Compendio di Teologia Ascetica e Mistica

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Capitolo I.

La preghiera degl'incipienti.

643. Abbiamo già esposto ( n. 499-521) la natura e l'efficacia della preghiera.

Richiamate coteste nozioni agli incipienti, converrà:

1° inculcare loro la necessità e le condizioni della preghiera;

2° formarli a poco a poco agli esercizi spirituali che fanno per loro;

3° insegnar loro a meditare.

Art. I. – Della preghiera in generale

Necessità.

Condizioni.

Art. II. – Dei principali esercizi spirituali.

Nozioni generali.

Vantaggi e necessità.

Art. III. – Della meditazione.

Dalla meditazione degl'incipienti.

Metodi principali.

ART. I. Necessità e condizioni della preghiera

Necessità della preghiera.

644. Quanto dicemmo del doppio fine della preghiera, adorazione e domanda ( n. 503‑509 ), ce ne mostra molto bene la necessità.

É infatti evidente che come creature e come cristiani siamo obbligati a glorificar Dio con l'adorazione, la riconoscenza e l'amore; e che, come peccatori, dobbiamo offrirgli i nostri doveri di riparazione ( n. 506 ).

Qui però si tratta principalmente della preghiera come domanda, e della sua necessità assoluta come mezzo di salute e di perfezione.

645. La necessità della preghiera è fondata sulla necessità della grazia attuale.

È di fede che, senza questa grazia, siamo nell'impotenza assoluta di salvarci, tanto più poi di giungere alla perfezione, n. 126.

Da per noi, per quanto buon uso facciamo della libertà, non possiamo né positivamente disporci alla conversione, né perseverare nel bene per un tempo notevole, specialmente poi perseverare sino alla morte: "Senza di me, dice Gesù ai suoi discepoli, voi non potete far nulla; non potete avere neppure un buon pensiero.

Aggiunge S. Paolo, perché è Dio che opera in noi il volere e il fare: "[Sine me nihil potestis facere… non quod sufficientes simus cogitare aliquid a nobis quasi ex nobis… operatur in vobis et velle et perficere] Senza di me non potete far nulla … non che noi siamo sufficienti di noi stessi a pensare a nulla di noi stessi come di noi stessi … è al lavoro in voi il volere e di fare".

Ora, lasciando la prima grazia che ci è largita gratuitamente senza preghiera come quella che è il principio stesso della preghiera, è inconcussa verità che la preghiera è il mezzo normale, efficace e universale per cui Dio vuole che otteniamo tutte le grazie attuali.

Ecco perché Nostro Signore inculca sì spesso la necessità della preghiera per ottenere la grazia: "Chiedete, egli dice, e otterrete, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto; perché chi chiede riceve, chi cerca trova, e si apre a chi bussa".

È come se dicesse, aggiungono quasi tutti i commentatori: se non chiedete non riceverete nulla, se non cercate non troverete nulla.

Questa necessità della preghiera Gesù la richiama sopratutto quando si tratta di resistere alla tentazione.

Vigilate e pregate, affinché non entriate nella tentazione; lo spirito è pronto ma la carne è debole: "[vigilate et orate ut non intretis in tentationem: spiritus quidem promptus est, caro autem infirma] Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione: lo spirito è pronto, ma la carne è debole".

S. Tommaso ne conchiude che ogni fiducia non fondata sulla preghiera è presuntuosa, perché Dio, il quale non è per giustizia obbligato a darci la sua grazia, non ha promesso di darcela se non dipendentemente dalla preghiera.

Egli conosce certamente i nostri bisogni spirituali senza che noi glieli esponiamo; ma pure vuole che le nostre preghiere siano la molla che muove la sua misericordia, affinché lo riconosciamo come autore dei beni che ci concede.

646. Così l'intese la Tradizione.

Il concilio di Trento, facendo sua la dottrina di S. Agostino, dice che Dio nulla comanda d'impossibile, perché comanda di fare ciò che possiamo e di chiedere ciò che non possiamo e con la grazia sua ci aiuta a chiederlo; suppone quindi chiaramente che vi sono cose impossibili senza la preghiera; ed è appunto la conclusione che ne trae il Catechismo romano: "la preghiera ci fu data come strumento necessario per ottenere ciò che desideriamo; vi sono infatti cose che possiamo ottenere solo col suo aiuto".

647. Avviso al direttore.

È cosa assai importante insistere su questa verità per gl'incipienti; perché molti, imbevuti senza pur saperlo di pelagianismo o di semipelagianismo, s'immaginano di potere con la volontà e con l'energia arrivare a tutto.

È vero che l'esperienza viene presto a convincerli che le migliori risoluzioni restano spesso inadempiute nonostante i loro sforzi; ma il direttore se ne gioverà per ripetere, senza mai stancarsi, che solo con la grazia e con la preghiera possono riuscire ad osservarle; e questa dimostrazione sperimentale tornerà di singolar conferma alle loro convinzioni sulla necessità della preghiera; esporrà pure le condizioni della sua efficacia.

II. Condizioni essenziali della preghiera.

648. Avendo già provata la necessità della grazia attuale per tutti gli atti necessari alla salute, n. 126, ne possiamo conchiudere che questa grazia è pur necessaria a pregar bene. S. Paolo lo dichiara nettamente: "Lo Spirito porge la mano alla fiacchezza nostra; perché quello che s'ha da chiedere, come conviene, non sappiamo; ma lo Spirito stesso l'implora per noi con gemiti inenarrabili: [quid oremus sicut oportet, nescimus, sed ipse Spiritus postulat pro nobis gemitibus inenarrabilibus] quello che dobbiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con sospiri ineffabili".

Aggiungiamo che questa grazia è offerta a tutti, anche ai peccatori, e che quindi tutti possono pregare.

Benché lo stato di grazia non sia necessario per pregare, pure aumenta singolarmente il valore delle nostre preghiere, perché fa di noi gli amici di Dio e le membra viventi di Gesù Cristo.

Esamineremo le condizioni richieste dalla preghiera:

1° da parte dell'oggetto:

2° da parte di chi prega.

I. Da parte dell'oggetto.

649. La condizione più importante, da parte dell'oggetto è di chiedere soltanto i beni che ci conducono alla vita eterna, prima di tutto le grazie Soprannaturali, e secondariamente, in quanto saranno utili alla eterna nostra salute, i beni d'ordine temporale.

Tale è la regola fissata da Nostro Signore stesso: "Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date di giunta. Quaerite primum regnum Dei et justitiam, ejus, et haec omnia adjicientur vobis] Cercate prima il regno di Dio, e la rettitudine della propria, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte".

Come infatti abbiamo detto, n. 307‑308, la felicità, come la perfezione dell'uomo, consiste nel possesso di Dio e quindi nelle grazie necessarie a questo fine.

Onde non dobbiamo chiedere nulla che non sia in relazione con questo fine.

1° I beni temporali, in se stessi sono troppo al disotto di noi, troppo incapaci di soddisfare le aspirazioni del nostro cuore e di renderci felici, onde non possono essere l'oggetto principale delle nostre preghiere.

Ma, avendo noi fino a un certo punto bisogno di questi beni per vivere e assicurare la nostra salute, ci è lecito chiedere il pane quotidiano, tanto quello del corpo come quello dell'anima, subordinando però il primo al secondo.

Può darsi infatti che un bene particolare che ci pare desiderabile, poniamo la ricchezza, ci diventi poi pericoloso per l'eterna salute; onde non si può chiederlo che subordinatamente ai beni eterni.

650. 2° Anche quando si tratta di questa o quella grazia particolare, non conviene chiederla che conforme alla divina volontà.

Nella infinita sua sapienza Dio sa meglio di noi ciò che a ogni anima, secondo la sua condizione e il suo grado di perfezione, si conviene.

Come belle osserva S. Francesco di Sales, noi dobbiamo voler la nostra salute come la vuol Dio, quindi risolutamente volere e abbracciare le grazie che ci distribuisce, perché è necessario che la nostra volontà sia conforme alla sua; ma quando si tratta di grazie particolari, come sarebbe questa o quella forma di orazione, di consolazione, di aridità ecc., non bisogna chiedere nulla in modo assoluto ma subordinare tutto alla volontà di Dio.

Dio distribuisce le grazie di consolazione o di aridità, di riposo o di lotta, secondo i disegni della infinita sua sapienza e i bisogni dell'anima nostra.

Non ci resta quindi che rimetterci a lui per la scelta delle grazie che ci sono più utili.

Possiamo certo esprimere un desiderio, ma con umile sommessione alla volontà del Padre Celeste:egli ci esaudirà sempre se preghiamo come si conviene; ci concederà talora anche più e meglio di quel che domandiamo, onde noi, non solo non ce ne dobbiamo lamentare, ma dobbiamo anzi benedirnelo.

II. Condizioni da parte del soggetto.

Le condizioni più essenziali per rendere efficaci le nostre preghiere, sono: l'umiltà, la confidenza e l'attenzione, o almeno lo sforzo serio per stare attenti.

651. 1° L'umiltà nasce dalla natura stessa della preghiera.

Essendo la grazia essenzialmente gratuita e non avendovi noi alcun diritto, siamo, dice S. Agostino, rispetto a Dio, dei mendicanti, e dobbiamo implorare dalla sua misericordia ciò che per giustizia non possiamo ottenere.

Così pregava Abramo il quale, al cospetto della maestà divina, si riguardava come polvere e cenere: "[Loquar ad ominum Deum, cum sim pulvis et cinis] Parlerò di come presagi Dio, che sono polvere e cenere".

Così pregava Daniele, quando chiedeva la liberazione del popolo ebreo, appoggiandosi non sui meriti suoi e sulle sue virtù ma sulla ricchezza delle divine misericordie: "[Neque enim in justificationibus nostris prosternimus preces ante faciem tuam; sed in miserationibus tuis multus] Non presentiamo le nostre suppliche davanti a te per la nostra giustizia; ma per la tua grande".

Così pregava il publicano che fu esaudito [Deus, propitius esto mihi peccatori] Dio, abbi pietà di me peccatore!", mentre il superbo fariseo vide respinta la sua preghiera.

Gesù stesso ce ne dà la ragione: " Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato: quia omnis qui se exaltat humiliabitur, et qui se humiliat exaltabitur".

Ben lo intesero i suoi discepoli, e S. Giacomo ripete con insistenza: " Dio resiste ai superbi e dà le sue grazie agli umili: Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam".

Ed è giustizia questa: perché il superbo attribuisce a sé l'efficacia della sua preghiera mentre l'umile l'attribuisce a Dio.

Or vorremmo noi che Dio ci esaudisse a spese della sua gloria, per nutrire e fomentare la nostra vanità?

L'umile invece confessa che tutto gli proviene da Dio; quindi Dio, esaudendolo, lavora per la gloria sua e insieme per il bene del supplicante.

652. 2° Quindi la vera umiltà genera la confidenza, quella confidenza che non si fonda sui meriti nostri ma sull'infinita bontà di Dio e sui meriti di Gesù Cristo.

a) La fede c'insegna che Dio è misericordia, e che quindi si piega con tanto maggior amore verso di noi quanto più noi riconosciamo le nostre miserie; perché la miseria chiama la misericordia.

Invocarlo con fiducia, è in sostanza un onorarlo, è proclamare che egli è la fonte di tutti i beni e nulla tanto desidera quanto di largirceli.

Ci dichiara quindi le tante volte nella S. Scrittura che esaudisce coloro che sperano in liti: "[Quoniam in me speravit, liberabo eum: clamabit ad me et ego exaudiam eum] Perché sperava in me, io lo libererò: Egli mi invocherà e io gli risponderò".

Nostro Signore c'invita a pregare con confidenza e per insinuarci questa disposizione ricorse non solo alle esortazioni più premurose ma anche alle più tenere parabole.

Dopo avere affermato che chi chiede riceve, aggiunge: " Chi è mai tra voi che, chiedendogli il figlio del pane, gli porgerà un sasso?

… Se dunque voi, cattivi come siete, sapete dare cose buone ai vostri figliuoli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli concederà ciò che è buono a coloro che lo pregano.

Ritorna su questo punto nell'ultima Cena: In verità, in verità vi dico … tutto ciò che chiederete al Padre nel nome mio, io lo farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio.

Se mi chiederete qualche cosa in mio nome, la farò …

In quel giorno chiederete nel nome mio, e non vi dico che pregherò io pure il Padre per voi.

Perché anche il Padre vi ama avendo voi amato me.

Sarebbe quindi un diffidare di Dio e delle sue promesse, sarebbe un far poca stima dei meriti infiniti di Gesù e dell'onnipotente sua mediazione, il non avere assoluta fiducia nella preghiera.

653. b) Pare talvolta, è vero, che Dio faccia il sordo alle nostre preghiere, perché vuole che la nostra confidenza sia perseverante a fine di farci meglio sentire la profondità della nostra miseria e il pregio della grazia; ma ci mostra pure, coll'esempio della Cananea, che anche quando pare che ci respinga, gode poi di lasciarsi fare dolce violenza.

Una donna Cananea viene a supplicar Gesù di guarirle la figlia tormentata dal demonio.

Il Maestro non le risponde; essa allora si rivolge ai discepoli, importunandoli con le grida, tanto che essi pregano Gesù d'intervenire.

Gesù risponde di essere venuto pei soli figli d'Israele.

Senza punto disanimarsi, la povera donna gli si prostra ai piedi, dicendo: "Signore, aiutatemi".

Gesù replica con apparente durezza che non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cani.

E lei: è vero, Signore; ma anche i cagnolini mangiano almeno le briciole che cadono dalla tavola del padrone.

Vinto da così constante e umile confidenza, Gesù le concede finalmente il favore domandato e le guarisce sull'istante la figlia.

Poteva farci intendere meglio che se, nonostante il poco buon esito delle nostre preghiere, perseveriamo nell'umile fiducia, siamo sicuri d'essere esauditi?

654. 3° Ma a questa perseverante fiducia è necessario aggiungere l'attenzione o almeno il serio sforzo per pensare a ciò che diciamo a Dio.

Le distrazioni involontarie, quando cerchiamo di respingerle e diminuirne il numero, non sono ostacolo alla preghiera, perché l'anima, appunto per questi sforzi che facciamo, resta orientata verso Dio.

Ma le distrazioni volontarie, che deliberatamente accettiamo o che solo fiaccamente respingiamo o di cui non vogliamo sopprimere le cause, nelle preghiere di precetto sono peccati veniali, e nelle altre sono negligenze e mancanze di rispetto verso Dio, che non lo dispongono molto ad esaudirci.

La preghiera è un'udienza che il nostro Creatore si degna di concederci, una conversazione col Padre celeste in cui lo supplichiamo che si degni d'ascoltar le nostre parole e badare alle nostre suppliche: "[Verba mea auribus percipe Domine… intende voci orationis meae] O Signore, ascolta la voce della mia preghiera, porgi l'orecchio alle mie parole … "; e nel momento stesso che gli chiediamo di ascoltarci e di parlarci, non faremmo serio sforzo per capir ciò che diciamo e per stare attenti alle divine ispirazioni ?

Non sarebbe un'incoerenza e una mancanza di religione?

Non meriteremmo il rimprovero che Nostro Signore faceva ai Farisei?

"Questo popolo mi onora con la punta delle labbra ma il suo cuore è lontano da me: Populus hic labiis me honorat, cor autem eorum longe est a me ".

655. Bisogna quindi seriamente sforzarsi di cacciar prontamente ed energicamente le distrazioni che si presentano, sapercene umiliare e giovarcene per rinnovar l'unione con Gesù e pregare coi, lui.

Il pur necessario diminuire il numero delle distrazioni, combattendone vigorosamente le cause, l'abituale dissipazione della mente, la libertà della fantasia, i pensieri e gli affetti che sopraffanno la mente e il cuore, e abituarsi a poco a poco al pensiero, spesso rinnovato, della presenza di Dio con l'offerta delle proprie azioni e colle giaculatorie.

Adoprando questi mezzi, non c'è ragione d'inquietarci delle distrazioni involontarie che ci passano per la mente o ci turbano la fantasia: sono prove e non colpe, e sapendo fare, ci accrescono i meriti e il valore delle preghiere.

656. Triplice è l'attenzione che possiamo porre nelle preghiere:

1) quando badiamo a pronunziar bene le parole, si ha l'attenzione verbale, che suppone già un certo sforzo per pensare. a ciò che si dice;

2) se badiamo di preferenza a ben comprendere il senso delle parole, si ha l'attenzione letterale o intellettuale;

3) se, lasciando da parte il senso letterale, l'anima si innalza a Dio Per adorarlo, benedirlo, unirsi a lui, o per addentrarsi nel mistero che si onora, o per chiedere a Dio tutto Ciò che gli chiede la Chiesa e tutto ciò che gli chiede Gesù, si ha l'attenzione spirituale o mistica.

Più che agl'incipienti, quest' ultima conviene alle anime proficienti.

A coloro che cominciano a gustar la preghiera, bisognerà raccomandare l'una o l'altra delle due prime specie d'attenzione, secondo il carattere e le inclinazioni di. ciascuno p le circostanze in cui si trova.

ART. II. Degli esercizi di pietà degli incipienti

657. Essendo la preghiera uno dei grandi mezzi per salvarsi, il direttore inizierà a poco a poco gl'incipienti alla pratica di quegli esercizi spirituali che costituiscono la trama d'una vita seriamente cristiana, tenendo conto dell'età, della vocazione, del doveri del loro stato, del carattere, delle inclinazioni soprannaturali e dei progressi loro.

658. 1° Lo scopo a cui si ha da mirare è di giungere adagio adagio ad abituare le anime alla preghiera, in modo che la loro vita sia fino a un certo punto una vita di preghiera ( n. 522 ).

Ma è chiaro che occorre tempo notevole e sforzi diuturni per accostarsi a questo ideale, che non è alla portata degl'incipienti ma che il direttore deve conoscere per meglio guidarvi i penitenti.

659. 2° I principali esercizi che servono a convertire la vita in abituale preghiera, oltre le preghiere del mattino e della sera che i buoni cristiani non mancano mai di fare, sono:

A) La meditazione del mattino, su cui torneremo presto, e la santa messa con la santa comunione che ci mostrano l'ideale a cui dobbiamo tendere e ci aiutano a conseguirlo ( n. 524 ).

Vi sono però persone che, per i doveri del loro stato, non possono assistere tutti i giorni alla messa; vi potranno supplire con la comunione spirituale da farsi alla fine della meditazione o anche mentre attendono alle occupazioni manuali.

In ogni caso bisognerà ammaestrarle del come trarre profitto dalla messa e dalla comunione, quando vi potranno assistere, adattando alla loro capacità quanto abbiamo detto al n. 271-289; e soprattutto poi del come seguire con intelligenza gli uffici liturgici delle domeniche e delle feste, perché la sacra liturgia ben compresa è una delle migliori scuole di perfezione.

660. B) Nel corso della giornata, bisognerà consigliare, oltre l'offerta spesso rinnovata delle azioni principali, alcune giaculatorie, alcune buone letture adattate allo stato dell'anima sulle verità fondamentali, sul fine dell'uomo, sul peccato, sulla mortificazione, sulla confessione e sugli esami di coscienza, aggiungendovi alcune vite di Santi celebri per la pratica della penitenza; il che sarà luce per l'intelletto, stimolo per la volontà e ottimo mezzo per facilitar la meditazione.

La recita di alcune diecine del Rosario meditandone i misteri, accrescerà la devozione alla SS. Vergine e l'abitudine di unirsi a Nostro Signore.

La visita al SS. Sacramento, la cui durata varierà con le occupazioni, verrà a rianimare lo spirito di pietà; e ognuno potrà vantaggiosamente servirsi dell'Imitazione, specialmente del libro quarto, e delle Visite al SS. Sacramento di Sant'Alfonso de Liguori.

661. C) La sera, un buon esame ai coscienza integrato dall'esame particolare aiuterà gl'incipienti a rilevar le mancanze, a prevedere i rimedi, a rimettere la volontà nella ferma risoluzione di far meglio, non permettendo così che cadano nel rilassamento e nella tiepidezza.

Sarà necessario richiamare anche qui quanto abbiamo detto sugli esami, n. 460‑476, e sulla confessione, n. 262‑269, ricordando che gl'incipienti devono esaminarsi principalmente sui peccati veniali deliberati, essendo questa vigilanza il mezzo migliore per evitare o per immediatamente riparare i peccati mortali in cui si avesse la disgrazia di cadere in un momento di sorpresa.

662. 3° Consigli al direttore.

A) Il direttore vigilerà perché i penitenti non si carichino di esercizi di pietà troppo numerosi, che verrebbero poi a nuocere all'adempimento dei doveri del loro stato, o che sarebbero di ostacolo alla vera devozione.

Vale certamente meglio recitare qualche preghiera di meno ma mettervi maggior attenzione e pietà.

Ce lo dice il Signore stesso: "Nelle preghiere non moltiplicate le parole come fanno i pagani, che pensano d'essere esauditi a furia di parlare.

Non li imitate dunque, perché il Padre vostro sa di che avete bisogno prima ancora che glielo domandate".

E appunto allora insegnò quella breve e sostanziale preghiera del Pater, che contiene tutto ciò che possiamo chiedere, n. 515‑516.

Ora ci sono incipienti che facilmente pensano di essere tanto più pii quante più preghiere vocali fanno; si rammenti loro la parola del Maestro e si mostri che una preghiera attenta di dieci minuti vale più di un' altra di venti seminata di distrazioni più o meno volontarie, e sarà un grande servizio.

Per aiutarli a fissare l'attenzione, si rammenti che pochi secondi impiegati a mettersi alla presenza di Dio e ad unirsi a Nostro Signore, assicureranno in modo singolare l'efficacia della preghiera.

663. B) Per le preghiere che si debbono ripetere di frequente, è utile, a schivare l'abitudine, insegnare un metodo semplice e facile onde fissar l'attenzione.

Cosi, per esempio, quanto al Rosario, se si bada a meditarne i misteri con la doppia intenzione di onorare la SS. Vergine e di attirare in noi la virtù speciale che corrisponde al mistero, se ne trae maggior vantaggio e la recita diventa una piccola meditazione.

Ma sarà anche bene far notare che non si può, ordinariamente almeno, attendere nello stesso tempo al senso letterale dell'Ave Maria e allo spirito del mistero, e che basta fissarsi o sull'uno o sull'altro.

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