuetudine stessa, dicendo alla vana opinione: Sogni falsi, addio!

Nulla eravate voi? Che cosa infatti credete, o uomini, che siano l'Ermes Tychone e quello di Andocide e l'Amyeto?

Certo è manifesto a tutti che per voi sono pietre, come anche lo stesso Ermes.

Come non è dio l'alone e come non è dio l'arcobaleno, ma sono speciali modificazioni dell'aria e delle nuvole, e al modo stesso che non è dio il giorno né l'anno né il tempo che è formato di essi, così non sono dei neppure il sole né la luna, dai quali ciascuno dei periodi sopra detti è delimitato.

Quale uomo dunque, che sia in senno, potrebbe ritenere dei la punizione e il castigo, e la giustizia e la vendetta?

Neppure, allora, le Erinnì né le Moire né l'Eimarmene, poiché neppure sono dei lo stato né la gloria né la ricchezza, che anche è rappresentata cieca dai pittori.

Se poi divinizzate il pudore e l'amore e il piacere, seguano a questi la vergogna e il desiderio e la bellezza e l'accoppiamento.

Non a ragione dunque si stimerebbero più presso di voi divinità gemelle il sonno e la morte, i quali non sono che condizioni a cui sono soggetti per natura tutti gli animali; né certamente avrete ragione di dire dee la sorte né la fatalità né le Parche.

Se non sono dee la contesa e la battaglia, neppure Ares Né Enyo sono dei.

Ancora, se i fulmini e i lampi e le piogge non sono dei, come possono essere dei il fuoco e l'acqua?

Come possono essere dee le stelle cadenti e le comete, che si formano per una certa condizione dell'atmosfera?

Chi chiama dea la fortuna, chiami dea anche l'azione.

Adunque, se nessuna di queste cose è stimata essere dio, né alcuna di quelle figure fatte con le mani e prive di sensibilità, ma è manifesto che una certa provvidenza di potere divino ci circonda, null'altro resta che riconoscere questo: che, cioè, il solo Dio veramente esistente veramente solo è ed esiste.

Ma voi che non capite somigliate agli uomini che hanno bevuto la mandragora o qualche altra droga; Dio vi conceda di destarvi una buona volta da questo sonno e di comprendere Dio, e che non vi appaia come dio l'oro o la pietra o l'albero o l'azione o la passione o la malattia o il timore.

" Giacché vi sono " veramente " tre miriadi di demoni sulla terra nutrice di molti", e non " immortali ", ma neppure mortali ( giacché non sono partecipi del senso, perché possano partecipare anche della morte ), ma essi sono dei padroni - di pietra e di legno - degli uomini, e oltraggiano e violano la vita umana, per mezzo della consuetudine.

" La terra", dice, "È del Signore, e tutta la sua plenitudine".

E allora perché, mentre te la godi nei beni del Signore, osi ignorare il padrone?

Lascia la mia terra - ti dirà il Signore, - non toccare l'acqua che io faccio scaturire, non partecipare dei frutti che io coltivo; paga, o uomo, il prezzo del tuo nutrimento a Dio; riconosci il tuo padrone; sei una creazione propria di Dio; ciò che è proprio di Lui, come potrebbe esser giusto che divenisse alieno a Lui?

Giacché ciò che è stato alienato, essendo privato del suo legame con Lui, è privato della verità.

Non vi volgete forse verso uno stato di insensibilità, come press'a poco Niobe, o, piuttosto per parlarvi in linguaggio più mistico, a somiglianza della donna ebrea ( gli antichi la chiamavano moglie di Lot )?

Abbiamo appreso che questa donna fu trasformata in pietra per il fatto di essere innamorata di Sodoma: con Sodomiti si intendono gli atei e quelli che sono volti all'empietà, duri di cuore e stolidi.

Queste parole credile dette a te da parte di Dio: " Non credere che le pietre e il legno e gli uccelli e i serpenti siano cose sacre, e gli uomini no"; ma, tutto al contrario, stima veramente sacri gli uomini, e invece le fiere e le pietre stimale quello che sono.

Giacché vi sono tra gli uomini degli infelici e miseri, i quali credono che Dio parli per mezzo di un corvo o di una cornacchia, ma che per mezzo dell'uomo non dica nulla, e onorano il corvo come nunzio di Dio, e perseguitano invece l'uomo di Dio, il quale non gracchia né gracida ma parla, io credo, il linguaggio della ragione, e tentano inumanamente di uccidere Lui che li istruisce umanamente, e li chiama alla salvezza, mentre essi non attendono la grazia che viene dall'alto né cercano di evitare il castigo. Giacché non hanno fede in Dio né comprendono pienamente la sua potenza.

Ma, come ineffabile è il suo amore per gli uomini, così illimitato è il suo odio per i cattivi.

Da una parte la sua ira nutre la punizione sul peccato, dall'altra, il suo amore per gli uomini accumula benefici sul pentimento.

È la cosa più miseranda di tutte l'esser privati dell'aiuto che viene da Dio.

La perdita della vista e la sordità sono perciò più dolorose di tutte le altre privazioni imposteci dalla prepotenza del Maligno: giacché l'una ci ha tolto la contemplazione del cielo, l'altra ci ha privato dell'insegnamento divino.

Ma voi, pur essendo infermi rispetto alla verità, e cioè ciechi nella mente e sordi nell'intelligenza, non ve ne dolete, non ve ne crucciate, non avete desiderato di vedere il cielo e l'autore del cielo né avete cercato di udire e di conoscere il creatore e padre di tutte le cose, applicando la vostra scelta alla salvezza.

Nessun impedimento si oppone infatti a colui che tende verso la conoscenza di Dio, non la mancanza di istruzione, non la povertà, non l'oscurità del nome, non la miseria; né alcuno, quando ha " conquistato col bronzo " o col ferro la vera sapienza, desidera cambiarla.

Giacché questo è certamente ben detto più di ogni altra cosa: Il buono cerca sempre la salvezza; giacché, colui che è zelante per il giusto, in quanto amante di Colui che non ha bisogno di niente, è bisognoso di poco lui stesso, perché non in altro che nello stesso Dio ha riposto la sua beatitudine, dove non è tignola, non ladro, non pirata, ma l'eterno donatore di beni.

Ben a ragione dunque siete stati assomigliati a quei serpenti, che hanno le orecchie chiuse agli incantatori.

" Giacché l'animo loro", dice la Scrittura, " È a somiglianza del serpente, come di un aspide sordo e che tiene chiuse le sue orecchie, il quale non udrà la voce degli incantatori ".

Ma voi invece lasciatevi incantare della vostra selvatichezza e accogliete il mite e nostro Verbo e sputate fuori il letale veleno, affinché quanto più è possibile vi sia dato di spogliarvi della corruzione, come a quelli è dato di spogliarsi della vecchiezza.

Udite me, e non otturate le orecchie né ostruite l'udito, ma ponete nella mente le cose che vi dico.

È bello il rimedio dell'immortalità; cessate una buona volta di strisciare come serpenti.

" Giacché i nemici del Signore leccheranno la polvere", dice: Levate il vostro capo dalla terra all'etere, guardate su al cielo, ammiratelo, cessate di insidiare il calcagno dei giusti e di impedire " la via della verità".

Divenite prudenti e innocui: forse il Signore vi darà l'ala della semplicità ( giacché Egli si è proposto di fornire di ali i nati dalla terra ) affinché, abbandonate le caverne della terra, possiate abitare i cieli.

Solo, pentiamoci con tutto il cuore, per potere con tutto il cuore ricevere Dio.

" Sperate in Lui ", dice, " tutta la radunanza di popolo: effondete dinanzi a Lui tutti i vostri cuori ".

Egli parla a coloro che sono esenti da iniquità, Egli ha compassione di essi e li ricolma di giustizia.

Credi, o uomo, in Colui che è uomo e Dio; credi, o uomo, in Colui che ha sofferto ed è adorato; credete, gli schiavi, nel Dio vivente che è morto; voi tutti, uomini, credete in Colui che solo è Dio di tutti gli uomini.

Credete e ricevete come ricompensa la salute.

" Cercate Dio, e la vostra anima vivrà".

Chi cerca Dio cerca la sua propria salvezza: hai trovato Dio, hai la vita.

Cerchiamo dunque, affinché anche viviamo.

La ricompensa del ritrovamento è la vita presso Dio.

" Esultino e si allietino in te tutti quelli che ti cercano e dicano in perpetuo: sia magnificato Dio".

Bell'inno di Dio è l'uomo immortale, edificato sulla giustizia, nel quale sono stati impressi gli oracoli della verità.

Dove infatti, fuori che in un'anima prudente, bisogna iscrivere la giustizia? dove l'amore? dove il pudore? dove la mitezza?

Bisogna, io credo, imprimere nell'animo queste divine scritture, e considerare la sapienza come ottimo punto di partenza, a qualunque parte della vita gli uomini si siano volti, e stimare la sapienza stessa come un tranquillo porto di salvezza: giacché è per mezzo della sapienza che buoni padri dei loro figli sono quelli che si sono rifugiati presso il Padre, e buoni figli per i loro genitori sono quelli che hanno conosciuto il Figlio, e buoni mariti delle loro spose sono quelli che si sono ricordati dello Sposo, e buoni padroni dei loro servi sono quelli che sono stati affrancati dalla estrema servitù.

Oh più felici degli uomini, che sono nell'errore, le bestie!

Esse vivono come voi nell'ignoranza, ma non simulano la verità; non vi sono tra esse razze di adulatori; i pesci non adorano i demoni, gli uccelli non venerano gli idoli, solo il cielo essi ammirano, poiché non possono conoscere Dio, essendo stati giudicati indegni della ragione.

Non vi vergognate perciò di aver reso voi stessi più irragionevoli anche degli animali irragionevoli, voi che tante età della vita avete consumato nell'empietà?

Siete stati fanciulli, quindi adolescenti, quindi giovani, quindi uomini, ma buoni, non mai.

Abbiate rispetto almeno della vostra vecchiaia; divenite saggi, ora che siete arrivati al tramonto della vita, e, seppure al termine della vita, riconoscete Dio, affinché il termine della vita vi riacquisti un principio di salvezza.

Invecchiaste nel culto dei demoni, venite giovani al culto di Dio: Dio vi porrà nel numero dei fanciulli innocenti.

L'Ateniese dunque segua le leggi di Solone e l'Argivo quelle di Foroneo e lo Spartano quelle di Licurgo, ma se tu ti iscrivi tra il popolo di Dio, il cielo è la tua patria, Dio il legislatore.

E quali sono le leggi? " Non ucciderai, non commetterai adulterio, non corromperai fanciulli, non ruberai, non dirai falsa testimonianza, amerai il Signore tuo Dio ".

Vi sono anche i complementi di queste leggi, conformi alla ragione e santi discorsi iscritti negli stessi cuori degli uomini: " Amerai il prossimo tuo come te stesso " e " A chi ti percuote in una guancia offri anche l'altra ", e " Non desidererai, giacché anche col solo desiderio hai commesso adulterio ".

Quanto, certamente, non è meglio per gli uomini del raggiungere l'oggetto dei propri desideri il non voler desiderare finì da principio ciò che non bisogna desiderare?

Ma voi non avete la forza di sopportare l'asprezza attraverso cui si giunge alla salvezza; come, però, tra i cibi, ci dilettiamo di quelli che sono dolci, pregiandoli di più a causa della lusinga del piacere, ma sono quelli amari, che riescono aspri al gusto, quelli che ci curano e ci dànno la salute, ché anzi l'asprezza delle medicine fortifica i deboli di stomaco, così la consuetudine ci diletta e ci solletica, ma, mentre l'una, la consuetudine, ci spinge verso il baratro, l'altra, la verità, ci solleva al cielo, " aspra" in principio, ma "buona nutrice di giovani"; e santa è questa camera delle donne e prudente questa assemblea dei vecchi; né è difficile ad avvicinarsi o impossibile a prendersi, ma è vicinissima, nostra inquilina, risiedente, come dice oscuramente il sapientissimo Mosè, in tre parti del nostro essere, "nelle mani e nella bocca e nel cuore".

Questo è un simbolo genuino della verità, in quanto a che essa è composta di tutte e tre queste cose, del consiglio, dell'azione e della parola.

Né temere di quest'altro, che cioè i numerosi e illusori diletti ti allontanino dalla sapienza: tu stesso spontaneamente oltrepasserai la futilità della consuetudine, come fanno i fanciulli che gettano via i loro giocattoli, appena siano divenuti adulti.

Con una incredibile rapidità e con una benevolenza accessibile a tutti la potenza divina brillò sulla terra, e riempì del seme della salvezza l'universo.

Giacché senza divina cura non avrebbe potuto compiere in così breve tempo tanta opera il Signore, che, in apparenza disprezzato, nella realtà era adorato; Egli, il purificatore e salvatore e benigno, il divino Verbo, il veramente manifestissimo Dio.

Quegli che fu eguagliato al padrone dell'universo, perché era figlio di Lui e " il Verbo era in Dio ".

Quegli che fu creduto quando in principio fu annunziato, e fu riconosciuto quando, presa la maschera di uomo e fattosi di carne, rappresentò il dramma salutare dell'umanità.

Giacché Egli era un vero campione, e campione compagno della sua creatura; e rapidissimamente essendo stato diffuso a tutti gli uomini, più rapidamente del sole, in quanto era sorto dalla stessa volontà del Padre, facilissimamente brillò su di noi, mostrandoci, per mezzo dei suoi insegnamenti e dei suoi miracoli, Dio, e donde venisse Lui stesso e chi fosse: e cioè, il Verbo nostro araldo, mediatore e salvatore, fonte di vita e di pace, diffuso su tutta la faccia della terra, per mezzo del quale l'universo è già diventato, per dir così, un mare di beni.

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