La storia della Chiesa

Indice

§ 15. Teologia ed eresia

I. Forze fondamentali della teologia

1. Quando Paolo dovette annunciare il lieto messaggio agli uomini filosoficamente colti dell'Areopago ( At 17 ), si richiamò a concetti ed espressioni familiari agli uditori; si servì cioè di concetti « filosofici » ( « Dio ignoto »; « cercare Dio »; « in lui viviamo, siamo, ci muoviamo » ) per annunciare il messaggio religioso della rivelazione.47

Il voler penetrare e fondare la rivelazione con i mezzi della ragione costituisce il problema della teologia scientifica in genere, il problema dell'ambiente culturale greco, il problema dei rapporti tra ragione e fede.

a) È il problema che sempre si pone quando la verità rivelata si accosta ad uomini spiritualmente autonomi.

La ragione abituata a determinate categorie cercherà, per intima necessità, di porre le nuove verità in rapporto col suo pensiero naturale e, in certo qual modo, di conciliarle; essa cercherà di « comprendere » la rivelazione in modo scientifico.

b) Ma appena si pone questo problema, sorge anche un pericolo: quello che si può chiamare il razionalismo nel senso più lato.

È facile cioè che nei tentativi di risolvere un dato problema s'insinui la segreta idea della possibilità di tradurre completamente le verità rivelate in termini concettuali.

Tutta la storia della teologia scientifica fino a san Tommaso d'Aquino ( e spesso anche dopo di lui; in ambito cattolico, spesso anche in contraddizione con posizioni teoretiche già conseguite ) è anche un documento di questo pericolo.

Solo l'Aquinate, il filosofo fra i teologi, per principio ha ricondotto chiaramente la ragione nei suoi confini ed ha assicurato al mistero rivelato il suo proprio e particolare carattere.

c) D'altra parte vi furono sempre dei teologi che avvertirono meno forte il bisogno di penetrare scientificamente la fede e nei quali invece particolarmente forte fu il senso della tradizione; in essi fu soprattutto viva la tendenza a conservare i dati della tradizione così come li avevano ricevuti.

Gli uomini di questa specie hanno avuto un compito importantissimo nella storia della Chiesa, come difensori del contenuto della rivelazione.

Così in modo particolare la Chiesa romana da Callisto in poi si è preoccupata assai più di affermare da una parte il monoteismo assoluto e dall'altra l'assoluta divinità e umanità di Gesù, che di trovare delle formule atte a chiarire entrambi gli elementi, conciliandoli ( cfr. § 26, § 27 ).

Dove questa tendenza venne eccessivamente accentuata in modo da sottolineare non soltanto l'incomparabilità dell'annuncio di fede, ma anche da ingenerare il dubbio sulla capacità della ragione a penetrare in qualche modo la rivelazione, s'incorse in un secondo pericolo: il fideismo ( § 25 ).

2. Per la Chiesa nessuna di queste due soluzioni estreme poteva essere accettabile.

Il razionalismo significa, in ultima analisi, rinuncia alla rivelazione; accettarlo sarebbe equivalso a un suicidio.

Il fideismo, a sua volta, avrebbe significato una insopportabile restrizione; esso inoltre, nel corso della storia della Chiesa, si convertì regolarmente nel peggiore razionalismo.

Anche qui la Chiesa rimase invece fedele al suo intrinseco universalismo ( sistema del giusto mezzo ), e così affermò la teologia.

Lo sviluppo, in fondo sempre singolarmente lineare, delle enunciazioni dogmatiche è tanto più sorprendente ( e perfino indizio di una guida divina ) in quanto anche i più attivi e i più santi capi della Chiesa, riguardo a un dato problema, non sostennero sempre quella tesi che poi avrebbe trionfato, o non ne riconobbero sempre la portata.

Il grande Dionigi d'Alessandria ( + verso il 264 ) per esempio, lo scolaro e successore di Origene, non si rese conto dell'importanza dell'insorgere della controversia sul battesimo degli eretici e fu incline perciò all'arrendevolezza.

Cipriano seguì delle vie proprie che non erano quelle di Roma.

Le concezioni di Agostino circa la Grazia, la volontà e la predestinazione non si lasciano completamente ricondurre ad un comune denominatore.

Tommaso d'Aquino e la sua scuola avversarono la dottrina dell'Immacolata Concezione di Maria.

Non si deve dunque dimenticare a causa del « consensus patrum » ( l'accordo sulla dottrina dei Padri della Chiesa ) che, sempre che esista, molto spesso è difficile da stabilire, la molteplicità di posizioni delle singole personalità e scuole, assieme a tutte le loro tensioni.

Da questo sviluppo, in un certo senso, si può addirittura dedurre l'importanza positiva dell'errore nella storia.

3. Il problema della teologia doveva farsi sentire più fortemente man mano che il Cristianesimo si estendeva nel mondo della civiltà ellenistica.

Il secondo secolo divenne la sua prima epoca, ma non ancora quella classica.

Esso ci presenta sia la risposta cattolica, che soluzioni aberranti.

Nei secoli successivi furono soprattutto i greci che, per primi, si occuparono della dogmatizzazione delle verità di fede, vale a dire prepararono il risultato dei concili, lo confermarono o lo continuarono.

I concili della Chiesa antica ebbero luogo tutti in terra greca e, prevalentemente, con la partecipazione di vescovi e di teologi greci.

Più tardi, questa eredità greca passò a Roma.

La Chiesa ortodossa d'Oriente dopo il VII Concilio ecumenico ( 787 ) non ha formulato più alcun dogma.

Dobbiamo aggiungere però che essa, nella sua peculiare, ben conchiusa fisionomia, non sentiva proprio il bisogno di simili definizioni.

Nella più tarda Chiesa greca della ortodossia al posto della teologia subentrò, per così dire, la liturgia, la quale non solo determinò in misura notevolissima la vita religiosa, ma espresse la professione della verità prevalentemente in forma liturgica, ossia come adorazione ed inno di lode.

4. Gli apologeti furono i fautori di una risposta pienamente cristiana.48

La base da essi elaborata fu compiuta solo in quell'ambiente intellettuale nel quale la cultura greca più intensamente si era formata e mantenuta: in Alessandria.

Qui, nella città di Filone, con la sua famosa scuola, si fece sentire in maniera assai urgente il bisogno di instaurare l'unità fra l'antica cultura spirituale e la religione cristiana rivelata.

Interi gruppi di mèmbri della Chiesa desideravano una istruzione religiosa che corrispondesse alle esigenze di una cultura superiore.

E per questo motivo proprio qui in Alessandria, il cui vescovo, fra l'altro, nei primi secoli cristiani dopo la distruzione di Gerusalemme, assunse il secondo posto tra i patriarchi della Chiesa, sorse la prima « scuola superiore » di religione, la prima scuola catechetica.

In essa il primo maestro che noi conosciamo fu Panteno ( + verso il 200 ).

5. Due uomini, il secondo e il terzo capo di questa scuola, ci mostrano chiaramente lo spirito che vi dominava, e i problemi che qui furono sentiti e avviati alla loro soluzione: Clemente d'Alessandria ( + nel 215 circa ) e Origene ( + verso il 253-54 ).

a) Clemente, discepolo di Panteno, diresse la scuola solo per breve tempo ( dal 200 circa ).

Già nel 202-203, durante la persecuzione di Settimio Severo, fuggì in Asia Minore.

Con la sua vasta erudizione classica e in santo entusiasmo colse la pienezza della verità e l'annunciò in forma spesso poetica.

Egli vide per la prima volta in modo chiaro ( cfr. Giustino § 14,4 ) l'intrinseca affinità di tutto quanto c'è di vero nel mondo, e come anche il paganesimo nella sua evoluzione tendesse, almeno parzialmente, a Cristo.

Egli favorì una gnosi ortodossa ed evitò in sostanza il pericolo di una decurtazione filosofica della rivelazione.

Non è sicuro se fosse sacerdote.

b) Clemente fu superato dal più grande dotto della Chiesa orientale, Origene.

Era nato, probabilmente, verso il 185 in Alessandria dove il vescovo Demetrio lo designò, quando era ancora laico diciottenne, quale successore di Clemente come rettore della scuola catechetica.

Durante la propria attività di insegnante, udì le lezioni del famoso neoplatonico Ammonio Sacca.

Quando attacchi tumultuari da parte pagana portarono alla chiusura della scuola, Origene si recò a Gerusalemme e a Cesarea.

Lì egli predicò, benché laico, con l'approvazione ( o dietro invito ) dei vescovi locali.

Più tardi si recò anche a Roma da Papa Zefirino e poi dall'antipapa Ippolito.

Nel 230 durante un viaggio in Grecia fu ordinato sacerdote, a Cesarea in Palestina, da vescovi amici, nonostante la sua automutilazione che egli, 25 anni prima, s'era inflitta in seguito alla errata comprensione di Mt 19,12.

Il vescovo della sua città, al quale non era stato chiesto il consenso per l'ordinazione, lo escluse, nonostante l'intervento in suo favore di diversi vescovi, dallo stato sacerdotale e dalla Chiesa: un provvedimento poco intelligente e grave, confermato dal Papa.

Origene così nel 231 andò nuovamente a Cesarea dove aprì una scuola catechetica privata, tra i cui discepoli fu anche Gregorio il Taumaturgo.

L'erudiziene di Origene e la sua produzione superano quasi la nostra immaginazione.

Alla sua straordinaria capacità di lavoro corrispose un'eguale fecondità letteraria.

Non solo commentò, sotto vari punti di vista, quasi tutta la Sacra Scrittura, ma si adoprò per la ricostruzione filologica di tutto il testo dei Libri Sacri ( = dell'Antico Testamento ), il cui testo ebraico ( in scrittura ebraica e trascrizione greca ) e quattro traduzioni greche già esistenti egli pose a fronte in 6 colonne ( = HEXAPLA ).

Egli fu anche il primo ad elaborare una dogmatica del Cristianesimo, completa e scientifica anche se d'indirizzo apologetico, in una specie di manuale, comprendente gli insegnamenti fondamentali del Cristianesimo ( PERI ARKON = De principiis ).

La biblioteca di Cesarea conservò le sue opere postume di cui si servì Eusebio per la sua storia ecclesiastica.

c) Se per il suo predecessore Clemente la rivelazione universale stava forse un po' troppo al centro ( secondo l'affinità dell'uomo naturale con Dio ), Origene invece la sposta decisamente dal centro d'osservazione e crea una « filosofia » nuova, originalmente cristiana.

In alcuni punti della sua potente costruzione speculativa, egli non riuscì a determinare esattamente il rapporto tra fede cristiana e filosofia greca.

Talvolta l'elemento filosofico greco prese un eccessivo rilievo a scapito dell'elemento religioso cristiano.

Questo si riscontra particolarmente nella sua dottrina dell'eternità del mondo, delle anime come spiriti decaduti e nell'opinione che alla fine del tempo tutto, anche i dannati, ritorneranno a Dio ( apocatastasi ).

Tali concetti furono più tardi condannati da diversi concili.

È certo però che Origene non volle mai sostenere una dottrina contraria alla coscienza della fede posseduta dalla Chiesa.

Era una personalità veramente cristiana, che incuteva rispetto e che fu sospettata dalle autorità ecclesiastiche di Alessandria, in modo per esse stesse vergognoso ed umiliante.

Questa critica condusse più tardi anche ad un immeritato discredito dell'opera letteraria di quella grande personalità, cosicché l'inestimabile pienezza del suo pensiero non divenne purtroppo feconda nella Chiesa, come sarebbe stato auspicabile.

Morì settantenne, in seguito alle torture sostenute per la fede nella persecuzione di Decio.

Dopo il suo « martirio » ricevette dal vescovo della sua città, il suo ex allievo Dionigi, il documento di riconciliazione.

d) Dall'esempio di Origene, si può chiaramente riconoscere che l'annuncio cristiano, allora, era fissato su di un piano teoretico con relativamente poca unitarietà.

È palese la differente valutazione della sua ortodossia da parte dei vescovi: non è senz'altro sicuro che il giudizio dei suoi avversari meriti in tutto l'approvazione.

Egli è certamente uno dei più grandi pionieri della penetrazione spirituale dell'ecumene da parte del Cristianesimo.

Con la sua dottrina, egli ha favorito la diffusione del regno di Dio; forte nella fede e nello spirito, ha opposto felice resistenza all'eresia aperta e d'altro canto egli ha agito chiarendo difficoltà dottrinali in molte Chiese.

Non si può dubitare del suo amore ardente a Cristo e alla Chiesa.

Origene, anche dal punto di vista sociale, con la forza del suo sapere, ha aumentato notevolmente il prestigio del Cristianesimo.

Giulia Mammea, la madre di Alessandro Severo, lo fece venire ad Antiochia e ascoltò le sue conferenze.

Si può dire che la sua scuola fu frequentata da tutto il mondo colto.

Origene illustra argomenti del più profondo interesse: il rapporto tra cultura e fede, tra cultura e vita soprannaturale, tra teologia e coscienza dogmatica della Chiesa.

Forse con lui entra per la prima volta nella storia del Cristianesimo un taglio veramente scientifico: la tendenza a comprendere obiettivamente anche il mondo spirituale dell'avversario.

« Da tutti coloro che ha combattuto egli ha imparato; tutti i suoi avversari sono anche suoi precursori » ( Harnack ).

6. Nel III secolo sorse un'altra scuola teologico-cristiana in Antiochia, celebre quanto Alessandria per le sue istituzioni scolastiche pagane.

La fondazione di tale scuola fu di particolare importanza per lo sviluppo della vita della Chiesa e della teologia.

Essa fu, in certo qual modo, la concorrente della scuola alessandrina, con la quale venne a trovarsi in opposizione scientifico-metodica, opposizione che fu continuamente tenuta viva e attizzata dalla rivalità ecclesiastica fra i due Patriarcati di Alessandria e Antiochia.

Ad Alessandria nella esegesi della Sacra Scrittura si preferiva il metodo mistico-allegorico; la scuola di Antiochia era più sobria e lavorava più con metodo storico-critico e grammatico-logico.

Uno dei suoi fondatori fu il sacerdote antiocheno Luciano49 ( + martire 311-312 ), maestro di Ario che, a partire da sessant'anni, insegnò in Antiochia ( § 26 ).

Il periodo di splendore della scuola incominciò sotto Diodoro di Tarso ( morto prima del 349 ).

Il suo influsso fu determinante anche per la scuola di Edessa il cui maestro più importante fu più tardi Efrem Siro ( + 373 ) che teologicamente esercitò grande influenza.

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47 A Efeso egli insegnò in un'aula filosofica ( At 19,9 ).
48 Come loro riscontro, accanto alla gnosi, sono da considerare coloro che volevano ellenizzare il Cristianesimo, dei quali ci fa cenno Eusebio, chiamandoli teodoziani.
Per loro, come per Apelle ( discepolo di Marcione, § 16,4 ), rivestiva un grande valore l'estrema quasi religiosa valutazione del sillogismo, come di una forza vincolante la coscienza, cosicché la sua trascurarla sarebbe peccato.
49 Da non confondersi con il retore pagano Luciano di Samosata, che verso il 170 aveva scritto una satira contro i cristiani.