Trattato della vera devozione alla S. Vergine |
Benché l'essenziale di questa devozione consista nell'interiorità, essa si esprime anche in diverse pratiche esteriori che non bisogna trascurare: "Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle". ( Mt 23,23 )
Infatti le pratiche esteriori ben compiute aiutano quelle interiori.1
Esse inoltre fanno ricordare all'uomo, che agisce sempre per mezzo dei sensi, quello che ha fatto o deve fare.
Esse, infine, sono idonee a edificare il prossimo che le vede, mentre ciò non avviene con quelle soltanto interiori.
Nessun mondano o critico metta qui il naso e dica: la vera devozione sta nel cuore, bisogna evitare ciò che è esteriore, vi può entrare la vanità, si deve tener nascosta la propria devozione, ecc.
Rispondo loro con il mio divin Maestro: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli". ( Mt 5,16 )
Non perché avverte san Gregorio2 si debbano compiere le proprie azioni e devozioni esterne per piacere agli uomini ed attirarsene le lodi, il che sarebbe vanità.
Ma talvolta si compiono queste azioni dinanzi agli altri con l'intenzione di piacere a Dio, e cosi rendergli gloria, senza preoccuparsi dei disprezzi e delle lodi che potrebbero derivare a noi dagli altri.
Riferirò solo il riassunto di alcune pratiche esteriori.
Le chiamo cosi non perché si possano fare senza devozione interna, ma perché hanno qualche cosa di esteriore, per cui si distinguono da quelle puramente interiori.
Quelli e quelle che vogliono abbracciare questa particolare forma di devozione che non è eretta in Confraternita,3 anche se ciò è desiderabile , dopo aver trascorsi almeno dodici giorni a liberarsi dello spirito del mondo, contrario allo spirito di Gesù Cristo ( come ho detto nella prima parte di questa preparazione al regno di Gesù Cristo ), dedicheranno tre settimane a riempirsi di Gesù Cristo per mezzo della santissima Vergine.
Ecco l'ordine che potranno seguire.
[228] - Durante la prima settimana rivolgeranno tutte le loro preghiere e opere di pietà allo scopo di ottenere la conoscenza di se stessi e la contrizione dei propri peccati, e faranno ogni cosa in spirito di umiltà.
Per questo, se vogliono, potranno meditare ciò che ho già detto delle nostre cattive inclinazioni4 e considerarsi, durante questa settimana, come lumache, chiocciole, rospi, suini, serpenti e capri.
Potranno anche meditare questi tre pensieri di san Bernardo: "Considera ciò che sei stato, un seme corrotto; ciò che sei, un vaso immondo; ciò che sarai, cibo dei vermi".5
Pregheranno Nostro Signore e il suo Santo Spirito di illuminarli, dicendo: "Signore, che io veda"; ( Lc 18,41 ) oppure: "Che io conosca me stesso";6 O anche: "Vieni, Spirito Santo".
Reciteranno ogni giorno le litanie dello Spirito Santo, con l'orazione che segue, riferite nella prima parte di quest'opera.
Ricorreranno alla Vergine santa e le chiederanno questa grande grazia, che deve essere il fondamento delle altre, e perciò diranno tutti i giorni Ave stella del mare e le sue litanie.
[229] - Nella seconda settimana si applicheranno in tutte le loro preghiere e azioni quotidiane a conoscere Maria.
Chiederanno tale conoscenza allo Spirito Santo.
Potranno leggere e meditare ciò che ne abbiamo detto.
Reciteranno, come nella prima settimana, le litanie dello Spirito Santo e l'Ave, stella del mare e in più, un rosario al giorno, o almeno una terza parte, a questa intenzione.
[230] - Consacreranno la terza settimana a conoscere Gesù Cristo.
Potranno leggere e meditare quanto ne abbiamo detto, e recitare la preghiera di sant'Agostino, posta verso l'inizio di questa seconda parte.
Potranno, con il medesimo santo, dire e ripetere cento e cento volte al giorno: "Signore, che io ti conosca!", o anche: "Signore, che io veda chi sei tu".
Reciteranno, come nelle settimane precedenti, le litanie dello Spirito Santo e l'Ave, stella del mare aggiungendo ogni giorno le litanie del Santo Nome di Gesù.
[231] - Alla fine delle tre settimane, si confesseranno e comunicheranno con l'intenzione di darsi a Gesù Cristo in qualità di schiavi d'amore per le mani di Maria.
Dopo la Comunione, che cercheranno di ricevere secondo il metodo indicato più avanti, pronunceranno la formula della consacrazione che si trova pure più avanti.
Dovranno trascriverla essi stessi o farla trascrivere, se non ne avessero una copia stampata, e firmarla nel giorno stesso in cui l'hanno pronunciata.
[232] - È bene che in tal giorno offrano un qualche tributo a Gesù Cristo e alla santa sua Madre, sia in penitenza della passata infedeltà ai voti del battesimo, sia per protestare la loro dipendenza dal dominio di Gesù e di Maria.
Questo tributo sarà secondo la devozione e la possibilità dei singoli, per esempio, un digiuno, una mortificazione, un'elemosina, un cero.
Anche se offrissero in omaggio solo uno spillo, ma di buon cuore, tanto basta per Gesù, che guarda solo la buona volontà.
[233] - Almeno ogni anno, nello stesso giorno, rinnovino la medesima consacrazione, osservando gli stessi esercizi per tre settimane.
Potranno, anzi, ogni mese e giorno, rinnovare tutto quanto hanno compiuto, con queste poche parole: "Io sono tutto tuo, e tutto ciò che è mio ti appartiene, o amabile Gesù, per mezzo di Maria, tua santa Madre".7
Reciteranno tutti i giorni della loro vita, senza però ritenersi obbligati, la Coroncina della santissima Vergine, composta di tre Padre nostro e dodici Ave, in onore dei dodici privilegi e grandezze di Maria.
Questa pratica è molto antica ed ha fondamento nella sacra Scrittura.
San Giovanni vide una donna "vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle". ( Ap 12,1 )
Questa donna secondo gli interpreti è la santissima Vergine.
[235] - Esistono tanti modi per recitare bene la Coroncina e sarebbe troppo lungo volerli qui esporre.
Lo Spirito Santo li farà conoscere a quelli e a quelle che saranno più fedeli a questa pia pratica.
Tuttavia, un modo semplice di recitarla è di dire innanzi tutto: "Degnati di accettare le mie lodi, Vergine santa.
Dammi forza contro i tuoi nemici".8
Poi si recita il Credo e, per tre volte, un Padre nostro, quattro Ave e un Gloria al Padre.
Alla fine si dice: "Sotto la tua protezione ci rifugiamo…".
È cosa lodevolissima, molto onorifica e di grande utilità per quelli e quelle che si sono consacrati come schiavi di Gesù in Maria, portare quale contrassegno della propria schiavitù di amore delle catenine di ferro benedette con una apposita benedizione, che riferirò più in là.9
Tali segni esteriori, a dire il vero, non sono essenziali e una persona può benissimo farne a meno, pur avendo abbracciata questa devozione.
Però io mi sento spinto a lodare molto quelli e quelle che, dopo essersi scrollati di dosso le ignominiose catene della schiavitù satanica in cui li avevano avvinti il peccato originale e forse anche i peccati attuali, si sono volontariamente sottoposti alla gloriosa schiavitù di Gesù Cristo e si vantano con san Paolo di essere in catene per Gesù Cristo. ( Ef 3,1; Rm 1,9 )
Queste catene, anche se di ferro e senza lustro, sono mille volte più gloriose e preziose di tutte le catene d'oro degli imperatori.
[237] - Una volta non c'era nulla di più disonorevole della croce; oggi invece, nel cristianesimo, non c'è nulla che sia più glorioso di questo legno.
Lo stesso si dica dei ceppi della schiavitù.
Non c'era niente di più ignominioso tra gli antichi, ed oggi ancora tra i pagani; ma fra i cristiani non c'è niente di più onorifico di queste catene di Gesù Cristo.
Esse infatti ci liberano e preservano dagli infamanti vincoli del peccato e del demonio; ci danno la libertà e ci legano a Gesù e a Maria non con la costrizione e con la violenza come dei forzati, ma con la carità e l'amore, come figli: "Io li attirerò a me, dice Dio per bocca del profeta, con catene d'amore". ( Os 4,11 )
Queste, pertanto, sono forti come la morte, anzi in certo modo, più forti della morte in coloro che saranno fedeli a portare fino alla morte questi segni gloriosi.
Infatti, benché la morte distrugga e corrompa il loro corpo, non potrà distruggere i vincoli della loro schiavitù che, essendo di ferro, non si corromperanno facilmente.
E forse, nel giorno della risurrezione dei corpi, nell'ultimo grande giudizio, tali catene avvinte ancora alle loro ossa, faranno parte della loro gloria, mutate in catene di luce e di gloria.
Beati dunque gli incliti schiavi di Gesù in Maria, che porteranno le loro catene fino alla morte.
[238] - Ecco i motivi che inducono a portare le catenine di ferro.
1) Esse ricordano al cristiano i voti e gli impegni del battesimo, la loro perfetta riconferma compiuta con questa devozione e lo stretto obbligo di esservi fedele.
Spesso l'uomo si lascia guidare più dai sensi che dalla fede pura; dimentica facilmente i suoi obblighi verso Dio se qualche oggetto esterno non glielo richiama alla mente.
Pertanto le catenine della schiavitù servono in modo mirabile al cristiano per ricordargli le catene del peccato e della schiavitù del demonio da cui il santo battesimo l'ha liberato e insieme la dipendenza da Gesù Cristo promessa nel santo battesimo e la ratifica che ne ha fatto rinnovando quei voti.
Uno dei motivi per cui così pochi cristiani pensano ai loro santi voti battesimali e vivono dissoluti, come se nulla avessero promesso a Dio, al pari dei pagani, è che non portano su di sé alcun segno esteriore che li richiami loro alla memoria.
[239] - 2) Per mostrare che non si arrossisce della schiavitù e servizio di Gesù Cristo, e che si rinuncia alla funesta schiavitù del mondo, del peccato e del demonio.
3) Per garantirsi e preservarsi dalle catene del peccato e del demonio.
Bisogna infatti portare o catene d'iniquità o catene di carità e di salvezza.10
[240] - Mio caro fratello! Spezziamo le catene dei peccati e dei peccatori, del mondo e dei mondani, del diavolo e dei suoi satelliti.
Respingiamo lontano da noi il loro giogo funesto: "Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami". ( Sal 2,3 )
"Mettiamo i nostri piedi mi servo delle parole dello Spirito Santo nei suoi ceppi gloriosi e il nostro collo nelle sue catene". ( Sir 6,25 )
Curviamo il dorso e portiamo la Sapienza, che è Gesù Cristo, né ci rincresca di essere stretti nelle sue catene: "Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi, il collo nella sua catena.
Piega la tua spalla e portala, non disdegnare i suoi legami" ( Sir 6,26 )
Nota che prima di pronunciare le parole surriferite, lo Spirito Santo prepara l'anima a non respingere il suo importante consiglio, e le dice: "Ascolta, figlio, e accetta il mio parere; non rigettare il mio consiglio". ( Sir 6,24 )
[241] - Permetti, dunque, amico carissimo, che io mi unisca allo Spirito Santo, per darti il medesimo consiglio: "Le sue catene sono legami di salvezza". ( Sir 6,31 )
Dalla croce Gesù Cristo deve attirare tutto a sé, per amore o per forza.
Attirerà i reprobi con le catene dei loro peccati, per incatenarli alla sua ira eterna e alla sua giustizia vendicatrice, come forzati e demoni.
Attirerà, invece con catene di carità i predestinati, soprattutto in questi ultimi tempi: "Attirerò tutti a me". ( Gv 12,32 )
"Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore" ( Os 11,4 )
[242] - Questi schiavi d'amore di Gesù Cristo, questi incatenati di Gesù Cristo, ( Ef 3,1 ) possono portare le loro catene o al collo, o alle braccia, o ai fianchi, o ai piedi.
Il Padre Vincenzo Caraffa, settimo Generale della Compagnia di Gesù, morto in odore di santità nel 1643, portava, in segno della sua servitù, un cerchio di ferro ai piedi e si diceva spiacente di non poter trascinare pubblicamente la catena.
La Madre Agnese di Gesù, già da noi ricordata, portava una catena di ferro intorno alla vita.
Altri l'hanno tenuta al collo in penitenza delle collane di perle da essi portate nel mondo, ed altri alle braccia per ricordarsi durante i lavori manuali di essere schiavi di Gesù Cristo.
Avranno un culto singolare per il grande mistero dell'Incarnazione del Verbo, che si celebra il 25 marzo.
È questo il mistero proprio della devozione di cui ho parlato.
Infatti, questa devozione fu ispirata dallo Spirito Santo:
1) per onorare e imitare l'ineffabile dipendenza che Dio - Figlio volle avere da Maria per la gloria di Dio suo Padre e per la nostra salvezza.
Tale dipendenza appare in modo speciale in questo mistero, nel quale Gesù Cristo si fa prigioniero e schiavo nel seno della divina Maria e dipende da lei in ogni cosa.
2) Per ringraziare Dio delle grazie impareggiabili concesse a Maria e soprattutto di averla scelta come sua degnissima Madre: scelta che avvenne in questo mistero.
Sono questi i due fini principali della schiavitù di Gesù Cristo in Maria.
[244] - Ti prego di notare bene una cosa.
Io dico abitualmente: schiavo di Gesù in Maria; schiavitù di Gesù in Maria.
Come parecchi altri han fatto sin qui, si può dire benissimo: schiavo di Maria, schiavitù della santa Vergine.
Penso però sia meglio dire: schiavo di Gesù in Maria.
Così consigliava il Tronson, Superiore generale del seminario di san Sulpizio, rinomato per la sua rara prudenza e sperimentata pietà ad un ecclesiastico che l'aveva consultato in proposito.11
[245] - Le ragioni sono queste:
1) Viviamo in un secolo orgoglioso, nel quale un gran numero di dotti gonfi di sé, di spiriti forti e critici, trovano a ridire sulle pratiche di pietà meglio stabilite e più solide.
Ebbene, per non offrire inutili occasioni alle loro critiche, è meglio dire: schiavitù di Gesù in Maria, e dirsi: schiavo di Gesù Cristo, anziché schiavo di Maria.
In tal modo questa devozione prende nome più dal suo ultimo fine: Gesù Cristo, che dalla via e dal mezzo che conduce a tale fine: Maria.
Rimane però vero che si può benissimo scegliere senza scrupoli l'una o l'altra espressione, come faccio io.
Dò un esempio. Se uno va da Orléans a Tours per la strada d'Amboise, può dire benissimo che va ad Amboise e a Tours, e che sta viaggiando per Amboise e per Tours.
Ma c'è una differenza: Amboise è semplicemente la strada diretta che conduce a Tours e Tours è lo scopo ultimo e la meta del viaggio.
[246] - 2) Il mistero principale che si celebra e si onora con questa devozione è quello dell'Incarnazione, in cui si può vedere Gesù soltanto in Maria, incarnato nel suo seno.
È meglio dire, perciò: schiavitù di Gesù in Maria, secondo una bella preghiera di molte persone insigni: "O Gesù, vivente in Maria, vieni a vivere in noi, nel tuo spirito di santità…".12
[247] - 3) L'espressione "schiavitù di Gesù in Maria" indica meglio l'unione intima che passa tra Gesù e Maria.
Essi sono uniti così strettamente, che l'uno è tutto nell'altro: Gesù è tutto in Maria e Maria tutta in Gesù.
Meglio: non si trova più Maria, ma solo Gesù in lei.
E sarebbe più facile separare la luce dal sole che Maria da Gesù.
Così potremmo chiamare Nostro Signore: Gesù di Maria e la Vergine santa: Maria di Gesù.
[248] - Mi manca il tempo di soffermarmi a spiegare l'eccellenza e le grandezze del mistero di Gesù che vive e regna in Maria, e cioè della Incarnazione del Verbo.
Mi limiterò quindi a brevi cenni.
L'Incarnazione è il primo mistero di Gesù Cristo: il più nascosto, il più alto ed il meno conosciuto.
In questo mistero Gesù scelse tutti gli eletti d'accordo con Maria, nel seno verginale di lei, che i santi hanno chiamato sala dei segreti di Dio.13
In questo mistero Gesù operò tutti gli altri misteri della sua vita, poiché sin da allora accettò di compierli: "Entrando nel mondo, Cristo dice: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà…". ( Eb 10,5-9 )
Un mistero, dunque, che è compendio di tutti i misteri e ne contiene la volontà e la grazia.
Questo mistero, infine, è il trono della misericordia, della liberalità e della gloria di Dio.
È il trono della sua misericordia a nostro riguardo.
In questo mistero, infatti, non ci si può avvicinare a Gesù se non per mezzo di Maria; non lo si può vedere né gli si può parlare se non tramite la Vergine sua Madre.
E Gesù, che esaudisce sempre la sua cara Madre, da tale trono concede la sua grazia e la sua misericordia ai poveri peccatori: "Accostiamoci dunque con fiducia al trono della grazia". ( Eb 4,16 )
È il trono della sua liberalità verso Maria.
Infatti, il nuovo Adamo, mentre dimorava in questo vero paradiso terrestre, vi operò in segreto tante meraviglie, che né gli angeli né gli uomini le comprendono.
Per questo i santi chiamano Maria la magnificenza di Dio,14 come se Dio fosse magnifico soltanto in lei.15
È il trono della gloria resa da Gesù al Padre.
In Maria, infatti, Gesù Cristo placò perfettamente il Padre irritato contro gli uomini, lo risarcì perfettamente della gloria rapitagli dal peccato, con il sacrificio che vi fece della sua volontà e di se stesso gli procurò più gloria che mai gli avevano data tutti i sacrifici dell'antica Legge; e, infine gli rese quella gloria infinita che il Padre mai ancora aveva ricevuta dall'uomo.
Ameranno e reciteranno l'Ave Maria, cioè il saluto, di cui pochi cristiani, anche istruiti, conoscono il valore, il merito, l'eccellenza e la necessità.
Per farne conoscere l'importanza, c'è voluto che la Vergine santa apparisse più volte a grandi santi molto illuminati, come san Domenico, san Giovanni da Capestrano, il beato Alano della Rupe.
Essi composero libri interi sulle meraviglie di questa preghiera e sulla sua efficacia per convertire le anime.
Proclamarono a gran voce e predicarono apertamente quanto segue:
la salvezza del mondo è iniziata con l'Ave Maria, così anche la salvezza di ciascuno dipende da tale preghiera;
questa preghiera fece produrre il frutto di vita alla terra arida e sterile, così, se recitata bene, essa farà germogliare anche in noi la Parola di Dio e il frutto di vita, Gesù Cristo.
l'Ave Maria è una rugiada celeste che irrora la terra, cioè l'anima, perché dia frutto a suo tempo; chi non è irrorato dalla rugiada celeste di questa preghiera non porta frutti, ma solo triboli e spine e va incontro alla maledizione.
[250] - Ecco quanto la santa Vergine rivelò al beato Alano della Rupe, come è scritto nel suo libro De dignitate Rosarii e come è riferito poi da Cartagena: "Sappi, figlio mio, e portalo a conoscenza di tutti, che è indizio probabile e vicino di dannazione eterna il recitare con avversione, tiepidezza e negligenza il Saluto angelico, che ha riparato il mondo intero".16
Sono parole, queste, molto consolanti e terribili ad un tempo.
Si stenterebbe a crederle se non ce lo garantissero per vere quel sant'uomo, san Domenico prima di lui e poi tante insigni personalità insieme all'esperienza di parecchi secoli.
Si è sempre notato, infatti, che quanti portano il marchio della riprovazione, come tutti gli eretici, gli empi, gli orgogliosi e i mondani, odiano o disprezzano l'Ave Maria e la corona.
Gli eretici imparano ancora e recitano il Padre nostro, ma non l'Ave Maria né la corona.
Li considerano con orrore.
Porterebbero addosso più volentieri un serpente che una corona.
Anche gli orgogliosi, benché cattolici, avendo quasi le stesse inclinazioni del loro padre Lucifero, disprezzano l'Ave Maria o nutrono per essa soltanto indifferenza, e considerano la corona come devozione di donnicciole, buona unicamente per gli ignoranti e per coloro che non sanno leggere.
L'esperienza, invece, insegna l'abbiamo visto che quelli e quelle che presentano grandi segni di predestinazione amano, gustano e recitano con piacere l'Ave Maria, e più sono uniti a Dio, più amano questa preghiera.
È ciò che la Vergine santa diceva ancora al beato Alano, dopo le parole sopra riferite.
[251] - Non so come e perché questo avvenga, ma so che è vero.
Non ho segreto migliore di questo per sapere se una persona è di Dio: osservo se ama recitare l'Ave Maria e la corona.
Dico se ama recitare, perché può accadere che una persona si trovi nell'incapacità naturale o anche soprannaturale di recitarla, pur continuando ad amarla e farla amare dagli altri.
[252] - Anime predestinate, schiave di Gesù in Maria, sappiate che dopo il Padre nostro, l'Ave Maria è la preghiera più bella di tutte.
E il complimento più perfetto che possiate rivolgere a Maria, complimento che l'Altissimo le fece rivolgere da un arcangelo per guadagnarsene il cuore.
E riuscì così efficace sul suo cuore, per le segrete attrattive di cui è pieno, che Maria diede il consenso all'Incarnazione del Verbo, nonostante la sua profonda umiltà.
Anche voi conquisterete sicuramente il suo cuore con questo stesso complimento recitato bene.
[253] - Secondo i santi, l'Ave Maria recitata bene, cioè con attenzione, devozione e modestia, è la nemica del demonio che mette in fuga, il martello che lo schiaccia, la santificazione dell'anima, la gioia degli angeli, la melodia dei predestinati, il cantico del Nuovo Testamento, il piacere di Maria e la gloria della SS. Trinità.
L'Ave Maria è una rugiada celeste che rende feconda l'anima, un bacio casto e affettuoso che si dà a Maria, una rosa vermiglia che le si offre, una perla preziosa che le si dona, una coppa d'ambrosia e di nettare divino che le si porge. Tutti questi paragoni sono dei santi.
[254] - Vi prego dunque vivamente, per l'amore che vi porto in Gesù e in Maria, di non contentarvi di dire la Coroncina della santissima Vergine.
Recitate anche la corona, e se ne avete il tempo, recitate il rosario intero tutti i giorni.
Al momento della morte benedirete il giorno e l'ora in cui mi avrete creduto.
E, dopo aver seminato nelle benedizioni di Gesù e di Maria, raccoglierete benedizioni eterne nel cielo: "Chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà". ( 2 Cor 9,6 )
Per ringraziare Dio delle grazie concesse alla Vergine santissima reciteranno spesso il Magnificat, sull'esempio della beata Maria Doignies e di parecchi santi.
Il Magnificat è l'unica preghiera e l'unica opera composta dalla Vergine santa, o meglio, composta in lei da Gesù, dato che parlava per bocca di lei.
È il più grande sacrificio di lode che Dio abbia ricevuto nella Legge della grazia.
E il cantico più umile e più riconoscente e insieme più sublime e più elevato di tutti. I misteri che racchiude sono così grandi e nascosti, che gli angeli stessi non li conoscono tutti.
Gersone17 uno dei sapienti e devoti teologi dopo aver consacrato tanta parte della vita a comporre trattati pieni di erudizione e di pietà sulle materie più difficili, incominciò con timore la spiegazione del Magnificat solo sul finire della vita, per coronare così le proprie opere.
Ci riferisce in un volume in folio da lui composto, molte cose meravigliose sul bello e divino cantico.
Fra l'altro afferma che la Vergine santissima lo recitava spesso lei stessa, soprattutto come ringraziamento dopo la santa comunione.
Il dotto Benzonio,18 nella sua spiegazione del Magnificat, riferisce parecchi miracoli ottenuti in forza di questo cantico.
E osserva che i demoni tremano e fuggono quando sentono queste parole: "Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore". ( Lc 1,51 )
I servi fedeli di Maria devono molto disprezzare, odiare e fuggire il mondo corrotto.
Si servano delle pratiche di distacco dal mondo, da noi indicate nella prima parte.19
Indice |
1 | S. Francesco di Sales, Trattenimenti spirituali, 1 |
2 | S. Gregorio Magno, Hom. 2 in Evang., n. 1, PL 76, 1115 |
3 | Nel 1899, a Ottawa (Canada), Mons. Duhamel istituisce la prima Confraternita di Maria Regina dei cuori. Nel 1913, Pio X dichiara Arciconfraternita la sede di Roma. Il 16.7.1955, la S. Sede dichiara propriae le due distinte associazioni per i fedeli e i sacerdoti, e il 5.7.1956 ne approva i nuovi statuti. La direzione generale è a Roma, Viale dei Monfortani, 65 |
4 | VD 78-79 |
5 | S. Bernardo, PL 184, 490 B |
6 | S. Agostino, PL 33, 885 |
7 | VD 216 e VD 266 |
8 | Testo latino: "Dignare me laudare te, Virgo sacrata, da mihi virtutem contra hostes tuos" |
9 | In pratica, nelle Associazioni monfortane si sostituisce la catenina con la medaglia di "Maria Regina dei cuori" |
10 | Testo latino: "Vincula peccatorum… In vinculo charitatis" |
11 | Luigi Ttonson (1622-1700), dal 1676 terzo superiore di San Sulpizio, consultato dal Montfort stesso mentre era seminarista |
12 | "O Gesù, vivente in Maria, vieni a vivere nell'anima dei tuoi servi, nel tuo spirito di santità, nella pienezza dei tuoi doni, nella perfezione delle tue vie, nella verità delle tue virtù, nella comunione dei tuoi misteri. Domina in noi su tutte le potenze nemiche: il mondo, il demonio e la carne, nella virtù del tuo Spirito, alla gloria del Padre. Amen" |
13 | S. Ambrogio, De institut. Virgin. et S. Mariae Virg. perpetua, ad Eusebium, c. 7, n. 50, PL 16, 333: aula sacramentorum |
14 | VD 6: Magnificentia Dei |
15 | "Solummodo ibi magnificus Dominus" |
16 | SMR 49; QN 157 |
17 | Jean Le Charlier de Gerson (1363-1429), cancelliere dell'Università di Parigi |
18 | Benzoni Rutilio (+ 1613), vescovo di Loreto. A. Rum, La Santa Casa al tempo di Rutilio Benzoni, Vescovo di Loreto e Recanati, in Il messaggero della Santa Casa, n. 2, febbraio 1985, pp. 47-48 |
19 | Purtroppo la prima parte del manoscritto non ci è pervenuta |