La storia della Chiesa

Indice

II. I fondamenti

1. I fatti fondamentali, le forze portanti del Medioevo occidentale li conosciamo già.

Essi sono:

1) la migrazione dei popoli germanici laquale:

a) da un lato frantuma l'Impero romano d'Occidente, e dall'altro fa sorgere sul suo suolo e nel resto dell'Europa nuovi Stati germanici e con ciò

b) pone la Chiesa e i popoli in condizioni di vita essenzialmente diverse da quelle dell'Antichità;

2) la Chiesa occidentale, cioè latina, così come essa era venuta formandosi fin nel V secolo e come continuava a svilupparsi:

a) per evoluzione interna e

b) come erede della civiltà antica;

3) i nuovi popoli germanici, ancora giovani e suscettibili di evoluzione;

4) il loro ingresso nella Chiesa.

Per lo strutturarsi di questi elementi di fondo si aggiungono più tardi, nel X secolo, i gruppi dei popoli slavi occidentali.

Due potenze vengono dunque a trovarsi di fronte: la Chiesa e i popoli germanici.

Sulla loro unione si fonda tutto il Medioevo.

2. Sulla penetrazione dei Germani nell'Impero romano, in parte pacifica ( con migrazione spicciola ), in parte violenta, e sulla lenta, parziale disintegrazione della civiltà greco-romana siamo già informati.

I Germani sono anzitutto eredi diretti e discepoli di questa civiltà ancora vigorosa ( anche se in declino ).

In qualità di funzionari romani avevano assimilato la stessa prima ancora che la potenza dell'Impero Romano si frantumasse.

Ancora nel VI secolo, nella Gallia meridionale si trovano delle scuole di retorica di stile antico che diffondono la cultura occidentale.

Nella Spagna cattolica fiorisce, fino all'irruzione devastatrice dei musulmani, una vita culturale relativamente ricca.

È Cassiodoro ( § 32,7 ) soprattutto che cerca di trapiantare il patrimonio culturale antico nel tempo nuovo e di utilizzare le scienze profane per lo studio della Sacra Scrittura.

Probabilmente è ancora più estimabile l'attività mediatrice di civiltà del monachesimo iro-scozzese e anglosassone.

La cultura antica infatti, nell'isolamento delle Isole britanniche, si è poderosamente propagata.

Mentre nel corso del VII secolo il livello culturale, sul continente occidentale, toccò quasi lo zero, in Irlanda, accanto allo studio della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa, fiorirono la grammatica, la retorica, la geometria, ecc.

Là veniva ancora insegnata e studiata perfino la lingua greca.

Anche nel continente tuttavia rimasero vive importanti concezioni antiche ( per es. l'idea di Impero e di imperatore ).

Nel periodo di depressione culturale, sono soprattutto Roma, l'Italia meridionale e l'Esarcato di Ravenna, che fino al 754-6 e all'800 fanno parte politicamente dell'Impero orientale,118 ad essere importanti centri d'irradiazione della civiltà antica.

La liturgia latina resta tale perennemente.

3. Il patrimonio culturale della Chiesa nei primi secoli del Medioevo non deve essere sopravvalutato.

L'alto livello generale dal secolo V s'era fortemente abbassato, soprattutto nei territori più settentrionali dell'Impero romano.

Le forze intellettuali ancora efficienti nella Chiesa, bastarono appena, più tardi, per conservare i documenti dell'antica civiltà che si erano salvati, e quelli del suo proprio patrimonio teologico e per tramandare importanti esperienze riguardanti il governo e l'agricoltura.

Anche ciò, d'altra parte, aveva un'ingente importanza.

Soltanto nell'opera di Agostino, per esempio, se la Chiesa non possedeva l'intera cultura antica, ne possedeva tuttavia un'immagine di tale efficacia da poter diventare il fondamento di un intero millennio successivo.

Il carattere, la forza e il limite di questa cultura teologico-ecclesiastica all'inizio del Medioevo sono desumibili dalla regola di san Benedetto ( § 32,6 ) e dalle opere letterarie di Gregorio I ( § 35,II,2ss ).

4. Che i Germani, nonostante talune opere notevoli, fossero ancora sottosviluppati non si può contestare.

Ma di questo fatto, che a tutta prima rappresenta una deficienza di fronte alla civiltà classica degli antichi, va evitata, mediante una più precisa analisi, una falsa interpretazione.

a) Innanzitutto è importante tener presente i vari significati, straordinariamente differenti sul piano etnico, geografico e cronologico, che hanno le espressioni generali « migrazione dei popoli », « germani », « conversione dei germani ».

I Germani fino a Carlo Magno non costituirono mai una unità come popolo; neppure le singole stirpi dei Franchi, dei Sassoni, ecc. furono tra loro strettamente unite; essi costituivano un gruppo di tribù.

« Si combattevano fra loro così ostilmente come se si trattasse di popoli stranieri, e si alleavano tanto con questi quanto con gli appartenenti alla propria stirpe » ( Ranke ).

Il comportamento verso il Cristianesimo delle singole stirpi germaniche non è unitario ( cfr. la conversione dei Sassoni, § 40,I ).

Il fatto delle migrazioni rappresenta inoltre qualcosa di molto più decisivo per le tribù germaniche orientali che non per quelle centrali: i Goti, i Vandali, i Longobardi si allontanarono tanto dalle loro sedi ataviche, da giungere in luoghi del tutto diversi sia dal punto di vista geografico che culturale, cosa che impose gravi difficoltà alla loro forza di autoconservazione.

Le tribù centrali invece non subirono una scossa così violenta per effetto delle migrazioni; i Sassoni antichi e i Frisoni ne furono sostanzialmente risparmiati.

Questa differenza ebbe una grande importanza per l'intera vita politica, civile ed ecclesiastico-religiosa delle varie stirpi.

b) Negli accadimenti storico-ecclesiastici dell'incipiente Medioevo, non ci troviamo di fronte i Germani dell'epoca avanti Cristo, nella quale la vecchia fede pagana e la corrispondente condotta morale si erano ancora relativamente mantenute nella loro purezza e non si erano ancora corrotte.

Tanto meno poi possiamo figurarci i germani occidentali da evangelizzare ( residenti nel continente ) dei secoli VI-VIII, semplicemente secondo l'immagine lasciataci dalle saghe islandesi, sorte in gran parte dopo il mille e influenzate in senso cristiano.

Abbiamo piuttosto da occuparci di tribù germaniche, fondamentalmente diverse dal punto di vista etnico sia per esperienza di vita, che per situazione interna ed esterna, così come esse erano alla fine e in conseguenza delle migrazioni.

Le più fedeli descrizioni circa le loro concezioni le dobbiamo agli scrittori ecclesiastici del VI secolo e dei secoli successivi; le troviamo, inoltre, nelle relazioni sul lavoro di evangelizzazione dei missionari germanici tra i loro fratelli ancora pagani, nelle prime, vite e leggende dei Santi e nei decreti sinodali di quel tempo.

La valutazione oggettiva, scientifica di queste fonti però è molto difficile perché agli uomini di quei tempi erano estranee certe categorie fondamentali del nostro metodo critico sia nel pensare, quanto nel valutare e nel riportare.

c) II concetto di « civiltà » era ben fissato per quei tempi, anche presso le tribù germaniche che ebbero l'occasione di intervenire nelle decisioni storiche.

In Occidente civiltà equivaleva a « Roma ».

Tutti i popoli che non facevano parte della civiltà ( greco )-romana erano « barbari »: e questa civiltà, nel suo complesso, era indiscutibilmente considerata come la più alta.

I germani accettarono in gran parte questa valutazione; essi si sforzarono naturalmente di far propria la civiltà greco-romana ( che includeva anche la potenza romana ) appena la incontrarono nel corso delle loro migrazioni.

La parola « barbari » è da prendere nel senso in cui la usa Bonifacio, lui stesso un sassone, quando parla « degli Alemanni, dei Bavari o dei Franchi, uomini rozzi e semplici ».

d) La fede cristiana è essenzialmente qualche cosa di più che una civiltà.

Allora però si presentò ai Germani indissolubilmente unita al retaggio della civiltà ellenistico-romana.

Il fatto che essi assieme alla fede abbiano accettato e affermato per principio questa civiltà superiore fu una grande fortuna.

Ne derivò loro il compito di mantenere e riorganizzare l'Impero romano ( che era anche il depositario della cultura ellenistica ).

Fra coloro che inculcarono ai Germani questa grande idea storica ci furono anche dei Papi, come Gregorio II, Gregorio III, Stefano II ( cfr. Bonifacio ).

Dal punto di vista del Cristianesimo naturalmente poteva sembrare una cosa quasi impossibile trasmettere l'eredità romano-cristiana ai Germani, senza che la continuità venisse turbata.

Nella predicazione cristiana i Germani sentirono parlare di Dio Creatore, del Logos, della Grazia, dell'inferno che non è solo il regno dei morti.

E qui si pone la questione centrale: quale capacità di chiara e autonoma elaborazione intellettuale di tali idee possedevano i Germani alla fine delle migrazioni e nei secoli immediatamente seguenti?

La risposta è una sola: non erano in grado di compiere una elaborazione veramente creativa, poiché mancava loro semplicemente la cultura intellettuale che a ciò sarebbe stata necessaria.

È un fatto che desta stupore che la Chiesa sia riuscita a trasmettere copiosamente a questi popoli la sua dottrina altamente spirituale in maniera essenzialmente genuina ( anche se soltanto dopo lunghi sforzi ).

5. Per comprendere gli albori dell'età cristiano-germanica è importante rendersi conto innanzitutto della possibilità di una vera conversione di questi popoli.

Le innegabili difficoltà risultano in maniera molto chiara facendo un confronto con l'evangelizzazione cristiana nell'Antichità.

Si tengano presenti, confrontandoli, i presupposti per l'accettazione del Cristianesimo presso i germani e per esempio presso i giudei di Palestina tra i quali Gesù venne, come promesso Messia, dopo una secolare preparazione e una guida provvidenziale.

Nonostante questa preparazione elementare e nonostante l'opera educatrice dello stesso Gesù, durata tre anni, il successo fu scarso a tutta prima, con tutte le immense difficoltà che sarebbero seguite.

Altrettanto poco poté riuscire una riorganizzazione in grande stile - un'Europa cristiana - nell'Impero romano perfino sotto gli imperatori divenuti cristiani, perché qui la civiltà cresciuta paganamente era divenuta troppo rigida e rimase sempre un corpo estraneo.

La possibilità ideale di una simile creazione sorse invece quando il seme del Cristianesimo cadde sul terreno delle popolazioni germaniche, in un terreno dotato di tutte le possibilità per un ricchissimo sviluppo, ma ancora vergine e incolto.

a) Il confluire di elementi germanici nel messaggio cristiano fu importante sin dall'inizio, più tardi divenne addirittura determinante nell'elaborazione della liturgia e nelle concezioni teologiche.

L'ambito nel quale l'influsso germanico si fece valere con maggiore intensità fu quello della pietà popolare.

Il Cristianesimo, nato in Oriente, formulato in lingua greca, organizzato e ripresentato nella rielaborazione latina, era sia nel contenuto che nella forma del pensiero, evidentemente diverso da tutto ciò che, globalmente, si può chiamare « germanico ».

La cristianizzazione dei germani, dopo il primo stadio delle conversioni in massa, divenne, di conseguenza, un processo di crescita più complicato, di lunga durata, e che in molti luoghi generò una dura lotta fra i valori delle due componenti e quindi un processo di fermentazione.

L'afflusso dell'elemento germanico nel Cristianesimo si distingue nettamente dall'incontro dell'Antichità col Cristianesimo stesso: esso avviene prevalentemente attraverso la forza del sentimento, della fantasia, della passione; si manifesta quindi validamente119 in primo luogo nell'arte ( Heliand: edifici e sculture di stile romanico primitivo ).

Invece per secoli non si trova alcun tentativo in campo teologico.

La precoce comparsa di una certa problematica teologica ( per esempio nell'Heliand, o la turbolenta controversia di Godescalco - + circa nell'868 - sul problema della predestinazione ) non infirma affatto questa tesi.

Vi furono alcuni teologi, e persino qualche proposizione eretica; ma non vi fu una teologia autonoma e non vi furono eresie.

Anche le dottrine errate dell'abate Radberto di Gorbie ( + verso 860 ) sull'Eucaristia rimasero senza diffusione e conseguenze.

Del resto manca un interesse spiccatamente germanico per la teologia, tutto sommato, anche nella successiva fioritura teologica.

La teologia in Occidente non divenne mai nemmeno approssimativamente così popolare come si verifica invece nelle masse popolari in Oriente nei confronti del Nestorianesimo, del Monofisismo e della lotta per le immagini.

Ne conseguì una profonda e pericolosa discrepanza tra pietà popolare e teologia erudita.

Il pensiero germanico si manifestò più intensamente nel campo ecclesiastico delle istituzioni.

b) Non mancarono tuttavia pericoli non indifferenti per la purezza del messaggio cristiano: taluni concetti fondamentali della predicazione cristiana furono rivestiti con immagini o concetti fantastici, inadeguati.

L'esempio classico nel campo della dottrina è la concezione di Cristo come un duce, eroe vittorioso e vincitore di demoni, cui si promette e si mantiene fedeltà, come un re nazionale la cui umiltà e miseria terrena sconcerta e rivolta, i cui Apostoli appaiono come i valorosi guerrieri del sovrano o del feudatario e dinanzi al quale il sofferente servo di Dio passa, a tutta prima, in seconda linea.

Nell'abbondanza delle forme magico-superstiziose emergono alcune concezioni naturali, per non dire naturalistiche, come possiamo vedere nel culto dei santi, dei demoni, delle reliquie e dei morti e nella credenza - particolarmente funesta - delle streghe, all'inizio e negli ultimi secoli del Medioevo.

Il pericolo interessò particolarmente la legge morale cristiana; questa, da una parte, viene fusa con vecchie concezioni tradizionali, le più grossolane; d'altra parte - specialmente presso i Franchi - venne indebolita nella sua purezza, a causa di costumi moralmente riprovevoli: uso brutale della forza che non conosce il diritto come fattore decisivo; crudeltà dei principi e delle donne; assassini di principi in quantità incredibile; spirito di vendetta; lussuria in tutte le sue tristi forme,120 sfruttamento immorale della servitù, e specialmente adulterio, sino ad una specie di poligamia a cui concorreva come fattore esterno l'ordine di successione germanico attraverso una specie di politicizzazione del matrimonio.

c) Balza tuttavia subito agli occhi l'immensa differenza tra questa « germanizzazione » e la giudaizzazione o l'ellenizzazione del Cristianesimo tentate nei primi secoli: un pericolo sostanziale per la dottrina cristiana, nella forma di un tentativo cosciente d'interpretazione teologica, non esiste affatto, c'è solo, in misura molto limitata, un impoverimento, portato da insufficienze culturali non coscienti.

Gli offuscamenti dunque, per quanto siano numerosi, non rappresentavano direttamente alcun pericolo mortale fintanto che la pienezza della dottrina cattolica non fosse scalfita da posizioni unilaterali; la Chiesa li poté sostenere.

Il passo decisivo era fatto; il seme della dottrina divina poteva mettere radici.

Certo, rimane il fatto che anche gli elementi più sopra accennati comportavano gravi pericoli; essi si acutizzarono allorquando, nel crescente processo di sviluppo, non furono riconosciuti come errori e perciò non furono eliminati.

Indice

118 L'Italia meridionale fino a metà dell'XI secolo.
119 « Validamente » significa essenzialmente più di « correttamente »!
120 Compresi i vizi di sodomia e bestialità che, in un popolo così sano, destano tanta sorpresa.