La storia della Chiesa |
1. All'inizio del Medioevo, Chiesa e popoli germanici, con tutte le loro possibilità e tutto il loro patrimonio, erano entrati fatalmente in reciproco rapporto; poiché l'istituzione di Cristo con la sua vocazione missionaria e la povertà religiosa e culturale dei giovani popoli si incontrarono sul piano spirituale.
Anche se i Germani in un primo tempo furono soltanto i discepoli dei vescovi e dei monaci, tuttavia essi presero ben presto il loro posto e a loro volta condussero poi alla fede gli uomini della loro stirpe.
In questo processo di fusione affonda le sue radici il Medioevo.
Molteplici vantaggi e svantaggi per l'opera della Chiesa condizionano in questo periodo l'ambiente spirituale dell'Occidente.
Il carattere precipuo di tale situazione risalta più chiaramente qualora essa venga confrontata con quella dell'Antichità: si tratta di differenze sostanziali.
Allora la Chiesa era ancora:
1) un granello quando s'imbatté
2) in tre civiltà
a) fondamentalmente diverse,
b) superiori e compiutamente evolute.
All'inizio del Medioevo invece:
1) il granello è diventato un grande organismo ( sebbene non ancora completamente sviluppato e anche già di nuovo indebolito );
2) esso non si trova di fronte
a) una civiltà superiore che per forza spirituale possa misurarsi in qualche modo con lui e porgli determinati problemi di ordine spirituale, e
b) tanto meno ancora incontra più civiltà di quel genere.
In questo ambiente c'è una singolare disposizione e possibilità di formazione, mancano invece i presupposti specifici per la creazione autonoma di un'altra civiltà.
Ai germani, poveri civilmente ma suscettibili di formazione, che avevano invaso tutto il territorio dell'Impero romano d'Occidente, si volge il lavoro missionario ed educativo della Chiesa.
E qui si pongono alcuni problemi che si manifestano anche oltre i loro confini e, in forma diversa e meno acuta, anche tra le popolazioni celtico-romane e slave.
2. a) In complesso i vantaggi prevalgono in modo così forte, la Chiesa è una potenza talmente superiore dal punto di vista religioso-spirituale-civile, che essa doveva necessariamente imporsi.
Essa poté così svolgere il suo programma essenziale, quello cioè di condurre l'Europa alla fede di Gesù Cristo, il divin Salvatore fatto uomo.
Non va peraltro dimenticato che idee ed immagini germaniche offuscarono in modo permanente o temporaneo la purezza dell'annuncio biblico-cristiano.
Gli svantaggi sopra accennati, dopo eluso il primo pericolo, si faranno sentire soltanto quando i giovani popoli saranno diventati nazioni civili, con una fede e un pensiero autonomi e propri: nel tardo Medioevo e nell'Età Moderna.
Questo fatto, naturalmente, fa sorgere dei seri interrogativi: gli elementi pericolosi del carattere germanico e le sue escrescenze successive non furono forse soltanto spuntate nella fase della minore età, ma non recise organicamente alla radice?
( Di qui, un'analisi più approfondita della pietà medioevale riconosce perché in essa forza e debolezza siano indissolubilmente intrecciate fra loro ).
b) Diversamente vanno le cose nell'ambito della vita esterna e nel campo istituzionale ad essa connesso, dove il potere temporale, materiale - forza politica e possedimenti ( potenziale bellico ) - è l'elemento che conta.
Qui la Chiesa medioevale ( specialmente il Papato ) fu dapprima in svantaggio; nella forma di Chiese territoriali, nella teocrazia imperiale e nell'idea dell'Impero il fattore ecclesiastico fu per lungo tempo dipendente dalla benevolenza del sovrano temporale.
Ciò non toglie però che la Chiesa avesse bisogno proprio di questi « svantaggi » ( in forma più evidente nella missione ), che a lungo, anzi troppo a lungo, li affermasse e se ne valesse ( specialmente il diritto delle chiese private ).
Ma la forza spirituale della Chiesa era talmente preponderante, che nell'alto Medioevo riuscì ad avere il sopravvento anche in questo settore ( e anche qui si presentarono altri pericoli e la Chiesa, pur nella sua vittoria, soggiacque a questi svantaggi ); nel tardo Medioevo essa dovette naturalmente mutare quest'atteggiamento.
3. I vantaggi: a) Quando questi popoli giovani e spiritualmente minorenni passarono al Cristianesimo, riconobbero senz'altro la superiorità della nuova religione e della Chiesa.
Essi, come già si è detto, accettarono con semplicità, in modo puramente oggettivo e fedele, si potrebbe dire in modo passivo, il Cristianesimo così come lo presentava loro la predicazione della Chiesa; in quei primi tempi non si ebbe alcuna speculazione intellettuale autonoma nelle dottrine di fede.
È qui che affondano le loro radici atteggiamenti spirituali di fondo che caratterizzano tutto il Medioevo: lo spirito di fede ligio alla Chiesa ( tradizionalismo e oggettivismo ), l'unitarietà di tutta la vita spirituale-religiosa ( universalismo121), e la superiorità culturale, del clero,122 in forza della sua posizione sacramentale.
Va ricordato che espressioni come quelle appena usate sono delle formule brevi e che perciò non esprimono quelle differenziazioni, che sarebbero pur necessarie.
L'illustrazione del decorso storico ci offrirà a sufficienza la possibilità di apportare delle integrazioni.
L'universalismo spirituale-religioso, per esempio, spinge anche ad una unione politica sotto una sovranità, in un regno.
Questo poteva essere addirittura un caso ideale nella libertà e nel coordinamento reciproci ed equilibrati delle due supreme istanze: il Sacerdozio e l'Impero.
L'effettivo corso storico però dimostra che l'universalismo spirituale tollera benissimo un certo particolarismo in campo politico.
Ciò vale sia per l'Impero di Carlo Magno come per le organizzazioni politiche dell'alto Medioevo.
b) È già stato detto che nella religiosità germanica non si trovano immediate premesse teologico-culturali per la comprensione del messaggio cristiano.
È innegabile però che alcuni popoli germanici possedevano una profonda recettività per la sublime e, al tempo stesso, attraente maestà del divino; ai tempi di Tacito perlomeno, i Germani l'avevano conservata, nonostante il politeismo.
In un certo sentimento panteizzante, affiorava perfino una pallida idea dell'unico Dio, ciò che trova la sua migliore espressione nella formula, pure tramandata da Tacito, del Dio che tutto provvede presso i Sènoni.123
A ciò era connessa la sottomissione alla volontà di Dio, altrettanto fondamentale per ogni vera religione, cosa che i Sènoni pure riconoscono, quando entrano solo se legati nel sacro boschetto, oppure quando offrono dei sacrifici che si degradano fino a sacrifici di uomini e di bambini della propria tribù.
Naturalmente, non tutte le tribù erano così profondamente religiose come i Sènoni, e sappiamo pure che la religione germanica durò fino alle migrazioni e in esse si dissolse.
Lo svolgersi della conversione dei Germani però ci autorizza a credere che gli atteggiamenti religiosi accennati non fossero andati del tutto perduti.
Non è possibile, d'altra parte, definire certe concezioni germaniche come anticipazioni e modelli di idee cristiane.
I pretesi « paralleli »124 non reggono ad una indagine spassionata.
Essi affiorano soltanto in un metodo pericolosissimo che, usato a rovescio, deve condurre ad una sottovalutazione sincretistica del Cristianesimo.
Bisogna piuttosto confessare semplicemente che lo svolgersi della conversione dei Germani si spiega razionalmente con poca chiarezza, che perciò i singoli fattori che condussero alla conversione si comprendono con esattezza ancora minore che non per i popoli del mondo antico.
Ciò dipende anche dalla scarsità delle nostre fonti che non ci danno alcuna informazione precisa dello stato spirituale di quei Germani e dello svolgimento interno delle conversioni.
Certamente si manifesta un certo desiderio di redenzione; la dottrina del Dio buono, del suo regno venturo e della comunione dei santi, cioè la vittoria del bene, liberarono il germano dalla opprimente tragicità della visione del mondo che gli offriva un destino cieco, travolgente gli dèi e gli uomini;125 la fede nell'immortalità dell'anima offriva una soluzione per il penoso enigma della morte ( H. Riickert ).
Si è parlato così, a ragione, di basi che avrebbero facilitato l'accettazione della fede nel Dio creatore.
c) Ma più importante di queste particolarità è un altro fatto: i popoli germanici e romano-germanici portarono nella nuova religione una forza etnica inesausta e ( con la progressiva cristianizzazione ) un animo nuovo, ricco di profonda sensibilità.
La carenza di civiltà, nel senso accennato, rese anche possibile che la lingua della Chiesa romana improntasse, anzi formasse, in modo unitario la liturgia della maggior parte d'Europa e oltre a ciò, per secoli interi, la vita spirituale europea in genere.
Questa lingua latina della liturgia, di tutte le espressioni erudite e di una parte delle relazioni pubbliche fu, assieme all'unica fede cristiana, il più forte elemento coesivo fra le molteplici popolazioni e forze germaniche che porteranno alla civiltà ecclesiastica unitaria del Medioevo.
A questo punto, naturalmente, non va ignorato il rovescio della medaglia di questa unitarietà; esso è visibile in maniera molto chiara nello scisma d'Oriente che si va maturando.
Il pericolo è afferrabile nella identificazione di « Christianitas » con « Romanitas » o « Latinitas » assieme al rifiuto dei « Graeci » ( o « barbari »! ).
Valori propri pur legittimi furono, in tal modo, effettivamente compresi in maniera insufficiente.
4. Gli svantaggi: a) Si è già accennato ad un primo pericolo: consisteva nel fatto che l'elemento naturalistico, istintivo dei Germani, potesse soffocare l'elemento spirituale del Cristianesimo e la sua elevata purezza.
In effetti la pietà cristiana in un primo tempo perde in valori spirituali.
Le concezioni religiose, come le forme di vita religiosa, saranno meno raffinate, saranno più grossolane.
Ciò dipende prevalentemente dal fatto che nei primi secoli manca la lingua per la predicazione cristiana: i dialetti germanici non possedevano una terminologia nella quale si fossero potuti esprimere gli « astratti » dogmi cristiani.
Tanti concetti pertanto si poterono tradurre solo superficialmente.
I germani per esempio non possedevano il concetto di un signore assoluto ( Dominus ), ma solo di un « drochtin », duce, al seguito del quale si andava liberamente.
Nella possibilità rappresentativa germanica non esisteva neppure un equivalente per il concetto neotestamentario di « grazia »; essa divenne omaggio al Re del cielo col quale si contrae un determinato rapporto di fedeltà affinché egli si dimostri soccorritore negli eventi del terreno destino.
Sorge l'idea della reciproca prestazione.
Il pensiero germanico e la sua lingua avevano difficoltà anche a comprendere in maniera pura la realtà sacramentale.
Essa venne esteriorizzata o resa statica.
L'unione mistico-sacramentale del Figlio di Dio, Gesù Cristo, con la sua comunità, rappresentata e operata dal suo sacrificio, si ridusse alla presenza ( Messa come render presente ).
Ancor meno ci si rese conto della sacramentalità della penitenza poiché la consapevolezza della riparazione ( secondo il principio, che si stava sviluppando, della prestazione in base a tariffa ) nasconde in larga misura la remissione sacramentale, cioè meritata da Cristo e in lui donata.
Qui affonda una delle radici del « moralismo » germanico che, attraverso le conversioni in massa prodottesi troppo rapidamente, poté svilupparsi in guise molteplici e che più tardi doveva fatalmente intaccare la sostanza religiosa.
Un'altra radice è data dalla mentalità germanica che considera tanto il peccato, quanto la virtù, più sotto il punto di vista dell'azione che dell'interiorità.
È vero che con ciò non è esclusa completamente l'intenzione e la preoccupazione per questa, ma entrambe perdono d'importanza.
Questo realismo ha i suoi vantaggi poiché coglie l'uomo e la sua realtà.
Il peccato come turbamento dell'ordine esige riparazione che non si può operare con un solo mutamento d'animo.
D'altra parte però questo atteggiamento fondamentale tende all'esteriorità dell'azione che con molta facilità viene in conflitto con la legge fondamentale della miglior giustizia interiore del Cristianesimo.
b) Ciò che offrì veramente e in modo decisivo le maggiori possibilità di conversione, non fu una preparazione dei Germani, ne alcun concetto fondamentale del Cristianesimo al quale l'evangelizzazione si fosse riallacciata; fu piuttosto la sua superiorità.
Decisiva per l'accettazione del Cristianesimo è in generale e in primo luogo non la sua « verità », ma la maggior potenza del Dio cristiano.
Nello Heliand ( 830 circa ) Gesù viene esaltato come « il più forte dei nati, il più forte dei ré, l'eroe più valente », e così pure nello stesso periodo nel « Muspilli » e in modo sorprendente ( sotto l'influenza vetero-testatamentaria ) perfino ancora in Susone ( § 69, l'eroe che combatte e soffre! ).
Il problema della legittimità della vecchia o della nuova religione, presso i Germani, gente pratica, non vien posto come problema riguardante la verità, partendo quindi dalla dottrina, bensì dalla realtà compresa come potenza ( la potenza del nuovo Dio essi la sperimentano per esempio nella guerra e nel « giudizio di Dio » ).
Nella dottrina cristiana ciò venne intensamente favorito dalla figura del Dio onnipotente.
Che la preghiera dei popoli del primo Medioevo non si dirigesse direttamente alla Maestà di Dio, ma di preferenza ai Santi, le cui ossa si potevano conservare, vedere e toccare, nascondeva in sé, proprio per questi popoli, un pericolo particolare.
Esso si espresse sovente in forme grossolane e superstiziose di vario genere e nel tardo Medioevo si fece più acuto.
D'altra parte qui si manifesta anche la ricchezza del Cristianesimo e la sicurezza pedagogica della Chiesa, la quale coscientemente ( Gregorio I: § 35,II ) ai popoli non maturi, mette in mano dei mezzi che corrispondono alla loro capacità, affinché, servendosi di essi, possano salire ad una più alta pietà.
c) Gli ideali dei nuovi popoli risalgono, in gran parte, a concetti di potenza esterna che assoggetta l'avversario e si impadronisce dei suoi beni.
La storia della Chiesa franca sino a Pipino, con le continue confische di beni ecclesiastici di ogni genere, alle quali d'altro canto corrispondono le donazioni a chiese e monasteri,126 come l'usurpazione di diritti ecclesiastici da parte dei principi, rivela questo pericolo, il quale fece sentire i suoi effetti sin nell'interno dell'organizzazione ecclesiastica ( eccessi della realtà delle chiese private e di chiese territoriali ) e annuncia già il grande problema della lotta successiva per la « libertas » della Chiesa.
È da aggiungere il fatto che l'importanza di una personalità viene eccessivamente misurata in base alla potenza militare e al possesso dei beni.
In tal modo il Vescovo germanico diventerà quasi necessariamente signore temporale, poi sovrano e guerriero, ciò che, per molti aspetti, nuocerà al suo ministero sacerdotale.
d) Religione e ordine politico - secondo le antiche concezioni germaniche - non sono tenuti distinti fra loro, specialmente nel periodo del primo Medioevo, se non per lo sfruttamento egoistico della Chiesa da parte del principe, o viceversa per l'incremento della potenza economica e politica dei vescovi.
Questo da come risultato anche un vantaggio particolare che imprime il suo carattere a tutto il Medioevo: l'intimo legame tra vita civile ( e addirittura di tutta la vita profana ) e vita ecclesiastica in funzione di una unità di cultura specificamente medievale.127
Ma qui si cela anche un grave pericolo.
I popoli germanici tenteranno in vari modi di vincolare il Cristianesimo alla loro propria forma nazionale.
Questo pericolo è notevolmente aggravato dalla natura particolaristica dei Germani ( per esempio la tribù al posto del regno ).
Il pericolo del costituirsi di Chiese nazionali128 ( come avvenne nei regni ariani ) e di Chiese territoriali come nei regni cattolici ( Anglosassoni, Franchi, Burgundi, Bavari ) quale continua minaccia dell'unità della Chiesa, come anche perenne fonte di secolarizzazione ( politicizzazione ), è più che evidente; esso si realizzò già all'inizio delI'VIII secolo nella Chiesa franca, resa ricca dallo Stato, o nei suoi vescovi-signori.
Qui affondano anche le radici di quel funesto principio « pagano » ( Engelbert Krebs ): cuius regio, eius religio.
Teniamo presente però che tale politicizzazione del Cristianesimo e dell'organizzazione ecclesiastica in quei primi stadi di sviluppo, in parte era inevitabile, in parte anche intrinsecamente non pericolosa; tuttavia, col crescere della maturità religioso-spirituale, il pericolo si manifestò con estrema gravita.
L'intima autonomia delle due sfere, insieme ad un loro coordinamento, esigeva la necessaria divisione.
Resta da osservare che la Chiesa, nell'uso del potere regio da lei consacrato, ben presto cerca da parte sua di conquistare il campo secolare, non rispettando, purtroppo, in maniera sufficiente e a tempo opportuno, la necessaria autonomia della vita secolare.
Indice |
121 | Universalismo significa che il pensiero e l'azione vengono guidati da punti di vista generali, ma orientali unitariamente, in opposizione al particolarismo che è frazionamento in elementi particolari. |
122 | Il clero, come rappresentante della Chiesa, all'inizio del Medioevo era lui solo in possesso delle superiori forze religiose, morali, intellettuali e in genere culturali ( amministrazione, tecnica ) dalle quali sorge la vita medioevale. |
123 | « Regnator omnium Deus ». Ciò significa per i Sènoni una certa limitazione dell'affermazione fatta sotto ( che il concetto di un signore assoluto sarebbe ignoto ai Germani ). |
124 | Tre esseri divini della stessa grandezza = trinità; Odin sul patibolo della « Weltesche » = Gesù in croce. |
125 | Questo ci è tramandato per lo meno riguardo agli Anglosassoni ( Beda ). |
126 | A proposito della problematica intrinseca di tali «donazione» rfr. cap. IV. |
127 | Questa compenetrazione non fu ugualmente stretta in tutte le parti d'Europa. Da nessuna altra parte divenne tanto solida come in Germania dove vige il diritto della chiesa privata e dove i vescovi vengono investiti di feudi imperiali; specialmente in Francia il legame è molto meno stretto. La forma agraria però rimane essenzialmente per tutta la Chiesa Medievale anche, e nella misura in cui essa solo da lì trae i mezzi per la sua esistenza. |
128 | Il termine « nazionale » in senso stretto è applicabile soltanto a condizioni storielle tardive. Qui è usato per distinguere, le Chiese ariane « separatistiche » dalle Chiese territoriali cattoliche nell'ambito dell'Imoero. |