Consacrazione secolare valori comuni e valori specifici |
Pregare con Cristo dall'interno della storia dovrebbe essere modo di preghiera comune a tutti: consacrati religiosi o secolari, o anche laici non consacrati.
Eppure, forse penso che potremmo insistere su questa forma di preghiera proprio a proposito dei secolari consacrati.
Ognuno si eleva a Dio nelle realtà del mondo, nell'ambiente in cui vive e soffre, nella professione che è il suo pane, nei contatti con gli uomini: cercare sempre il modo di mettersi in sintonia con Dio, insieme ai fratelli, inseriti nelle comuni realtà temporali.
Mettersi in sintonia con Dio nel mondo, infatti, non è altro che pregare con e per gli uomini, rendendo gloria a Dio in questo stupendo creato in cui il secolare consacrato rimane per aiutare il mondo, dall'interno di esso, a crescere secondo Dio, in Cristo, l'uomo.
Quando, anche a costo di sacrificio, il membro di un Istituto secolare riserva parte del suo tempo all'orazione, alla meditazione e riflessione sui valori che l'elevano a Dio - e si eleva sempre insieme ai fratelli -; quando è partecipe dell'Eucaristia; quando la liturgia lo afferra; quando parla con Dio o con lui balbetta e più ancora quando l'ascolta in silenzio, ecco che pur in modi vari si pone in sintonia con Dio e i fratelli sono con lui nella preghiera.
È nella storia con Cristo. È in comunione.
È vero che religioso, laico, secolare consacrato hanno una stessa chiamata alla comunione con Dio, sia pure con tempi diversi, con diverse chiamate: ed è la stessa preghiera, elevazione a Dio.
Ma è anche vero che il secolare consacrato, ben più del religioso e del laico, deve portare con sé il mondo dinanzi a Dio.
Egli entra in chiesa per pregare, ma non può lasciarsi alle spalle le realtà che ha vissute insieme ai fratelli: le sue e loro angosce, ansie, problemi, gioie e pene, attese e aspirazioni, delusioni, speranze.
Egli le porta con sé dinanzi all'altare, insieme alle fatiche della giornata trascorsa o che si prepara a trascorrere.
La sua realtà è inscindibile dalla realtà del mondo, degli uomini fratelli, del creato.
I problemi umani che egli è chiamato a condividere e a illuminare secondo Cristo, egli li vede con Dio: Dio « mescolato » ad ogni realtà umana.
Ogni realtà umana posta dinanzi a Dio, vista con lui, vagliata con lui, condivisa con lui.
Si porta dinanzi all'altare il compagno ateo che non ha mai messo piede in chiesa; l'amico battezzato che oggi è bestemmiatore; la collega che ha abortito; i due sposi che stanno per separarsi; l'altra coppia disperata perché ha un bimbo handicappato o un ragazzo drogato; la gioia della nascita d'un primo bambino; l'angoscia per un'infermità inguaribile o per un lutto da lungo tempo previsto o improvviso; un'ingiustizia di cui un compagno è stato vittima; la cattiveria che un amico ha subita; un problema sindacale non risolto che suscita discussioni; la notizia appresa dal giornale, dalla radio, dalla televisione; la fame nel mondo; le tensioni della liberazione; i problemi all'interno della Chiesa stessa …
Tutto questo può essere vissuto in sintonia con Dio? Può essere deposto sull'altare come offerta e sacrificio?
È una fatica, a volte, ed è sempre un lavoro spirituale mettersi in comunione con Dio e trovare in Dio la parola da dire o da tacere, l'atteggiamento più opportuno, il gesto della carità vera, il modo di perdonare, di portare la pace e la speranza.
Questo è un modo specifico di pregare del laico consacrato che, nella sua preghiera, porta il mondo con sé per portare Dio al mondo.
È la sua vocazione e missione che lo richiedono.
È anche un modo tutto suo di « vivere » l'Eucaristia.
Il cardinale Pironio, allora prefetto della Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, in un suo discorso, pone sul labbro dei secolari consacrati - tra le altre - questa domanda: « Come devo pregare Signore, senza sfuggire il problema degli uomini ne abbandonare le esigenze della mia vita quotidiana, ma senza perdere neppure di vista che Tu sei l'unico Dio?
( … ). Come devo pregare nel mondo e a partire dal mondo? ».17
E a questa domanda, lo stesso cardinale suggerisce una risposta: « Per leggere le cose di Dio che avvengono nel mondo, per scoprire le inquietudini degli uomini e le esigenze di Dio, è necessario essere contemplatevi.
Essere, in altri termini, uomini e donne che si soffermano, nel ritmo delle loro attività, per ascoltare Dio nel deserto, per incontrarsi da soli con lui; che sanno, soprattutto, instaurare nel proprio intimo una zona profonda e inalterabile di silenzio attivo.
Persone che sperimentano Dio nel lavoro e nel riposo, nella croce e nella gioia, nella preghiera e nell'attività temporale.
Non è facile la "preghiera secolare" ma è imprescindibile.
È l'unico modo di vivere, per un membro di Istituto secolare: respirare ininterrottamente Dio mentre si segue il ritmo dell'attività professionale e il dolore speranzoso dell'umanità.
È difficile, ma si deve avere il coraggio di interrompere tutto, a volte ( per poi tornare al mondo ), e cercare un momento e uno spazio di preghiera.
E soprattutto bisogna chiederlo a Dio con la semplicità dei poveri ».18
Vorrei sottolineare alcune espressioni nel brano precedente:
- leggere le cose di Dio che avvengono nel mondo …
- essere contemplativi … ascoltare Dio nel deserto …
- una zona inalterabile di silenzio attivo …
- persone che sperimentano Dio …
- respirare ininterrottamente Dio …
Dovrà spesso far acrobazie, il secolare consacrato, per trovare qualche suo tempo di deserto.
Non gli sarà sempre facile, tutt'altro!
Circostanze dovute spesso agli impegni familiari, professionali, sociali gli impediranno a volte anche di partecipare ai raduni comunitari, sempre arricchenti, propri del suo Istituto.
E allora il deserto, lui, dovrà trovarselo dentro il mondo: dovrà leggere le cose di Dio che avvengono nel mondo, dovrà parlare con Dio mentre parla con gli uomini; soprattutto dovrà ascoltare Dio mentre ascolta gli uomini; e in loro, nelle loro realtà, nel suo ambiente, dovrà essere in sintonia con lui: dovrà « respirare ininterrottamente Dio ».
E questo non è facile. È una meta mai raggiunta e a cui si deve tendere continuamente, progressivamente.
Ma non è questo, mi chiedo, un valore specifico della vocazione secolare? Un valore di tutti i giorni!
È, a volte, un lusso desideratissimo, una stupenda eccezione che bisogna non lasciarsi sfuggire, anche se non deve intralciare mai il mettersi in sintonia con Dio in mezzo al trambusto, alle cose, alle contraddizioni: coinvolti ( come non lasciarsi coinvolgere quando è proprio questa la vocazione e la missione del laico consacrato?! ), ma senza lasciarsi travolgere.
Poiché già si è lasciato travolgere da Cristo, sedurre da Dio.
Ma la professione non può impedire ne sospendere il respiro « ininterrotto » di Dio, la sintonia con lui; anzi deve essere sorgente di vera contemplazione, fonte di vita in comunione con lui e coi fratelli.
Si tratta di imparare, giorno per giorno, a pregare attraverso le cose, e a pregare attraverso l'uomo.
Sono valori specifici della vocazione secolare vissuta intensamente, senza mai perdere di vista la propria missione nel mondo, presi da un unico obiettivo, sempre alla ricerca dell'Assoluto.
Poiché Dio solo è l'essenziale.
Ma, con Dio, il mondo uscito dalle sue mani e affidato alle mani dell'uomo: Dio, trovato nell'intreccio delle vicende umane.
È così che il secolare consacrato diventa testimone di un Dio vicino agli uomini, in Cristo; che con gli uomini percorre le stesse strade del mondo; che affronta le difficoltà e i rischi della vita secolare; che condivide attese e sofferenze e gioia e lavoro, sconfitte e vittorie, ansie e delusioni: ma sempre immerso in Cristo, ossia respirando ininterrottamente Dio.
Anche la realizzazione personale del laico consacrato, anche il suo lavoro spirituale e la sua tensione verso la santità sono per lui un modo di sperimentare Dio.
Non perfezionismo ma amore vero e profondamente umile: sempre in ascolto di Dio nell'uomo e nelle realtà del mondo.
Anche il sacramento della riconciliazione assume per il secolare consacrato significato e dimensioni nuove.
Recentemente Giovanni Paolo II, parlando di « riconciliazione e penitenza », pur rivolgendosi a tutti i fedeli, pare abbia espressioni specificamente dirette ai secolari consacrati, inseriti per vocazione nel mondo e con una particolare missione: « ( l'uomo ) perdonato si riconcilia con se stesso nel fondo più intimo del proprio essere, in cui ricupera la propria verità interiore; ( ma insieme ) si riconcilia con i fratelli da lui in qualche modo aggrediti e lesi; si riconcilia con la Chiesa; si riconcilia con tutto il creato ».19
Questa affermazione del Pontefice il laico consacrato la sente rivolta a sé: per lui il sacramento della riconciliazione è sempre, per prima cosa, un riconciliare sé con se stesso, ricuperando dinanzi al Padre la propria verità interiore; ma in pari tempo egli comprende che si riconcilia coi fratelli, perché di loro si sa responsabile, e sa che, per quanto sia stato attento a ognuno, non lo è mai stato abbastanza, e nel suo amore e nella sua disponibilità c'è sempre stato qualcosa di manchevole; e si riconcilia con la Chiesa che non ha mai servita in modo perfetto; e anche col creato, di cui forse non ha saputo cogliere tutto ciò ch'è vero, buono, giusto.
Sa che un albero cresce tanto quanto crescono i suoi rami: ed egli si chiede se ha fatto davvero tutto perché l'albero - la Chiesa, gli uomini, lui stesso - crescessero.
Per riconoscersi in lealtà bisognosi di conversione continua, occorre far ricorso alla preghiera, perché essa aiuta ad accettare pazientemente ed umilmente se stessi e le proprie condizioni di vita, il proprio lavoro ed ambiente, i propri limiti ed incapacità, la sproporzione tra le proprie aspirazioni e le realizzazioni.
Sapersi accettare con pazienza anche quando lui pure, il secolare consacrato, soccombe ai rischi di una vita coinvolta nelle realtà umane e si lascia travolgere.
Sapersi accogliere nelle proprie condizioni reali.
Saper trovare equilibrio e stabilità per crescere senza vane illusioni.
E imparare ad amare sé, figlio prodigo.
Tutto questo è via per raggiungere un atteggiamento di profonda umiltà; ed è indispensabile per essere coerente con la propria vita di consacrazione secolare.
E quante responsabilità anche verso la Chiesa! Amarla a parole è facile.
Può anche essere dolce sentirsene figli.
Condividerne le non frequenti vittorie può riempire di fierezza.
Ma accettare la Chiesa come è, senza giudicarla?20
Condividerne umilmente e nella speranza le sconfitte?
Farsi portavoce presso la gerarchia di tante realtà che, come laico, vede nel mondo, realtà che, solo attraverso a chi appunto le vive, possono giungere a chi può, quando lo può, provvedere.
Non ogni laico sa sentire questo dovere, ma il secolare consacrato, sì.
Anche se talvolta parrebbe comodo non pensarci, non approfondire, non sentirsi corresponsabile.
Questa corresponsabilità può richiedere prudenza e insieme audacia, umiltà, disponibilità, spirito di servizio.
E il secolare consacrato deve rendersi pronto a prendere, insieme alla croce propria, la croce della Chiesa e del mondo.
Anche questo reclama una vita che respiri ininterrottamente Dio, in preghiera: una preghiera profondamente umana, che potremmo chiamare cosmica, ossia orientata verso gli uomini, inserita nella storia.
Una preghiera specifica del secolare consacrato.
Conoscere, ho detto, la Chiesa.
Non accontentarsi di sapere molto o poco della parola di Dio, ma aprirsi anche agli orientamenti della Chiesa e al suo approfondimento della parola di Dio.
L'aggiornamento costa sempre soprattutto quando il tempo di cui si può disporre è poco e va rubato ad altre cose interessanti.
Ma conoscere, conoscere a fondo, conoscere sempre più a fondo è compito specifico del secolare consacrato.
È difficile amare e servire chi non si conosce, anche se amare e servire l'uomo in nome d'una vocazione e missione specifica è già, spesso anche se non sempre, un mezzo per conoscere Dio.
Perciò il consacrato « ( si mette ) con grande regolarità all'ascolto della Sacra Scrittura, studiata con amore e accolta con animo purificato e disponibile, per creare in essa, così come nell'insegnamento del magistero della Chiesa, un'interpretazione esatta della propria esperienza quotidiana vissuta nel mondo ».21
La vita dello spirito, dunque, anche se racchiusa nei mille limiti dovuti appunto al coinvolgimento nel mondo, sa trovare - in forza di quel valore che è la creatività - mille modi per evadere da tali limiti, così che la vita del consacrato secolare diventi reale comunione con Dio, nel mondo, con gli uomini; diventi abbandono in Dio, accolto in pienezza: accolto per sé e per gli altri, per i fratelli, per il mondo: accolto come Creatore, il cui nome « è grande su tutta la terra », ( Sal 8,1 ) ma anche come Salvatore che instaura con gli uomini un dialogo « per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé ».22
E in questo abbandono l'anima si lascia « sedurre » da Dio, si lascia « afferrare » da lui: « si concede a Dio con un atto supremo di volontà e di abbandono di sé ».23
Forse quest'abbandono attivo è l'espressione più vera della preghiera del secolare consacrato: sempre attento alla missione che Dio stesso, chiamandolo, gli ha affidata: nel mondo, nelle realtà temporali, nella storia degli uomini.
Indice |
17 | E. Pironio, Discorso di introduzione all'Assemblea dei responsabili generali, 23 agosto 1976 |
18 | Ibid; |
19 | Giovanni Paolo II. Esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia, 2 dicembre 1984 |
20 | Paolo VI. Ai partecipanti al Convegno internazionale degli Istituti secolari, 26 settembre 1970 |
21 | Paolo VI. Una presenza viva al servizio del mondo e della Chiesa, 25 agosto 1976 |
22 | Dei Verbum, 1° capitolo |
23 | Paolo VI. Ai partecipanti al Convegno internazionale degli Istituti secolari, 26 settembre 1970 |