De sacerdotio

Indice

Libro III

I - Giovanni dimostra di non essere stato indotto da arroganza a fuggire la vanità

Questo dunque che ho detto è quanto io avrei da rispondere riguardo all'ingiuria verso quelli che mi avevano onorato, per dimostrare che non ho rifiutato questo onore con l'intenzione di svergognarli.

Ora poi mi sforzerò, per quanto m'è dato, di spiegarti come ciò non abbia fatto neppure perché fossi gonfio di arroganza alcuna.

Se invero mi si fosse voluto eleggere alla dignità di stratego o di re, e io avessi preso tale decisione, a ragione potrebbe taluno pensare ciò; o meglio, in tal caso, nessuno m'avrebbe accusato d'arroganza, ma tutti di stoltezza.

Trattandosi invece del sacerdozio, che tanto supera la dignità regale, quanto la carne dista dallo spirito, oserà alcuno incolparmi di disprezzo?

Non sarebbe strano tacciare di pazzia quelli che rifiutano piccoli onori, e quelli invece che fanno ciò per dignità assai maggiori, assolverli dall'accusa di pazzia e nondimeno incolparli di superbia?

Come se un tale, incolpando non già di orgoglio ma bensì di demenza chi disprezzasse l'armento dei buoi, né volesse far il bifolco, accusasse poi non di pazzia ma di gonfiezza, chi ricusasse l'impero di tutto il mondo e il comando di tutti gli eserciti.

Ma no, le cose non stanno così; coloro che ciò vanno dicendo, non calunniano tanto me, quanto piuttosto se stessi.

Ché il solo pensare che l'umana natura possa concepire disprezzo per quella dignità, è una prova del concetto che ne hanno quelli stessi che ciò esprimono: se non lo stimassero cosa ordinaria e di poco conto, non sarebbe loro occorso di concepire tale sospetto.

Per qual motivo infatti nessuno osò mai immaginare né dire alcunché di simile riguardo alla dignità degli angeli, che cioè vi sia un'anima umana la quale non avrebbe acconsentito per arroganza di salire al grado di quella natura?

Noi invero ci figuriamo grandi cose di quelle Potenze, e ciò non ci permette di credere che un uomo possa concepire un onore più grande di quello.

Pertanto si dovrebbero piuttosto tacciare d'orgoglio quelli che tale accusa fanno a me; che mai non avrebbero concepito tale sospetto sul conto di altri, se loro stessi non nutrivano disprezzo di tale dignità, come di cosa da nulla.

Che se poi dicono ch'io feci questo avendo di mira la gloria, saranno palesemente convinti di contraddizione e che si tirano da se stessi la zappa sui piedi.

Non so proprio qual altra ragione avrebbero potuto cercare, qualora avessero voluto assolvermi dall'accusa di vanagloria.

Se mai tal brama mi prese, dovevo io pur accettare piuttosto che ricusare.

Perché? perché ciò m'avrebbe acquistato grande rinomanza: alla mia età e da poco toltomi alla vita mondana, essere d'un tratto stimato fra tutti tanto eccellente, da venire anteposto a coloro che tutto il tempo consumarono fra tante e tali fatiche, e raccogliere maggior numero di suffragi che tutti loro, ciò avrebbe fatto nascere in tutti grandi e meravigliose opinioni a mio riguardo e m'avrebbe reso un personaggio augusto e celebrato.

Ora invece, tranne pochi, la gran parte della comunità ecclesiastica non mi conosce neppure di nome; e credo che neppur tutti sapranno del mio rifiuto, ma solo pochi, e che, anche questi pochi, non siano al chiaro d'ogni cosa; ed è probabile che molti di questi o crederebbero senz'altro ch'io non fossi stato eletto, o che dopo l'elezione non fossi già fuggito spontaneamente, ma venissi rimosso, per non essere parso idoneo all'uopo.

« Ma ben si meraviglierà chi conosce il vero ».

« Per l'appunto, dicevi che questi mi calunniano come vanaglorioso e arrogante. Or da qual parte s'ha da sperare lode? dai molti? ma non conoscono il fatto come sta; o forse dai pochi? ma allora la cosa si presenta per noi tutto al contrario; poiché non sei qui venuto per altro scopo che per sapere da me come ci si debba difendere presso di questi.

Ed a che tanto sottilizzare ora per ciò? Attendi un poco, e vedrai chiaramente che se anche tutti sapessero la verità, non c'era motivo per tacciarmi di arroganza e vanagloria; e oltre a ciò ancora vedrai come non solo chi mostrasse tanta audacia, seppure alcuno ve n'ha, poiché io non lo credo, ma anche coloro che la suppongono negli altri, rasentano non lieve pericolo ».

b) Grandezza del sacerdozio e del rito eucaristico. Gli angeli stanno in adorazione intorno al sacerdote celebrante.

II - L'epiclési o invocazione dello Spirito Santo. Confronto coi riti sacrificali dell'antica Legge

Però che il sacerdozio si compie sulla terra, ma è nell'ordine delle cose celesti; e con ogni ragione; poiché non un uomo, non un angelo, non un arcangelo, né altra forza creata, ma lo stesso Paracleto ordinò quest'ufficio, ispirando quelli che tuttora si stanno nella carne a ideare una funzione propria degli angeli; deve pertanto il sacerdote essere così puro, come se abitasse negli stessi cieli fra quelle Potenze.

Terrificanti cose per certo e paurose erano quelle che precedettero la Grazia, come i campanelli, i melograni, le pietre del petto e dell'omero, la mitra, la cidari, la tunica talare, la lamina d'oro, il Santo dei Santi, la profonda quiete degl'interni recessi; ma se alcuno considera le istituzioni della Grazia troverà piccole quelle tremende e terribili cose, e che anche qui è vero ciò che è scritto intorno alla legge: « Non fu glorificato quello che fu glorificato, in comparazione e rispetto a questa gloria trascendente » ( 2 Cor 3,10 ).

Poiché quando tu vedi il Signore sacrificato e giacente, e il vescovo preposto al sacrificio e pregante, e tutti imporporati di quel sangue augusto, credi tu d'essere ancor fra i mortali e di starti sopra la terra, o non piuttosto sei d'un tratto trasportato nei cieli, e sgombro dallo spirito ogni pensiero della carne, contempli con l'anima ignuda e con la mente pura le cose celestiali? o meraviglia! o filantropia di Dio: colui che siede in alto insieme col Padre, in quell'istante viene tenuto dalle mani di tutti, e dona se stesso a chi vuole abbracciarlo e stringerlo a sé, e tutti fanno poi ciò allora con gli occhi della fede.

Or dunque ti paiono cose queste da poter essere disprezzate, o tali che uno possa esaltarsi al di sopra di esse?

Vuoi ora scorgere da altra meraviglia la superiorità di questo sacrificio?

Rappresentati innanzi agli occhi Elia, e intorno a lui moltitudine immensa, e il sacrificio disposto su le pietre, e tutti gli altri in gran quiete e silenzio profondo, e il profeta solo supplicante; indi d'un tratto la fiamma lanciata dai cieli sopra la vittima: è uno spettacolo meraviglioso che riempie di stupore.

Rivolgiti or quindi a quello che adesso si compie e vedrai non solo cose meravigliose, ma tali da superare ogni meraviglia.

Sta il sacerdote, per attirare giù non il fuoco, ma lo Spirito Santo; e a lungo si fa la supplica, non affinché una fiamma accesa dall'alto consumi le offerte, ma affinché la grazia discesa sopra il sacrificio, per mezzo di questo accenda le anime di tutti e le renda più fulgide che argento incandescente.

Chi oserà nutrire sprezzo, se non sia al tutto pazzo o fuor di sé, di questa così tremenda azione? o non sai che l'anima umana non varrebbe a sopportare quel fuoco del sacrificio, e tutti d'un tratto ne sarebbero annientati, se non fosse grande il soccorso della grazia di Dio?

III - Il sacerdote assolve dai peccati con la potestà da Cristo a lui trasmessa

Se alcuno ben consideri che gran cosa è poter avvicinarsi a quella beata e intatta natura, pur essendo uomo e ancora plasmato di carne e sangue, vedrà allora bene di quanto onore la grazia dello Spirito abbia degnato i sacerdoti.

Per loro mezzo infatti queste cose si compiono, ed altre ancora per nulla inferiori a queste, sia per dignità, sia in rapporto con la nostra salvezza; quelli che dimorano in terra e sono posti in questa condizione, vengono ordinati ad amministrare le cose celesti e hanno ricevuto una potestà che Dio non ha conferito né agli angeli né agli arcangeli; poiché non fu detto a questi: « Ogni cosa che legherete sulla terra sarà legata anche nel cielo; e ogni cosa che scioglierete, sarà sciolta » ( Mt 18,18 ).

Anche i dominatori sulla terra hanno il potere di legare, ma soltanto i corpi; invece questo legame si applica all'anima stessa e trascende i cieli; onde, checché i sacerdoti compiano quaggiù, questo conferma Dio in alto, e la deliberazione dei servi viene sancita dal padrone.

E che vuol dire ciò, se non che ha loro conferito ogni potestà celeste?

Dice infatti: « I peccati di coloro ai quali li rimetterete, saranno rimessi; quelli di coloro a cui li riterrete, saranno ritenuti » ( Gv 2,23 ).

Qual potere maggiore di questo?

Il Padre ha dato al Figlio ogni giudizio; or io vedo che essi ne furono fatti dal Figlio pienamente depositari.

Come se già fossero assunti nei cieli, trascesa l'umana natura e sciolti dalle nostre miserie, così furono elevati a questa dignità.

Inoltre, se un re partecipasse a qualcuno dei suoi sudditi quest'onore di poter gettare in prigione chiunque gli piacesse e nuovamente liberarlo, sarebbe costui invidiato e celebrato da tutti; colui poi che da Dio ha ricevuto una potestà tanto più grande quanto il cielo è più augusto della terra, e le anime dei corpi, parrà mai ad alcuno aver egli ricevuto sì piccolo onore, da poter anche solo pensare che altri abbia a mostrare disprezzo verso i depositari di sì eccelse cose?

Lungi tale insania! È per vero insania palese, il guardar dall'alto in basso una dignità senza la quale non è dato di ottenere né la salvezza né i beni che ci furono annunziati.

Ché se « nessuno può entrare nel regno dei cieli, se non venga rigenerato per acqua e Spirito, e colui che non mangia la carne del Signore e non beve il suo sangue, viene escluso dalla vita eterna » ( Gv 3,5 ), e tutte queste cose si compiono da nessun altro fuorché da quelle sacre mani, dico del sacerdote, come potrà alcuno indipendentemente da loro, sia fuggire il fuoco della geenna, sia ottenere le corone riservate?

A loro infatti, a loro fu affidata la generazione spirituale, e il partorire per mezzo del battesimo; per mezzo loro rivestiamo il Cristo, siamo consepolti col Figlio di Dio, e fatti membri di quel beato capo.

Pertanto dovrebbero essere per noi giustamente più temibili che dominatori e re, non solo, ma anche più venerandi che padri; questi invero ci hanno generati « dal sangue e dalla volontà della carne » ( Gv 1,13 ), quelli invece ci sono strumento della generazione di Dio, di quella beata rigenerazione, della verace libertà e dell'adozione secondo la grazia.

IV - Confronto col sacerdozio levitico

I sacerdoti degli Ebrei avevano il potere di liberare dalla lebbra del corpo, anzi, niente affatto liberare, ma soltanto di approvare coloro che ne erano liberati, e ben sai come il potere sacerdotale era oggetto di invidia allora; ma questi hanno ricevuto il potere non di liberare dalla lebbra del corpo, sebbene di togliere affatto, non solo approvare quando sia tolta, l'impurità dell'anima.

Onde, quelli che li disprezzassero sarebbero più empi dei seguaci di Datan, e degni di maggior pena.

Poiché questi sebbene si arrogassero una dignità non dovuta, avevano tuttavia un gran concetto di essa, e lo dimostrarono aspirandovi con grande ardore: quelli invece quando la dignità venne ordinata a maggior ministero e fu di tanto elevata, allora dimostrano in senso contrario, molto maggior audacia degli altri.

Poiché non è eguale, quanto al grado del disprezzo, l'arrogarsi un potere indebito e lo schifarlo: ma questo è tanto maggiore di quello, quanto il rigettare con sdegno differisce dall'ammirare.

Quale anima pertanto sarebbe così miserabile da sprezzare simili beni? non direi che ciò potesse darsi, tranne che alcuno fosse invaso da qualche estro diabolico.

Confronto fra i sacerdoti e i parenti carnali.

Ma torno là donde sono partito.

Dio ha dato ai sacerdoti potenza maggiore che ai parenti carnali, non solo quanto al punire, ma anche quanto al beneficare: e tanta è la differenza fra gli uni e gli altri, quanta ven'ha fra la vita presente e quella futura.

Poiché gli uni generano a questa vita, gli altri a quell'altra: quelli non varrebbero neppure a stornare dai loro figli la morte corporale, né allontanare un'infermità sopravvenuta; questi hanno spesso salvato l'anima inferma e prossima alla rovina, agli uni rendendo più lieve la punizione, agli altri impedendo fin da principio dal cadervi, non solo coll'insegnare e coll'ammonire, ma anche soccorrendo con le preghiere.

Né solo quando ci rigenerano, ma possono rimetterci anche i peccati commessi in seguito.

Dice infatti: « Chi è malato chiami a sé i presbiteri della chiesa e preghino per lui, ungendolo di olio nel nome del Signore; e la preghiera della fede salverà l'infermo, e il Signore lo solleverà e se ha commesso peccati gli saranno rimessi » ( Gc 5,14-15 ).

Inoltre i genitori naturali, qualora i figli abbiano recato offesa a qualche potente, non possono giovargli in alcun modo; mentre i sacerdoti riconciliarono non i potenti né i re, ma lo stesso Dio più volte con loro adirato.

Dopo ciò oserà ancora taluno accusarmi di arroganza?

Da quanto ho detto io penso d'aver infuso nell'animo degli uditori tale cautela, che abbiano ormai a tacciare d'arroganza e audacia non quelli che fuggono, ma quelli che da se stessi si fanno avanti e s'arrabattano per acquistarsi questa dignità.

Infatti, se coloro ai quali sono affidate le magistrature civili, qualora per caso non siano prudenti e assai accorti, mandano le città a catafascio e se stessi alla rovina; colui che é destinato a fregiare la sposa di Cristo, di qual forza non ti par debba essere fornito, sia di quella sua propria, sia di quella che viene dall'alto, per non cadere in colpa?

V - c) Virtù richieste dal sacerdozio. Il candidato al sacerdozio deve temere la dignità

Nessuno amò Cristo più di Paolo, nessuno mostrò maggior zelo, nessuno fu donato di maggior grazia; ma pur con tutto questo, teme ancora e trema per questa potestà e per coloro sui quali la esercita.

« Io temo, dice, che come il serpente con la sua malizia ingannò Eva, così i vostri pensieri degenerino dalla semplicità che é in Cristo » ( 2 Cor 11,3 ).

Ed ancora: « Fui in gran timore e trepidazione per voi » ( 1 Cor 2,3 ): un uomo che fu rapito al terzo cielo e messo a parte degli arcani di Dio, e che sopportò tante e tali fatiche quanti furono i giorni di sua vita dopo la conversione; un uomo che non volle neppur fare uso del potere conferitogli da Cristo, affinché non fosse scandalizzato qualcuno dei fedeli.

Se adunque colui che superò i comandamenti di Dio, né minimamente cercò il suo interesse, ma quello dei sudditi, era sempre in tanto timore riguardando la grandezza della dignità, quale sicurezza avremo noi, che sovente cerchiamo la comodità nostra, che non solo non superiamo i precetti di Cristo, ma in gran parte li trasgrediamo?

« Chi cade infermo, dice, e io non cado infermo? chi si scandalizza e io non ne ardo? » ( 2 Cor 11,29 ).

Tale dev'essere il sacerdote; o piuttosto, non solo tale; queste cose sono piccole e da nulla rispetto a quanto sono per dire; che è ciò?

« Ho supplicato, dice, d'essere riprovato da Cristo, per i miei fratelli, miei congiunti secondo la carne » ( Rm 9,3 ).

Se alcuno pub lanciare questo grido; se alcuno ha l'anima che arriva fino a questa preghiera, quegli si dovrebbe rampognare se fuggisse; ma chi è lungi da quella virtù quanto lo sono io, sarebbe degno di detestazione non quando fuggisse, ma quando accettasse.

Che se si trattasse d'eleggere ad una dignità militare, e quelli cui spetta conferirla, tirato in mezzo un fabbro od un ciabattino o altro simile artefice, gli affidassero l'esercito, io non loderei per certo quel miserabile, qualora non ricusasse e non facesse di tutto per evitare di gettarsi in un male palese.

Ché se bastasse l'esser chiamato pastore e disimpegnare l'ufficio in qualunque modo, né pericolo alcuno vi fosse, mi accusi pur chi vuole di vanagloria; ma se colui che si sobbarca a questa cura abbisogna di grande prudenza, e prima della prudenza, di copiosa grazia di Dio, rettitudine di costumi, purezza di vita e una virtù più grande dell'umana, non mi negherai venia, se non ho voluto vanamente e senza motivo darmi a rovina.

Se uno, tratta innanzi una nave da trasporto piena di remiganti e di preziosi carichi, fattomi sedere al timone mi ordinasse di traghettare il mar Egeo o il Tirreno, mi ritrarrei alla prima voce: e se alcuno chiedesse: « Perché? » risponderei: « Per non mandare a fondo la nave ».

Or poi, se là dove il danno è nelle sostanze ed il pericolo riguarda la morte corporale, niuno farà rimprovero a chi adoperi grande previdenza; dove invece i naufraghi sono in procinto di cadere non in questo pelago, ma nell'abisso del fuoco, e li aspetta non la morte che divide l'anima dal corpo, ma quella che l'anima insieme col corpo dà in preda alla punizione eterna, mi detesterete e vi adirerete perché io non mi gettai a precipizio in un tanto male? no, ve ne prego e vi scongiuro.

Conosco l'anima mia, inferma com'è e piccina; conosco la grandezza di quel ministero e la gran difficoltà dell'ufficio; poiché le onde che sbattono l'anima del sacerdote sono più impetuose dei venti che sconvolgono il mare.

VI - Fuggire la bramosia di onore e la servilità verso i potenti e l'eccessivo ossequio verso le donne

E anzitutto v'è il terribile scoglio della vanagloria, più funesto di quello di cui narrano portenti i mitologi; questo infatti molti riuscirono a sfuggirlo incolumi tragittando; per me invece quello è tanto minaccioso, che non posso guardarmi dal suo malo influsso, nemmeno ora che nessuna necessità mi spinge verso quel baratro; se poi alcuno mi affidasse questa dignità, sarebbe come legarmi le mani all'indietro e espormi alle fiere che dimorano su quello scoglio, per esserne quotidianamente dilaniato.

Quali sono queste fiere? violenza, ignavia, invidia, contese, calunnie, accuse, menzogne, ipocrisia, insidie, istanze a danno d'innocenti, compiacenza per le sconvenienze dei propri colleghi, rammarico per i loro successi, brame di lode, avidità d'onore ( ciò che più di tutto tira alla. rovina l'anima dell'uomo ); discorsi tenuti per pavoneggiarsi, adulazioni servili, corteggiamenti indegni, disprezzo dei poveri, ossequiosità poi ricchi, onori affatto irragionevoli e favori biasimevoli, che recano pericolo a chi li dà e a chi li riceve; timore servile, degno soltanto dei peggiori schiavi, scatti d'audacia, gran modestia all'esterno e nessuna in realtà, accuse di assenti e punizioni inflitte specialmente ai deboli e fuor di misura, mentre con quelli che sono circondati di potenza non s'osa nemmeno aprire bocca.

Tutte queste fiere e altre più ancora, nutre quello scoglio, nelle quali chi incappa una volta, è per forza ridotto a tale schiavitù, da compiere in grazia delle donne, azioni che non è bello neanche nominare.

La legge divina le ha escluse da questo ministero, ma esse si sforzano di invaderlo; e poiché nulla possono da se stesse, fanno ogni cosa per mezzo di altri; e si arrogano tanta potenza, da approvare o eliminare i sacerdoti come a loro piace.

E rovesciato l'ordine, questo che è proverbiale si può qui vedere avverato: i sudditi guidano i magistrati; e fossero uomini almeno, ma sono proprio quelle a cui non è nemmeno dato l'incarico d'insegnare: che dico insegnare? il beato Paolo non permise loro neppur di parlare nella comunità ecclesiastica.

E io ho udito uno raccontare, che tale baldanza hanno acquistata, da muovere rimproveri ai capi delle Chiese e imperversare contro di quelli, più fieramente che non facciano i padroni coi propri servi.

Ma non creda alcuno che io voglia sottoporre tutti a queste accuse; vi sono invero, vi sono molti che sfuggono a queste reti e sono in maggior numero di quelli che vi si perdono.

VII - Disordini provenienti da elezioni ispirate a favoritismo e dominate da spirito partigiano. Chi si sente impari all'ufficio, anche a elezione fatta dovrebbe ritirarsi

Ma io non vorrei attribuire al sacerdozio la cagione di questi mali, a meno che fossi pazzo; ché non s'incolpa il ferro degli omicidi, né il vino dell'ubriachezza, né la forza dell'oltraggio, né il coraggio s'incolpa della stolta audacia; ma ognuno che ha senno dice esserne cagione quelli che dei doni impartiti da Dio non fanno il debito uso, e quelli castiga.

E ben a ragione il sacerdozio potrebbe accusare noi, quando non l'esercitiamo rettamente; ché non esso è a noi cagione dei mali sopraddetti, ma siamo noi che, per quanto da noi dipende, l'inquiniamo di tante e tali immondezze, affidandolo a uomini volgari.

Questi poi, non avendo prima conosciute le loro anime né considerato il peso dell'istituzione, accettano bensì bramosamente la dignità conferita, ma quando vengono all'azione, ottenebrati dall'inettitudine loro, riempiono di infiniti mali i popoli che a loro furono affidati.

Questo, sì, questo per poco non accadeva anche a me, se Dio non m'avesse presto sottratto a quei pericoli, risparmiando la Chiesa e l'anima mia.

O dimmi, donde credi tu che nascano nelle chiese tanti scompigli? da nessun'altra parte, io credo, che dall'eseguirsi senza cura e a casaccio la scelta e l'elezione dei dirigenti; la testa che dovrebbe essere la parte più salda, per frenare e mantenere in equilibrio gli spiriti perversi esalati da basso dal resto del corpo, se ella stessa è inferma e inetta a reprimere quelle morbose esalazioni, s'infermerà ancor più di quello che non sia, e rovinerà insieme con se stessa il rimanente del corpo.

A evitare ciò nel presente caso, Iddio mi trattenne al livello dei piedi, dove la sorte prima m'aveva collocato.

Ma ben molte altre, o Basilio, oltre quanto fin qui fu detto, sono le virtù che il sacerdote deve possedere, e che io non possiedo; e prima di tutto questa, di purificare affatto l'anima propria dalla brama di questa dignità.

Che se egli per avventura sentirà vivo desiderio per questa carica, raggiunta che l'abbia accende una fiamma più veemente, e volendosi deporlo a forza, commette innumerevoli perversità pur di serbarsela, sia che occorra adulare o tollerare cosa vile e indegna, o sacrificare grandi somme: tralascio ora che alcuni hanno riempito le chiese di uccisioni e messo sossopra le città disputandosi questa dignità; parrebbe infatti ad alcuno che io narri cose incredibili.

Ma bisogna, a mio avviso, nutrire un tal timore di questo incarico, da volersene sottrarre fin da principio, né, raggiunto che uno l'abbia, attendere i giudizi altrui, se mai gli accada di commettere un fallo degno della deposizione, ma prevenendoli, uscire di carica egli stesso; così è anche probabile che attiri sopra di sé la misericordia di Dio.

Ma il persistere in carica oltre il convenevole, equivale a privarsi d'ogni perdono e vie più accendere l'ira di Dio, aggiungendo al primo un secondo e più grave fallo.

Ma nessuno mai sopporterà tal cosa, perché l'agognare quest'onore è vizio funesto.

Né dico ciò per contraddire al beato Paolo, ma anzi in piena armonia con le parole sue; che dice egli infatti?

« Se alcuno brama l'episcopato, brama una cosa buona » ( 1 Tm 3,1 ); e io ho detto che è vizio funesto non già il bramare la cosa, ma la dignità e il potere.

VIII - Credo pertanto doversi tal brama cacciare con ogni cura dall'anima, né soffrire che questa cominci ad esserne dominata, anche affine di poter compiere ogni cosa con libertà.

Colui che non brama d'esser designato a quella potestà, non teme neppur d'esserne deposto; non temendolo potrà agire in tutto a norma della libertà che s'addice ai Cristiani; mentre coloro che temono e tremano d'esserne deposti, sopportano una schiavitù amara e piena di miserie, e sovente sono nella necessità di offendere gli uomini e Dio.

Tale non ha da essere la disposizione dell'anima, ma come vediamo nelle battaglie i soldati valorosi combattere con ardore e cadere con fortezza, così anche quelli che giungono a questo ufficio, debbono saperlo esercitare e all'uopo deporre, come si addice a uomini cristiani, certi che una tale deposizione non diminuisce la corona del ministero.

Che se poi taluno soffrisse una tale vicenda senz'aver nulla commesso di sconveniente e indegno del posto che occupa, procurerebbe la punizione per quelli che ingiustamente lo deposero e a se stesso maggior ricompensa: « Beati siete voi quando gli uomini vi malediranno e vi perseguiteranno e diranno di voi falsamente ogni male per causa mia; rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli » ( Mt 5,11-12 ).

Ciò qualora alcuna sia tolto di seggio dai propri colleghi, o per invidia, o per far piacere ad altri, o per inimicizia o per altra ingiusta ragione.

Quando poi gli occorra di sopportare ciò anche per opera degli avversari, credo inutile aggiungere parole, per dimostrare quanto guadagno quelli gli procurino con la loro perversità.

Conviene adunque ricercare da ogni parte e diligentemente investigare, che non si celi ardendo qualche scintilla di quel desiderio.

Invero c'è da esser contenti se anche coloro che si mantengono da principio liberi da tal brama, riescano a sfuggirvi qualora siano cascati nella dignità; che se poi alcuno nutre in se stesso questa fiera terribile e selvaggia prima ancora di toccare in sorte l'onore, non si può dire in qual fornace immerga se stesso dopo averlo raggiunto.

Io per certo ( né credi che voglia mentire con te per modestia ) ero molto preso da questa bramosia, il che insieme con tutto il resto mi infuse non minore, sgomento, e mi decise a questa fuga.

Come gli amanti dei corpi sentono più fiero il tormento della passione fin che è loro concesso di starsi vicino agli amati; e quando si siano spinti il più lontano possibile dall'oggetto di loro brame, pongono fine anche alle loro smanie; così anche i bramosi di questa potestà, quando si 'trovano vicini a essa il loro male diviene insopportabile; ma qualora ne abbiano perduta la speranza, spengono in se stessi in un con l'aspettativa, anche il desiderio.

Ciò non era piccolo pretesto: e se anche non ve ne fosse stato altro, bastava per escludermi da questa dignità.

IX - Prudenza e fortezza sono virtù più necessarie al sacerdote che le austerità e i digiuni

Ora s'aggiunge un'altra virtù non minore di questa.

Qual è? Deve il sacerdote essere sobrio e perspicace, e munirsi da ogni parte d'infiniti occhi, dovendo vivere non solo a:e stesso, ma a vantaggio d'una tanta moltitudine.

Ora, che io sia pigro e debole e appena sufficiente alla mia salvezza, tu stesso l'ammetteresti, sebbene per l'amicizia sia più di tutti sollecito nel nascondere i miei difetti.

Non parlarmi ora di digiuni né di vigilie né di sonni su nuda terra né d'altre austerità corporali; sai del resto quanto io sia lontano anche da queste; ma se pure mi vi fossi dedicato con ardore, non avrebbero potuto per nulla giovarmi in questo ministero.

Potrebbero bensì quelle austerità recare grande giovamento a un uomo che se ne stia rinchiuso nella sua cella unicamente occupandosi di se stesso; ma a chi è diviso fra tanta moltitudine e sollecitato da cure diverse per ciascuno dei suoi sudditi, come potrebbero recare un considerevole incremento al progresso di quelli, se egli non possederà un'anima pieghevole ad un tempo e fortissima?

Non meravigliarti se insieme a quelle austerità io richiedo un'altra prova della virtù dell'anima.

Noi vediamo essere per nulla difficile lo sprezzare i cibi, le bevande e i soffici letti, specialmente a coloro che menano vita rustica e furono allevati così fin dalla più tenera età, come anche a molti altri, quando la disposizione fisica e la consuetudine rende meno sensibile l'asprezza di quei travagli; ma il sopportare l'ingiuria, l'insolenza, il parlar grossolano, i dileggi da parte degl'inferiori, sian profferiti a caso o con giusta causa, e i biasimi mossi senza motivo e infondatamente dai superiori e dai propri sudditi, non è virtù di molti, ma a stento d'uno o due; onde si potrebbe vedere talora persone che in quelle austerità erano forti, dare ora siffattamente nelle vertigini, da imperversare peggio delle fiere più selvagge; or questi tali dobbiamo massimamente escludere dai recinti del sacerdozio.

Che il vescovo non languisca d'astinenza né vada a piedi nudi, non recherà alcun detrimento alla comunità ecclesiastica; mentre invece l'asprezza d'animo produce grandi malanni, sia in chi ne è agitato, sia nei suoi vicini; né alcuna minaccia di Dio sovrasta a coloro che non si danno a quelle pratiche, mentre a coloro che montano in furia senza ragione, è minacciata la geenna e il fuoco di essa.

Come colui che è preso da vanagloria, quando abbia afferrato il dominio sopra il popolo offre al fuoco maggior materia; così chi è incapace di frenare lo sdegno quando è solo o nella conversazione di pochi, ma facilmente perde le staffe; qualora gli sia affidata la supremazia di tutta una moltitudine, simile a una fiera punzecchiata da ogni parte e da moltissimi, egli non potrà mai starsi in pace, e procurerà ai suoi sudditi innumerevoli mali.

Nulla intorbida più la purezza della mente e la trasparenza dei pensieri, che un animo sfrenato e che si lascia trascinare da grande impeto: « Questo ( dice la Scrittura ) rovina anche i saggi » ( Pr 5,1 ).

E come in un combattimento notturno, l'occhio dell'anima ottenebrato non trova modo di discernere gli amici dai nemici, né le persone volgari da quelle distinte, ma con tutti egualmente usa le stesse maniere, rassegnandosi a sopportare il male che gliene possa venire, pur di soddisfare la voluttà dello spirito; poiché l'ardore della collera è una specie di voluttà, anzi più duramente della voluttà esso tiranneggia l'anima sconvolgendone interamente la sana costituzione; onde spinge facilmente all'arroganza, a inimicizie intempestive, all'odio infondato, e continuamente dispone a eccitare malcontenti inutilmente e senza motivo, e tante altre cose simili costringe a fare e dire, sentendosi l'anima trascinata da gran tumulto di passione, né avendo dove appoggiare il suo sforzo per resistere a tale impeto.

« Ma ormai non sopporterò più a lungo, quel tuo fare ironico, disse; poiché chi non conosce quanto tu sii lontano da questo difetto? »

« E che, soggiunsi, o fortunato, vuoi tu dunque spingermi vicino al rogo, e istigare la fiera accovacciata? o non sai che in ciò mi sono moderato non per virtù mia propria, ma per amore della quiete, e che chi ha tale disposizione è cosa desiderabile che, standosene solo o colla compagnia di uno o due amici soltanto, possa sottrarsi a quell'incendio, non che dal cadere nell'abisso di tante sollecitudini?

Poiché in questo caso, non solo se stesso, ma molti altri insieme con lui trascinerebbe nel precipizio della rovina, rendendoli meno solleciti per mantenersi nella giusta misura; infatti il più delle volte la moltitudine dei sudditi è disposta naturalmente a guardare i costumi dei capi come un modello archetipo e foggiare se stessa a norma di quelli.

Or come potrebbe uno sedare i loro gonfiori quando egli stesso è gonfio? chi fra la plebe desidererebbe diventare moderato, mentre vede il capo che facilmente cede alla collera?

Non è possibile affatto che le mancanze dei sacerdoti restino celate, ma anche le minime ben presto diventano palesi.

X - Il sacerdote deve risplendere col buon esempio

Un atleta fino a che se ne rimarrà in casa senza venire alle mani con alcuno, potrà bensì celarsi anche se debolissimo; ma tosto che deponga la veste per affrontare la lotta, ben presto diverrà oggetto di disprezzo; così anche quelli fra gli uomini che vivono questa vita privata e tranquilla, hanno per velario delle proprie colpe la solitudine; ma qualora siano tirati in mezzo, allora sono costretti a deporre la solitudine come un vestito, e per mezzo dei movimenti esterni mostrare ignude a tutti le anime loro.

Pertanto, come le loro virtù giovano a molti ridestandone l'emulazione, così pure le loro mancanze rendono altri più schivi del travaglio che la virtù richiede e li dispone all'indolenza dinanzi alle fatiche di serie intraprese.

Deve dunque la bellezza dell'anima di lui risplendere da ogni parte per poter rallegrare e insieme illuminare le anime dei suoi spettatori.

Le colpe dei volgari, commesse per così dire al buio, sono di rovina soltanto per chi le commette; ma la trascuratezza d'un personaggio distinto e noto a molti, reca danno comune a tutti, rendendo i caduti sempre più restii ai sudori per le opere buone, e d'altra parte provocando all'arroganza quelli che vogliono attendere a se stessi.

Inoltre, i falli della gente comune, anche se divengono palesi, non infliggono nessuna piaga considerevole; ma quelli che siedono su questo culmine di dignità, primariamente sono visibili a tutti; poi anche se cadono in difetti minimi, le cose piccole appiano grandi agli altri, perché tutti misurano la colpa non in ragione della sua propria entità, ma in ragione del grado di chi l'ha commessa.

Onde il sacerdote ha da essere circondato, come d'armi d'acciaio, da attenzione continua e da costante moderazione, e guardarsi da ogni lato che alcuno vedendo qualche parte scoperta e negletta, non infligga una ferita mortale.

Tutti stanno all'intorno pronti a colpire e abbattere, non solo nemici e avversari, ma molti anche di quelli che simulano amicizia.

Bisogna rendere le anime disposte come Dio un tempo mostrò essere i corpi di quei santi nella fornace di Babilonia; l'alimento poi di questo fuoco non è sarmento né pece né stoppa, ma altre cose ben peggiori; né si tratta di quel fuoco sensibile, ma li avvolge la voracissima fiamma della gelosia, elevandosi da ogni parte, investendoli e scrutandone la vita, con più lena che quel fuoco i corpi di quei giovinetti; se pertanto troverà una piccola traccia di paglia, subito l'avvolge e arde quella parte corrotta, mentre il resto della fabbrica, anche se risplenda più che i raggi del sole, resta fra quel fumo tutto bruciacchiato e annerito.

XI - Anche i piccoli difetti tornano a disdoro del sacerdote

Fino a che la vita del sacerdote sarà ben regolata in tutto, egli non soccomberà all'insidia, ma se trascura anche solo un punto, come è facile essendo uomo e navigando attraverso il pelago mal fido di questa vita, nulla gli gioveranno tutte le altre virtù per sfuggire alle lingue degli accusatori; ma quella piccola deficienza adombra tutto il resto; tutti vogliono giudicare il sacerdote non come rivestito di carne e partecipe della natura umana, ma quasi fosse un angelo e libero dalla miseria comune.

E come tutti temono e adulano un tiranno finché serba il potere, perché non possono toglierlo di mezzo, ma quando vedano decadere la sua potenza, deposto il rispetto fin allora simulato, quelli che poco prima gli erano amici, d'un tratto si fanno nemici e avversari, e esaminando tutte le sue malvagità gliele imputano a colpa e lo spogliano del dominio; così anche riguardo ai sacerdoti, quelli che poco prima, mentre era in potenza, lo onoravano e gli s'inchinavano, quando scorgono una piccola occasione, s'apprestano energicamente a travolgerlo non solo quale tiranno, ma come qualcosa di peggio.

E come quello teme le guardie della sua persona, così questo ha da paventare soprattutto i vicini e i suoi compagni di ufficio; ché nessuno agogna maggiormente la sua dignità e nessuno conosce i fatti suoi più addentro di loro, perché essendogli vicini, se alcunché di simile gli accada, lo conoscono prima degli altri; e qualora ricorrano alla calunnia, facilmente possono trovare fede e togliere di mezzo il calunniato ingrandendo le cose piccole, ( ché la parola dell'Apostolo viene qui invertita, e « se un membro soffre, godono tutte le altre membra, e se viene esaltato un membro, tutte le altre membra ne soffrono » ( 1 Cor 12,26 ) tranne che uno sappia con grande circospezione far fronte a tutto.

Or dunque tu mi mandi a tale guerra? e credesti che l'anima mia fosse da tanto da affrontare una lotta si varia e multiforme? ma donde e da chi l'apprendesti? che se Dio ti ha parlato, metti fuori il responso, e mi persuaderò; se poi non l'hai, e rechi il suffragio a norma degli uomini, cessa di più oltre ingannarti.

Ché trattandosi di fatti miei è più giusto credere a me che ad altri, poiché « nessuno conosce le cose dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è dentro di lui » ( 1 Cor 2,11 ).

Ma se anche prima non lo credevi, penso che ora, da quanto ti ho detto ti sarai convinto che se avessi accettato questa dignità avrei esposto alla derisione me stesso e i miei elettori, e con grande iattura me ne sarei dovuto tornare a questo tenore di vita in cui ora mi trovo.

Non solo la gelosia, ma assai più forte di essa, la brama di questa carica sembra armare la moltitudine contro chi ne è investito; a quel modo che i figli bramosi di denaro sopportano con pena la vecchiezza dei padri, così taluni di costoro quando vedono protrarsi lungamente la durata dell'episcopato, non essendo loro lecito di toglierlo di mezzo, si studiano di congedarlo, tutti desiderando di sostituirlo e aspettando ognuno che la dignità venga a cadere nelle sue mani.

XII - Disordini che talora accadevano nella elezione al sacerdozio. La professione monastica e l'età avanzata non sono titoli sufficienti di idoneità al sacerdozio

Vuoi che ti mostri un altro aspetto di questa lotta, ripieno, di innumerevoli pericoli?

Va' a spiare nelle feste pubbliche, dove è costume di far le elezioni dei capi ecclesiastici, e vedrai il sacerdote fatto segno a tante accuse quanta è la moltitudine dei sudditi.

Allora quelli a cui spetta il conferire l'onore si scindono in molti partiti, e si potrebbe vedere il collegio dei presbiteri non concorde né nei suoi membri né con quegli che ottiene l'episcopato; ognuno fa parte da se stesso, scegliendosi chi questo chi quel candidato.

E ne è cagione il considerare tutti non ciò che unicamente si dovrebbe considerare, cioè la virtù dell'anima, ma il tenere conto d'altri pretesti come di titoli valevoli all'assecuzione di questa dignità; onde: « Questi, dice taluno, sia approvato perché è di alto ceto; quest'altro perché possiede molta ricchezza né avrà bisogno di vivere a carico dell'entrate ecclesiastiche; quest'altro perché proviene da parte avversaria ».

E così, cercano di far prevalere sopra gli altri chi un proprio amico, chi un congiunto, chi un adulatore; nessuno vuol prendere in considerazione la persona idonea, né si cura di fare alcun assaggio dell'anima.

Io invece sono tanto lontano dal menare buone queste ragioni per l'approvazione dei candidati al sacerdozio, che anche se uno mostrasse grande pietà, cosa che contribuisce per me non poco per l'esercizio di quella carica, non ardirei di ammetterlo subito in grazia di quella, se non possedesse insieme con la pietà anche molta saggezza.

Poiché io ho veduto molti che erano stati rinchiusi tutta la vita e consumatisi nei digiuni, i quali finché poterono starsi soli e curarsi soltanto de' fatti propri, ebbero merito dinanzi a Dio, e ogni giorno aggiungevano progresso non piccolo in quella filosofia; quando poi s'introdussero fra la moltitudine e furono posti nella necessità di correggere l'ignoranza del volgo, gli uni si mostrarono fin da principio incapaci di questa missione, gli altri, forzati a durarvi, deposta la primitiva osservanza recarono i massimi danni a se stessi, né procurarono agli altri il minimo vantaggio.

Ma neppure se taluno abbia passato tutto il suo tempo rimanendosi nell'ultimo gradino del ministero e sia giunto a estrema vecchiaia, dovremo elevarlo a più alta carica semplicemente per riguardo alla sua età; e che farci, se anche dopo raggiunto quel termine l'individuo sia rimasto inadatto all'uopo?

Né io dico tali cose per disprezzo alla vecchiezza, né con intento di escludere per legge da questa soprintendenza coloro che vengono dalla schiera dei monaci è avvenuto infatti che molti provenienti da quel ceto risplendettero in quest'ufficio ma nell'intento di dimostrare questo principio: che se né la sobrietà per sé sola, né la tarda vecchiaia potrebbero bastare a garantire l'idoneità di chi ottiene il sacerdozio, tanto meno possono valere a tale scopo i pretesti prima enumerati.

Ma v'è chi ne propone altri ancor più assurdi; ché taluni sono collocati nelle file del Clero affinché non si gettino dalla parte degli avversari; altri per le loro perversità, ad evitare che trascurati non abbiano a perpetrare gravi mali; ma si può dar cosa più illegale di questa, che uomini perversi e pieni di colpe fino ai capelli, vengano lisciati per quel motivo stesso per il quale dovrebbero esser puniti, e che in grazia di quello per cui non dovrebbero nemmeno varcare le soglie della chiesa, abbiano a salire alla dignità sacerdotale?

Cercheremo noi ancora, dimmi, la causa dello sdegno di Dio, mentre esponiamo ministeri così santi e tremendi a essere profanati da uomini o malvagi e affatto indegni di riguardo alcuno? quando vengono incaricati gli uni di presiedere a uffici che loro non convengono affatto, gli altri d'uffici affatto superiori alle loro capacità, faranno sì che la Chiesa non dissomigli per nulla dall'Euripo.

XIII - Il male che proviene alla Chiesa dalla abusiva intromissione delle persone estranee nella elezione o nella deposizione dei membri del sacerdozio

Io, più indietro, deridevo i magistrati civili perché eseguiscono le distribuzioni delle cariche non a norma della virtù che è nelle anime, ma a norma delle ricchezze o dell'età o della dignità umana; ma quando intesi che tale stoltezza aveva invaso anche le nostre istituzioni, non giudicai questo un male equivalente dell'altro.

Qual meraviglia infatti, che uomini mondani e bramosi della gloria che deriva dal volgo, e che ogni cosa fanno per acquistare denaro, commettano simili errori, quando coloro che professano il distacco da tutte queste cose, non si comportano meglio di quelli, ma mentre hanno impegnata la lotta per i beni celesti, come se avessero a decidere di un pezzo di terra o d'altra cosa simile, prendono senz'alcun criterio uomini volgari e li pongono a capo di interessi tali per cui il Figlio unigenito di Dio non si peritò di deporre la sua gloria e farsi uomo, d'assumere la forma di schiavo, d'essere sputacchiato e flagellato, e di morire della morte più ignominiosa?

Né si arrestano qui, ma aggiungono altre irregolarità più assurde; poiché non solo ammettono gl'indegni, ma ne discacciano gli idonei: come se fosse necessario che dall'una e dall'altra parte venga rovinata la sicurezza della Chiesa, o come se non bastasse il primo motivo per accendere lo sdegno di Dio, così ne aggiungono un secondo non meno tristo; ché mi parve cosa egualmente funesta tanto l'escludere gli idonei, quanto lo spingere dentro gli inetti: e ciò avviene affinché il gregge di Cristo non possa trovare sollievo da alcuna parte, né possa in alcun modo respirare.

Tali cose non sono degne di mille fulmini? o non sono meritevoli d'una geenna più violenta, e non solo di quella a noi minacciata?

Ma ciò non ostante si trattiene e sopporta tali iniquità « Colui che non vuole la morte del colpevole, bensì che si converta e viva » ( Ez 23,23 ).

Chi può adeguatamente ammirare la di lui mitezza? come degnamente esaltarne la misericordia?

I seguaci di Cristo corrompono le istituzioni di Cristo più dei nemici e degli avversari suoi, ed egli buono, si mostra ancora benigno e chiama i colpevoli a ravvedimento; gloria a te, o Signore, gloria a te quale abisso di benignità in te? quale copia di longanimità? quelli che per il tuo nome da volgari e ignobili sono divenuti nobili e cinti d'onore, usano dell'onore contro chi ne li ha rivestiti e osano audacie inaudite, e imperversano contro le cose sante, allontanando e scacciando i degni, affinché i malvagi possano con tutta calma e con piena impunità mettere sottosopra ogni cosa che loro aggrada.

E se vuoi apprendere le cause di questo male, le troverai simili a quelle prima addotte, ché hanno tutte una sola radice, e come taluno direbbe, madre, la gelosia; esse poi non sono d'una stessa specie, ma differiscono fra loro.

Questo, dice uno, sia scacciato perché è giovane; quest'altro perché non sa adulare; quell'altro perché cadde in disgrazia del tale; quell'altro, per non far dispiacere al tale, qualora vedesse rifiutato il suo protetto e approvato costui; quest'altro poi perché è affabile e moderato, quest'altro ancora perché è temuto dai colpevoli; quest'altro per altro motivo, ché non esitano a trovare pretesti quanti ne vogliano, e qualora non n'abbiano altro, adducono quello del gran numero dei sacerdoti, asserendo non doversi in massa elevare a questa dignità, ma con calma e a poco a poco; e possono trovare quante altre cagioni vogliono.

Or mi piace chiederti a questo punto: Che deve fare il vescovo contrariato da tali venti opposti? come starà fermo fra tanto ondeggiare? come respingerà tutti questi assalti?

Ché se disporrà la bisogna con retta riflessione, tutti si dichiarano nemici e avversari a lui ed agli eletti, e ogni cosa faranno per animosità contro di lui, suscitando rivolte ogni giorno e infliggendo mille insulti agli eletti, finché o gli abbiano deposti o abbiano fatto luogo ai loro raccomandati.

Accade come quando un pilota avesse nella nave che varca Tacque, dei pirati insieme naviganti e insidianti senza posa e in ogni istante a lui, ai marinai e agli altri viaggiatori: e se anteporrà il riguardo verso di quelli alla sua propria salvezza, accogliendo chi non dovrebbe, avrà Dio nemico invece ch'essi, del che qual cosa v'è più tremenda? e d'altra parte i rapporti con loro gli si faranno più difficili di prima, prestandosi tutti reciprocamente soccorso e rendendosi per tal guisa più forti.

E come quando, per venti impetuosi scatenatisi da parti opposte, il mare fin allora tranquillo, d'improvviso infuria, si solleva e travolge i naviganti; così la pace della Chiesa quando accolga nel suo seno uomini corruttori, si riempie di procella e di molti naufragi.

Pensa pertanto quale deve essere colui che ha da andar incontro a sì gran tempesta e cavarsela bene da sì forti ostacoli, opposti a ciò che sarebbe di vantaggio comune: deve essere insieme serio e non altezzoso, temuto e accondiscendente, imperativo e popolare, imparziale e cortese, umile e non servile, forte e dolce, affine di poter combattere con buon esito contro tutte queste difficoltà.

Si deve far avanzare con molta fermezza, anche se tutti s'opponessero, il candidato idoneo, e quegli che non è tale, con la stessa fermezza e anche se tutti cospirino contro, non promuoverlo, ma aver di mira una cosa sola, cioè l'edificazione della comunità ecclesiastica, né alcuna cosa compiere per simpatia o per animosità.

Ti par dunque che io mi sia ritirato con buona ragione da questo ufficio e da questo ministero? ma tuttavia non t'ho ancora esposto tutto; ho altro da dirti: però ti prego, non stancarti di tollerare che un tuo amico e familiare voglia farti persuaso intorno a ciò di cui lo accusi.

Ché tali cose non sono soltanto utili per la difesa che tu avrai a far di me, ma anche per il disimpegno dell'ufficio stesso ben presto ti saranno di non lieve giovamento.

È necessario che chi s'incammina per questa carriera di vita, quando abbia prima ben indagato ogni cosa, allora solo s'accinga al ministero; e per qual motivo mai? perché se non altro non gli toccheranno amare sorprese quando si trovi a tali incontri, se già di tutto avrà chiara nozione.

XIV - Governo delle vedove e difficoltà che presenta. Cura degli ospiti e degli infermi. Responsabilità del vescovo come amministratore

Vuoi dunque ora che io tratti prima del governo delle vedove, o della sollecitudine per le vergini, o della difficoltà che presenta la parte giudiziaria?

Ché in ognuna di queste bisogne diversa é la preoccupazione, e più grande che la preoccupazione é il timore.

E per principiare da quella parte che si crede essere più facile delle altre, la cura delle vedove sembra non arrecare altre brighe a chi se ne occupa, se non quelle riguardanti le spese necessarie; ma non é così; anche qui c'è bisogno di lungo esame, quando si tratta di accoglierle, perché l'ascriverle senza criterio e a casaccio, ha prodotto innumerevoli mali.

Talora infatti esse hanno mandato in malora le case, violato i matrimoni; spesso si sono infamate con furti, con frodi e col perpetrare altre simili iniquità; ora il mantenere tali soggetti a spese della Chiesa, provoca punizione da parte di Dio e i peggiori biasimi da parte degli uomini, mentre poi rende più restii quelli che sarebbero disposti a beneficare.

Chi sopporterebbe infatti che i beni che egli aveva deciso di dare a Cristo, siano dissipati in pro di quelli che disonorano il nome di Cristo?

Bisogna quindi fare lunga e diligente indagine, affinché non danneggino la mensa delle indigenti non solo quelle dette di sopra, ma né anche quelle che sono in grado di provvedere al proprio sostentamento.

Dopo questa ricerca, sopravviene altra briga non piccola, per far sì che il loro nutrimento scorra abbondante come da sorgenti, né si esaurisca mai: l'indigenza forzata è una miseria in certa guisa insaziabile, querula e sconoscente; si richiede grande sagacia e grande diligenza per chiudere loro la bocca, togliendo qualsiasi pretesto di accusa.

 Ora molti, appena vedono un tale che sia superiore all'avidità di ricchezza, subito lo designano come idoneo a quest'amministrazione; ma io non credo che gli possa bastare tale magnanimità; questa si richiede bensì prima d'ogni altra dote ( ché senza di ciò egli sarebbe un flagello anziché un protettore, e un lupo anziché un pastore ), ma insieme con questa conviene cercare se ne possieda un'altra; quest'altra, che è causa  d'ogni bene per gli uomini, è la longanimità, che guida l'anima ormeggiandola in porto tranquillo. Il ceto delle vedove, per la indigenza, per l'età e per la sua stessa natura, dimostra una certa smodata indiscrezione, è meglio dir così, onde gridano fuor di luogo, menano querele invano, si rammaricano per cose di cui dovrebbero saper grado, accusano di cose alle quali era invece da far buon viso: e il reggitore deve tollerare tutto con fortezza, senza perdere le staffe né per le noie intempestive, né per gli irragionevoli biasimi; è giusto commiserare quel ceto per i disagi propri della sua sorte, anziché rampognarlo, ché l'accrescere il peso delle loro sventure e aggiungere all'ambascia dell'indigenza anche quella del maltrattamento, sarebbe estrema crudeltà.

Onde un tale sapientissimo uomo, guardando l'avidità e l'alterigia propria della natura umana e avendo appreso che l'indole della povertà é così terribile da abbattere anche l'anima più generosa e indurla spesso a mostrarsi sfacciata nel richiedere le stesse cose, affinché taluno non monti in ira per esser da altri supplicato né per le continue richieste infastidito, diventi avversario quegli che doveva recare loro soccorso, lo dispone a mostrarsi accessibile al bisogno, dicendo: « Piega il tuo orecchio al povero senza infastidirti e rispondi a lui con pacata mansuetudine » ( Sir 4,8 ).

Lasciando da parte il cercatore importuno e che potrebbe dire a chi giace nella miseria? parla a chi é in grado di sopportare la debolezza di quello, esortandolo a sollevare il povero con la dolcezza dello sguardo e l'affabilità della parola, prima di porgergli la limosina.

XV - Larghezza e buone maniere nel beneficare

Che se poi alcuno si astenga bensì dall'appropriarsi i beni destinati a quelle, ma le copra di innumerevoli contumelie, le insulti e monti in furia contro di esse, non solo non avrà alleviato la confusione che loro ispira la povertà, col largire soccorsi, ma avrà cagionato loro un maggior affanno con i maltrattamenti.

Ché sebbene, spinte dalla necessità del ventre, esse diventano assai impudenti, non ostante ciò soffrono a queste maniere violente; quando adunque per l'urgenza della fame sono necessitate a chiedere, e col chiedere s'inducono a comportarsi sfrontatamente, indi per la loro sfrontatezza vengono coperte di rimproveri, allora un molteplice peso di abbattimento apportatore di densa tenebra, si stende su l'anima loro.

Chi si occupa di loro dovrà quindi essere tanto longanime, non solo da non accrescere la loro confusione con modi irritati, ma anche da attutire la maggior parte di quella che hanno già, con parole di conforto.

Poiché, come chi godendo di grande abbondanza, se riceve insulto non sente la comodità che arreca il possesso delle sostanze per il colpo dell'offesa ricevuta; così quegli che ascolta parole affabili e che accetta l'offerta accompagnata da una voce confortatrice, si rallegra maggiormente e gioisce, e il soccorso a lui largito gli si duplica per le buone maniere onde è porto.

E queste cose non dico da me stesso, ma secondo colui che ha fatta la prima esortazione: « Figlio, dice, nel beneficare non recare vituperio, e in ogni dono non recare dolore con le tue parole; non forse la rugiada lenirà l'arsura? così é migliore la parola che il dono.

Ecco che la parola é al di sopra della buona largizione e l'una e l'altra sono presso l'uomo che gode fama di giusto » ( Sir 18,15-17 ).

Né solo giusto e longanime dev'essere chi soprintende alle vedove, ma non deve esser da meno come amministratore; il che se manchi in lui, trarrà a non minor rovina le sostanze dei poveri.

Già taluno cui fu affidato questo ministero e che aveva radunato molto oro, non se lo divorò lui, ma neppur lo spese a vantaggio dei bisognosi, tranne di pochi; la maggior parte ripose e conservò fino a che sopraggiunto il tempo perverso, lo abbandonò nelle mani dei nemici.

C'è bisogno dunque di molta previdenza, si da non prodigare né lesinare le provvigioni della Chiesa, ma distribuire subito ai poveri le somme offerte e radunare i tesori della Chiesa a norma delle intenzioni dei sudditi.

Inoltre l'accoglienza degli ospiti e la cura degli infermi, qual dispendio di denaro non credi tu che richiedano, quale sollecitudine e prudenza da parte di chi ne é incaricato? le spese che tali bisogne richiedono non sono affatto minori di quelle di cui ho detto poc'anzi; spesse volte di necessità sono anche maggiori: onde chi vi soprintende dev'essere sagace nel procurare con circospezione e assennatezza, in guisa da disporre i proprietari a largire i loro beni con zelo e senza rammarico, per non danneggiare le anime dei donatori mentre provvede al sollievo degli infermi.

Più ancora conviene qui far prova di longanimità e serietà; perché i malati sono una classe di difficile contentatura e d'animo debole; onde se non si circondano da ogni parte di premura e di sollecitudine, basta anche quella piccola trascuratezza per cagionare all'infermo grande tristezza.

XVI - Governo e cura delle vergini. Sollecitudini e ansie che ne derivano al vescovo e al sacerdote che ne é incaricato

Riguardo poi alla cura delle vergini é tanto più grande il timore quanto più eccellente é l'oggetto e quanto più regale é questo atto in confronto degli altri; invero anche nella schiera di queste sante persone si sono già introdotti numerosissimi soggetti ripieni di innumerevoli mali; onde é maggiore in questo caso l'affanno.

Or come non é eguale cosa se cada in fallo una fanciulla libera o la sua ancella, così anche v'è differenza fra la vergine e la vedova.

Per queste ultime infatti é cosa indifferente il far leggerezze, l'ingiuriarsi a vicenda, l'adulare, il mostrarsi sfrontate, l'apparire dappertutto e gironzolare per la piazza; ma la vergine si é disposta a più alto certame ed é emula d'una più alta filosofia; professa di mostrare sulla terra la condizione degli angeli e si propone di effettuare, pur circondata di questa carne, le virtù proprie delle potenze incorporee; onde a lei non s'addice il far lungi e escursioni, né le si permette di affastellare parole inutili e vane; di contumelie poi e di adulazioni non deve conoscere neppure il nome; per queste ragioni essa ha bisogno di più accurata custodia e di maggior soccorso, ché il nemico della santità sempre più fiero le fronteggia e assedia, pronto, se taluna vacilli e cada, a ingoiarsela; molti poi sono gli uomini insidiatori, e a tutto ciò s'aggiunge l'imperversare della natura; onde debbono schierarsi contro doppio ordine di nemici: quelli che assalgono all'esterno e quelli che agitano nell'interno.

Grande pertanto é il timore di chi vi presiede, maggiore ancora il pericolo e l'affanno se talvolta ( ciò che non accada mai ) gli venisse commesso qualche fallo involontario.

Ché se « la figlia rinchiusa toglie il sonno al padre » ( Sir 42,9 ) e l'ansia a riguardo di lei lo tiene sveglio, sì grande essendo il timore ch'essa non rimanga sterile, o che trapassi l'età buona, o che sia disamata dal suo fidanzato; quale fiducia avrà colui che ha da affannarsi non per questi motivi, ma per altri di questi assai maggiori?

Qui non l'uomo viene tradito, ma lo stesso Cristo; né la sterilità genera solo infamia ma il danno di essa finisce con la rovina dell'anima.

« Ogni albero, dice, che non fa buon frutto, viene tagliato e gettato sul fuoco » ( Mt 3,10 ); e quando sia odiata dallo sposo non basterà prendere il libello di ripudio, e andarsene, ma s'avrà in pena dell'odio la punizione eterna.

Inoltre il padre carnale ha molti mezzi che gli rendono agevole la custodia della figlia: v'è la madre, la nutrice, lo stuolo delle ancelle; la sicurezza della casa poi viene in aiuto al genitore per la custodia della vergine.

Non le si permette di uscire continuamente in piazza, né qualora vi si rechi é necessitata a mostrarsi ad alcuno di quelli che s'incontrano con lei, giovando l'oscurità della sera non meno delle mura domestiche, per velare colei che non vuol farsi vedere; s'aggiunga a tutto ciò ch'essa é libera da ogni causa che la potrebbe forzare a mostrarsi in presenza d'uomini, perché né la sollecitudine delle cose necessarie né le macchinazioni degl'iniqui, né altro simile motivo la costringe a questi incontri, avendo essa il padre che s'occupa in vece sua di tutte queste faccende.

Perciò ella non ha che una sola preoccupazione, di non fare né dire alcuna cosa indegna del decoro proprio del suo stato.

Qui invece molte cause rendono al padre difficile, anzi persino impossibile la custodia; egli non potrebbe tenerla rinchiusa insieme con lui, ché tale coabitazione non é né conveniente, né priva di pericoli; se anche essi non ne soffrono danno e perdurano nel serbare intatta la santità loro, tuttavia per le anime che hanno scandalizzate, avranno a rendere non minor conto che se avessero peccato insieme.

Or non essendo ciò possibile, non torna facile né anche l'intuire i moti dell'anima, né reprimere quelli che si agitano sregolatamente e coltivare sempre più quelli composti e ordinati e guidarli al meglio; né torna agevole il sistemare le uscite.

La povertà e la mancanza di protezione non gli permettono d'essere diligente indagatore della decenza che loro si conviene; infatti quando la vergine é costretta a provvedere da se stessa a ogni sua necessità, ha molti pretesti per uscirsene in giro, qualora voglia far disordini; ci vuole pertanto qualcuno che imponga loro di rimanere sempre e in casa e tolga di mezzo simili occasioni, procurando loro sia la sufficienza del necessario sia una persona la quale presti loro servizio per questi bisogni; é d'uopo anche impedirle di recarsi ai funerali e alle vigilie; perché quell'astuto serpente sa spargere il suo veleno anche fra le opere buone, onde bisogna che la vergine se ne stia trincerata e poche volte in tutto l'anno esca fuori di casa, quando motivi imprescindibili e urgenti ne la costringano.

Che se taluno dicesse non esservi affatto bisogno che il vescovo compia direttamente alcuno di questi uffici, sappi bene che le preoccupazioni e i biasimi riguardo a ciascuno d'essi si rivolgono sempre a lui.

É molto meglio ch'egli disimpegnando da se stesso ogni faccenda eviti le accuse che è giocoforza sopportare in grazia dei falli altrui, piuttosto che scaricandosi del ministero, paventare le punizioni dovute a ciò che altri ha commesso.

Inoltre colui che esercita da se stesso queste cariche, compierà ogni cosa con molta agevolezza, mentre invece chi ha da far ciò dopo d'aver persuaso la volontà di tutti, non riceve dall'aver rinunziato a far da sé un sollievo corrispondente alle noie e agitazioni cagionategli dai contraddittori e da quelli che si opporranno alle sue decisioni.

Ma non potrei enumerare tutte le preoccupazioni relative alle vergini; già quando si tratti di iscriverle esse arrecano brighe non ordinarie a chi é incaricato di questa amministrazione.

Difficile compito dell'amministrare la giustizia con imparzialità.

XVII - Pericoli che possono presentarsi al vescovo per la suscettibilità delle varie classi di persone a cui deve usare cortesia

La parte poi che riguarda i giudizi arreca infiniti pesi, grande fatica e tali difficoltà, quali non incontrano neppure i giudici dei tribunali civili.

Ché difficile é trovare il giusto, e che colui che lo trova non lo corrompa.

Né solamente fatica e difficoltà, ma vi si incontra pure non lieve pericolo; già taluni dei più deboli essendo stati coinvolti in processi, né trovando protezione, finirono per naufragare nella fede.

Poiché molti offesi non meno degli offensori detestano chi non li soccorre, e non vogliono considerare né l'intricatezza delle questioni, né la tristezza delle circostanze, né la dignità ecclesiastica: sono giudici inesorabili che conoscono una sola difesa, cioè la liberazione dai malanni da cui sono oppressi; chi non é in grado di loro fornirla, anche se adduca mille ragioni non sfuggirà in alcun modo alla loro condanna.

E poiché ho parlato di protezione, ti svelerò un altro motivo di biasimi: se colui che occupa la carica episcopale non va ogni giorno in giro per le case come un vagabondo, ne vengono indicibili malcontenti.

Non solo gli ammalati, ma anche i sani vogliono esser visitati, indotti a ciò non da riverenza, ma piuttosto per pretesa d'onore e di considerazione.

Che se per l'urgenza di qualche bisogno e a vantaggio della comunità ecclesiastica gli accada di visitare più assiduamente alcuno dei più ricchi e potenti, subito gliene verrà taccia di servilismo e di adulazione.

Ma che parlo io di protezione e di visite? anche solo dal modo di salutare sopportano tal peso di accuse da esserne sovente oppressi e abbattuti per lo scoraggiamento; persino degli sguardi hanno da rendere ragione; molti poi sottopongono a rigoroso esame ciò che quelli fanno ingenuamente, indagano sul tono della voce, sull'espressione degli occhi, sulla misura del sorriso: « al tale, dicono, ha rivolto il discorso con sorriso marcato, con aspetto giulivo e voce sonora; a me invece guardò poco e trascuratamente»; e se quando parla e molti stanno seduti insieme con lui, non porta l'occhio in giro da ogni lato, una parte di loro se ne adonterà come d'un insulto.

Chi dunque se non assai forte, potrà resistere a tali accusatori sia per sfuggire a ogni loro imputazione, sia per purgarsene dopo che gli fu inflitta? per vero bisognerebbe non aver affatto accusatori; ma se ciò é impossibile, almeno bisognerebbe poter liberarsi dalle loro accuse; che se anche ciò torna difficile e taluni si dilettano nel muovere querele, allora bisogna resistere fortemente all'abbattimento che ne deriva.

Più facilmente sopporterebbe l'accusatore chi fosse incolpato per giusto motivo; ché non essendovi giudice più fiero della coscienza, quando siamo sopraffatti da questo che é più terribile, sopportiamo più facilmente quelli esterni che sono più benigni.

Ma colui che non ha a rimproverarsi alcuna colpa, qualora venga accusato senza cagione si eccita tosto a sdegno e si abbatte facilmente nello scoraggiamento, se prima non si sia esercitato a sopportare le noie del volgo; ché non é possibile che uno falsamente accusato e condannato non si conturbi e non soffra qualche cosa per tanta iniquità.

Ma chi direbbe poi le afflizioni che debbono soffrire quando sia necessario espellere qualcuno dalla comunità ecclesiastica? e fosse pure che il male consistesse solo nell'afflizione, ma v'è anche non poca rovina; poiché v'è timore che punito oltre i giusti limiti quegli patisca ciò che fu detto dal beato Paolo, e venga assorbito da eccessivo dolore.

Onde anche qui occorre gran diligenza affinché un mezzo di giovamento non diventi per lui occasione di un danno maggiore.

Come un medico che non avesse inciso convenientemente la ferita, egli subirà in comune l'ira di Dio, eccitata da ciascuna delle colpe che quegli commetterà dopo una simile cura.

Or quali punizioni dovrà attendersi, quando uno non deve solo rendere ragione delle mancanze da lui commesse, ma trovasi esposto a estremo pericolo anche per i falli altrui?

Che se dovendo dar conto delle nostre proprie mancanze noi paventiamo di non poter sfuggire a quel fuoco, che cosa dovrà aspettarsi di soffrire chi avrà a difendersi da tante colpe?

Che poi ciò sia vero, odi il beato Paolo che lo dice, o piuttosto non lui ma Cristo che in lui parla: Ubbidite ai vostri capi e assoggettatevi a loro perché essi vegliano sulle anime vostre come quelli che hanno da renderne conto.

È questo dunque un lieve timore? non è possibile affermarlo.

Ma tutte queste cose bastano per convincere anche i più increduli e restii, che io ho deciso quella fuga non perché accecato da arroganza e vanagloria, ma solo perché temevo di me stesso e per riguardo alla maestà dell'ufficio.

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