Lettere circolari

Indice

Prima lettera circolare

Conformità che dobbiamo sforzarci di avere con il Divin Cuore di Gesù

Ad maiorem Dei gloriam

14 febbraio 1799

Carissimi confratelli e carissime sorelle in G. C. Signore Nostro « Hoc sentite iti vobis quod et in Christo Jesu » ( Fil 2,5 ).

« Rendete conformi in tutto i vostri sentimenti a quelli di Gesù Cristo ».

L'unione che regna tra i sacri Cuori di Gesù e di Maria è la regola ed il modello dell'unione che deve sempre regnare tra le due Società che cominciano a formarsi, sotto gli auspici e l'invocazione di questi due Cuori.

Le due Società hanno i più intimi rapporti reciproci: hanno la stessa origine, sono state formate sul medesimo piano, tendono allo stesso scopo, i mezzi che esse usano sono simili quanto la diversità dei sessi può permetterlo, assolutamente identici sono ora i loro interessi, sono precisamente nelle medesime circostanze, sono ugualmente nell'attesa del decreto di approvazione decisivo della loro esistenza che deve essere pronunciato dalla medesima bocca: e questa circostanza m'incoraggia a rivolgere ad ambedue la stessa esortazione.

Il momento in cui ve la rivolgo, la vostra comune situazione, i sentimenti di cui sono ugualmente penetrato per voi, gli ardenti voti che formulo per il vostro progresso spirituale, tutto mi persuade, carissimi confratelli e carissime sorelle, che le mie parole potranno con l'aiuto della divina grazia mantenere in voi quelle scintille del fuoco sacro che lo Spirito Santo stesso ha acceso nei vostri cuori e che voi le riceverete non come la parola di un uomo che non ha nulla di stimabile da se stesso, ma come la parola del Signore che, non badando alla mia somma indegnità, ha voluto servirsi del mio povero ministero per dare i primi inizi a queste Società e che ancora si degna servirsene per consolidare la sua opera.

I - Per l'approvazione delle due società

A questo scopo è della massima importanza il passo che stiamo compiendo.

Ci presentiamo ai nostri Supremi Pastori, li consultiamo come i nostri oracoli, ci abbandoniamo nelle loro mani come tra le mani di quelli che ci sono padri in Gesù Cristo, li preghiamo, perché capi della Chiesa, di decidere sulla nostra sorte.

Dopo aver messo dinanzi ai loro occhi con semplicità qual'è la natura, la forma, e lo scopo di ambedue le Società; dopo d'esserci sforzati di mostrare loro che esse, secondo il nostro progetto, hanno tutto quanto è indispensabile per formare due Società religiose, che a questo fine non manca che l'approvazione della Santa Chiesa; e che con questo carisma la loro esistenza sarebbe non solo possibile ma anche assicurata, utile alla Chiesa e pure, in un certo senso, necessaria nella condizione deplorevole in cui ci troviamo ridotti per la nequizia dei tempi, noi li scongiuriamo di volerci manifestare ciò che pensano di queste Società: se ritengono che la loro esistenza potrebbe essere utile alla Chiesa, se ad esse concedono o rifiutano la loro approvazione.

E proclamiamo che il loro giudizio sarà per noi inappellabile, convinti come siamo che la loro sentenza non può naturalmente non avere la sanzione della Santa Sede Apostolica.

Se dunque la decisione dei nostri Prelati non ci fosse favorevole, contenti d'aver fatto ciò che ci era parso maggiormente idoneo a procurare la gloria del Signore ed il bene della sua Chiesa, cesseremmo dall'insistere in un'opera di cui saremmo sicuri che il Signore non domanda a noi l'esecuzione.

Se invece la decisione ci sarà favorevole, se i nostri sommi Pastori approveranno le due Società e le riconosceranno non ancora come Società religiose ( ciò che spetta al capo dei Pastori ) bensì come istituzioni pie ed utili, rassicurati della nostra esistenza, attenderemo con maggior ardore all'opera di Dio, potremo da Lui riprometterci le più ampie benedizioni e nutriremo una dolce speranza di vederci un giorno ammessi dal Sommo Pontefice, nel novero degli Ordini religiosi.

a) Rivolgere le più vive istanze al cielo; ricorrere principalmente a nostro Signore; applicarsi ai mezzi di renderselo favorevole

Questa è l'alternativa in cui ci troviamo, alternativa capace di risvegliare il nostro fervore e di portarci ad innalzare a Dio le più vive istanze, se sentiamo il pregio della nostra vocazione e se il Signore ha impresso nei nostri cuori un tenero affetto per Società che non respirano che la sua gloria e che sembrano promettere a tutto il mondo cristiano i più grandi vantaggi.

Per quanto la nostra domanda sia sottoposta immediatamente a coloro che sulla terra tengono il posto di Gesù Cristo e che sono stati preposti dallo Spirito Santo al governo della sua Chiesa, è però dal cielo che ci attendiamo il successo.

Dobbiamo principalmente ricorrere a Gesù Cristo ed invano ci sforzeremmo di ottenere alcunché dai ministri del Signore se non ci appigliassimo contemporaneamente a tutti i mezzi che sono in nostro potere per rendere il Signore stesso favorevole ai nostri voti.

b) Nutrire una fiducia fondata e irremovibile

Molti sono i motivi che ci ispirano una dolce fiducia in questo affare.

Quanto il Signore ha già fatto per le due Società;

il fine sopranaturale e divino che esse unicamente si propongano;

il bene che, sebbene ancor modesto, esse hanno prodotto;

lo zelo e la pietà che le animano;

l'unione e la carità vicendevole che lega assieme i membri di queste Società;

la speciale condotta della Divina Provvidenza su un buon numero di essi;

la celeste dolcezza che riempie i loro cuori;

la purezza dei nostri intenti;

l'approvazione di un gran numero di ecclesiastici qualificati;

gli elogi da essi prodigati ai piani delle due società;

l'incoraggiamento che ci hanno dato per proseguire quest'opera ch'essi giudicano proveniente dal Signore:

il complesso di tutte queste considerazioni forma nei nostri spiriti come una segreta certezza che il Signore guardi favorevolmente a queste Società e che si degnerà di farle servire alla sua gloria.

Ne la grandezza dell'impresa ne la nostra limitata capacità per un'opera così grande, ne la mancanza di doti e di mezzi umani debbono scuotere questa speranza.

Sappiamo come per una mano onnipotente tutti gli strumenti siano uguali; che Dio per confondere la falsa saggezza degli uomini si compiace a scegliersi, per il compimento dei suoi disegni, ciò che v'è di più debole e che tutte le qualità ed i mezzi naturali non hanno alcuna proporzione con un fine completamente soprannaturale, qual è quello che ci proponiamo. i

c) Fedeltà alle grazie ricevute: disposizione per riceverne altre

Ma ciò che giustamente può spaventarci e farci temere che Dio non ascolti le nostre preghiere, che non ci conceda le grazie di cui avremmo bisogno per diventare strumenti degni delle sue misericordi,e ciò che ritira da noi le grazie ch'Egli già ci ha accordate, sarebbe la troppo limitata fedeltà a corrispondere alle grazie ricevute, la troppo limitata disposizione per riceverne delle altre.

Ciò che dunque ci conviene fare per dar efficacia alle nostre preghiere e per non mettere ostacoli ai disegni di misericordia che il Signore avrebbe su di noi, è di fare ora nuovi sforzi per piacergli, è di aprire interamente i nostri cuori a sentimenti conformi a quelli del nostro Divino Salvatore, secondo l'espressione dell'Apostolo citata all'inizio di questa lettera: « Hoc sentite in vobis quod et in Christo Jesu ».

II - Caratteristiche delle due società: conformità ai cuori di Gesù e di Maria

Con queste parole l'Apostolo ci insegna che non dobbiamo avere affatto sentimenti diversi da quelli di Gesù Cristo, che i desideri e gli affetti del suo Cuore Divino devono essere i nostri, che i nostri cuori devono essere formati sul modello del suo, dovendone essere l'immagine vivente.

L'Apostolo ci mostra la necessità di questa sublime dottrina quando ci dice che coloro che Dio ha eletti « li ha predestinati ad essere conformi all'immagine del suo Figlio ».

Ed infatti questa conformità non risiede né negli atti esterni né nella elevatezza dello spirito; essa risiede completamente nel cuore, cioè negli affetti e nel sentimenti del cuore, perché è dal cuore che procede la vita ed è sul cuore che Dio fissa il suo sguardo divino: « Deus intuetur cor » ( 1 Re 16,7 ).1

So bene che questo dovere è essenziale per ogni cristiano; ciascuno deve scolpire in sé qualche rassomiglianza del Cuore di Gesù.

Ma un tale dovere, comune a tutti, i soci dell'una o dell'altra Società devono in qualche modo appropriarselo e sforzarsi di compierlo con la maggior perfezione.

È un obbligo che ognuno impone a se stesso quando si impegna al servizio del Signore in queste Società; il nome stesso, di cui esse si onorano, ce lo indica a sufficienza ed abbiamo ragione di credere che il medesimo Salvatore, il quale in questi ultimi secoli ha voluto ancor più manifestare alla sua Chiesa le ricchezze del suo Divin Cuore e del Cuore della sua santissima Madre, ha ugualmente voluto che ci fossero in questi stessi tempi due Società religiose sotto l'invocazione di questi due Cuori ai fini di essere specialmente destinate ad onorarli, di richiamare con la loro presenza incessantemente il ricordo ai fedeli e di portare in sé ed in ciascuno dei propri membri, in proporzione, l'impronta dei sentimenti di cui quei due Cuori ci hanno più particolarmente dato l'esempio.

Conformità simile a quella di Maria, immagine più perfetta del cuore di Gesù

Non faccio qui distinzione alcuna tra la Società del Cuore di Gesù e quella del Cuore di Maria, perché questi due Cuori sono essenzialmente l'uno nell'altro; il Cuore di Gesù si trova tutto intiero in quello di Maria; il Cuore di Maria è più nel Cuore di Gesù che non sia in se stesso.

Il Cuore della Madre è l'immagine più perfetta del Cuore del suo Figlio e possiede per dono quanto questo possiede per se stesso; ne porta tutte le fattezze e vi si avvicina quanto il Cuore della più perfetta tra le creature può avvicinarsi al cuore dell'Uomo-Dio: assomigliare all'uno di questi Cuori è necessariamente assomigliare all'altro.

Ci sia dunque tra noi una santa emulazione; i membri della Società del Cuore di Gesù e tutte le Figlie del Cuore di Maria studino a gara la lezione che ci dà l'Apostolo.

Vi troveranno tutti ciò che deve caratterizzare i membri dell'una e dell'altra Società, ciò che può dar efficacia alle nostre preghiere, ciò che riesce a levare gli ostacoli che ci potrebbero impedire d'ottenere l'effetto degli auguri che formuliamo per le nostre Società, nella circostanza più interessante in cui possono trovarsi.

III - Sentimenti del cuore di Gesù

1. La carità

Il primo sentimento che ci sorprende nel Cuore di Gesù, è quello della carità.

Di sua natura, il cuore è simbolo dell'amore; il Cuore di Gesù è il simbolo vivente e vivificante della carità divina; è infatti tutto amore e per Dio e per gli uomini.

Cuore del Figlio che, unitamente con il Padre, è il principio unico dello Spirito Santo, amore consustanziale del Padre e del Figlio, Cuore che a sua volta, essendo l'opera per eccellenza di questo Divino Spirito, lo possiede in tutta la sua pienezza e lo comunica a tutti gli esseri capaci di così grande bene, nella misura in cui essi lo avvicinano e gli sono più strettamente uniti.

L'amore del Cuore di Gesù per Dio è l'amore che il Figlio di Dio ha per il Padre suo; l'amore del Cuore di Gesù per gli uomini è formato sul modello dell'amore che suo Padre ha per lui: « Sicut dilexit me Pater et ego dilexi vos »2: non ha avuto limiti diversi dall'immensa capacità del Cuore dell'Uomo-Dio.

a) Modello della nostra carità per Dio

Ecco il modello della divina Carità che noi, più particolarmente, dobbiamo tenere davanti agli occhi.

Per renderci ad esso conformi, amiamo Dio, amiamo Gesù con tutta la capacità del nostro essere; non viviamo che per Dio, non sospiriamo che per la sua gloria, non temiamo che di offenderlo, non lasciamoci occupare che dell'assillo di piacergli; i pensieri, le parole e tutte le nostre azioni si riferiscano tutte a lui; consacriamogli tutte le potenze dell'animo, tutti i sensi, tutte le membra del corpo; impieghiamo, od almeno desideriamo d'impiegare tutti i nostri momenti, le nostre forze a lodarlo, a benedirlo, ad amarlo, a farlo amare da tutti gli uomini e mettiamo ogni nostra gloria e tutta la nostra felicità a sacrificarci, ad immolarci intieramente per lui.

b) E della nostra carità per gli uomini, segno del vero amor di Dio

Ma è dalla carità fraterna, è dagli effetti da essa prodotti che noi riconosceremo soprattutto se il nostro amore per Dio è come deve essere.

È pure ciò a cui ci esorta l'apostolo e quanto vuole che noi innanzitutto imitiamo in Gesù Cristo.

Nulla di più commovente del modo con cui esorta a ciò i fedeli.

Mi servo delle sue parole e ve le rivolgo nel nome del Cuore adorabile di Gesù, a cui l'Apostolo aveva attinto la carità che gliele metteva sul labbro:

« Se voi trovate, dice, qualche consolazione in Gesù Cristo e nei beni innumerabili di cui vi ha colmato: « si qua consolatio in Christo »;

se la mutua carità che avete vicendevolmente può recarvi qualche sollievo nelle vostre pene: « si quod solatium charitatis »;

se lo Spirito Santo unisce assieme i vostri spiriti ed i vostri cuori: « si qua socictas spiritus »;

se il vostro interno è mosso da un sentimento di compassione allo spettacolo dei mali da cui è afflitta la Chiesa, se desiderate portarvi qualche rimedio per quanto sta da voi: « si qua viscera miserationis »;

mettete il colmo alla gioia che ci causa la santa premura che coltivate per la vostra perfezione con l'aver tutti uno stesso cuore, una stessa anima e gli stessi sentimenti: « implete gaudium meum ut idem sapiatis, eandem charitatem habentes, unanimes, idipsum sentientes » ( Fil 2,1-2 ).

c) Regola: comportarsi con molta umiltà verso tutti

Lo spirito di vana gloria e di contesa è ordinariamente ciò che turba l'accordo della carità.

L'Apostolo ci avverte di evitarlo con la maggior cura, di comportarci con tutti con molta umiltà, di cedere in tutto agli altri, di guardarli come se fossero superiori a noi e di avere per quanto li interessa un riguardo maggiore che non a ciò che interessa noi stessi: « Nihil per contentionem neque per inanem gloriam: sed in humilitate superiores sibi invicem arbitrantes: non quae sua sunt singuli considerantes, sed ea quae aliorum ». ( Fil 2,3-4 ).

Seguiamo questa regola della carità fraterna che è uscita interamente dal Cuore stesso di Gesù, e l'Apostolo, per mostrarcene l'obbligo, non ci adduce altro motivo che i sentimenti stessi di questo Divin Cuore: « Hoc enim sentite in vobis quod et in Christo Jesu ».

Ciò ch'egli aggiunge, per sviluppare in noi questi sentimenti, è veramente indicato per fare impressione su quanti si gloriano di appartenere più particolarmente al Cuore di Gesù e di prenderlo come modello.

2. Il profondo annientamento del Cuore di Gesù per glorificare il Padre

Essendo Dio per natura, Gesù Cristo possedeva in sé tutte le divine perfezioni; poteva, senza ingiustizia, dirsi uguale al Padre e mostrarsi al mondo nello splendore della propria potenza e maestà.

Non ha usato tali diritti; al contrario si è abbassato, si è annientato davanti al Padre.

Rivestito della natura dello schiavo, ne prende tutte le miserie, ad eccezione del peccato, e vuole apparire in tutto simile agli altri uomini.

Quanto più la sua Santa Umanità per l'unione ipostatica con la Divinità è esaltata al di sopra di tutti gli esseri creati, tanto più essa si sforza di glorificarla con i suoi profondi annientamenti.

Da qui la scelta che egli fa di quanto può maggiormente servire a velare le proprie grandezze; da qui il suo passaggio progressivo attraverso tutte le età della vita umana; da qui le debolezze dell'infanzia, la dipendenza in cui se è posto da quanti hanno cura della sua esistenza, i dolori che prova, le lacrime che versa, i gemiti che fa intendere, le suppliche che rivolge al Padre, i ringraziamenti continui che gli porge per tutti i suoi benefici e la cura che Egli ha di riferire tutto alla sua gloria.

In lui non appare che l'uomo; non si chiama che il Figliuol dell'uomo, ed occupato com'è nella cura di piacere al Padre e di farlo glorificare, gli lascia intieramente la cura di farlo conoscere come suo Figlio.

Quale lezione per noi! Con qual cura noi la dobbiamo studiare nel Cuore adorabile di Gesù!

Questo divin Cuore, il capolavoro delle mani dell'Onnipotente, l'amalgama ineffabile di tutte le perfezioni create, in cui sono rinchiusi tutti i tesori della scienza e della sapienza divina; questo Cuore così grande santo e bello, l'oggetto degno di tutte le compiacenze del Padre, davanti a cui scompare ogni grandezza e santità creata; questo Cuore da cui, come da sorgente, scaturiscono su noi tutte le grazie e tutti i benefici, a cui sono dovuti tutti gli omaggi degli Angeli e degli uomini; il Cuore di Gesù, in vista della natura umana, che lo rende simile a noi, si confonde con gli altri uomini; si direbbe che dimentichi ciò che egli è e ciò che siamo noi, tutto ciò che ha di divino e quanto è elevato al di sopra di noi.

Ci associa a sé e ci tratta come fratelli ed uguali, compie anche a nostro riguardo, l'ufficio di servo.

E noi, cosa facciamo? Che dobbiamo fare?

Noi che siamo nulla e polvere; che abbiamo in retaggio solo accecamento e corruzione, che siamo coperti di peccati, che tendiamo continuamente al peccato, che per i nostri peccati abbiamo meritato eterne pene e l'indignazione di Dio, che siamo indegni dei suoi minimi favori e che non sussistiamo se non per effetto della sua grande misericordia.

Quali sono i nostri sentimenti alla vista di Gesù annientato?

Oseremo preferirci a tutti ed elevarci al di sopra di ognuno?

Oseremo pascere la nostra vanità con i pochi talenti, con le poche virtù che crediamo di avere; dar risalto a leggere mancanze del prossimo; appropriarci i doni di Dio; lamentarci dei disgusti, delle aridità, delle privazioni, delle perdite, delle avversità che Dio ci manda, nella sua misericordia, per provarci?

Non dobbiamo invece ritenere l'ultimo posto come il solo che ci convenga; puntare spesso i nostri sguardi sugli innumerevoli difetti, a cui andiamo soggetti, di abuso di tante grazie, delle infedeltà, della nostra viltà, di quella moltitudine di mancanze nelle quali cadiamo giornalmente; pensare al conto rigoroso, che dovremo rendere un giorno, di tanti doni di cui abbiamo fatto un' così cattivo uso; considerarci come degni di ogni castigo e riflettere spesso sulla poca conformità che intercorre tra i nostri cuori e quello di Gesù, tra i nostri ed i suoi sentimenti?

3. Amore insaziabile del cuore di Gesù per le umiliazioni e le sofferenze

Ecco il tempo di lavorare, con un ardore maggiore del solito, a riformare ogni difetto che potremmo riscontrare in noi; ad adempiere tutti i doveri che ci impone la cura della nostra perfezione ed a far sparire, per quanto sta da noi, quella mancanza di conformità che noi abbiamo con il nostro Divino Modello.

Fissiamo sempre più su di Lui i nostri sguardi; scopriremo ancora nel Cuore di Gesù un sentimento che lo dominava intieramente e che noi, con il soccorso della sua grazia onnipotente, dobbiamo sforzarci di imprimere nei nostri.

Parlo del suo insaziabile amore per le umiliazioni e le sofferenze.

Il Salvatore del mondo non si è accontentato di annientarsi davanti al Padre, di velare davanti al mondo la sua grandezza, di apparire tra noi come uno di noi.

Il sentimento ch'Egli aveva dell'Essere Divino, l'eccellenza infinita comunicata alla sua Umanità dall'unione personale che questa aveva con Lui; e l'impressione che un così grande favore produceva in Lui; il bisogno che aveva di esprimerne la riconoscenza al Padre, davano al suo Cuore Divino una tale tendenza per tutto quanto può servire a glorificarlo ed a riparare gli oltraggi fatti a Sua Divina Maestà, da non poter essere saziata che da umiliazione e da sofferenze incessantemente rinnovate e portate al colmo.

4. L'obbedienza guida il cuore di Gesù in tutto

Questo carattere del suo Cuore si fa sorprendere in tutti i suoi misteri, e soprattutto in quello della sua morte e della sua passione: « Humiliavit semetipsum, factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis » ( Fil 2,8 ).3

E notiamolo bene, secondo quanto ci dice l'Apostolo, l'obbedienza lo guida in tutto.

Se muore, se subisce quanto di più umiliante e di più crudele hanno la morte ed i tormenti, lo fa per obbedire all'ordine ricevuto dal Padre e per darci con ciò l'esempio più perfetto dell'obbedienza: « Sicut mandatum dedit midi Pater, sic facio ». ( Gv 14,3 ).4

E come se fosse stato poco per Lui obbedire al Padre e conoscere da Lui immediatamente la sua volontà, vuole obbedire agli uomini e vuole che la volontà del Padre gli sia intimata da essi.

Tutta la sua vita è un atto continuo di obbedienza.

Nasce obbedendo alla legge di un principe pagano; dalla nascita alla morte obbedisce in tutti i suoi punti alla legge di Mosè; durante trent'anni di vita, obbedisce a Maria ed a Giuseppe, nella vita pubblica obbedisce ai discepoli: « In medio vestrum sum, sicut qui ministrat » ( Lc 22,27 ), alla cattiveria dei suoi nemici ed a quelli che riscuotano le imposte.

Alla fine della sua carriera mortale obbedisce al furore dei soldati che si impadroniscono di Lui, ai carnefici che gli impongono di stendersi sulla croce; ed è così che si verificano le parole dell'Apostolo: « Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis » ( Fil 2,8 ).5

IV - I lineamenti dei cuori di Gesù e di Maria devono distinguere anche i nostri

L'amore della croce e di quanto la accompagna

Questi lineamenti che caratterizzano il Cuore di Gesù, come pure hanno caratterizzato il Cuore di Maria, devono pure caratterizzare i nostri.

Le Società che portano i loro nomi, tutti i membri che compongono tali Società, devono inalberare lo stendardo del loro Capo, piantare la sua Croce nei loro cuori, stimarla, amarla, abbracciarla strettamente, e sceglierla, per preferenza, come l'ha scelta Lui stesso.

Il Cuore di Gesù è quello della Sapienza incarnata; la sapienza ne regolava ogni sentimento, ogni gusto; non ha potuto scegliere che quanto v'è di più santo, di più eccellente, di più conforme al beneplacito del Padre, e di più alto a glorificarlo.

Potremmo noi, dopo ciò, ricercare i beni, gli orrori, le comodità della vita?

Potremmo preferirli ai dolori ed all'ignominia della croce, senza agire contro le regole della vera sapienza, senza scostarci dal cammino per cui vuole condurci il Signore, senza attirarci l'indignazione del Padre, senza separarci da Gesù Cristo, senza condannare la Sapienza stessa d'accecamento e di follia?

Il mondo, lo so, non teme di pronunciare altamente questa condanna; fa consistere la sua sapienza nel fuggire quando combatte le inclinazioni della natura, e nel procurarci ciò che lusinga i sensi; la propria felicita nel godimento dei piaceri; la propria gloria nella stima degli uomini; la propria forza e la propria speranza nelle ricchezze fugaci della terra; il mondo proclama felici quelli che Gesù Cristo colpisce con i suoi anatemi e compiange come infelici, disprezza come insensati quelli che il Vangelo dichiara beati.

E questo mondo, i cui sentimenti sono in così forte contrasto con quelli di Gesù Cristo, non è soltanto quello che ora si mostra con tanta audacia, l'antagonista di Gesù Cristo, e che schiaccia sotto i piedi il suo Vangelo, che preferisce alla sua religione il culto degli idoli o quello di un dio chimerico che si fabbrica con la fantasia; è il mondo di tutti i tempi; è quello che noi vediamo proclamare il suo attaccamento alla nostra santa Religione, proclamare di frequentare gli stessi altari, di riconoscere la Chiesa Cattolica, di adorare Gesù Cristo, ma che nello stesso tempo rifiuta di camminare sulle sue tracce e proscrive coi propri costumi una dottrina che fa oggetto della sua fede.

Oh! se conoscesse in quale precipizio non può mancare di trascinarlo questa così grande opposizione ai sentimenti di Gesù Cristo!

Tocca a noi deplorare il suo accecamento e la sua disgrazia.

Non trascuriamo nulla per rimediarvi e per distoglierli dal capo i mali di cui è minacciato.

Sforziamoci almeno di preservare dal contagio dei suoi esempi coloro che non ne sono ancora intaccati.

Per far rifiorire i bei giorni della Chiesa nascente

Noi ci siamo proposti, riunendoci in due Corpi, sotto gli auspici e sotto i nomi dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, di far rifiorire tra noi e tra tutti quelli che resteranno fedeli, i bei giorni della Chiesa nascente; ciò non può avvenire che abolendo, per quanto sta da noi, le massime perniciose del mondo e stampando profondamente nei nostri cuori ed in quelli dei figli della Santa Chiesa i sentimenti di questi Cuori che abbiamo preso come modelli.

È dunque assai necessario attingere, in questi Sacri Cuori, il loro ardente amore per la Croce e per quanto l'accompagna e forma in qualche modo il suo corteggio: per il disprezzo, per gli affronti, per la povertà, per le privazioni di ogni specie, per la dimenticanza delle creature, per una vita dura e sofferente, per l'avversità, per le persecuzioni e per gli abbandoni più penosi per la natura.

Accettiamo tutte queste cose dalla mano del nostro Padre celeste, come il nostro Divino Maestro accettò il calice che gli presentava; scegliamole a suo esempio, nel desiderio di assomigliargli ognor più, di contribuire alla salvezza dei nostri fratelli e di arrestare, se è possibile, la rovina di tante anime che corrono cecamente a precipitarsi sull'abisso, perché si allontanano sempre più da Colui che solo può salvarli e perché si rifiutano ostinatamente di entrare nei sentimenti del suo Cuore.

Ritrarre l'obbedienza del Cuore di Gesù: farne la molla di tutte le nostre azioni

Applichiamoci soprattutto a ritrarre in noi la sua obbedienza; questa virtù sia la molla di ogni nostra azione.

Noi sappiamo, in generale, che Dio vuole che diventiamo santi, che la povertà, le umiliazioni, le croci sono i mezzi migliori per diventarlo, e che bisogna sceglierli di preferenza; ma il Signore non ci fa conoscere immediatamente da sé ciò che noi abbiamo da fare ad ogni istante, per qual via vuole che camminiamo e di quali mezzi, di qual croce vuole servirsi per farci arrivare al grado di santità che ci ha destinato.

Gli uomini sono, sovente senza percepirlo, a volte contro la loro intenzione, gli organi per mezzo dei quali Egli ci manifesta le sue particolari volontà.

Egli fa ciò principalmente per mezzo della obbedienza religiosa, a cui chiama le anime che ha scelto nella sua grande misericordia perché procedano più vicine, al seguito del suo Figlio, sulla via dei consigli evangelici.

Noi siamo, cari confratelli e care sorelle, nel numero di queste anime scelte.

Il Signore si è degnato chiamarci a sé, sotto il giogo dell'obbedienza religiosa, in un tempo in cui il mondo leva dappertutto apertamente il vessillo dell'insubordinazione e della licenza.

Mentre lo spirito maligno, nemico del nome cristiano, mette tutto in opera per distruggere lo stato religioso; mentre un grande numero di quelli che lo avevano abbracciato, sedotti dalle sue arti, rientrano, per loro disgrazia, nella falsa libertà dei figli del secolo, il Cuore di Gesù sembra voglia sostituire noi al loro posto.

Queste nostre Società sono come un prodotto di questo Cuore adorabile, nelle quali Egli vuole rivivere e mostrare ancora alla terra le sue principali virtù, e particolarmente la sua obbedienza.

Non frustriamo per colpa nostra questi amorosi disegni.

La nostra obbedienza abbia, quanto è possibile, i caratteri della sua.

Sia pronta, forte, generosa, sublime e perseverante.

Non consideri affatto, nel Superiore, le buone o le cattive volontà che possa avere; ma solamente Gesù Cristo, di cui tiene il posto.

Questa sola considerazione dissiperà tutto ciò che potrà indebolire, degradare, rallentare la nostra obbedienza; soffocherà qualsiasi pretesto di amor proprio; ci riempirà di forza; accecherà santamente i nostri spiriti; accenderà e conserverà nei nostri cuori un fuoco divino che ci solleverà al di sopra di noi stessi e non ci lascerà più intravvedere altro che la volontà divina.

Saremo convinti allora che l'obbedienza non inganna, che ciascuna delle altre virtù ha un proprio merito, ma che l'obbedienza, oltre il proprio merito, il merito di tutte le altre virtù; che un'azione, anche indifferente in sé, compiuta per il motivo dell'obbedienza, acquista con ciò un tale grado di perfezione, che il Signore stesso, se fosse al nostro posto, non farebbe affatto altro, perché questa azione sarebbe segnata con il sigillo della divina volontà.

Animato da questo spirito, vero figlio dell'obbedienza, ciascuno dei membri di queste Società non sceglierà nulla da sé, non rifiuterà nulla, non escluderà niente di quanto gli potrebbe venir comandato; sarà pronto a tutto, dovesse anche salire alla sequela di Gesù sul Calvario, stendersi con Lui sulla croce, lasciarsi inchiodare e rimanervi fino alla morte, esposto ad ogni sorta di affronti e di disprezzi; in modo che si possa dire di lui, sull'esempio del suo Salvatore, che è stato obbediente fino alla morte e fino alla morte di croce.

È sulle croci, nelle cose più penose che l'obbedienza maggiormente appare e mai essa ci deve essere più cara di quando impone sacrifici, e distoglie i nostri spiriti e i nostri cuori da quanto potrebbe denotare qualche preferenza e qualche riguardo in confronto degli altri.

La mancanza di questa obbedienza non è compatibile con lo spirito di Gesù Cristo.

Trascina con sé ogni sorta di difetti; le va ascritta la rovina della disciplina regolare negli Ordini più fervorosi.

Per prevenirla e tagliare alla radice ogni ambizione che potrebbe insinuarsi tra noi, nella Società del Sacro Cuore di Gesù ogni elezione dei superiori è stata affidata al superiore maggiore; e nella Società del Cuore di Maria, quella delle superiore è stata lasciata al Provinciale più vicino della Società del Cuore di Gesù;6 e, riguardo agli altri incarichi, essi sono assegnati dal superiore o dalla superiora del luogo, secondo quanto è fissato.

La legge dell'obbedienza esige dunque tra noi che ci si abbandoni interamente a disposizione dei Superiori; che non si faccia alcun passo, alcuna sollecitazione per procurarsi una qualsiasi carica onorevole e ci si tenga, a questo riguardo, in una indifferenza perfetta.

Conformarci all'umiltà del cuore di Gesù, desiderare sinceramente l'ultimo posto

L'umiltà richiede qualche cosa di più.

Vuole che noi allontaniamo dal nostro spirito ogni desiderio, ogni pensiero di quanto potrebbe guadagnarci qualche lustro; e, convinti che siamo nulla e come peccatori non meritiamo se non l'obbrobrio ed il castigo, vuole che abbiamo a desiderare sinceramente di stare sotto a tutti, che mettiamo ogni soddisfazione a vederci messi all'ultimo posto e che ci reputiamo troppo onorati perché la Società vuole sopportarci sul suo seno.

Se tra noi si trovasse qualcuno il quale, per la sua età, capacità e servizi o per qualsiasi altro motivo, credesse poter prendere qualche carica; il quale considerasse la preferenza data ad un altro come un'ingiustizia fatta a lui e ciò che nel mondo si chiama « una condizione di privilegio » ; il quale, infine, per lo scontento che lascerebbe trapelare, ostacolasse i Superiori nella loro decisione; tale persona - lo dirò con arditezza, tanto più che mi persuado che nessuno di noi è intaccato da questo vizio, - tale persona non avrebbe ancora conosciuto quale è lo spirito delle due Società nascenti; non avrebbe i sentimenti di Gesù e nessuna conformità con il suo Cuore.

Quanto più si avanza nelle Società, e quando più vi si e uniti con stretti legami, tanto più anche questa conformità dev'essere più grande; tanto più si deve coltivare distacco o orrore per i sentimenti e per la condotta del mondo; tanto più si deve abbracciare e ricercare con cura ciò che in noi mortifica i desideri della carne e le inclinazioni della natura.

Nelle assemblee dell'una o dell'altra Società nessuna precedenza all'infuori di quella richiesta dalla carica dal Superiorato; nessuna distinzione, se non quella che deve essere tra coloro che sono insigniti del Sacerdozio e quelli che non lo sono; tra quelli o quelle che sono legati alla congregazione con voti e quanti non ne hanno ancora fatti; tra coloro che hanno fatto voti perpetui e quelli che non ne hanno emessi che temporanei.

Fuori di questi raduni, a meno che non ci si incontri vicendevolmente in particolare, per rapporti religiosi, i membri dell'una e dell'altra Società si trattino tra loro secondo la condizione in cui Dio li ha posti nell'ordine della vita civile.

È una conseguenza della natura di queste Società che, per essere più utili al mondo, debbano per un po' di tempo rimanere nascoste al mondo ed esigono perciò che ciascuno dei loro membri si tenga nella condizione in cui si trova, se non intervengono particolari ragioni.

Così pure la prudenza domanda che si usi in ogni momento molta circospezione nelle conversazioni e più ancora negli scritti e nelle lettere e che non si accettino per sé né si diano affatto agli altri qualifiche diverse da quelle che ciascuno di essi suole prendere nel rapporti della vita civile.

Praticare la vita interiore e tutte le virtù

Il nome che portano l'una e l'altra Società indicano questa circospezione; ma più ancora quella vita interiore e nascosta che dobbiamo coltivare con la maggior cura.

Non trascuriamo alcuna virtù, perché tutte servono alla nostra perfezione e perché quelle che sono esteriori, sono necessarie per edificare il prossimo.

Non lasciamo trasparire nulla nel nostro esterno che non respiri la più perfetta modestia, nel nostro comportamento, nella modestia del volto, negli sguardi, nei gesti, nel nostro incedere e in tutti i nostri movimenti.

Siamo riservatissimi nelle parole e nel modo di conversare con gli altri.

Castighiamo il nostro corpo e riduciamolo in servitù con la pratica della penitenza e le opere di mortificazione, secondo le norme di una santa discrezione e sotto la guida dell'obbedienza.

Conduciamo una vita frugale, conforme alla povertà che professiamo; in tutto appaia questa povertà; la si osservi nei posti a cui parecchi convengono; ciò non proibisce che si possa, in occasioni non comuni, concedere qualche cosa ad una santa gioia, mantenendosi però sempre nei limiti di una mediocrità religiosa.

Applichiamoci a diverse pratiche di devozione atte a rianimare la pietà.

Tutte queste cose sono buone; e così molte altre che omettiamo; ve le raccomandiamo; tutti quelli che vogliono tendere alla perfezione ne fanno uso; ma non è in esse che consiste la nostra santità; si potrebbe fare tutto questo e trovarsi tuttavia molto lontani dalla vera santità.

« È dall'intimo che viene tutta la bellezza della figlia del re » ( Sal 45 ).

Le azioni esterne, per quanto eccellenti siano, non hanno che una vana apparenza, se le virtù inferiori non le animino e non prestino il merito e la vita.

Attirino dunque queste virtù la nostra principale attenzione; lavoriamo incessantemente ad acquistarle, in un grado che possa imprimere sui nostri cuori la somiglianza del loro re di Gesù : l'umiltà più profonda, un'inalterabile dolcezza, un raccoglimento continuo, la più grande abnegazione, una pazienza a prova di qualsiasi sacrificio, un'obbedienza senza riserve, una conformità perfetta alla divina Volontà, l'amore fraterno più puro ed ardente.

Far dominare nei nostri cuori la legge della carità secondo l'esempio di Gesù

Ho cominciato con questo ultimo sentimento; e con questo finisco.

È il principio di tutto ciò che il Signore ha fatto per noi.

È stato il sentimento dominante; del suo Cuore; domini ugualmente nei nostri, vi eserciti un sovrano impero, ci faccia costantemente sopportare con carità i difetti altrui.

Per quanta attenzione prendiamo, rimaniamo sempre un peso per gli altri; sovente, senza volerlo, li facciamo soffrire, assai più di quanto possiamo immaginare; evitiamo almeno di farlo con avvertenza; computiamo come un nulla la pena che ci procurano gli altri; consideriamola come un guadagno, come un nuovo motivo di esercitare verso di essi la carità; calcoliamo come rilevante la minima pena, il minimo cruccio che potremmo causare loro.

« È così, dice l'Apostolo, che noi adempiremo la legge di Gesù Cristo », la legge della carità, che Egli chiama il suo comando per eccellenza.

Questa legge della carità non deve fare che un cuore ed un'anima di tutti quanti in una stessa Società sono uniti nei sacri Cuori di Gesù e di Maria.

Ma il fuoco che essa accende in noi deve essere universale; deve estendersi a tutti gli uomini e partecipare alle qualità di quel fuoco che bruciava nei Cuori di Gesù e di Maria.

Deve essere attivo, ardente e « forte come la morte »: non c'è nulla di così duro, nulla di così difficile che noi non dobbiamo essere pronti a fare e a soffrire per la salvezza di un'anima.

V - Motivi di tendere a questa conformità

1. Motivo generale e sublime: partecipare alla gloria del Cristo

Se mi fosse concesso di leggere nei vostri cuori, vi vedrei senza dubbio questi sentimenti; ma ho creduto, all'occorrenza, che fosse mio dovere richiamarveli ed eccitarne sempre più l'ardore.

Potrei ancora, tenendomi alle parole dell'Apostolo, descrivervi l'esaltazione della Umanità santa, la gloria ineffabile del suo nome, davanti alla quale « deve piegarsi ogni ginocchio, in Cielo e sulla terra e negli inferi »; infine tutti i popoli dell'universo sottomessi alla supremazia della Religione, come una ricompensa dei sentimenti del Cuore del nostro adorabile Salvatore; potrei ricordarvi che se voi prenderete parte ai sentimenti di questo Cuore divino quaggiù, un giorno, associati a lui, siederete di conseguenza con lui sul suo trono, partecipetere alla sua gloria ed alla sua felicità.

Non perdete affatto di vista questo sublime motivo che è generale.

Mi accontenterò di offrirverne uno che è particolare e adatto alla circostanza in cui ci troviamo.

2. Motivo particolare: ottenere la grazia dell'approvazione. Grandezza di questa grazia

È la grandezza stessa della grazia che noi stiamo sollecitando.

Forse noi stessi non la sentiamo in tutta la sua interezza, sia che consideriamo questa grazia in relazione alle stesse Società, sia in relazione al mondo in generale.

a) In relazione alle due società

In relazione alle Società, domandando che la Chiesa approvi la loro fondazione, domandiamo nello stesso tempo al Signore che questa fondazione sia tale che possa contribuire efficacemente alla sua gloria, riparare le perdite subite dalla Chiesa, renderle almeno una parte del suo splendore e mettere degli argini ai trionfi dell'empietà.

Domandiamo perciò che Egli effonda su queste società la sua benedizione, con una profusione degna di Lui; che questa benedizione le fecondi e le moltiplichi in tutto il mondo, per la gloria del suo Nome; che riunisca su di esse le diverse benedizioni accordate ai diversi Corpi religiosi a cui esse verrebbero in sostituzione; che riempia noi stessi del suo spirito, affinché diventiamo degni strumenti delle sue misericordie; in una parola, che il suo Cuore e quello della sua Santa Madre rivivano in qualche maniera in queste nostre Società e che Essi vi traccino qualche immagine delle loro virtù.

b) In relazione al mondo

In relazione al mondo in generale, il bene, che noi domandiamo, si estende a tutti i tempi, a tutti i luoghi, abbraccia tutti gli uomini, tende a diffondere dappertutto la luce della verità, ad infiammare tutto con il divino fuoco della carità; se ne risultasse tutto l'effetto che può conseguire e che noi desideriamo, rinnoverebbe la faccia della terra, imprimerebbe di nuovo negli uomini l'immagine quasi cancellata della Divinità, farebbe un altro Gesù Cristo di ogni cristiano, secondo la misura della grazia individuale.

Immergiamoci in queste aspirazioni.

Che potente pungolo per risvegliare il nostro fervore ed animarci a compiere nuovi sforzi per entrare nelle disposizioni di quella conformità con il suo adorabile Cuore che il Signore si aspetta da noi e che le parole del suo Apostolo ci insinuano: « Hoc sentite in vobis ecc. ».

VI - Congiungere ai nostri sforzi preghiera e confidenza

Ma convinti della nostra impotenza, ai nostri sforzi uniamo vive e continue preghiere e mettiamo tutta la la nostra confidenza nei meriti infiniti di Gesù Cristo Signore Nostro e nella mediazione onnipotente di Colei che Egli ci ha dato per Madre e Protettrice.

Per tutto il tempo che dureranno le nostre richieste presso i nostri Pastori, in tutte le nostre preghiere non perdiamone affatto di vista l'oggetto; sia questo il grido continuo dei nostri cuori ed il gemito che lo Spirito Santo formula abitualmente nelle anime ben disposte, sottomettendo in tutto i nostri desideri alla sovrana volontà, di cui dobbiamo considerare, dinanzi ad ogni cosa, la maggior gloria.

Ciascuno reciterà privatamente con un nuovo fervore ogni giorno le piccole preghiere dell'una e dell'altra Società per ottenere che queste vengano stabilite ed approvate dalla Santa Chiesa e dal Sommo Pontefice: « Cor Jesu divinissimum … Parvule Jesu, cuius … ».

In ogni località si consacreranno più particolarmente quindici giorni, non di seguito, ma presi per determinazione del Superiore, ad un pio esercizio in onore di Nostro Signore e della sua Santissima Madre.

Esso consiste nell'assimilarsi in maniera particolare i quindici misteri del rosario.

Ogni giorno designato sarà specialmente consacrato ad onorare uno di tali misteri, dirigendo i nostri affetti soprattutto ai Cuori di Gesù e di Maria.

A questo scopo si farà nel giorno designato un raduno, se la cosa è possibile; si terrà un discorso sul mistero, in cui si insisterà principalmente sul frutto che si deve ricavarne per la riforma di qualche difetto o l'acquisto di qualche virtù.

Questo discorso sarà seguito dalla recita del rosario e delle piccole preghiere della Società.

L'adunanza sarà terminata con la Benedizione Eucaristica, se ci sarà il permesso e la possibilità.

Si eleveranno pure in comune allora ferventi preghiere per i Reverendissimi Prelati a cui verrà presentato il Memoriale; come pure per i Vicari Generali dei luoghi in cui sono state ammesse le Società ed in particolare per quelli della diocesi.

Ci si ricordi anche di pregare particolarissimamente per i nostri cari Confratelli che si sono generosamente assunto l'incarico della nostra deputazione e non hanno esitato ad esporsi a molti pericoli per l'opera di Dio ed il bene delle due Società.

« Tradiderunt animas suas prò nomine Domini nostri Jesu Christi ». ( At 15,26 )7

Raccomando infine me stesso, come il più bisognoso di tutti, alle preghiere dei nostri cari Confratelli e delle nostre care Sorelle, con cui protesto di non voler essere che un cuore ed un'anima nei Sacri Cuori di Gesù e di Maria.

« Gratin Domini nostri Jesu Christi cum omnibus vobis » ( Rm 16,20 ) Amen.8

Parigi, 14 febbraio 1799

Indice

1 Dio vede nel profondo del cuore
2 « Come il Padre ha amato me, anch'io ho amato voi » ( Gv 15,9 ).
3 Si è umiliato e fatto obbediente fino alla morte ed alla morte in croce.
4 Come il Padre m'ha comandato, così faccio,
5 Fatto obbediente fino alla morte e fino alla morte in croce.
6 Questo sistema di governo è stato scartato; le due Società sono assolutamente autonome, ( N.d.T. )
7 Hanno esposta: la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo
8 La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi tutti. Amen.