Teologia dei Padri

Indice

L'Eucaristia

1. - La celebrazione eucaristica nel cristianesimo primitivo

Il giorno del Signore, riunitevi; spezzate il pane e rendete grazie: però dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro.

Chiunque ha qualche dissenso con il suo vicino, non si unisca a voi, prima che essi non si siano riconciliati, altrimenti il vostro sacrificio sarebbe profanato.

Infatti di questo sacrificio il Signore ha detto: In ogni luogo e in ogni tempo mi viene offerto un sacrificio puro, perché io sono un grande re - dice il Signore - e il mio nome è ammirabile tra le genti ( Ml 1,11.14 ).

Riguardo poi all'eucaristia farete il ringraziamento in questo modo.

Anzitutto sopra il calice: « Ti ringraziamo, o Padre nostro, per la santa vite di Davide tuo servo [ secondo alcuni significa Gesù, secondo altri la Chiesa, e secondo altri, ancora, il vino consacrato ], che ci hai fatto svelare da Gesù Cristo tuo servo. A te sia gloria nei secoli. Amen ».

Poi sopra il pane spezzato: « Ti ringraziamo, o Padre nostro, per la vita e per la conoscenza che ci hai fatto svelare da Gesù Cristo tuo servo. A te sia gloria nei secoli. Amen.

Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto è diventato una cosa sola, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno: perché tua è la gloria e la potenza per mezzo di Gesù Cristo nei secoli. Amen ».

Nessuno mangi o beva della vostra eucaristia, se non i soli battezzati nel nome del Signore, poiché egli ha detto: Non date le cose sacre ai cani ( Mt 7,6 ).

Dopo esservi saziati ringraziate così: « Ti ringraziamo, o Padre santo, per il tuo santo nome, che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la sapienza, la fede, l'immortalità che ci hai fatto svelare da Gesù Cristo tuo servo. A te sia gloria nei secoli. Amen.

Tu, Signore onnipotente, hai creato tutte le cose a gloria del tuo nome e hai dato ai figli degli uomini cibo e bevanda perché ti lodino; ma a noi hai fatto la grazia di un cibo e di una bevanda spirituale e della vita eterna per opera di Gesù il servo tuo.

Anzitutto ti ringraziamo perché sei potente. A te sia gloria nei secoli. Amen.

Ricordati, o Signore, della tua Chiesa, liberala da tutti i mali, rendila perfetta nel tuo amore, riuniscila dai quattro venti santificata, nel tuo regno che per lei hai preparato. Perché tuo è il potere e la gloria nei secoli. Amen.

Venga la grazia e passi questo mondo! Osanna al Dio di Davide!

Chi è santo si avvicini, chi non lo è si converta.

Maranathà [ espressione aramaica che significa: Il Signore nostro viene, oppure: Il Signore nostro è venuto ] ».

Didachè, 14.9-10

2. - La celebrazione eucaristica della comunità primitiva

Ordunque noi, dopo avere così lavato chi crede e ha aderito, lo conduciamo nell'adunanza dei fratelli, come noi ci chiamiamo, onde pregare in comune fervidamente per noi, per l'illuminato e per tutti gli altri, ovunque siano; per meritare, dopo aver appresa la verità, di riuscire buoni nelle opere della vita, osservanti dei precetti e conseguire così la salvezza eterna.

Cessate le preghiere ci abbracciamo con scambievole bacio.

Quindi viene recato al preposto dei fratelli un pane e una coppa d'acqua e vino temperato; egli li prende e loda e glorifica il Padre di tutti per il nome del Figlio e dello Spirito Santo; indi fa un lungo ringraziamento [ in greco « eucaristia » ], per averci fatti meritevoli di questi doni.

Terminate le preghiere e il ringraziamento eucaristico, tutto il popolo presente acclama: « Amen! ».

Amen in lingua ebraica vuol dire « sia ».

Quando il preposto ha rese le grazie e tutto il popolo in coro ha risposto, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua consacrati, e ne portano agli assenti.

Questo alimento noi lo chiamiamo eucaristia, e non è dato parteciparne se non a chi crede veri gli insegnamenti nostri, ha ricevuto il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione e vive secondo le norme di Cristo.

Poiché noi non lo prendiamo come un pane comune e una comune bevanda; ma come Gesù Cristo salvatore nostro, incarnatosi per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così il nutrimento consacrato con la preghiera di ringraziamento formata dalle parole di Cristo e di cui si nutrono per assimilazione il sangue e le carni nostre, è, secondo la nostra dottrina, carne e sangue di Gesù incarnato.

Gli apostoli difatti nelle loro Memorie, dette Evangeli, tramandarono che Gesù Cristo lasciò loro tale legato: preso un pane e rese grazie egli disse loro: Fate ciò in memoria di me; questo è il mio corpo ( Lc 22,19-20; 1 Cor 11,23-25; Mt 25,28 ); e preso similmente il calice e rese grazie, disse: Questo è il mio sangue; e a loro soli li offerse.

Ora i funesti demoni ricopiarono un tale atto, introducendolo anche nei misteri di Mitra.

Difatti nei riti dell'iniziazione con certe formule pongono innanzi un pane e un calice d'acqua e pronunziano delle frasi, come voi sapete o potete informarvi.

Da allora sempre rinnoviamo tra noi la memoria di queste cose; e quelli dei nostri che posseggono, soccorrono gli indigenti tutti, e conviviamo sempre uniti.

E in tutte le nostre offerte benediciamo il Fattore dell'universo per il Figlio suo Gesù Cristo e per lo Spirito Santo.

E nel giorno chiamato del Sole ci raccogliamo in uno stesso luogo, dalla città e dalla campagna, e si fa la lettura delle Memorie degli apostoli e degli scritti dei profeti, sin che il tempo lo permette.

Quando il lettore ha terminato, il preposto tiene un discorso per ammonire ed esortare all'imitazione di questi buoni esempi.

Di poi tutti insieme ci leviamo e innalziamo preghiere; indi, cessate le preci, si reca, come si è detto, pane e vino e acqua; e il capo della comunità nella stessa maniera eleva preghiere e ringraziamenti con tutte le sue forze, e il popolo acclama, dicendo: « Amen! ».

Quindi si fa la distribuzione e la spartizione a ciascuno degli alimenti consacrati e se ne manda per mezzo dei diaconi anche ai non presenti.

I facoltosi e volonterosi spontaneamente danno ciò che vogliono e il raccolto è consegnato al capo, il quale ne sovviene gli orfani, le vedove, i bisognosi per malattie o altro, i detenuti e i forestieri capitati; egli soccorre, in una parola, chiunque si trovi in bisogno.

Ci aduniamo tutti dunque il giorno del Sole, perché è il primo giorno in cui Dio, cangiate tenebre e materia, plasmò il mondo, e in cui Gesù Cristo, Salvatore nostro, risorse dai morti.

Giustino, Prima Apologia, 65-67

3. - La medicina d'immortalità

Tutti e ciascuno - per la grazia cristiana, per l'unica fede, per Gesù Cristo stirpe di Davide nella carne ( Rm 1,3 ), figlio dell'uomo e figlio di Dio -, tutti voi, dunque, siate intimamente uniti nell'obbedire al vescovo e al collegio presbiterale e nello spezzare l'unico pane che è medicina d'immortalità, antidoto contro la morte, alimento dell'eterna vita in Gesù Cristo.

Ignazio di Antiochia, Lettera agli Efesini, 20,2

4. - Risurrezione per la carne e il sangue di Cristo

Sono completamente stolti quelli che disprezzano tutta l'economia di Dio e negano la salvezza della carne e ne spregiano la rigenerazione, dicendo che essa non è capace di incorruttibilità.

Ma se questa non si salva, né il Signore ci ha redento davvero col suo sangue, né il calice eucaristico è comunicazione del suo sangue, né il pane che spezziamo è la comunione del suo corpo.

Non c'è infatti sangue se non dalle vene, dalle carni e dalla rimanente sostanza dell'uomo, quale veramente si è fatto il Verbo di Dio; egli col suo sangue ci ha redento, come dice l'Apostolo: Nel quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati mediante il suo sangue ( Col 1,14 ).

E poiché siamo sue membra, ci nutriamo con le sue creature.

Egli infatti ce le offre: fa sorgere il suo sole e fa cadere la sua pioggia come a lui piace.

Egli ha affermato che il calice, il quale è sua creatura, è il suo sangue sparso per noi, con cui aumenta il nostro sangue; e che il pane, il quale appartiene al creato, è il suo corpo, con il quale alimenta i nostri corpi.

Se dunque il calice mescolato e il pane preparato ricevono il Verbo di Dio, e si compie così l'eucaristia del sangue e del corpo di Cristo, con cui cresce e si rafforza la sostanza della nostra carne, come possono negare che la carne può accogliere il dono di Dio, che è la vita eterna?

Essa si nutre del sangue e del corpo di Cristo, è membro di lui.

Lo dice il beato Apostolo nella lettera agli Efesini: Siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa ( Ef 5,30 ).

Non parla di un corpo invisibile e spirituale - uno spirito infatti non ha né ossa né carne ( Lc 24,39 ) -, ma di un vero organismo umano che consta di carne, nervi e ossa, e che si nutre del calice che è il suo sangue e cresce con il pane che è il suo corpo.

Come il legno della vite, piantato in terra, dà frutto a suo tempo, come il grano di frumento, caduto in terra e marcito, sorge molteplice per opera dello Spirito di Dio che tutto contiene - vite e frumento che, per la sapienza di Dio, servono alla vera utilità dell'uomo, perché accogliendo la parola di Dio diventano l'eucaristia che è il corpo e il sangue di Cristo -, allo stesso modo i nostri corpi, nutriti dell'eucaristia, deposti in terra e qui dissolti, risorgeranno a suo tempo perché il Verbo di Dio elargirà loro la risurrezione a gloria di Dio Padre.

Egli circonda dell'immortalità questo corpo mortale e dona gratuitamente l'incorruttibilità a questo corpo corruttibile, perché la virtù di Dio si mostra nella debolezza.

E questo affinché non ci avvenga di gonfiarci, come se avessimo da noi stessi la vita, e di innalzarci contro Dio con animo profondamente ingrato.

E sapendo che per sua magnanimità e non per nostra natura vivremo in eterno, affinché non succeda mai che menomiamo la sua gloria.

E neppure che ignoriamo la nostra natura, ma che ci rendiamo conto di quanto Dio può e di quanti benefici l'uomo può ricevere, e non ci capiti di errare nella valutazione della realtà, cioè del rapporto tra Dio e l'uomo.

Dio, come abbiamo detto, non ha forse tollerato che ci dissolvessimo nella terra, affinché fossimo perfettamente istruiti e in futuro pienamente coscienti così da non misconoscere la nostra posizione di fronte a lui?

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5,2,2-3

5. - Cibo benedetto e bevanda di grazia

Ed è un bene anche ciò che, con la creazione, Dio ha posto nella vigna: anche il vino che fu bevuto per la prima volta.

Nessuno di coloro che lo bevve lo vituperò, anzi il Signore stesso lo bevve.

Il Verbo sull'istante convertì l'acqua in vino, perché ne bevessero gli invitati a nozze.

Quantunque il Signore potesse creare direttamente il vino per gli invitati e il cibo per gli affamati, non lo fece; prese invece i pani di questa terra, rese grazie e li distribuì ai commensali; parimenti tramutò l'acqua in vino, e lo diede da bere agli invitati a nozze.

In questo modo mostrò che Dio stesso, il quale ha fatto la terra comandandole di produrre tutto, che ha creato l'acqua e fatto zampillare le fonti, negli ultimi tempi ha donato al genere umano la benedizione del cibo e la grazia della bevanda per mezzo del suo Figlio; egli, che è invisibile, per mezzo di chi è visibile; egli, che è incomprensibile, per mezzo di chi è comprensibile; questi infatti non è al di fuori del Padre ma sta nel suo seno.

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3,11,5

6. - Liturgia della cena nella Chiesa antica

I diaconi recano le offerte sacrificali, sulle quali il vescovo, insieme col presbiterio, pone le mani.

Poi il rendimento di grazie, all'inizio alternato con la comunità: « Il Signore sia con voi! ». « E con il tuo spirito! ».

« In alto i cuori ». « Li abbiamo rivolti al Signore ».

« Rendiamo grazie al Signore ». « É giusto e retto ».

« Ti ringraziamo, o Dio, per mezzo del tuo servo amato Gesù Cristo, che negli ultimi tempi tu ci hai mandato quale salvatore, redentore e nunzio del tuo volere: il Verbo divino da te inseparabile, per mezzo del quale tu hai fatto tutto e in cui hai trovato le tue compiacenze.

Lo hai mandato dal cielo nel seno di una vergine e nel di lei corpo assunse carne e dimostrò di essere tuo Figlio con la sua nascita di Spirito Santo dalla vergine.

Per adempiere la tua volontà e prepararti un popolo santo, stese le mani, perché soffrì per liberare dai dolori coloro che hanno confidato in lui.

Liberamente si abbandonò agli strazi per affiggere in croce la morte, spezzare i lacci del diavolo, calpestare l'ade, illuminare i giusti.

Per annunciare la risurrezione, prese il pane, ti ringraziò e disse: « Prendete e mangiate, questo è il mio corpo che per voi viene spezzato ».

Similmente anche il calice, con le parole: « Questo è il mio sangue, che per voi viene versato. Quando fate questo, attuate il mio ricordo ».

Pensando dunque alla sua morte e alla sua risurrezione, noi offriamo a te il pane e il vino, e insieme ti ringraziamo che ci hai fatti degni di stare davanti a te e compiere per te il servizio sacerdotale.

E ti preghiamo che tu mandi il tuo Santo Spirito sulle offerte sacrificali della santa Chiesa rendendola unita.

Concedi a tutti quelli che partecipano alle tue sante cose di essere riempiti di Spirito Santo, a rafforzamento della fede nella verità, affinché ci sia dato di lodarti e glorificarti per mezzo del tuo servo Gesù Cristo; per mezzo suo a te gloria e onore, al Padre e al Figlio con lo Spirito Santo nella tua santa Chiesa, ora e per tutta l'eternità. Amen ».

A questo momento con tutto il popolo possono pregare anche i neobattezzati che prima non potevano farlo con i fedeli, prima cioè di aver ottenuto tutto.

E dopo che hanno pregato, possono dare con la bocca il bacio di pace.

Poi dai diaconi vengano portati i doni al vescovo, ed egli renda grazie sul pane, simbolo - come dicono i greci per la somiglianza - del corpo di Cristo, e sopra il calice con vino e acqua, simbolo - come dicono i greci per la straordinaria somiglianza - del sangue, versato per tutti quelli che in lui hanno creduto; e anche sul latte misto a miele in compimento delle promesse venute dal Padre, che parlano di una terra dove scorre latte e miele, che Cristo ha dato come sua carne, e con cui i fedeli vengono nutriti quali fanciulli, mentre con la dolcezza delle opere raddolciscono l'amarezza del cuore.

L'acqua nel sacrificio simboleggia il battesimo perché l'uomo interiore, sostanza animata, riceve quello che riceve il corpo.

Su tutto questo il vescovo deve istruire i comunicandi.

Mentre spezza il pane, porge i singoli pezzetti dicendo: « Pane celeste in Cristo Gesù ».

Il comunicando invece risponde: « Amen ».

Se non vi sono presbiteri a sufficienza, anche i diaconi possono reggere, con venerazione e santo timore, i calici; il primo regge l'acqua, il secondo il latte, il terzo il vino.

E i comunicandi possono gustare dei singoli doni, mentre il ministro dice tre volte: « In Dio, Padre onnipotente » - e il comunicando risponde: « Amen » - « e nel Signore Gesù Cristo e nello Spirito Santo e la santa Chiesa ».

E il comunicando dice: « Amen ».

Ordinamento ecclesiastico di Ippolito, 31,3-4; 46,8-11

7. - Spiegazione della celebrazione eucaristica

Avete visto il diacono porgere l'acqua per l'abluzione al vescovo e ai presbiteri che circondano l'altare di Dio.

Non la porgeva certo loro per lavare la sporcizia del corpo: non è così: non certo con il corpo sporco fin dall'inizio siamo entrati nella Chiesa.

L'abluzione delle mani è simbolo della necessaria purificazione da tutti i peccati e trasgressioni.

Le mani infatti sono simbolo dell'agire e lavandole alludiamo alla purezza e irreprensibilità del nostro agire.

Avete udito il beato Davide spiegare questo mistero dicendo: Laverò tra gli innocenti le mie mani e circonderò il tuo altare, Signore ( Sal 26,6 )?

L'abluzione delle mani dunque è simbolo dell'immunità dal peccato.

Poi il diacono dice ad alta voce: « Riconoscetevi l'un l'altro e baciatevi a vicenda ».

Non credere che quel bacio sia pari a quello che ci si dà tra amici in piazza.

Non è un bacio di tal sorta: fonde le anime e promette l'oblio di ogni offesa.

Questo bacio è dunque segno che le anime sono unite e hanno deciso di dimenticare ogni oltraggio.

Per questo Cristo disse: Se offri il tuo dono all'altare e ivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono all'altare, e va' prima a riconciliarti con tuo fratello; poi torna e offri il tuo dono ( Mt 5,23-24 ).

Il bacio dunque è segno di riconciliazione, e perciò è santo, come in un altro passo esclama san Paolo, dicendo: Salutatevi l'un l'altro con il bacio santo ( 1 Cor 16,20 ); e Pietro: Salutatevi l'un l'altro col bacio dell'amore ( 1 Pt 5,14 ).

Poi il sacerdote esclama: « In alto i cuori! ».

Veramente infatti in quest'ora terribile bisogna avere il cuore in alto, presso Dio, e non in basso sulla terra, tra gli affari terreni.

Con forza, dunque, il sacerdote comanda di allontanare ogni preoccupazione economica, ogni sollecitudine domestica e di avere il cuore in alto, presso Dio amico degli uomini.

Voi rispondete: « L'abbiamo, l'abbiamo presso il Signore », e con queste parole date il vostro assenso.

Nessuno sia presente da dire con la bocca: « Lo abbiamo presso il Signore », ma abbia la mente occupata dalle preoccupazioni quotidiane.

Sempre dovremmo ricordarci di Dio, ma se per la debolezza umana ciò ci è impossibile, almeno in quest'ora dobbiamo farlo con ogni impegno.

Poi il sacerdote dice: « Rendiamo grazie al Signore ».

Veramente dobbiamo rendergli grazie perché, pur essendo indegni, egli ci ha chiamato a tanta grazia; perché pur essendogli nemici ci ha donato la sua riconciliazione, perché ci ha ritenuti degni dello spirito di adozione.

Voi rispondete: « É degno e giusto ».

Quando ringraziamo, compiamo un'azione degna e giusta: Dio non solo per giustizia, ma al di sopra della giustizia ci ha beneficati e ci ha reso degni di tanti beni.

Poi facciamo menzione del cielo, della terra e del mare; del sole e della luna, delle stelle e di tutte le creature dotate o prive di ragione, visibili o invisibili, degli angeli, degli arcangeli, delle virtù, delle dominazioni, dei principati, delle potestà, dei troni, e dei cherubini dai molti volti, pronunciando con forza il detto di Davide: Magnificate con me il Signore ( Sal 34,4 ).

Facciamo menzione anche dei serafini, che Isaia vide, in Spirito Santo, circondare il trono di Dio, coprendosi con due ali il volto, con due ali i piedi e con due ali volare, dicendo: Santo, Santo, Santo il Signore Sabaoth ( Is 6,2-3 ).

Anche noi recitiamo questa divina lode di Dio tramandataci dai serafini, per unirci nella lode agli eserciti ultraterreni.

Poi, dopo che ci siamo santificati con questi inni spirituali, imploriamo Dio, amico degli uomini, di inviare il suo Santo Spirito sulle offerte, perché faccia del pane il corpo di Cristo e del vino il sangue di Cristo.

Infatti, tutto ciò che lo Spirito Santo tocca, è santificato e trasformato.

Poi, quando il sacrificio spirituale, il culto incruento è compiuto, su quell'ostia di riconciliazione, invochiamo Dio per la pace comune delle Chiese, per il bene del mondo, per gli imperatori, per i generali e gli alleati, per gli infermi, per gli afflitti, insomma per tutti quelli che hanno bisogno di aiuto.

Tutti noi preghiamo e offriamo questo sacrificio.

In seguito ricordiamo quelli che prima di noi si sono addormentati, anzitutto i patriarchi, i profeti, gli apostoli e i martiri, perché Dio per le loro preghiere e la loro intercessione accolga la nostra supplica.

Poi anche per i santi padri e i vescovi defunti e in generale per tutti i nostri morti: riteniamo che sia un grande aiuto per quelle anime la preghiera per loro innalzata verso la vittima sacra e terribile.

Voglio rendervene persuasi con un esempio.

So che molti dicono: « Che giova a un'anima che se ne è dipartita da questo mondo in peccato, o anche senza peccato, se ci si ricorda di lei nella preghiera? ».

Eppure, se un imperatore ha mandato in esilio alcuni che lo hanno offeso, ma poi i loro cari intrecciano una corona e la offrono all'imperatore supplicandolo per quei condannati, egli non concederà loro la remissione della pena?

Allo stesso modo, anche noi innalziamo a Dio preci per i defunti, per quanto siano stati peccatori; non intrecciamo una corona, ma offriamo Cristo immolato per i nostri peccati; rendendo così propizio a loro e a noi Iddio, amico degli uomini.

Poi, dopo di ciò, recitiamo la preghiera che il Salvatore insegnò ai suoi discepoli … [ il Padre nostro ].

Poi il sacerdote dice: « Le cose sante ai santi ».

Cose sante sono le offerte, che hanno accolto la venuta dello Spirito Santo.

E santi siete voi, degni dello Spirito Santo.

Le cose sante dunque convengono ai santi.

Voi soggiungete: « Uno il Santo, uno il Signore Gesù Cristo ».

Veramente uno è il santo, santo per natura; noi invece siamo santi, non per natura, ma per partecipazione, per l'esercizio delle opere buone, per la preghiera.

In seguito udite il salmista invitarvi, con un canto divino, alla partecipazione dei divini misteri, dicendo: Gustate e vedete che buono è il Signore! ( Sal 34,9 ).

Non rimettete il giudizio al vostro gusto corporeo: no, ma alla fede incrollabile.

I partecipanti vengono invitati infatti a gustare non pane e vino, ma il corpo e il sangue del Cristo celati nel simbolo.

Udendo dunque l'invito, non avvicinarti con le palme delle mani spalancate o con le dita disgiunte, ma fa' della sinistra un trono alla destra che deve ricevere il re; ricevi il corpo del Cristo nel cavo della mano e rispondi: « Amen ».

Con grande attenzione santifica i tuoi occhi al contatto del sacro corpo, e poi assumilo, badando che nulla ne vada perduto.

Se lo permettessi, sarebbe come se andasse perduta qualcuna delle tue membra.

Dimmi: se qualcuno ti desse della polvere d'oro, non la terresti con tutta diligenza, attento che neppure un poco te ne cada e tu ne soffra il danno?

E non presterai molta più attenzione perché non ti cada neppure una briciola di questo pane, molto più prezioso dell'oro e delle gemme?

Poi, dopo la comunione del corpo di Cristo, avvicinati al calice del sangue; non a mani tese, ma a capo chino; di' il tuo Amen in segno di adorazione e venerazione e santifica te stesso assumendo anche il sangue di Cristo.

Mentre ancora le tue labbra ne sono umide toccale con le mani e santificane gli occhi, la fronte e gli altri sensi.

Poi, aspettando l'orazione, ringrazia Dio che ti ha reso degno di tali misteri.

Conservate inviolate queste tradizioni e conservate voi stessi irreprensibili.

Non allontanatevi dalla comunione e non privatevi di questi misteri sacri e spirituali per la lordura del peccato.

Il Dio della pace santifichi voi tutti e conservi integro il vostro corpo, la vostra anima e il vostro spirito nella venuta del Signore nostro Gesù Cristo ( 1 Ts 5,23 ).

A lui sia gloria, onore e potenza col Padre e lo Spirito Santo, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogica, 5,2-11.19-23

8. - Celebrazione e significato dell'eucaristia

Il vescovo, finita la sacra preghiera davanti all'altare divino, da lì comincia l'incensazione e procede per tutto l'ambito del luogo sacro.

Ritornando poi all'altare divino, dà inizio al canto sacro dei salmi, e tutta l'assemblea, distinta nei sacri ordini, ne canta con lui le sacre parole.

Poi ha subito luogo la lettura delle sacre Scritture da parte dei ministri, terminata la quale, escono dal sacro edificio i catecumeni, e inoltre gli ossessi e i penitenti: restano invece coloro che sono degni di contemplare e partecipare ai misteri divini.

Alcuni ministri restano presso le porte chiuse del santuario, gli altri compiono le funzioni proprie del loro ordine.

Quelli che sono nei gradini più alti della gerarchia liturgica, insieme con i sacerdoti pongono sull'altare divino il sacro pane e il calice di benedizione, dopo che tutta l'assemblea ecclesiale ha innalzato l'inno di lode universale.

Il vescovo, ripieno di Dio, lo conclude con una preghiera sacra e annuncia a tutti la santa pace.

Mentre tutti si baciano si conclude la mistica lettura delle sacre pagine.

Dopo che il vescovo e i sacerdoti si sono lavati le mani con l'acqua, il vescovo sta al centro dell'altare divino e con lui solo i sacerdoti e i ministri di ordine più elevato.

Dopo aver inneggiato ai sacri doni di Dio, consacra i divinissimi misteri e mostra a tutti le realtà che celebra, giacenti sotto i sacri simboli; mostrati i doni dell'azione divina accede egli stesso alla sacra comunione con essi, e invita gli altri.

Ricevuta e data la divinissima comunione, si abbandona al santo ringraziamento.

E mentre la massa sa solo contemplare devotamente i simboli divini, egli, per lo spirito divinissimo, si innalza in beate e spirituali contemplazioni sulle origini sante dei sacramenti, come si addice alla sua dignità gerarchica nella purezza del suo stato di divina contemplazione …

Come potrebbe attuarsi in noi la divina imitazione altrimenti che con la memoria delle sacre opere di Dio, continuamente rinnovata dalle parole e dalle azioni sacre dei vescovi?

Facciamo dunque questo in memoria di lui, come dicono le sacre parole ( Lc 22,19 ).

Per questo il divino vescovo, in piedi al centro dell'altare di Dio, inneggia alle opere sacre e divine di Gesù, opere da lui compiute per divinissima provvidenza verso di noi, per la salvezza della nostra stirpe, secondo il beneplacito del Padre sacrosanto nello Spirito Santo, come dicono i sacri eloqui.

Conclusa la lode ( alle opere di Dio ) e immersosi con gli occhi dello spirito nella loro contemplazione veneranda e spirituale, procede alla loro mistica consacrazione secondo l'istituzione divina.

Perciò, dopo i sacri inni alle opere divine, con devozione e, come si addice a un vescovo, si scusa per le sacre azioni da lui compiute, che tanto superano la sua dignità e anzitutto eleva a Cristo la pia esclamazione: Tu hai detto: Fate questo in memoria di me! ( Lc 22,19 ).

Poi prega di diventar degno di tali sacre azioni in cui si imita Dio e di celebrare i divini misteri a imitazione di Cristo e distribuirli con purezza e anche che i partecipanti vi prendano parte con degna devozione.

Compie allora l'atto più sacro [ la consacrazione ], e mostra l'oggetto della sua lode per mezzo dei sacrosanti simboli che ha innanzi a sé: il pane era coperto, e lo scopre; era intero e lo divide in molti pezzetti; allo stesso modo distribuisce a tutti il contenuto del calice.

Amplia così e distribuisce simbolicamente l'unità portando a termine in loro il sacratissimo sacrificio.

Infatti la natura unica, semplice e nascosta di Gesù, Verbo divinissimo, umanandosi come noi, per la sua bontà e il suo amore per gli uomini, procedette nella realtà composta e visibile senza mutazione alcuna e operò, per sua bontà, la nostra comunione e unità con lui, fondendo in sommo grado la nostra bassezza alla sua divinità, affinché anche noi, come membra del corpo, fossimo a lui stretti, alla sua vita immacolata e divina, e non fossimo travolti nella morte dalle passioni rovinose, diventando così inetti, disadatti e incapaci di queste membra sane e divine.

Infatti, se aspiriamo alla comunione con lui, dobbiamo contemplare la sua vita divinissima nella carne e, imitando la sua santa impeccabilità, sollevarci a uno stato divino e immacolato.

In tal modo egli ci donerà la comunione e la somiglianza a lui, come a noi si addice.

Questi sono i misteri che il vescovo con gli atti liturgici manifesta quando scopre i doni nascosti, ne divide l'unità in molte parti e attraverso l'intima unione dei doni distribuiti con la persona dei riceventi, rende questi ultimi così sommamente partecipi.

Egli attraverso queste cerimonie sensibili ci pone davanti agli occhi Gesù Cristo, l'immagine della nostra vita spirituale.

Egli dal profondo della sua divinità per amore degli uomini si umanò pienamente come noi, senza mescolanza alcuna e senza dividersi, nell'unità della sua natura scesa nella nostra molteplicità e nella sua molteplice clemenza invitò il genere umano a partecipare dei suoi beni.

A condizione, però, che ci uniamo alla sua vita divina, conformandoci ad essa in quanto ci è possibile, rendendoci così pienamente partecipi di Dio e delle realtà divine.

Dopo che il vescovo ha assunto ed elargito agli altri la divina comunione si dedica alla fine, insieme con tutta la sacra assemblea ecclesiale, al santo ringraziamento.

La partecipazione precede il far partecipare e l'assunzione dei misteri precede la loro mistica distribuzione: è questo l'ordine universale e mirabile delle realtà divine: che il capo prima partecipi pienamente e gusti i doni che, per volere divino, deve distribuire, e solo dopo li porga agli altri.

Perciò quelli che temerariamente abusano del divino magistero prima di essersene resi degni per la vita e per lo stato, sono da reputare empi e assolutamente estranei ai sacri uffici.

Come ai raggi del sole i corpuscoli minutissimi e trasparenti prima si riempiono di splendore irradiato, poi, come piccoli soli, trasmettono agli altri oggetti la luce che da loro trabocca, così nessuno deve osare di guidare gli altri alla luce divina, se in tutto il suo essere non si è reso perfettamente simile a Dio, e se, per ispirazione e decisione divina, non è stato a quel compito di guida dichiarato idoneo.

Pseudo-Dionigi Areopagita, La gerarchia ecclesiastica, 2,2.12-14

EMP E-13. - « Le parole che vi ho dette sono spirito e vita »

Mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane, lo spezzò ( Mt 26,6 ).

Perché celebrò il mistero dell'eucaristia durante la Pasqua?

Perché tu imparassi che egli è l'autore della legge antica, che conteneva in figura ciò che lo riguardava.

A questa immagine ha sostituito la realtà.

Anche il fatto che fosse sera ha un suo significato: rappresentava la pienezza dei tempi e il compimento finale delle cose …

Se la Pasqua, che era una semplice figura, ha potuto liberare gli ebrei dalla schiavitù, quanto più la realtà non libererà l'universo? …

Prendete e mangiate, dice Gesù, questo è il mio corpo, che è per voi ( 1 Cor 11,24 ).

Come mai i discepoli non sono rimasti turbati udendo queste parole?

Il Cristo aveva già detto loro molte cose su questo argomento ( Gv 6 ).

Non vi ritorna più, pensando di averne parlato a sufficienza …

Fidiamoci dunque pienamente di Dio.

Non facciamogli obiezioni, anche se quello che dice sembra contrario ai nostri ragionamenti e a quello che vediamo.

La sua parola sia padrona della nostra ragione e del nostro modo di vedere.

Abbiamo questo atteggiamento di fronte ai sacri misteri: non vediamoci solamente quello che cade sotto i nostri sensi, ma teniamo soprattutto conto delle parole del Signore.

La sua parola non inganna, mentre i nostri sensi ci ingannano facilmente; essa non è mai colta in errore, mentre i sensi si sbagliano spesso.

Quando il Verbo dice: Questo è il mio corpo, fidiamoci di lui, crediamo e contempliamolo con gli occhi dello spirito.

Perché Cristo non ci ha dato nulla di puramente materiale: nelle stesse realtà sensibili, tutto è spirituale.

Col battesimo ci viene amministrata una realtà sensibile nel dono dell'acqua, ma la sua efficacia è di ordine spirituale, quello della rinascita e del rinnovamento.

Se tu fossi un essere incorporeo, questi doni incorporei ti sarebbero dati senza intermediari; ma poiché l'anima è unita al corpo, i doni spirituali ti sono comunicati attraverso realtà sensibili.

Quanta gente dice oggi: « Vorrei vedere il volto di Cristo, i suoi lineamenti, le sue vesti, i suoi sandali ».

Ebbene, è lui che vedi, che tocchi, che mangi!

Desideri vedere le sue vesti; ed è lui stesso che si dona a te non solo per esser visto, ma toccato, mangiato, accolto nel cuore.

Nessuno dunque si avvicini con indifferenza o con mollezza; ma tutti vengano a lui con l'anima ardente di amore.

Giovanni Crisostomo, Commento al vangelo di san Matteo, 82,4-5

EMP W-36. - Eucaristia e fraternità

Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, dice Gesù, io sono in mezzo a loro ( Mt 18,20 ).

Mantenere uniti coloro che si amano è frutto di una grande e forte amicizia.

Mi chiederete: « Vi sono persone così miserabili da non desiderare Cristo in mezzo a loro? ».

Sì, noi stessi, noi che siamo in lotta gli uni contro gli altri.

Qualcuno forse replicherà in modo ironico: « Che cosa dici? Non vedi che siamo tutti sotto lo stesso tetto, dentro la stessa chiesa, concordi nello stesso ovile, senza il minimo dissenso, gridando all'unisono sotto la guida dello stesso pastore, ascoltando insieme quello che dice, e pregando in comune; e tu parli di lotte e di discordie! ».

Sì, parlo di lotte e non sono pazzo e nemmeno m'inganno.

Vedo ciò che è evidente e so che siamo tutti nel medesimo ovile e sotto lo stesso pastore.

Per questo ritengo tanto più deplorevole che, nonostante tutti i nostri segni di unione, siamo divisi.

« Ma - mi direte - quale divisione vedi tra noi? ».

Qui nessuna, ma quando la nostra assemblea è terminata, l'uno critica l'altro; questo ingiuria pubblicamente il fratello; il tale è roso dall'invidia, dall'avarizia o dalla cupidigia; il tal altro si abbandona alla violenza; un altro ancora alla sensualità, all'impostura o alla frode.

Se le nostre anime potessero essere messe a nudo, vedreste allora l'esattezza di tutto questo, e riconoscereste che non sono pazzo …

Diffidando gli uni degli altri, ci temiamo a vicenda, parliamo all'orecchio del vicino e se vediamo avvicinarsi un terzo ripiombiamo nel silenzio e cambiamo discorso.

Questo non è certo un segno di fiducia, ma piuttosto di una diffidenza estrema ».

« Non facciamo questo per nuocere agli altri - direte - ma per proteggerci ».

É proprio quello che mi addolora: vivendo tra fratelli, sentiamo il bisogno di stare in guardia per non ricevere dei torti, e riteniamo necessario prendere tante precauzioni.

La causa di tutto questo è la frequenza della menzogna e dell'inganno, la grande diminuzione della carità, le querele senza tregua.

Così troverete molta gente che ha più fiducia nei pagani che nei cristiani.

Ecco un motivo di confusione, di lacrime e di gemiti …

Rispettate, rispettate dunque questa mensa a cui tutti ci comunichiamo; rispettate il Cristo immolato per noi; rispettate il sacrificio che viene offerto …

Dopo aver partecipato a una simile tavola ed esservi comunicati con un simile alimento, dovremmo forse prendere le armi gli uni contro gli altri?

Dovremmo invece armarci tutti insieme contro il demonio!

Ecco che cosa ci rende così deboli.

Invece di riunire i nostri scudi in un solo fronte contro di lui, ci uniamo a lui per combattere i nostri fratelli; ci poniamo ai suoi ordini invece di combattere soltanto lui.

Ripetiamolo; è contro i fratelli che dirigiamo i nostri colpi.

« Quali colpi? » direte. Quelli lanciati dalla lingua e dalle labbra.

Non ci sono soltanto le frecce e le lance che feriscono: certe parole causano ferite ben più profonde.

Come porre fine a questa guerra? Pensando che una parola pronunciata contro il tuo fratello è un veleno versato dalla tua bocca, e le tue calunnie raggiungono un membro di Cristo.

« Ma - dirai - io sono stato oltraggiato ».

Se il tuo prossimo ti ha ingiuriato, prega Dio di usargli misericordia.

É tuo fratello, un membro del tuo corpo; egli è invitato alla stessa tavola, come te.

Giovanni Crisostomo, Omelie 8, sulla lettera ai Romani, 8

9. - Esortazione alla comunione eucaristica

Un altro  [non quello delle celebrazioni misteriche pagane ] è il cibo che elargisce la salvezza e la vita, un altro è il cibo che sommamente raccomanda a Dio l'uomo e a lui lo riconcilia; un altro è il cibo che ristora i languenti, richiama gli erranti, solleva i caduti, che dona ai moribondi le insegne dell'eterna immortalità.

Cerca il pane di Cristo, brama il calice di Cristo, perché, disprezzando la fragilità terrena, l'essenza dell'uomo si sazi del cibo immortale.

Qual è il pane, qual è il calice che, nei libri di Salomone, la sapienza solennemente annuncia a gran voce?

Dice infatti: Venite e mangiate dei miei pani e bevete il vino che per voi ho preparato ( Pr 9,5 ).

E Melchisedek, re di Salem e sacerdote del sommo Dio, con pane e vino offrì ad Abramo che tornava la grazia della benedizione ( Gen 14,18 ) …

Ma perché fosse più apertamente proclamato qual è il pane per cui si vince la rovina della morte miseranda, lo stesso Signore lo contrassegnò, affinché la speranza degli uomini non venisse ingannata e tratta in direzioni diverse da false interpretazioni.

Egli dice infatti nel Vangelo di Giovanni: Io sono il pane della vita; chi verrà da me, non avrà fame, e chi crederà in me non avrà mai sete ( Gv 6,35 ).

Anche in seguito ribadisce ciò nello stesso modo, dicendo: Se qualcuno ha sete, venga da me e beva, colui che crede in me ( Gv 7,37 ).

E ancora, per comunicare ai credenti l'essenza della sua maestà, dice: Se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, non avrete la vita in voi ( Gv 6,53 ).

Non abbiate perciò parte alcuna con i timpani e con il cibo odioso, o miseri mortali; cercate la grazia del cibo di salvezza e bevete il calice immortale.

Col suo banchetto, Cristo vi richiama alla luce e vivifica gli arti putridi e le membra intorpidite per il grave veleno.

Rinnovate col cibo celeste l'uomo perduto, affinché tutto ciò che in voi è morto, rinasca per i benefici divini!

Sapete quel che vi conviene fare, scegliete quel che volete: là nasce la morte, qui viene donata la vita immortale.

Firmico Materno, L'errore delle religioni profane, 18

10. - Cibo e bevanda di vita eterna

Quelli che, cadendo nelle insidie loro tese, hanno preso il veleno, ne estinguono il potere mortifero con un altro farmaco.

Allo stesso modo, come è entrato nelle viscere dell'uomo il principio esiziale, deve entrarvi anche il principio salutare, affinché si distribuisca in tutte le parti del suo corpo la virtù salvifica.

Avendo noi gustato il cibo dissolvitore della nostra natura, ci fu necessario un altro cibo, che riunisce ciò che è dissolto, perché, entrato in noi, questo medicamento di salvezza agisse da antidoto contro la forza distruggitrice presente nel nostro corpo.

E cos'è questo cibo? Null'altro che quel Corpo che si rivelò più possente della morte e fu l'inizio della nostra vita.

Come un po' di lievito, secondo quanto dice l'Apostolo ( 1 Cor 5,5 ), rende simile a sé tutto l'impasto, così quel Corpo, dotato da Dio dell'immortalità, entrato nel nostro, lo trasforma e lo tramuta tutto in sé.

Come, infatti, il principio salutare mescolato al principio mortifero toglie il potere esiziale al miscuglio, così il Corpo immortale una volta dentro colui che lo ha ricevuto, lo tramuta tutto nella propria natura.

Ma non è possibile entrare in un altro corpo, se non unendosi alle sue viscere, se non cioè, come alimento e bevanda: dunque è necessario ricevere la forza vivificante dello Spirito nel modo possibile alla natura.

Ora, solo il Corpo, ricettacolo di Dio, ricevette la grazia dell'immortalità, ed è dimostrato che non è possibile per il nostro corpo vivere nell'immortalità, se non partecipandovi per la comunione a quel Corpo.

É necessario considerare come mai sia possibile che quel Corpo, continuamente distribuito in tutto il mondo a tante migliaia di fedeli, rimanga sempre unico e identico in tutto se stesso, affinché la fede, riguardando ciò che è conseguente non abbia dubbi circa le nozioni proposte, è bene fermare un poco il nostro ragionamento sulla fisiologia del corpo.

Chi non sa che il nostro corpo, per natura sua, ha una vita che non è in sé sussistente, ma, per l'energia che in esso affluisce, si mantiene e resta nell'essere attirando con moto incessante a sé ciò che è estraneo ed espellendo ciò che è superfluo?

Un otre pieno di un liquido, se il contenuto esce dal fondo, non può mantenere inalterata la forma e il volume, se dall'alto non entra altro liquido al posto di quello che se ne è andato: perciò chi vede la massa a forma d'otre di questo recipiente, sa che non è propria dell'oggetto che vede, ma che è il liquido che in lui affluisce a dare forma e volume al recipiente.

Così anche il nostro corpo, per sua struttura, non ha nulla di proprio, a quanto ci consta, per la propria sussistenza, ma resta nell'essere per una forza che introduce in sé.

Questa forza è e si chiama cibo.

Essa poi non è identica per tutti i vari corpi che si nutrono, ma per ciascuno è stato stabilito il cibo conveniente da colui che governa la natura.

Alcuni animali scavano radici e se ne nutrono, per altri nutrimento è l'erba e per altri ancora, invece, la carne.

Per l'uomo, l'alimento principale è il pane, mentre la bevanda, necessaria per mantenere e conservare l'umidità, non è solo la semplice acqua, ma spesso unita al vino, che è di giovamento al nostro calore animale.

Chi dunque guarda questi cibi, vede in potenza la massa del nostro corpo.

Quando infatti sono in me diventano rispettivamente carne e sangue, perché il potere assimilante muta l'alimento nella forma del nostro corpo.

Esaminato così dettagliatamente tutto ciò, riportiamo il pensiero al nostro argomento.

Ci si chiedeva dunque come il corpo di Cristo, che è in lui, possa vivificare la natura di tutti gli uomini che hanno fede, venendo a tutti distribuito e non diminuendo in se stesso.

Forse non siamo lontani da una ragione plausibile.

Infatti, se la realtà di ogni corpo deriva dall'alimentazione, che consta di cibo e bevanda, e il cibo è pane, la bevanda acqua unita al vino; se poi, come abbiamo detto sopra, il Logos di Dio, che è Dio e Logos, si unì alla natura umana, e venendo nel nostro corpo, non innovò la realtà di tale natura umana, ma diede al suo corpo la possibilità di permanere in vita per mezzo di ciò che è consueto e adatto, dominandone cioè la sussistenza, per mezzo del cibo e della bevanda; se quel cibo era pane; se come in noi - l'abbiamo già detto ripetutamente - chi vede il pane vede in un certo senso il corpo umano, perché il pane in esso entrato in esso si trasforma; così anche nel nostro caso: il corpo ricettacolo di Dio, preso il pane in nutrimento, era in un certo senso lo stesso che il pane, perché il nutrimento, come abbiamo detto, si tramuta nella natura del corpo.

Ciò che è proprio di tutti i corpi umani si verificava anche in quella carne: quel Corpo cioè veniva sostentato dal pane; ma quel Corpo, per l'inabitazione del Logos di Dio, si era trasmutato in dignità divina: giustamente credo, dunque, che anche ora il pane santificato dal Logos ( Parola ) di Dio si tramuta nel Logos di Dio; anche quel Corpo, infatti, era in potenza pane; fu santificato dall'abitazione del Logos che si attendò nella carne.

Come il pane, trasformato in quel Corpo, si mutò in potenza divina, così anche ora diventa la stessa realtà.

Allora la grazia del Logos rese santo il corpo la cui sussistenza dipendeva dal pane e in un certo senso era anch'esso pane; allo stesso modo ora il pane, come dice l'Apostolo ( 1 Tm 4,5 ), santificato dal Logos di Dio e dalla preghiera, diviene corpo del Logos, non lentamente, come fanno cibo e bevanda, ma immediatamente come disse il Logos stesso: Questo è il mio corpo ( Mt 26,26 ).

Ogni corpo si ciba anche di liquido: senza il suo apporto, infatti, l'elemento terrestre che è in noi, non resterebbe in vita.

Come sostentiamo la parte solida del nostro corpo con il cibo solido e duro, così all'elemento liquido del nostro corpo aggiungiamo qualcosa della sua stessa natura.

Quando questo liquido è in noi, per la funzione assimilatrice, si tramuta in sangue, soprattutto se dal vino ha ricevuto la forza di mutarsi in calore.

Dunque, anche questo elemento accolse nella sua struttura quella carne ricettacolo di Dio, ed è chiaro che il Logos unì se stesso alla caduca natura degli uomini affinché per la partecipazione alla divinità ciò che è umano fosse anch'esso divinizzato; per questo motivo egli, per disegno della sua grazia, per mezzo della carne la cui sussistenza proviene dal pane e dal vino, quasi seminò se stesso in tutti i credenti, unendosi ai loro corpi, affinché per l'unione con ciò che è immortale anche l'uomo diventasse partecipe dell'incorruttibilità.

Questo egli dona per la potenza della benedizione che tramuta in ciò la natura degli elementi visibili.

Gregorio di Nissa, Grande Catechesi, 37

11. - Significato spirituale della carne e del sangue di Cristo

Il nostro Signore e Salvatore dice: Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete la vita in voi.

La mia carne infatti è veramente cibo e il mio sangue è veramente bevanda ( Gv 6,54-55 ).

Gesù è puro in tutto e per tutto: perciò tutta la sua carne è cibo e tutto il suo sangue è bevanda.

Ogni sua opera è santa e ogni sua parola è vera: perciò anche la sua carne è vero cibo e il suo sangue è vera bevanda.

Con la carne e il sangue della sua parola abbevera e sazia, come con cibo puro e bevanda pura, tutto il genere umano.

Così, al secondo posto, dopo la sua carne, sono cibo puro Pietro e Paolo e tutti gli apostoli; in terzo luogo i loro discepoli: e così ognuno, per la quantità dei suoi meriti o la purità dei suoi sensi, può rendersi cibo puro per il suo prossimo …

Ogni uomo ha in sé un qualche cibo; se egli è buono e dallo scrigno del suo cuore porge del bene ( Mt 12,35 ), offre al suo prossimo, che vi attinge, cibo puro se invece egli è cattivo e porge del male, offre al suo prossimo un cibo immondo.

Origene, Omelie sul Levitico, 7,5

12. - « Ciascuno esamini se stesso »

L'uomo esamini se stesso e poi mangi di quel pane e beva di quel calice ( 1 Cor 11,28 ).

Non come facciamo ora, che ci accostiamo alla comunione più per il giorno che per il desiderio dell'animo.

Non badiamo infatti se ci accostiamo preparati, purificati dai nostri mali, pieni di contrizione, ma se sia giorno festivo e se tutti si comunicano.

Eppure Paolo non comandò così, ma conosce un solo tempo opportuno per accostarsi alla comunione: la purezza di coscienza.

Se quando abbiamo la febbre e siamo pieni di umori maligni non ci accostiamo a nessuna mensa, per non morire, tanto meno ci è lecito toccare questa mensa, quando siamo pieni di brame perverse, peggiori della febbre.

Parlando di brame perverse intendo le brame del corpo, il desiderio di ricchezza, di vendetta e d'ira, cioè, semplicemente, le brame cattive.

Chi si accosta alla comunione, deve essersene sbarazzato e in questo stato toccare la vittima pura; non deve sentirsi costretto ad accedere, sbadato e attediato, perché è festa, né sentirsene impedito, anche se è fervoroso e preparato, perché non è festa.

É festa dar saggio di buone opere, è festa la pietà dell'animo, la purezza della vita: se hai ciò, sei sempre in festa e puoi sempre accostarti alla comunione.

Per questo Paolo dice: Ciascuno esamini se stesso, e poi si accosti.

Non comanda che qui uno esamini l'altro, ma che ciascuno esamini se stesso ed emetta un giudizio non pubblico, dopo essersi scandagliato non alla presenza di testimoni.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Corinti, 28,1

13. - Preparazione alla comunione

Vedo che molti partecipano al corpo di Cristo sconsideratamente, così come capita, più per consuetudine e prescrizione, che per cognizione e riflessione.

Quando viene la sacra quaresima, si dice, o il giorno dell'Epifania, si partecipa ai misteri, comunque uno si trovi.

Ma non è l'Epifania né la quaresima che ci fanno degni di accostarvici, bensì la purezza, la limpidezza dell'anima.

Con essa, accostati sempre; senza di essa, mai.

Dice la Scrittura: Ogni volta che fate ciò, annunciate la morte del Signore ( 1 Cor 11,26 ), cioè: richiamate alla memoria la vostra salvezza, il mio beneficio.

Guarda quale rigorosa astinenza osservavano i partecipanti ai sacrifici antichi [ veterotestamentari ]!

Che cosa non facevano? Che cosa non operavano?

Si purificavano completamente: tu, accostandoti al sacrificio che gli stessi angeli venerano e temono, sei mosso solo dalla ricorrenza festiva?

Come starai davanti al tribunale di Cristo, che hai osato accostarti al suo corpo con mani e labbra impure?

Tu non baceresti mai il re se la bocca ti puzzasse; e baci il re del cielo con l'anima piena di fetore?

É' una vera ingiuria!

Dimmi: ti accosteresti al sacrificio con le mani non lavate?

Non credo: preferiresti non prendervi semplicemente parte, piuttosto che farlo con le mani sporche.

Dunque, in ciò che è da poco, sei tanto scrupoloso, e hai il coraggio di accedere e ricevere il corpo di Cristo con l'anima sporca?

Eppure sulle mani sta per poco tempo, mentre nell'anima tutto si dissolve.

E che? Non vedi come sono lavati i vasi sacri, come sono nitidi?

La nostra anima deve essere più pura di quelli, più santa e splendida.

Perché? Perché i vasi sacri sono stati fatti per noi: non partecipano a quel che contengono, non lo sentono.

Ma noi sì! Ora, tu non useresti mai un vaso sporco, e con l'anima sporca invece ti accosti!

Vedo una grande contraddizione: negli altri tempi non vi accostate alla comunione spesso, neanche quando siete puri; a Pasqua invece vi accostate, anche se siete stati temerari.

Che abitudine! Che presunzione! Invano il sacrificio è quotidiano, invano ogni giorno stiamo all'altare: nessuno vi partecipa!

Dico questo, non perché vi partecipiate temerariamente, ma perché ve ne rendiate degni! …

Dimmi: se un invitato a mensa si lava le mani, prende posto, è pronto al pranzo, ma poi non vi partecipa, non commette forse uno sgarbo verso chi lo ha invitato?

Non sarebbe stato meglio che non si fosse neppure presentato?

Così anche tu sei venuto: hai cantato l'inno, ti sei dichiarato degno di partecipare non essendoti allontanato con gli indegni: perché sei rimasto e non partecipi alla mensa? Sono indegno, dici.

Non eri dunque indegno allora anche di partecipare alle preghiere?

Non solo per i doni offerti, ma anche per quelle preci solenni scende ovunque lo Spirito Santo.

Non vedi come i servi lavano con la spugna la mensa, puliscono la casa e solo dopo recano i piatti di portata?

Lo stesso avviene per le preghiere, per il richiamo del diacono.

Come con una spugna laviamo la Chiesa perché i doni siano posti in una Chiesa pura e non vi sia né macchia né ruga ( Ef 5,27 ).

Gli occhi sono indegni di questo spettacolo, le orecchie sono indegne di udire ciò.

Anche se una bestia tocca il monte - è detto - sia lapidata ( Es 19,13 ).

Gli israeliti, dunque, non erano degni di salire sul monte, eppure in seguito si avvicinarono e videro il posto ove era stato Dio.

Dopo ti è possibile avvicinarti e vedere: ma quando è presente, vattene: non ti è lecito allo stesso modo che a un catecumeno.

Non è la stessa cosa non aver mai partecipato ai misteri, oppure, dopo avervi partecipato, macchiarsi di colpa, disprezzarli e rendersene indegni.

Potrei dirvi qualcosa di più spaventoso ancora, ma per non aggravare la vostra mente, basta così: chi non si corregge per questo, neppure gli occorre di più.

Vi esortiamo, dunque, non a tenervi lontani dalla Chiesa - così il giudizio su di voi sarebbe più grave -, ma di rendervi degni di esservi presenti e di accostarvi al sacramento.

Dimmi: se un re ordinasse e dicesse: Se qualcuno fa questo e questo, sarà accolto alla mia mensa, non fareste di tutto per ottenerlo?

Ci ha chiamato ai cieli, alla mensa del re grande e mirabile, e noi ce ne sottraiamo o indugiamo, invece di affrettarvici?

Che speranza abbiamo di salvarci?

Non possiamo scusarci con la nostra debolezza, non possiamo scusarci per la nostra natura: è solo l'infingardaggine che ce ne rende indegni.

Questo noi abbiamo detto; ma colui che commuove i cuori, che dà lo spirito di compunzione, tocchi anche il cuore vostro e vi deponga nel profondo un seme, perché il suo timore vi faccia concepire e partorire lo spirito di salvezza e voi possiate accostarvi così con fiducia alla sua mensa.

I tuoi figli - è detto infatti - sono come germogli di ulivo intorno alla tua mensa ( Sal 128,3 ).

Non vi sia dunque nulla di vecchio, nulla di selvatico, di incolto o acerbo.

Questi germogli infatti sono atti a far frutto, il frutto mirabile dell'ulivo, intendo.

E crescono robusti, in modo che tutti stiano presso la mensa e vi si riuniscano attorno, non con leggerezza o come capita, ma con timore e rispetto.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli Efesini, 3,4-5

14. - Prima della comunione

É tempo ormai di accostarsi a questa mensa terribile e veneranda.

Accostiamoci tutti, dunque, con coscienza pura: non vi sia qui nessun Giuda che trama insidie al suo prossimo, nessun malvagio, nessuno che abbia il veleno celato nel proprio cuore.

Ora è presente il Cristo, che adorna la mensa; non è un uomo infatti che tramuta le offerte nel corpo e nel sangue del Cristo.

Il sacerdote sta compiendo solo un ufficio esteriore e offre preghiere: ma la grazia e il potere sono di Dio, che tutto compie.

« Questo è il mio corpo » egli dice.

Questa parola trasforma le offerte.

Come quella voce che disse: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra ( Gen 1,28 ) era una parola e divenne una realtà, perché diede alla natura umana il potere di procreare figli, così anche questa voce accresce sempre, con la grazia, chi degnamente partecipa.

Nessuno tra di noi dunque sia falso, sia malvagio o ladro, nessuno maledico o pieno d'odio o avaro o ubriacone o arrogante, nessuno effeminato o invidioso o servo del piacere, nessuno ladro o imbroglione, per non mangiare la propria condanna.

Anche allora Giuda partecipò indegnamente al mistico banchetto e, uscito, tradì il Signore: e questo perché tu apprenda che precisamente coloro, i quali partecipano indegnamente ai sacri misteri, vengono assaliti per lo più e con frequenza dal diavolo, e precipitano se stessi in un giudizio ben più grave.

Dico questo non solo per intimorirvi, ma anche per rendervi più cauti.

Come anche il cibo del corpo, se scende in un ventre pieno di umori cattivi, aumenta la malattia, così anche il cibo spirituale se viene preso indegnamente rende più grave la condanna.

Nessuno dunque, vi scongiuro, conservi in sé pensieri cattivi, ma purifichiamo il nostro cuore: siamo templi di Dio, infatti, se siamo puri.

Santifichiamo la nostra anima, dato che ci è possibile farlo in un giorno solo.

Come e in che modo? Se hai qualcosa contro il tuo nemico, rinuncia all'ira e poni termine all'inimicizia perché a questa mensa tu possa prendere la medicina della remissione.

Ti accosti al sacrificio tremendo e venerando: Cristo giace immolato.

Rifletti per quale motivo si è immolato: di quali misteri ti sei privato, o Giuda!

Cristo ha sofferto volontariamente per abbattere il muro di separazione ( Ef 2,14 ) e congiungere le realtà di quaggiù con quelle di lassù, e rendere te, che eri nemico e avverso, consorte degli angeli.

Il Cristo ha dato la sua vita per te e, tu, ti mantieni ostile con chi è tuo collega in schiavitù?

Come puoi accostarti a questa mensa di pace?

Il tuo Padrone non ha ricusato di soffrire tutto per te, e tu non vuoi neppure rinunciare all'ira?

Giovanni Crisostomo, Omelie sul tradimento di Giuda, 2,6

15. - Il tempo opportuno per accostarsi alla mensa del Signore

Il grave è che tu misuri la tua dignità di accedere al sacramento non dalla tua purezza interiore, ma dal distanziamento nel tempo e ritieni che sia manifestazione di pietà non accedervi più spesso.

Non sai che accostarvisi indegnamente, anche se avviene una volta sola, macchia l'anima, farlo invece degnamente, anche se spesso, la salva?

Non è temerarietà accedere spesso, ma farlo indegnamente, anche se lo si fa una volta sola all'anno.

Ma noi siamo tanto sciocchi e miseri, che, macchiandoci di mille colpe ogni anno, non ci preoccupiamo affatto di smettere, ma crediamo che basti non osare troppo spesso impossessarci oltraggiosamente del corpo del Cristo.

Non pensiamo che i crocifissori del Cristo lo crocifissero una volta sola.

Ora, poiché avvenne una volta sola, fu forse una colpa più lieve?

Anche Giuda tradì una volta sola, e con ciò? Questo lo strappò forse alla condanna?

Perché prendiamo come misura il tempo?

Il tempo opportuno per accostarci al sacramento è la purezza di coscienza.

Questo mistero celebrato a Pasqua non ha nulla di più di quello che ora celebriamo: è uno e identico; identica è la grazia dello Spirito: è sempre Pasqua!

Sapete quello che dico, perché siete iniziati: il venerdì, il sabato, la domenica e nel giorno dei martiri, sempre lo stesso sacrificio viene offerto: Ogni volta che mangiate questo pane - è detto - e bevete questo calice annunciate la morte del Signore ( 1 Cor 11,26 ).

L'Apostolo non ha circoscritto il sacrificio a un tempo determinato.

« Ma perché dunque si parla di Pasqua? » dice qualcuno.

Perché in quel tempo Cristo patì per noi.

Dunque nessuno si accosti al sacramento allora in modo diverso da ora.

Unica è la potenza, unica la dignità e la grazia, unico e identico il Corpo: quello non è più santo di questo né questo è minore di quello.

Lo sapete bene anche voi: nulla di nuovo vedete a Pasqua, se non l'ornamento esteriore della chiesa e una folla più imponente.

Invero quei giorni hanno qualcosa di più in quanto rappresentano la vita d'inizio della nostra salvezza, il momento nel quale Cristo si è immolato; ma in rapporto ai sacri misteri non hanno nessuna prerogativa speciale.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera a Timoteo, 5,3

16. - Come comportarsi dopo la comunione

Se a pranzo hai mangiato qualcosa di buono, tu badi che un altro sapore cattivo non ti rovini la bocca; eppure, mangiato lo Spirito, ammetti il piacere satanico.

Pensa cosa fecero gli apostoli dopo aver partecipato a quella sacra cena: non si diedero alla preghiera e al canto di inni?

Non sostennero una sacra veglia? Non ascoltarono quegli insegnamenti lunghi e colmi di sapienza?

Cose grandi e mirabili infatti diceva loro Gesù, mentre Giuda se ne andava a chiamare coloro che lo avrebbero crocifisso ( Gv 13-17 ).

Non hai udito che anche quei tremila uomini che godevano della comunione ( At 2,41-47 ) erano assidui alla preghiera e all'istruzione, non si davano all'ubriachezza e ai bagordi?

Tu invece prima di prendervi parte digiuni, per sembrare in qualche modo degno della comunione; dopo che vi hai preso parte, quando dovresti crescere in temperanza, rovini tutto.

Eppure non è lo stesso digiunare prima e dopo: in ogni caso bisogna essere temperanti, ma soprattutto dopo che hai ricevuto lo sposo; prima, per essere degno di accoglierlo; dopo, per non mostrarti indegno di averlo avuto.

Che dunque? Bisogna digiunare anche dopo?

Non dico questo, né lo impongo, ma è bello anche questo: tuttavia, non è a questo che voglio costringervi, ma vi esorto a non darvi al piacere insaziabile.

Infatti, se mai ci si deve abbandonare al piacere - e lo ha detto chiaramente Paolo asserendo: La donna che si dà al piacere, è morta pur vivendo ( 1 Tm 5,6 ) -, tanto più in questo caso morirebbe.

Se per la donna il piacere è morte, molto di più per l'uomo: se poi in altre circostanze il piacere uccide, molto di più dopo aver partecipato ai misteri.

Dopo aver ricevuto il pane della vita compi opere di morte, e non inorridisci?

Non sai quanti mali provengono dal piacere?

Risate inopportune, discorsi scurrili, scherzi rovinosi, chiacchiere inutili e altre cose che è bene tacere.

E fai questo dopo essere stato accolto alla mensa di Cristo, nel giorno in cui si è degnato di farti toccare con la lingua le sue carni!

Perché ciò non avvenga, purifica in ogni modo la tua destra, la tua lingua, le tue labbra che sono state vestibolo all'ingresso del Cristo; e quando è pronta la mensa materiale, eleva la mente a quella mensa, alla cena del Signore, alla veglia dei discepoli in quella notte sacra: o meglio, se qualcuno riflette attentamente, ora siamo in piena notte!

Vigiliamo dunque con il Signore, compungiamoci con i discepoli.

É tempo di preghiera, non di ubriachezza; sempre, ma soprattutto nei giorni festivi.

Le feste ci sono per questo: non perché ci diportiamo vergognosamente, o accumuliamo peccati su peccati, ma perché togliamo di mezzo anche quelli che abbiamo commesso.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Corinti, 27,5

17. - La comunione quotidiana

É bene ricevere l'eucaristia ogni giorno, come pare facciano la Chiesa di Roma e le Spagne?

A dir la verità, su questi argomenti ha già scritto Ippolito [ forse si tratta di un opuscolo andato perduto ], una delle persone più dotte; vari altri scrittori, inoltre, hanno fatto pubblicazioni del genere, attingendo qua e là a diversi autori.

Ma credo opportuno darti anch'io questa breve norma: le tradizioni delle Chiese ( e soprattutto quelle che non pregiudicano il dogma ) le dobbiamo osservare così come ce le hanno tramandate i padri, e una consuetudine di una Chiesa non deve venir variata dalla prassi vigente in un'altra.

Fosse vero che potessimo digiunare in qualunque tempo, come sappiamo dagli Atti degli apostoli ( At 13,2-3 ) che hanno fatto, anche nel periodo di Pentecoste e di domenica, l'apostolo Paolo e con lui tutti i fedeli!

( E malgrado tutto non si possono incolpare di eresia manichea, dato che il nutrimento materiale non dovrebbe mai avere la preferenza su quello spirituale ).

E Dio volesse, inoltre, che potessimo ricevere l'eucaristia senza limitazioni di tempo, ma senza incorrere però nella nostra condanna e nei rimorsi di coscienza!

Poter ascoltare le parole del salmista: Gustate e rendetevi conto di quanto è buono il Signore ( Sal 34,9 )!

Girolamo, Le Lettere, II, 71,6 ( a Lucino )

18. - Il corpo e il sangue di Cristo

Corpo e sangue di Cristo non chiamiamo né la voce di Paolo, né le sue pergamene e il suo inchiostro, né le sue parole, né i caratteri tracciati nei suoi volumi, bensì solo quanto noi preleviamo dai frutti della terra, consacriamo con la preghiera mistica e consumiamo ritualmente per la nostra salvezza spirituale, commemorando la passione per noi sofferta dal Signore.

Tutto ciò acquista le sue apparenze visibili attraverso il lavoro degli uomini, ma solo attraverso l'intervento invisibile dello Spirito di Dio la santità lo fa così grande sacramento, perché tutti i cambiamenti che si producono in quel rito li compie Dio muovendo primieramente le parti invisibili dei suoi ministri, cioè le anime degli uomini e le prestazioni a lui dovute dagli spiriti occulti.

Agostino, La Trinità, 3,10

EMP E-7. - Il pane e il vino della nuova alleanza

La notte in cui fu tradito, il Signore Gesù prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: Prendete e mangiate: questo è il mio corpo.

Poi prese il calice e disse: Prendete e bevete: questo è il mio sangue ( 1 Cor 11,23-25 ).

Se dunque egli stesso, parlando del pane, ha apertamente dichiarato: Questo è il mio corpo, chi oserà d'ora in avanti dubitare?

E se egli stesso a questo punto dice in tono affermativo: Questo è il mio sangue, chi potrà avere ancora delle esitazioni o dirà che quello non è il suo sangue? …

É dunque con certezza piena che noi partecipiamo in tal modo del corpo e del sangue di Cristo.

Infatti, sotto forma di pane ti viene dato il corpo, e sotto forma di vino ti viene dato il sangue, affinché tu divenga, partecipando del corpo e del sangue di Cristo, un solo corpo e un solo sangue con lui.

In questo modo, noi diventiamo portatori di Cristo, in quanto il suo corpo e il suo sangue si diffondono nelle nostre membra.

E così, secondo san Pietro, noi diventiamo partecipi della natura divina ( 2 Pt 1,4 ).

Una volta Cristo disse, conversando con i giudei: Se non mangerete la mia carne e non berrete il mio sangue, non avrete in voi la vita ( Gv 6,53 ).

Ma essi non ascoltarono queste parole con l'orecchio dello spirito, e se ne andarono scandalizzati, pensando che il Signore li invitasse a un normale pasto.

Già nell'Antico Testamento c'erano i pani di proposizione.

Ma ora non vi è più posto per offrire questi pani dell'antica alleanza.

Nella nuova alleanza, vi è un pane celeste e un calice di salvezza ( Sal 116,4 ) che santificano l'anima e il corpo.

Infatti come il pane si accorda con il corpo, così il Verbo si armonizza con l'anima.

Non fissare dunque la tua attenzione sul pane e sul vino come se si trattasse di essi soli, perché secondo l'affermazione del Maestro si tratta di corpo e di sangue.

La fede ti aiuti per ciò che la percezione dei sensi ti suggerisce.

Non giudicare la realtà in base al gusto, al sapore, ma in base alla fede.

Quanto tu hai imparato ti dà questa certezza: ciò che sembrava pane, pane non è, anche se ne possiede il sapore, ma il corpo di Cristo; e ciò che ritenevi vino, vino non è, anche se tale dovesse sembrare al palato, ma il sangue di Cristo.

Davide ha detto una volta in un salmo: … ch'ei possa d'olio far nitido il volto; e il pane gli rinfranchi il cuore ( Sal 104,15 ).

Rinfranca dunque il tuo cuore prendendo questo pane spirituale e rendi nitido il volto della tua anima.

E possa tu, a viso scoperto e con purezza di coscienza, riflettere come uno specchio la gloria del Signore.

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogica, 4,1

19. - Il pane e il vino in relazione con la comunità

Se vuoi comprendere il corpo di Cristo, ascolta l'Apostolo che dice ai fedeli: Voi però siete il corpo di Cristo, le sue membra ( 1 Cor 12,27 ).

Se voi dunque siete il corpo di Cristo e le sue membra, sulla mensa del Signore viene posto il vostro sacro mistero: il vostro sacro mistero voi ricevete.

A ciò, che voi siete, voi rispondete Amen, e rispondendo lo sottoscrivete.

Odi infatti: « Il corpo di Cristo », e rispondi: « Amen ».

Sii ( veramente ) corpo di Cristo, perché l' « Amen » sia vero!

Perché dunque nel pane? Qui non portiamo idee nostre, ma udiamo lo stesso Apostolo che, parlando di questo sacramento, dice: Un solo pane noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo ( 1 Cor 10,17 ).

Comprendete e godete, unità, verità, pietà, carità.

« Un solo pane »: chi è quest'unico pane?

« Pur molti … un solo corpo »: riflettete che il pane non si fa con un grano solo, ma con molti.

Quando riceveste l'esorcismo battesimale, veniste come macinati.

Quando foste battezzati, veniste come intrisi.

Quando riceveste il fuoco dello Spirito Santo, veniste come cotti.

Siate quello che vedete e ricevete quello che voi siete!

Questo ha detto l'Apostolo parlando del pane.

Ma anche ciò che dobbiamo intendere del calice, pur senza dirlo, lo ha mostrato chiaramente.

Come infatti per ottenere le specie visibili del pane molti grani di frumento vengono uniti a formare una cosa sola - affinché in tal modo si avveri ciò che la Scrittura dice dei fedeli: Era in loro un'anima sola e un cuor solo in Dio ( At 4,32 ) - così avviene del vino.

Fratelli, riflettete da dove si fa il vino.

Sono molti gli acini che pendono dal grappolo, ma il succo degli acini confluisce in unità.

In questo modo il Signore Cristo ha contrassegnato noi, ha voluto che a lui noi appartenessimo, ha consacrato sulla sua mensa il sacro mistero della nostra pace e della nostra unità.

Agostino, Discorsi, 272

20. - L'eucaristia sul letto di morte

Ti esporrò solo questo esempio, accaduto tra di noi.

C'era dunque tra noi un certo Serapione, vecchio cristiano, il quale, vissuto a lungo in modo incensurabile, poi nella persecuzione era caduto.

Spesso aveva supplicato [ il perdono ], ma nessuno gli badava, perché aveva sacrificato.

Ammalato, rimase tre giorni privo di parola e di coscienza; riavutosi un po' il quarto giorno, chiamò il nipotino e gli disse: « Fino a quando, figlio mio, mi trascurerai? Ti prego, affrettati, fa' che subito sia assolto. Chiamami qualche presbitero ».

Detto ciò, rimase ancora privo di parola.

Il ragazzo andò da un presbitero.

Era notte, ed essendo anche il presbitero ammalato, non poté venire.

Sennonché io avevo dato disposizioni che a quelli che si trovavano in pericolo di vita, se lo richiedessero e se soprattutto anche prima l'avessero supplicato, fosse concessa la remissione, affinché se ne dipartissero nella speranza; perciò egli diede al fanciullo un pezzetto di eucaristia, raccomandandogli di inumidirlo prima di introdurlo nella bocca del vecchio.

Il fanciullo tornò portandolo e quando fu vicino, prima ancora che fosse entrato, Serapione si riebbe di nuovo e disse: « Sei venuto, figlio mio? Il presbitero non è potuto venire, ma tu fa' in fretta ciò che ti è stato ordinato e lasciami morire ».

Il fanciullo inumidì il pezzetto [ l'eucaristia ] e lo pose in bocca al vecchio; e questi, quando l'ebbe inghiottito, subito esalò lo spirito.

Non è chiaro dunque che egli fu mantenuto in vita fino a quando fosse assolto, e una volta cancellata la colpa per le buone opere da lui compiute perché potesse essere riconosciuto [ da Cristo ]?

Dionigi di Alessandria, Lettere a Fabio vescovo di Antiochia ( in Eusebio, Storia ecclesiastica, 6,44,2-6 )

21. - L'eucaristia salva Satiro dal naufragio

Che devo dire della sua osservanza del culto di Dio? Un fatto basterà.

Prima ancora di essere iniziato completamente ai sublimi misteri, fu travolto da un naufragio.

Allorché la nave, su cui viaggiava, si incagliò su un bassofondo scoglioso, e ormai tutt'intorno i flutti la sfasciavano, egli non ebbe paura della morte, ma di una sola cosa, di dover abbandonare la vita senza nutrirsi dei sacri misteri.

Perciò chiese, a coloro che sapeva iniziati, il divino sacramento dei fedeli; non certo per porre gli occhi curiosi sugli arcani, ma per ottenere l'aiuto della fede.

Lo nascose in un fazzoletto, e si legò il fazzoletto al collo; così si gettò in mare, non cercando una tavola staccatasi dalla compagine della nave per aggrapparvisi e nuotando salvarsi, perché aveva cercato le armi della fede sola.

Ritenendosi da questa sufficientemente protetto e difeso, non desiderò altri aiuti.

Contempliamo dunque insieme la sua forza d'animo: nello sfacelo dell'imbarcazione, non afferrò una tavola, come un naufrago, ma prese da sé il sostegno del proprio coraggio: la sua speranza non lo abbandonò, la sua convinzione non lo tradì.

Poi, appena salvato dalle acque e giunto in porto in terra stabile, riconobbe il suo Capo cui si era affidato.

E appena ebbe salvato se stesso, o ebbe saputo che si erano salvati tutti i suoi servi, non rammaricandosi per i beni perduti, si recò alla Chiesa di Dio a ringraziare per la sua salvezza e a conoscere i misteri eterni, dichiarando che nessun dovere è maggiore di quello della riconoscenza …

Egli che aveva esperimentato il grande aiuto dei misteri celesti avvolti in un fazzoletto, che gran cosa stimava riceverli con la bocca e accoglierli nel più profondo del cuore!

Quanto maggior cosa riteneva avere fuso nelle sue viscere ciò che tanto gli era giovato avvolto in un fazzoletto!

Ambrogio, Sulla morte di suo fratello Satiro, 1,43-46

22. - Comunione durante un naufragio

Penso di non poter tacere il miracolo che Dio onnipotente si è degnato di mostrare nel tuo servo Massimiano, ora vescovo di Siracusa, a quei tempi abate del mio monastero.

Mentre io, per incarico del pontefice, servivo alla corte di Costantinopoli come apocrisiario, questo venerabile Massimiano, mosso dalla carità, venne da me, con alcuni fratelli.

Durante il ritorno a Roma, al mio monastero, fu colto nell'Adriatico da una grande tempesta e, per una disposizione straordinaria, un eccezionale miracolo di Dio, egli conobbe l'ira e la grazia dell'Onnipotente verso lui stesso e verso tutti quelli che con lui viaggiavano.

Infatti, infuriando a loro morte i marosi eccitati da venti violentissimi, i timoni della nave andarono perduti, l'albero si spezzò, la vela fu sbalzata tra le onde e tutta la carcassa della nave cominciò a scompaginarsi nella sua struttura.

Da grandi falle il mare entrò e riempì lo scafo fino al ponte, tanto da non sembrare più una nave tra le onde, ma onde in una nave.

Allora tutti quelli che vi si trovavano, atterriti non solo per la vicinanza della morte, ma per la sua presenza diretta avendola dinanzi agli occhi, si scambiarono il bacio della pace e ricevettero il corpo e il sangue del Redentore.

E si raccomandarono tutti a Dio, perché accogliesse con benignità le loro anime, egli che aveva abbandonato ormai i loro corpi a una morte tanto spaventosa.

Ma Dio onnipotente, che in modo tanto straordinario aveva atterrito il loro animo, in un modo ancor più straordinario salvò loro la vita.

Infatti, per otto giorni quella nave, piena d'acqua fino al ponte superiore, stette a galla, continuando nel proprio viaggio; il nono giorno fu trascinata nel porto di Crotone.

Dalla nave uscirono incolumi tutti quelli che navigavano con il venerabile Massimiano, di cui parliamo.

E quando anch'egli uscì per ultimo, subito la nave affondò nello stesso porto, come se al loro sbarco le fosse venuto meno non un peso, ma un sostegno.

Piena di uomini in mare, sostenne l'acqua e continuò a galleggiare; quando Massimiano e i suoi fratelli uscirono, non riuscì più, nel porto, a sostenere l'acqua senza gli uomini.

Così l'onnipotente Dio mostrò che egli l'aveva sorretta carica, con la sua mano; infatti, abbandonata dagli uomini, essa non riuscì più a mantenersi sopra l'acqua.

Gregorio Magno, Dialoghi, 3,36

23. - I sacrifici dell'Antico e del Nuovo Testamento

Ritieni con somma fermezza e non dubitare affatto che lo stesso Verbo di Dio, unigenito e fatto carne, offrì se stesso per noi in sacrificio e ostia a Dio, in odore di soavità ( Ef 5,2 ).

A lui, al tempo dell'Antico Testamento, insieme con il Padre e lo Spirito Santo, venivano sacrificati gli animali, dai patriarchi, dai profeti e dai sacerdoti; a lui ora, ai tempi del Nuovo Testamento, insieme con il Padre e lo Spirito Santo - con i quali egli ha l'identica natura divina - la santa Chiesa cattolica non cessa di offrire su tutta la terra, in fede e amore, il sacrificio del pane e del vino.

Quelle vittime carnali erano una raffigurazione della carne di Cristo che egli, senza peccato, avrebbe immolato per i nostri peccati, e del sangue che avrebbe sparso in remissione dei nostri peccati.

Questo sacrificio invece è un ringraziamento e una commemorazione della carne di Cristo che egli offrì per noi, e del sangue che Dio stesso versò per noi.

Di lui dice il beato Paolo negli Atti degli apostoli: Badate a voi e a tutto il gregge, in cui lo Spirito Santo vi ha posti come sovrintendenti per reggere la Chiesa di Dio, che ha acquistato con il suo sangue ( At 20,28 ).

Quei sacrifici dunque rappresentavano simbolicamente ciò che a noi sarebbe stato donato; questo sacrificio invece mostra chiaramente ciò che ci è già stato donato.

Quei sacrifici annunciavano che il Figlio di Dio sarebbe stato ucciso per i peccatori, questo invece annuncia che il Figlio di Dio è già stato ucciso per i peccatori, come attesta l'Apostolo che Cristo, quando noi eravamo ancora infermi, a tempo opportuno, è morto per gli empi ( Rm 5,6 ) e che quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio ( Rm 5,10 ).

Fulgenzio di Ruspe, Regola della vera fede, 19

EMP E-3. - « Gustate e vedete com'è buono il Signore »

« Gustate e vedete com'è buono il Signore » ( Sal 34,9 )

Quando Gesù diede ai suoi discepoli il pane e il vino consacrati, disse: Questo è il mio corpo … questo è il mio sangue ( Mt 26,26-28 ).

Fidiamoci di colui al quale abbiamo creduto.

Cristo, che è la verità, non può mentire …

La notte in cui fu tradito per essere crocifisso, Gesù ci ha lasciato in dono, come eredità del suo nuovo testamento, proprio questo pegno della sua presenza.

Noi ne siamo nutriti e fortificati durante il viaggio di questa nostra vita, fino a che lasceremo il mondo presente e arriveremo a lui.

Per questo il Signore diceva: Se non mangerete la mia carne e non berrete il mio sangue, non avrete in voi la vita ( Gv 6,64 ).

Ha voluto infatti che la sua opera di salvezza continuasse in mezzo a noi; ha voluto che le anime si santificassero nel suo sangue, partecipando sacramentalmente alla sua passione.

Perciò ordina ai suoi discepoli fedeli - i primi sacerdoti istituiti per la Chiesa - di tenere continuamente vivi questi misteri della vita eterna; e tutti i sacerdoti sparsi nelle chiese del mondo intero li devono celebrare fino al giorno della venuta di Cristo.

Così tutti noi, sacerdoti e popolo dei fedeli, abbiamo ogni giorno davanti agli occhi la figura della passione di Cristo, la teniamo fra le mani, ce ne nutriamo e la portiamo nel nostro petto: il ricordo della nostra redenzione non può dunque mai cancellarsi in noi, e abbiamo sempre a nostra portata il dolce rimedio che ci proteggerà per sempre contro il veleno del diavolo.

A questo ci invita lo Spirito Santo: Gustate e vedete com'é buono il Signore …

Sappiamo che il pane, composto di molti grani di frumento ridotti in farina e impastati con acqua, deve passare attraverso il fuoco per giungere alla sua perfezione.

Non è fuori luogo vedere in questo una figura del corpo di Cristo: sappiamo infatti che il suo unico corpo è formato dalla moltitudine di tutto il genere umano, e portato a compimento dal fuoco dello Spirito Santo.

Gesù è nato dallo Spirito: e poiché in lui doveva compiersi ogni giustizia, è entrato nell'acqua del battesimo per consacrarla, uscendo poi dal Giordano pieno di Spirito Santo, quello Spirito che era disceso su di lui in forma di colomba.

Così infatti dice l'evangelista: Gesù, ripieno di Spirito Santo, tornò dalle rive del Giordano ( Lc 4,1 ).

Allo stesso modo, il sangue di Cristo è un vino che, tratto dai numerosi acini di un'uva raccolta nella vigna da lui stesso piantata, viene premuto nel torchio della croce e fermenta per virtù propria, come in un'anfora, nel cuore di coloro che lo bevono con fede.

Questo sacrificio salvifico della Pasqua, riceviamolo insieme con tutta la sete religiosa del nostro cuore, noi che siamo fuggiti dall'Egitto e dalla tirannia diabolica.

Così il più intimo del nostro essere sarà santificato dallo stesso Gesù Cristo nostro Signore, che noi crediamo presente nei suoi sacramenti.

La sua potenza inestimabile rimane in eterno.

Gaudenzio di Brescia, Discorsi, 2

EMP L-44. - L'invocazione allo Spirito Santo durante l'eucaristia

Se sai in che cosa consiste l'offerta del sacrificio, comprenderai anche perché imploriamo la venuta dello Spirito Santo …

Secondo la testimonianza dell'apostolo Paolo, il sacrificio è offerto per annunciare la morte del Signore e rinnovare il memoriale di colui che ha dato la vita per noi.

Il Signore stesso aveva detto: Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici ( Gv 15,13 ).

Poiché Cristo è morto per noi per amore, quando facciamo memoria della sua morte al momento del sacrificio, domandiamo che l'amore ci sia donato con la venuta dello Spirito Santo.

Avendo ricevuto la grazia dello Spirito Santo supplichiamo, per l'amore stesso che ha spinto Cristo a lasciarsi crocifiggere per noi, di poter essere crocifissi al mondo e imitare la morte del Signore per camminare in una vita nuova …

Così tutti i fedeli che amano Dio e il prossimo, anche se non bevono il calice di una passione corporale, bevono però il calice della carità del Signore …

Perché beve il calice del Signore soltanto chi conserva la sua santa carità, senza la quale non serve a nulla abbandonare il proprio corpo alle fiamme.

Il dono della carità ci dà il potere di essere in realtà ciò che celebriamo misticamente nel sacrificio.

É quanto intende dire l'Apostolo quando afferma: Essendo un solo pane, noi siamo un corpo solo sebbene in molti, partecipando tutti allo stesso pane ( 1 Cor 10,17 ).

A chiedere questo durante il santo sacrificio, ci stimola l'esempio del nostro Salvatore che desidera che noi, commemorando la sua morte, chiediamo ciò che egli stesso, il vero sacerdote, ha domandato per noi nell'ora della morte, dicendo: Padre santo, conservali nel tuo nome, che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi.

E poco dopo aggiunge. Non per questi soltanto io prego, ma anche per quelli che crederanno grazie alla loro parola, in me, perché tutti siano una cosa sola, come tu Padre sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato ( Gv 17,11.20-21 ).

Così, quando offriamo il corpo e il sangue di Cristo, chiediamo ciò che egli ha domandato per noi quando ha voluto offrirsi per noi.

Rileggi il Vangelo e troverai che il nostro Redentore, appena terminata questa preghiera, entrò nell'orto dove fu arrestato dai giudei.

Il Salvatore la pronunciò per coloro che credevano in lui, dopo la cena, durante la quale diede ai suoi discepoli il sacramento del suo corpo e del suo sangue.

Ci mostrò così che nel momento del sacrificio dobbiamo domandare innanzi tutto ciò che egli, pontefice sommo, si è degnato di chiedere quando istituì il suo sacrificio.

Ora, ciò che domandiamo, cioè l'unità nel Padre e nel Figlio, lo riceviamo con l'unità della grazia spirituale che l'Apostolo ci comanda di conservare con cura, quando dice: Sopportatevi a vicenda nella carità, cercando di conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace ( Ef 4,2-3 ).

Per questo domandiamo che lo Spirito Santo venga a darci la carità.

Fulgenzio di Ruspe, Contro Fabio, 28,16-21

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