Teologia dei Padri |
Dice l'Apostolo: Molte volte e in molti modi anticamente Dio parlò ai nostri padri per mezzo dei profeti; ma in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio ( Eb 1,1-2 ).
Per mezzo dello Spirito Santo, dunque, hanno parlato la legge, i profeti, gli evangelisti, gli apostoli, i pastori e i maestri.
Perciò ogni Scrittura è ispirata da Dio ed è anche certamente utile ( 2 Tm 3,16 ).
É bello dunque e salutare indagare le divine Scritture.
Come un albero piantato lungo corsi d'acqua, così anche l'anima, irrigata dalla Scrittura divina, cresce e porta frutto alla sua stagione ( Sal 1,3 ), cioè la fede retta, ed è sempre adorna di foglie verdeggianti, cioè le opere gradite a Dio.
Dalle Scritture sante infatti veniamo condotti alle azioni virtuose e alla contemplazione pura.
Troviamo in esse lo stimolo a ogni virtù e la dissuasione da ogni vizio.
Se dunque impareremo con amore, impareremo molto: infatti, con la diligenza, la fatica e la grazia di Dio che dà tutto, tutto si ottiene, poiché chi chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto ( Lc 11,10 ).
Battiamo dunque a questo magnifico giardino delle Scritture, olezzante, soave, fiorente, che rallegra le nostre orecchie con il canto molteplice di uccelli spirituali, pieni di Dio, che tocca il nostro cuore, consolandolo se è triste, calmandolo se è irritato, riempiendolo di eterna letizia; che innalza il nostro pensiero sul dorso dorato, rutilante, nella divina colomba ( Sal 68,14 ), che con le sue ali raggianti ci porti al Figlio unigenito ed erede del padrone della vigna spirituale e per mezzo di lui al Padre dei lumi ( Gc 1,17 ).
Ma non battiamo fiaccamente, bensì con ardore e costanza; e non stanchiamoci di battere.
In questo modo ci sarà aperto.
Se leggiamo una volta e due volte e non comprendiamo quello che leggiamo, non scoraggiamoci, ma persistiamo, riflettiamo, interroghiamo.
Il detto infatti: Interroga tuo padre e te lo annuncerà, i tuoi vecchi e te lo diranno ( Dt 32,7 ).
La scienza non è di tutti ( 1 Cor 8,7 ).
Attingiamo alla sorgente di questo giardino le acque perenni e purissime che zampillano nella vita eterna ( Gv 4,14 ).
Ne godremo e ce ne delizieremo senza saziarcene: possiede una grazia inesauribile.
Se possiamo cogliere qualcosa di utile anche da quelli « di fuori » [ scrittori pagani ], nulla lo vieta; comportiamoci come cambiavalute esperti, che raccolgono l'oro genuino e puro e ripudiano quello adulterato.
Accogliamo i loro buoni insegnamenti e gettiamo ai cani le loro divinità e miti assurdi, poiché da quelli trarremo una maggiore forza per combatterli.
Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 4,17
C'è una sapienza di Dio, nascosta e avvolta nel mistero, che Dio aveva destinato a noi prima di tutti i secoli ( 1 Cor 2,7 ).
Questa sapienza di Dio è Cristo: Cristo infatti è potenza e sapienza di Dio …
In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza: lui, nascosto nel mistero, era già stato destinato per noi prima di tutti i secoli.
Sì, predestinato e prefigurato nella legge e nei profeti.
I profeti infatti erano chiamati veggenti proprio perché a loro era dato di vederlo, mentre gli altri non lo vedevano.
Abramo ha visto il suo giorno e la gioia l'ha invaso.
Per Ezechiele i cieli erano aperti, mentre il popolo peccatore non ne poteva penetrare il segreto.
Toglimi il velo dagli occhi - dice Davide - e contemplerò le meraviglie della tua legge ( Sal 119,18 ).
La legge è infatti spirituale ed è necessario che venga tolto il velo che la nasconde, per poterla capire e per contemplare la gloria di Dio a viso scoperto ( 2 Cor 3,14-18 ).
Nell'Apocalisse viene presentato un libro chiuso da sette sigilli.
Se lo dai da leggere a un uomo istruito, ti risponderà: « Come posso leggerlo se è sigillato? »
Quante persone oggi si ritengono istruite e tengono in mano un libro sigillato!
E non possono aprirlo, se non lo dischiude colui che ha la chiave di Davide: se apre, nessuno potrà chiudere e se chiude nessuno riuscirà ad aprire ( Ap 3,7 ).
Negli Atti degli apostoli, l'eunuco - o più esattamente « l'uomo » etiope eunuco: così infatti lo chiama la Scrittura - mentre legge Isaia, è interrogato da Filippo: Pensi di capire quello che stai leggendo?
E lui risponde: Come posso capirlo, se nessuno me lo spiega? ( At 8,30-31 ).
Quanto a me, non sono certo più santo di quest'eunuco e neppure più studioso.
Quest'uomo parte dall'Etiopia, cioè dagli estremi confini del mondo, abbandonando la corte regale per venire al tempio: ed è tanto grande il suo amore per la legge e per la conoscenza di Dio, che perfino sul suo carro continua a leggere la sacra Scrittura.
Malgrado però tenga il libro in mano e cominci a comprendere qualcosa delle parole del Signore, malgrado le articoli con la lingua e le pronunci con le labbra, non conosce ancora quel Dio che, senza saperlo, venera nel suo libro.
Sopraggiunge Filippo e gli mostra Gesù, che la lettera teneva chiuso e nascosto.
Che meravigliosa potenza ha l'uomo sapiente!
Immediatamente l'eunuco crede, è battezzato e diviene fedele e santo; era discepolo e diventa, a sua volta, maestro …
Allora dimmi, fratello carissimo: vivere fra i testi sacri, meditarli sempre, non conoscere altro, non cercare altro, non ti pare che sia già, fin da quaggiù, un modo di abitare nel regno dei cieli?
Non vorrei che tu nel leggere la sacra Scrittura fossi urtato dalla semplicità e, direi quasi, dalla banalità del linguaggio, che può dipendere da una traduzione difettosa o da un accorgimento appositamente studiato, per rendere più facile la comprensione: in una sola e medesima frase, l'uomo colto e l'ignorante potranno cogliere significati diversi, a seconda della loro capacità.
Non sono tanto sfacciato e stupido da illudermi di conoscere tutte queste cose: sarebbe come voler cogliere in terra i frutti di un albero che ha le radici piantate in cielo.
Confesso però che ne ho il desiderio: non me ne starò certo ozioso, e se rifiuto di prendere il posto del maestro, prometto di esserti compagno.
A chi chiede si dà, a chi bussa viene aperto e chi cerca trova.
Sforziamoci di imparare qui in terra quelle verità la cui conoscenza ci sarà data per sempre in cielo.
Girolamo, Lettera 53 ( a Paolino )
Non ti sembra di abitare già, qui sulla terra, nel regno dei cieli, quando si vive fra questi testi sacri, quando li si medita, quando non si conosce o non si cerca di conoscere nessun'altra cosa?
Non vorrei che ti fosse di danno, nella sacra Scrittura, la semplicità e - vorrei dire - la banalità delle parole.
Può essere che simile stesura dipenda da un difetto di interpretazione, oppure che sia stata voluta appositamente per renderne più facile la comprensione al pubblico, e per far sì che, in un'unica e medesima frase, tanto l'uomo di cultura quanto l'ignorante potessero coglierne il senso secondo la propria capacità.
Da parte mia, non sono così superficiale e stupido da farmi passare per uno che tutte queste cose le conosce o che vuole cogliere in terra i frutti di quelle radici che sono piantate nel cielo.
Confesso però che ne ho il desiderio e che ho pure voglia di mettercela tutta.
Se rifiuto di farti da maestro, ti assicuro però che puoi avermi come compagno.
A chi chiede si dà, a chi bussa si apre, chi cerca trova.
Cerchiamo d'imparare qui in terra quelle verità la cui conoscenza non verrà meno in cielo.
Girolamo, Le Lettere, II, 53,10 ( al sacerdote Paolino )
Avete ricevuto dalla santa Trinità il dono di doti spirituali, il dono della ricchezza, il dono della misericordia e dell'amore, eppure vi date incessantemente agli affari mondani, vi gettate tutto in un'attività senza sosta e trascurate di leggere ogni giorno le parole del nostro Redentore.
Ma cos'altro è la sacra Scrittura se non una lettera dell'onnipotente Dio alla sua creatura?
Se l'eccellenza vostra fosse partita e ricevesse una lettera dell'imperatore terreno, certo non avreste né quiete né riposo e non concedereste sonno ai vostri occhi prima di aver letto ciò che l'imperatore terreno vi ha scritto.
Ora l'imperatore del cielo, il Signore degli uomini e degli angeli, ha mandato a voi, per la vostra eterna salvezza, una lettera; eppure voi, eccellentissimo figlio, trascurate di leggerla con sollecitudine.
Prendetevi ogni giorno la fatica di conoscere le parole di Dio, per desiderare così con più ardore ciò che è eterno, per infiammare la vostra anima di un più grande desiderio per la gioia del cielo.
Maggiore è l'inquietudine con cui ora il vostro cuore ama il suo Creatore, maggiore sarà un giorno la vostra eterna quiete.
A questo fine, l'onnipotente Dio faccia scendere su di voi lo Spirito consolatore.
Riempia la vostra anima della sua presenza e la sollevi con ciò in alto!
Gregorio Magno, Lettera a Teodoro, medico personale dell'imperatore
Quando prendiamo tra le mani il libro spirituale, eccitiamo il nostro spirito, raccogliamo i nostri pensieri, cacciamo ogni preoccupazione terrena e dedichiamoci alla lettura con molta devozione, con molta attenzione, perché ci venga concesso di venire condotti dallo Spirito Santo alla comprensione dello scritto, raccogliendone grande utilità.
Quell'eunuco barbaro, ministro della regina degli etiopi, che pur godeva tanta celebrità, anche viaggiando in cocchio, neppure allora trascurava la lettura della Scrittura, ma tenendo tra le mani il profeta [ Isaia ], poneva grande attenzione alla lettura, pur non comprendendo ciò che gli stava davanti; ma, poiché ce la metteva tutta da parte sua, diligenza, entusiasmo e attenzione, ottenne una guida ( At 8,26-40 ).
Considera dunque che grande cosa era non trascurare la lettura scritturistica neppure durante il viaggio, neppure sedendo sul cocchio.
Ascoltino questo coloro che nemmeno a casa ammettono di fare ciò, e, o perché convivono con la moglie o militano nell'esercito, o perché hanno preoccupazioni per i figli, cura per i familiari o impegni in altri affari, ritengono che non convenga loro prendersi cura di leggere le divine Scritture.
Ed ecco costui era eunuco e barbaro, due circostanze sufficienti a renderlo negligente; e in più la grande dignità e le ingenti ricchezze, e il fatto che era in viaggio su di un cocchio: non è facile badare alla lettura per chi viaggia così, anzi, è assai malagevole; tuttavia il suo desiderio e il suo zelo superavano ogni impedimento: era tutto preso dalla lettura e non diceva ciò che oggi molti ripetono: « Non intendo ciò che contiene, non riesco a comprendere la profondità delle Scritture; perché devo assoggettarmi inutilmente e senza frutto alla fatica di leggere senza avere chi mi possa far da guida? ».
Nulla di tutto ciò pensava lui, barbaro per la lingua, ma saggio nel pensiero.
Credeva che Dio non lo avrebbe disprezzato, ma gli avrebbe mandato presto l'aiuto dall'alto, se pur egli avesse posto tutto ciò che poteva da parte sua, dedicandosi alla lettura.
Per questo il Padrone benigno, vedendone l'intimo desiderio, non lo trascurò e non lo abbandonò a se stesso, ma gli mandò subito un maestro.
Questo barbaro è in grado di fungere da maestro per noi tutti: a coloro che conducono una vita privata, a coloro che sono arruolati nell'esercito e a coloro che godono di autorità; in una parola, a tutti, e non solo agli uomini, ma anche alle donne, tanto più che vivono sempre in casa; e anche a quelli che hanno scelto la vita monastica.
Imparino tutti che nessuna circostanza è di impedimento alla lettura delle parole divine; che è possibile farlo non solo in casa, ma anche in piazza, in viaggio, in compagnia di molti o implicati negli affari.
Se faremo tutto quanto sta in noi, troveremo presto chi ci ammaestri.
Il Signore, infatti, vedendo il nostro desiderio per le realtà spirituali, non ci disprezzerà, ma ci manderà una luce dal cielo e illuminerà la nostra anima.
Non trascuriamo dunque, vi prego, la lettura delle Scritture.
Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 35,1-2
Non è mendace la parola di Cristo che suona: Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto ( Mt 7,7 ).
Ma, poiché la maggior parte della gente qui convenuta ha su di sé l'educazione dei figli, la cura per la moglie e la preoccupazione per la casa, e perciò non può darsi tutta a questo impegno [ di leggere gli scritti di san Paolo ], procurate almeno di ricevere ciò che altri hanno raccolto e ponete nell'ascoltarne i detti la cura che usate per far soldi.
Anche se è addirittura vergognoso esigere da voi solo questa sollecitudine, tuttavia c'è da esserne contenti se realmente la prestate.
Mille mali traggono origine dalla poca conoscenza delle Scritture: da qui rampolla il fango delle eresie, da qui la trascuratezza nella vita e la sterilità nel lavoro.
Come quelli che sono privi del dono della luce non sanno camminare nella retta via, così quelli che non vedono lo splendore divino delle Scritture sono costretti a commettere spesso molti errori, perché camminano nell'oscurità profonda.
Perché ciò non avvenga, apriamo gli occhi allo splendore delle parole dell'Apostolo!
Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Romani, 1,1
Nella parabola del seminatore, il Cristo ci mostra che la sua parola si rivolge a tutti indistintamente.
Come, infatti, il seminatore [ del Vangelo ] non fa distinzione tra i terreni, ma semina in tutte le direzioni, così il Signore non distingue tra il ricco e il povero, il saggio e lo sciocco, il negligente e l'impegnato, il coraggioso e il pavido, ma si indirizza a tutti e, nonostante che egli conosca l'avvenire, da parte sua pone in opera tutto, sì da poter dire: Che avrei dovuto far di più, e non l'ho fatto? ( Is 5,4 ).
Il Signore racconta questa parabola per incoraggiare i suoi discepoli e educarli a non lasciarsi deprimere, anche se coloro che accolgono la Parola sono meno numerosi di quelli che la sperperano.
Così avveniva per il Maestro stesso che, nonostante la sua conoscenza del futuro, non desisteva dallo spargere la semente.
Ma, si dirà, perché mai buttarla tra i rovi, tra le pietre o sulla strada?
Se si trattasse di una semente e d'un terreno materiali, sarebbe insensato; ma allorché si tratta di anime e della dottrina, l'operato è degno di approvazione.
Giustamente si riprenderebbe il coltivatore che si comportasse in tal modo: la pietra non saprebbe farsi terra, la strada non può esser che strada e le spine, spine.
Ma nella sfera spirituale non avviene lo stesso: la pietra può divenir terra fertile, la strada può non essere più calpestata dai passanti e divenir campo fecondo, le spine possono esser divelte per consentire al seme di germogliare senza ostacoli.
Se ciò non fosse possibile, il seminatore non avrebbe sparso la semente come ha fatto.
Se la trasformazione benefica non si è sempre avverata, ciò non dipende dal seminatore, ma da coloro che non hanno voluto essere trasformati.
Il seminatore ha adempiuto il suo dovere, ma se si è sprecato ciò ch'egli ha dato, il responsabile non è certo l'autore di tanto beneficio …
Non prendiamocela pertanto con le cose in sé, ma con la corruzione della nostra volontà.
Si può esser ricchi e non lasciarsi sedurre dalle ricchezze, vivere nel secolo e non lasciarsi soffocare dagli affanni.
Il Signore non vuole gettarci nella disperazione, bensì offrirci una speranza di conversione e dimostrarci che è possibile passare dalle condizioni precedenti a quella della buona terra.
Ma se la terra è buona, se il seminatore è il medesimo, se le sementi sono le stesse, perché uno ha dato cento, un altro sessanta e un altro trenta?
La qualità del terreno è il principio della differenza.
Non è né il coltivatore né la semente, bensì la terra in cui è accolta.
Conseguentemente, la responsabile è la nostra volontà, non la nostra natura.
Quanto immenso è l'amore di Dio per gli uomini.
Invece di esigere identica misura di virtù, egli accoglie i primi, non respinge i secondi e offre un posto ai terzi.
Il Signore dà questo esempio per evitare a coloro che lo seguono di credere che, per essere salvi, basti ascoltare le sue parole …
No, ciò non è sufficiente per la nostra salvezza.
Bisogna anzitutto ascoltare con attenzione la parola e custodirla fedelmente nella memoria.
Quindi occorre allenarsi con coraggio per metterla in pratica.
Giovanni Crisostomo, Commento al vangelo di san Matteo, 44,3-4
Nulla è tanto atto a cacciare dall'anima le consuetudini impure e a soggiogare i ricordi importuni che accendono nel corpo fiamme disordinate, quanto immergersi con amore nella dottrina e nella riflessione sulle profondità di significato dei detti scritturistici.
Se i pensieri si immergono nell'estasi seguendo la sapienza contenuta in quelle parole, per la forza che ne sugge, la memoria abbandona il corpo: lascia la terra con tutto ciò che contiene e cancella dall'anima ogni ricordo che richiama le immagini del mondo corporeo.
Quanto spesso l'anima, immersa in tale meraviglia, resta persino priva di applicarsi ai pensieri quotidiani, di occuparsi delle cose terrene, per le nuove mirabili realtà che, dal mare dei misteri scritturistici, a lei si presentano.
E anche, se lo spirito aleggia solo sulla superficie delle acque e non riesce coi suoi movimenti a giungere sino al fondo più abissale e a contemplare i tesori nascosti nei suoi baratri tuttavia questa ricerca, nel suo zelo amoroso riesce con tanta forza a incatenare, con quel solo mirabile pensiero, tutti gli altri pensieri, da impedire loro di affrettarsi verso la natura corporea.
Isacco di Ninive, La vita virtuosa, 1
La via migliore per conoscere i nostri doveri è la meditazione delle Scritture ispirate da Dio.
Si trovano in esse le regole di condotta nell'agire e l'esposizione della vita degli uomini beati, proposte all'imitazione del buon operare, come immagini vive del comportamento voluto da Dio.
Perciò, per quanto uno si senta difettoso, applicandosi continuamente a tale imitazione può trovare, come in una farmacia universale, la medicina adatta al proprio male.
Chi ama la castità rilegge continuamente la storia di Giuseppe e impara da lui l'agire virtuoso, trovando come non solo si astenga dal piacere, ma anche quanto sia saldo nella virtù.
Impara la fortezza invece da Giobbe: crollato tutto nella sua vita, diventato in un momento povero da ricco che era, solo da padre di molti figli, non solamente rimane uguale a se stesso, restando incrollabile nel proprio spirito, ma neppure si lascia smuovere dagli insulti degli amici, venuti per consolarlo, che esasperano invece il suo dolore.
Chi cerca il modo di essere insieme clemente e magnanimo, e usare così forza contro il peccato e clemenza verso gli uomini, troverà Davide: generoso nelle imprese di guerra, mite e calmo nel punire i nemici.
Così anche Mosè: insorge con grande sdegno contro quelli che hanno peccato contro Dio, ma sopporta con animo mite le calunnie mosse contro di lui.
Come i pittori, che eseguono copie di quadri, guardano spesso all'originale cercando di trasferirne i tratti nella propria opera; così chi cerca di diventare perfetto in ogni virtù, deve sempre guardare la vita dei santi, come modelli vivi ed efficaci, e per imitazione, fare proprio il bene che in essa vi è.
Le preghiere che seguono la lettura, trovano l'anima ringiovanita e rinvigorita nell'amore verso Dio.
É buona la preghiera che imprime nell'anima una viva nozione di Dio.
L'inabitazione di Dio in noi consiste nel tener presente, nella memoria, che lui risiede in noi.
Diventiamo templi di Dio in questo modo: quando il nostro continuo ricordo non viene interrotto dalle preoccupazioni terrene e la nostra mente non viene turbata dalle passioni improvvise, quando cioè chi ama Dio fugge tutto e si rifugia in lui, cacciando ciò che lo invita alla passione smodata e attaccandosi alle pratiche che lo conducono alla virtù.
Basilio il Grande, Lettere, 2,3-4 ( a Gregorio di Nazianzo )
Vi raccomando di venire qui con costanza, e di seguire con diligenza la lettura delle Scritture divine; e non solo quando siete qui, ma che anche a casa prendiate tra le mani i libri sacri, ricavandone con impegno tutto l'utile in essi presente.
Un grande guadagno infatti ne deriva: anzitutto questo: la lettura migliora la nostra lingua; inoltre l'anima si eleva e si fa eccelsa, illuminata dallo splendore del sole di giustizia; si libera in quel tempo dalla sozzura dei pensieri cattivi e gode di molta pace e tranquillità.
Quello che fa il cibo corporeo per la conservazione delle nostre forze, lo fa la lettura sacra per l'anima.
É un cibo spirituale che irrobustisce il pensiero, che rende l'anima più costante e più saggia, non le permette di venir travolta dalle passioni irrazionali, ma la rende alata e leggera e la solleva addirittura, per così dire, in cielo.
Non trascuriamo dunque, vi raccomando, tanto guadagno, ma anche a casa procuriamo di leggere con attenzione le divine Scritture.
Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 29,2
Affrettiamoci dunque ad accogliere la manna celeste; assume in bocca di ciascuno il sapore che egli vuole.
Ascolta, infatti, quel che il Signore dice a coloro che gli si avvicinano: Avvenga come hai creduto ( Mt 8,13; Mt 9,29 ).
Se tu dunque accogli con tutta la fede, con tutta la devozione la parola di Dio annunziata in chiesa, la stessa parola diverrà per te tutto ciò che desideri.
Per esempio, se sei tribolato, ti consola dicendoti: Dio non disprezza il cuore contrito e umiliato ( Sal 51,19 ).
Se ti allieti per la futura speranza, ti moltiplica la gioia dicendoti: Rallegratevi nel Signore ed esultate o giusti ( Sal 32,11 ).
Se sei adirato ti placa dicendo: Deponi l'ira e abbandona lo sdegno ( Sal 37,8 ).
Nei dolori, ti guarisce con le parole: Il Signore sana tutti i tuoi malanni ( Sal 103,3 ).
Se sei consumato dalla povertà, ti consola dicendoti: Il Signore solleva da terra il misero, erige dallo sterco il povero ( Sal 113,7 ).
Così dunque la manna della parola di Dio assume nella tua bocca il sapore che tu vuoi.
Origene, Omelie sull'Esodo, 7,8
Quando dalle realtà visibili trasmigriamo a quelle invisibili, possiamo dire con l'Apostolo: Sappiamo però che, se si dissolverà la nostra casa di questo soggiorno terrestre, avremo un'abitazione da Dio, una casa non fatta da mano d'uomo, eterna, nei cieli ( 2 Cor 5,1 ).
E anche: Ma la nostra residenza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, il Signore Gesù Cristo, che trasformerà questo nostro umile corpo, configurandolo al suo corpo glorioso ( Fil 3,20 ) …
Rendiamoci simili, secondo la parola del Signore, a coloro di cui egli nel Vangelo dice al Padre: Non sono di questo mondo, come anch'io non sono di questo mondo ( Gv 17,15 ), e ancora, rivolto agli stessi apostoli: Se foste di questo mondo, il mondo amerebbe certo ciò che è suo; ma siccome non siete di questo mondo, ma io vi ho scelti da questo mondo, perciò il mondo vi odia ( Gv 15,19 ).
Questa perfezione di rinunzia meriteremo di ottenere, quando la nostra mente, non intorpidita da nessun contagio di pinguedine carnale ma ripulita con l'ascesi più raffinata da ogni affetto e inclinazione terrena, si innalzerà alle realtà celesti, con la continua meditazione delle divine Scritture e le contemplazioni spirituali, a un punto tale, da non sentirsi più circondata dalla fralezza della carne e dal vincolo del corpo, tutta intenta come sarà ai beni superni e incorporei.
E sarà assorta in tale rapimento, da non recepire più con l'udito del corpo nessuna voce, da non riuscire ad applicarsi a vedere le immagini degli uomini che passano, da non notare neppure con gli occhi del corpo gli alberi che si alzano vicini e gli oggetti materiali, anche enormi, che le si presentano.
La realtà e la possanza di questo stato, nessuno la può capire se non colui che sia stato ammaestrato dall'esperienza; colui al quale, cioè, il Signore avrà distolto gli occhi del cuore da tutte le realtà presenti, da fargliele ritenere non solo transitorie, ma addirittura come non esistenti, da fargliele riguardare come fumo vano che si dissolve nel nulla.
Giovanni Cassiano, Conferenze, 3,7
Nella costruzione del mondo non solo in cielo, nel sole, nella luna e nelle stelle si è manifestata l'arte divina, ma anche sulla terra, in una materia inferiore, è avvenuto che neppure il corpo dei più piccoli animali è stato trascurato dal Creatore, e quanto meno le loro anime.
Ciascuno ha infatti in sé qualcosa di proprio: le bestie, per esempio, la maniera e il modo di difendersi; e anche i semi della terra, poiché in ciascuno di essi sta celato qualcosa di mirabile, o per le radici, o per le foglie, o per i frutti, secondo le diverse specie.
Allo stesso modo noi ammettiamo che in tutti i libri, scritti sotto il soffio dello Spirito Santo, l'eccelsa Provvidenza, tramite le loro singole lettere, elargisce alla stirpe umana la sapienza sovrumana, giacché, per così dire, in ogni lettera, in quanto ciascuna ne è stata capace, ha accumulato pensieri salutari, orme della sapienza.
Origene, Commento ai Salmi, 1,3
Tra le erbe ciascuna ha un potere, o per sanare i corpi o per qualche altro scopo; però non a tutti è dato sapere a che serva ciascuna erba, ma solo a coloro che ne hanno acquistato la scienza e che si occupano di erboristeria, e sanno come si deve prendere o in che parte del corpo porre e in che modo preparare perché sia utile a chi ne fa uso.
Così l'uomo santo e spirituale è quasi un erborista che raccoglie dagli scritti sacri ogni nota, ogni sillaba, e trova la forza di ogni lettera e a cosa sia utile, e sa che nulla di ciò che sta scritto è superfluo.
Se vuoi udire un altro esempio a riguardo, ogni parte del nostro corpo è stata fatta dall'artefice Iddio per una determinata funzione; ma non a tutti è dato conoscere il potere e l'utilità di ogni membro, fino ai più piccoli.
I medici che si occupano di anatomia possono dire per quale utilità ogni parte anche minima del nostro corpo è stata fatta dalla Provvidenza.
In questo modo considera dunque anche le Scritture.
Origene, Omelie su Geremia, 3
Chi vendemmia, di solito prima lava i vasi in cui versare il vino, perché qualche pregio non ne vada perduto.
Che giova infatti disporre in ordine le viti, zappando tutti gli anni e tracciando i solchi con l'aratro, potarle, drizzarle, legarle quasi maritandole agli olmi, se poi il vino ottenuto con tanta fatica dovesse nei vasi diventare aceto?
Se qualcuno di mattina desidera veder sorgere il sole, si pulisca gli occhi, perché né la polvere né qualche spurgo si fermi su di essi, impedendogli la libera vista.
E quando leggiamo [ la Scrittura ] sorge per noi un sole che prima non v'era …
Pulisci dunque gli occhi della tua mente, o uomo, e la vista intima della tua anima, onde nessuna pagliuzza di peccato limiti la forza visiva della tua mente né turbi la vista del cuore puro!
Monda le tue orecchie, per accogliere in un vaso puro il fiotto splendente della Scrittura divina, affinché non venga in qualche modo inquinata.
Ambrogio, Esamerone, 4,1
É necessario moderare l'ardore di coloro che esultano per il dono divino ( dell'intelligenza delle Scritture ) e senza l'aiuto delle regole che ho deciso di esporre si gloriano di comprendere e usare i libri santi, e pensano perciò che io abbia voluto scrivere qualcosa di superfluo.
Per quanto giustamente essi si allietino per un grande dono di Dio, si ricordino tuttavia che hanno imparato a leggere dagli uomini …
Ammettano la necessità che ciascuno di noi, fin dalla prima età, impari la lingua materna udendola continuamente e che una seconda lingua, o greca o ebraica o qualsivoglia altra, si apprende parimenti udendola, o per opera di qualche precettore umano.
Dovremmo dunque esortare tutti i fratelli di non insegnare queste cose ai loro piccoli, dato che gli apostoli, in seguito alla discesa dello Spirito Santo, da lui riempiti, parlarono in un solo istante le lingue di tutte le genti?
O forse chi non ottiene ciò, deve ritenere di non essere cristiano o dubitare di aver ricevuto lo Spirito Santo?
Che anzi, ciascuno impari senza superbia ciò che si deve imparare dagli uomini, e colui che insegna all'altro, gli trasmetta senza superbia e senza invidia ciò che anche lui ha ricevuto.
Non tentiamo colui in cui crediamo, rifiutandoci di andare in chiesa per ascoltarvi e conoscere il Vangelo, o di leggere un libro, o di udire un uomo che legge o predica.
Dovremmo forse aspettarci di venir rapiti fino al terzo cielo, sia nel corpo, sia fuori del corpo, come dice l'Apostolo, e ivi udire parole ineffabili che all'uomo non è lecito pronunciare ( 2 Cor 12,2-3 ), o vedere il Signore Gesù Cristo, e ascoltare il Vangelo da lui, e non dagli uomini?
Guardiamoci dalla superbia estrema di tali tentazioni pericolosissime, e pensiamo piuttosto che lo stesso apostolo Paolo, quantunque fosse stato prostrato e istruito da una voce celeste e divina, tuttavia fu mandato da un uomo per ricevere i sacramenti e venire incorporato alla Chiesa ( At 9,3ss ).
E quantunque fosse un angelo colui che aveva avvertito il centurione Cornelio che le sue preghiere erano state esaudite e le sue elemosine prese in considerazione, tuttavia egli fu mandato da Pietro per venire ammaestrato ( At 10,3ss ); e da questi egli avrebbe non solo ricevuto i sacramenti, ma anche ascoltato ciò che si deve credere, ciò che si deve sperare e ciò che si deve amare.
Tutto questo poteva certo avvenire per opera dell'angelo stesso, ma sarebbe stato un oltraggio alla dignità umana se Dio avesse voluto mostrare di non volere che la sua parola fosse comunicata agli uomini da altri uomini.
Come sarebbe vera l'asserzione: É santo il tempio di Dio, che siete voi ( 1 Cor 3,17 ), se Dio da questo tempio umano non desse i suoi responsi e se tutto ciò che egli vuole far imparare agli uomini risonasse dal cielo, dalla voce degli angeli?
Infine, lo stesso amore, che stringe vicendevolmente gli uomini col vincolo dell'unità, non avrebbe l'occasione di unire e quasi di fondere tra di loro gli animi, se gli uomini nulla apprendessero dagli altri uomini.
Agostino, La dottrina cristiana, Prologo 4-6
A questo vi esorto, e non cesserò mai di esortarvi: che non solo qui badiate a ciò che si dice, ma anche che a casa vostra siate sempre fedeli alla lettura delle divine Scritture.
Anche i miei intimi non cesso mai di esortarli a ciò.
E non mi dica qualcuno, con parole fredde, degne di essere gravemente condannate: « Io tratto cause nel foro, svolgo pubblici uffici, sono impegnato nel mio mestiere; ho moglie, devo nutrire i miei figli, ho da badare alla casa: leggere le Scritture non è affare mio, ma di coloro che hanno abbandonato tutto, che abitano in cima ai monti, che conducono un tal genere di vita ».
Che dici, o uomo? Non è affare tuo badare alle Scritture perché sei stretto da mille preoccupazioni?
Invece è precisamente più tuo che di quelli.
Essi non hanno tanto bisogno dell'aiuto che proviene dalle divine Scritture, come coloro che si trovano in mezzo a mille faccende.
I monaci infatti, lontani dalla piazza e dal tumulto della piazza, hanno eretto i loro tuguri nella solitudine e non hanno rapporti con nessuno: si danno con libertà alla meditazione in quella pace e tranquillità e come in un porto godono di grande sicurezza.
Ma noi, come in mezzo al mare infuriato, siamo astretti da mille peccati, lo vogliamo o no, e abbiamo sempre bisogno della consolazione delle Scritture.
Quelli siedono lontani dalla battaglia e perciò non riportano molte ferite; tu invece sei sempre in prima linea e di frequente vieni colpito, per questo hai più bisogno di medicamenti di quelli.
La moglie ti esaspera, il figlio ti addolora, il servo ti muove a ira, il nemico ti insidia, l'amico ti invidia, il vicino ti oltraggia, il collega ti fa lo sgambetto; spesso anche la giustizia ti minaccia, la povertà ti affligge, la perdita dei cari ti getta nel dolore, la fortuna ti gonfia, la disgrazia ti deprime.
Mille motivi, mille necessità di ira e preoccupazione, di turbamento e afflizione, di vanto e disperazione ci circondano d'ogni parte e da ogni parte volano mille strali: per questo abbiamo incessantemente bisogno dell'armatura delle Scritture.
Riconosci, come sta detto, che passi in mezzo ai lacci, che cammini sugli spalti della città ( Sir 9,13 ).
Infatti le passioni della carne sono più gravi per quelli che vivono in mezzo alla folla: la bellezza del volto, lo splendore del corpo ci colpisce attraverso gli occhi, il discorso osceno entra attraverso l'udito e ci turba il pensiero; spesso un canto effeminato ci rammollisce la vigoria dell'anima.
Ma perché dico ciò? Spesso ciò che sembra essere ancora meno di tutto questo, cioè il profumo di unguenti che promana dalle donne di strada, così da solo ci prende e fa prigionieri.
Tanto numerosi sono i nemici che assediano la nostra anima: abbiamo bisogno del farmaco divino per guarire le ferite ricevute e per evitarne altre, e spegnere da lontano e respingere gli strali del diavolo con la lettura assidua delle Scritture divine.
Non è possibile, non è possibile che qualcuno si salvi, se non si dedica costantemente alla lettura spirituale.
Giovanni Crisostomo, Omelie su Lazzaro, 3,1-2
É un grande bene, o carissimi, la lettura delle divine Scritture.
Dona saggezza all'anima, innalza la mente al cielo, rende l'uomo riconoscente, fa sì che non ammiriamo le realtà di quaggiù, ma che col nostro pensiero viviamo lassù, che compiamo tutte le nostre opere con lo sguardo fisso alla ricompensa che ci darà il Signore, che ci dedichiamo alla fatica della virtù con grande entusiasmo.
Da esse possiamo conoscere bene la provvidenza di Dio pronta a soccorrere, il coraggio dei giusti, la bontà del Signore e la grandezza dei premi.
Da esse possiamo essere eccitati a emulare con fervore la religiosità di uomini generosi, per non addormentarci nella battaglia della virtù e per confidare nelle promesse di Dio prima ancora che si adempiano.
Per questo vi esorto: leggiamo con grande cura le Scritture divine!
Ne raggiungeremo la vera conoscenza se vi staremo sopra incessantemente.
Non è possibile, infatti, che chi ha grande cura e grande desiderio per le parole divine, sia piantato in asso: anche se nessun uomo ci sarà maestro, il Signore stesso dall'alto entrerà nei nostri cuori, rischiarerà la nostra mente, illuminerà il nostro pensiero, ci svelerà le verità nascoste, sarà il nostro maestro per ciò che non comprendiamo, purché noi siamo disposti a fare quanto possiamo.
Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 35,1
Dovremmo, cari fratelli, non aver bisogno dell'aiuto delle Scritture; se la nostra vita fosse più pura, la grazia dello Spirito Santo farebbe per le nostre anime assai più di qualsiasi libro.
E come i libri vengono scritti con l'inchiostro, così sarebbe lo Spirito stesso a scrivere nei nostri cuori.
Ma dato che ci siamo sottratti a questa grazia, seguiamo almeno la seconda via che ci rimane aperta.
Certo, la prima maniera di comunicare con Dio era più efficace, come Dio stesso ci ha mostrato con le sue parole e con le sue azioni.
Egli, infatti, parlò a Noè, ad Abramo e ai discendenti di Abramo, a Giobbe e a Mosè, non mediante parole scritte, ma direttamente, per la purezza d'anima che aveva trovato in essi.
Ma quando in seguito tutto il popolo ebreo cadde nell'abisso del peccato, non rimase a Dio altro mezzo per ammonire quel popolo che le parole scritte e le tavole della legge.
Qualcuno, però, potrebbe osservare che Dio ebbe un rapporto diretto non solo con i santi patriarchi dell'antica alleanza, ma anche con gli apostoli del Nuovo Testamento.
Gesù Cristo, infatti, non lasciò niente di scritto ai suoi apostoli, ma promise loro, al posto dei libri, la grazia dello Spirito Santo: Egli - disse - vi insegnerà tutto ( Gv 14,26 ).
Per comprendere quanto sia più efficace questo ammaestramento interiore, ascolta quanto Dio stesso ha detto per bocca del suo profeta: Farò un Testamento nuovo, scriverò la mia legge nelle loro anime, la scriverò nei loro cuori ed essi saranno tutti ammaestrati da Dio ( Ger 31,31.33 ).
San Paolo, dal canto suo, per sottolineare l'eccellenza dell'insegnamento dello Spirito Santo, dice di aver ricevuto la legge non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne del cuore ( 2 Cor 3,3 ).
Ma, siccome con l'andar del tempo gli uomini deviarono, gli uni nella dottrina e gli altri nella vita e nei costumi, si rese di nuovo necessario che Dio desse per scritto le sue istruzioni e i suoi precetti.
Vedete che grande male! La nostra vita sarebbe dovuta essere talmente pura da far sì che senza aver bisogno di scritti i nostri cuori si presentassero come libri aperti allo Spirito Santo.
Eppure, dopo aver perduto quella grazia e aver avuto nuovamente bisogno dei suoi comandi scritti, non vogliamo servirci di questo secondo rimedio, come invece dovremmo!
Se è già una grave colpa aver reso necessarie le Scritture e aver cessato di attirare su di noi la grazia dello Spirito Santo, pensate quale gravissimo delitto sia il non voler profittare di tale aiuto, disprezzando gli scritti divini quasi fossero vani e inutili e attirandoci quindi una condanna ancora più dura.
Ebbene, per evitare ciò, accostiamoci con diligente amore alle Scritture e impariamo in qual modo ci sono state date l'antica legge e la nuova.
Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 1,1
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