La storia della Chiesa |
1. Sul piano ecclesiastico e culturale, il destino della Russia è stato profondamente segnato dal fatto che la cristianizzazione, che l'ha trasformata, le è venuta dalla sfera della civiltà bizantina.304
L'influenza si estende ai campi più svariati della storia russa; e la sua espressione più significativa è data dal fatto che Mosca, non appena assunta a capitale dell'impero, vide in se stessa l'erede dell'impero bizantino, la terza e definitiva Roma, e come tale si considerò.
Già nel periodo della controversia per le immagini, monaci fuggiti da Bisanzio avevano portato il messaggio evangelico nei territori meridionali della Russia, per es. in Crimea.
Vi introdussero anche quel culto delle immagini, che sarebbe poi diventato un elemento costitutivo della pietà russa.
Le loro caverne scavate nella montagna si trasformarono a poco a poco in monasteri rupestri, fenomeno anche questo che assumerà una enorme importanza per la storia russa e la storia della chiesa ortodossa ( il più importante fu il monastero rupestre fondato a Kiev nel 1051 da alcuni monaci del Monte Athos ).
A partire dalla sua cristianizzazione, Kiev riveste un'importanza enorme nella difesa contro le orde asiatiche, e il suo monastero va celebrato come un vero vivaio di pietà russa.
Il primo vescovo-missionario era stato inviato nel paese dal patriarca Fozio, nello stesso periodo in cui Roma e Costantinopoli si contendevano l'evangelizzazione dei paesi balcanici.
La prima principessa russa che accettò la religione cristiana, Olga, fu battezzata a Costantinopoli, e suo nipote, Vladimiro ( battezzato probabilmente nel 988 ), sposò una principessa bizantina.
Di fronte al carattere bizantino impresso al cristianesimo russo, i tentativi occidentali del tardo secolo X e del XII non riuscirono ad imporsi.
La liturgia e la letteratura però furono introdotte dalla Bulgaria dai discepoli di Metodio; così nello stato di Kiev venne a formarsi un cristianesimo slavo-bizantino ( de Vries ).
Kiev fu il primo centro di concentrazione politica e religiosa.
Quando la sua importanza andò scemando, il nuovo centro divenne Novgorod, che passò poi la sua eredità a Mosca.
Il metropolita veniva consacrato a Bisanzio e confermato dal Basilèus.
Fino al XII secolo i metropoliti in Russia furono quasi esclusivamente greci.
Quando Costantinopoli fu assediata dai turchi, il vincolo durato moltissimi anni si riconfermò: quando l'Occidente si ritrasse, fu la Russia a offrire denaro e armi.
2. Fino all'XI secolo era stato cristianizzato il territorio slavo orientale ( v. vol. I, cartina 7 ).
Con una certa naturalezza l'ondata di cristianizzazione penetrò verso est e nord-est.
La chiesa russa, e in particolare il regno di Kiev, divenne il « baluardo della cristianità » di fronte all'Oriente pagano ( Benz ).
È importante tener presente che la spinta missionaria d'espansione verso est e nord-est continuò a persistere, anche sotto la dominazione mongola.
Le incursioni dei mongoli, nel XIII secolo, caratterizzano per due secoli e mezzo ( 1224-1484 ) la storia del popolo russo e della sua Chiesa.
Nel 1240 Kiev fu distrutta; il centro di gravita della vita russa si spostò ancor più verso Mosca.
Nonostante le orribili distruzioni ( assassini, espulsioni, oppressioni di ogni genere in città, in monasteri e fra la popolazione rurale ) subite dalla chiesa e dal popolo cristiano sotto il dominio straniero pagano,305 questi secoli non ci danno soltanto una storia di oppressioni.
Dopo che la minaccia mongola sull'Europa meridionale nel 1242 era diventata poco più che un ricordo, i principati russi si trasformarono in province dell'impero mongolo, la Chiesa poté vivere protetta da una legislazione religiosa sorprendentemente comprensiva.306
Parecchi mongoli ( alcuni dei quali divennero cristiani nestoriani, o almeno ebbero al loro servizio tali cristiani ) si allearono addirittura con le potenze occidentali contro l'Islam.
Questo tentativo finì nel 1259 con la sconfitta degli asiatici.
Da allora l'Islam fu sempre in piena avanzata e quando riuscì ad attrarre anche i prìncipi mongoli, il cristianesimo subì gravi perdite, e intere comunità furono distrutte.
In quel tempo papa Innocenzo IV cercò invano di indurre le potenze cristiane e i prìncipi cristiani russi ad allearsi con l'ordine teutonico contro i conquistatori pagani.
Ad eccezione del principe di Halicz in Galizia ( incoronato poi rè dal papa, 1253 ), tutti gli altri prìncipi russi, piuttosto che allearsi con l'ordine teutonico, preferirono vivere sotto il dominio mongolo.
Fu una decisione d'importanza storica nei confronti dell'Occidente cattolico, caldeggiata dagli imperatori greci ( sia da quelli esiliati da Costantinopoli, come da quelli rimpatriati dopo la caduta dell'impero latino ) che avviarono delle relazioni coi mongoli.
Un anno prima del concilio d'unione di Lione, si giunse addirittura ad una unione matrimoniale fra Bisanzio e mongoli.
Parallelamente a viaggi commerciali nell'Asia interna ( i tre famosi Polo ), al viaggio di un francescano che per incarico di Luigi IX, nel 1253 si recò dal Gran Khan ( colloquio di religione ), furono allacciate relazioni diplomatiche col papa.
Sappiamo anche della conversione di nobili mongoli.
3. A partire dalla metà del XIII secolo, prese avvio un'intensa attività missionaria fra i mongoli.
Essa fu rinvigorita dalla riforma monastica attuata negli anni 1314-1393.
E si ebbe una serie di eminenti pionieri, sia sul piano religioso che organizzativo, i quali, anche dopo la caduta dei mongoli, a partire dal XVII secolo si affermarono con opere religiose e culturali di primo piano, fino al Kamciatka, nelle Isole Aleutine e nell'Alaska, e poi anche fino a Pechino, in Giappone e in Corea.
I numerosi monasteri, che caratterizzano le vie battute dai monaci-pionieri, divennero centri di vita religiosa e culturale.
A partire dal 1448 ( cinque anni prima della caduta di Costantinopoli ) la chiesa russa divenne autocefala.
Lo sfacelo politico dell'impero bizantino diede enorme impulso alla coscienza russa.
La motivazione e l'argomentazione teologico-ecclesiastiche erano le seguenti: Costantinopoli, avendo tradito l'Oriente ortodosso mediante l'unione di Firenze, ha perso l'impero; a causa di questa unione la chiesa bizantina è eretica;307 l'eredità dell'Impero romano passa a Mosca.
La teoria fu fatta propria dal granduca di Mosca Ivan III ( 1462-1505 ) mediante il suo matrimonio con Sofia, nipote dell'ultimo imperatore della dinastia dei Paleologi, caduto nella difesa delle mura di Costantinopoli.
Egli chiamò se stesso « zar »; il suo metropolita esaltò lui come il nuovo Costantino e Mosca come la terza Roma ( 1492 ) e il centro dell'Oriente ortodosso, che gradatamente andava affrancandosi dalla dominazione dei mongoli.
Il nuovo sovrano fece proprio il concetto di chiesa di stato dell'antico impero romano e di Bisanzio.
Ivan IV ( 1533-84 ) si fa incoronare dal metropolita di Mosca, zar di tutta la Russia; bandisce una « crociata ortodossa » ( Benz ), libera il paese dai mongoli; 40 anni dopo, nel 1589, Costantinopoli deve riconoscere Mosca come patriarcato;308 il patriarca ecumenico introduce il nuovo collega nel suo ufficio ( 1589 ).
Mosca diviene la protettrice religiosa di tutti gli ortodossi, anche di quelli dei paesi balcanici e della Turchia.
4. Per l'ulteriore sviluppo ecclesiale divenne determinante il formarsi di due tipi di monachesimo russo e dei rispettivi monasteri.
I primi monasteri - come quegli abitacoli scavati nella roccia in Crimea - furono fondati e costruiti dagli stessi monaci asceti.
Più tardi monasteri furono spesso fondati dai prìncipi ( che esercitavano poi determinati diritti di patronato nel monastero e su di esso ); questi ultimi erano esclusivamente monasteri cenobiti ( = vita comune, non eremitica ).
Data la loro origine, erano coinvolti negli interessi dei loro fondatori e, conseguentemente, anche nella loro politica.
Accanto a questi esistevano monasteri in cui era ancora vivo lo spirito degli eremiti dei tempi antichi, skiti ( = villaggi di eremiti ).
Essi non volevano saperne ne di dominio ne di politica, volevano realizzare lo spirito evangelico della mitezza, avevano interessi missionari e si prendevano cura del popolo semplice.
Fra questi due tipi si svilupparono rivalità di metodo, che diedero poi origine ad una serie di lotte gravide di conseguenze per la chiesa russa.
Gli skiti si battevano per una certa esenzione ( potremmo anche dire, volgendo uno sguardo alla chiesa latina, per la « libertas » ecclesia ).
Erano contrari ad ogni ingerenza del potere secolare nella sfera ecclesiastica.
In questa però essi esigevano il primato dell'amore, condannando i duri provvedimenti che la gerarchia ecclesiastica prendeva contro eretici e scismatici.
Erano fautori di una specie di tolleranza, alla quale non mancava una certa passività.
5. I due indirizzi vennero ad urtarsi allorché i monasteri cenobiti furono solidamente organizzati.
Ciò avvenne negli ultimi anni di Ivan III, ad opera del monaco Giuseppe di Wolokalamsk ( 1440-1515 ).
Venne a determinarsi una forma fatale del pensiero politico-ecclesiastico moscovita.
Wolokalamsk divenne nientemeno che il teorico teologico dell'autocrazia degli zar di Mosca; e a consolidarla dedicò ogni sua energia.
All'inizio del XVI secolo incominciò la persecuzione contro i monaci skiti da parte dei monasteri favorevoli alla chiesa di stato, seguaci, cioè, di Giuseppe di Wolokalamsk.
Essi riuscirono vittoriosi; la loro influenza divenne esclusiva.
La chiesa di stato determinò, da allora in poi, le sorti della chiesa russa.
Ma il logico sviluppo portò a conseguenze che il fondatore del movimento non aveva certo previsto.
Anche il patriarca Nikon ( v. sotto ), sotto il quale questo giuseppinismo russo ( ante litteram ) raggiunse il suo culmine, protestò contro l'ingerenza del potere dello Stato nella sfera ecclesiastica.
Ma nel 1666 un sinodo proclamava la subordinazione del potere religioso allo zar ( lo stesso patriarca fu esiliato, furono ritirate le sue opere ).
Pietro il Grande ne trarrà le conseguenze ( v. sotto ), e con la zarina Anna Ivanovna ( 1730-40 ) si giungerà ad una crudele persecuzione dei monaci e metà dei monasteri saranno chiusi.
6. a) Allorché salirono al trono i Romanov ( 1613 ), si delineò chiaramente l'indirizzo verso questo tipo di chiesa di stato.
Esso fu introdotto e accompagnato da una serie di strane riforme religiose che, in un primo tempo, furono attuate dagli stessi patriarchi, più tardi invece dal sovrano stesso.
Quasi sempre, però, incontravano l'opposizione appassionata del popolo e dei monaci.
Gruppi di « vecchi credenti » ( propriamente: « vecchi ritualisti » ) si staccavano continuamente, per protesta, dalla grande chiesa.
Punto di partenza dei disordini fu la revisione dei libri liturgici e delle prescrizioni canoniche: il patriarca Ntkon ( 1652-1658 ) favoriva la tradizione greco-bizantina, avversando le antiche tradizioni nazionali russe.
L'opposizione, di conseguenza, era sostenuta dai « vecchi credenti ».
Nella chiesa russa, per es., si faceva il segno della croce con due dita, non con tre come a Bisanzio, il Kyrie e il Gloria venivano cantati in maniera diversa.
Ora, poiché anche il nuovo zar ( come già Ivan IV ) aspirava ad esser riconosciuto universalmente protettore di tutti i cristiani ortodossi, favorì quella « grecizzazione ».
Il popolo invece rifiutava tutto quello che era greco, come, in genere, tutto quanto era straniero.309
Nel 1649 fu pubblicato un nuovo codice che segna, coscientemente, l'inizio dell'età moderna in Russia.
Le facoltà dei tribunali ecclesiastici furono limitate, fu proibita la donazione di beni terrieri ai monasteri.
Per quanto ingiusto, questo provvedimento fu accettato in massima parte dal popolo senza opposizione, tanto più che, da circa 150 anni, in seno al monachesimo esisteva un movimento propugnante l'assoluta povertà dei monasteri.310
Un'ordinanza del patriarca invece, secondo cui in avvenire ognuno - sotto pena di scomunica - avrebbe dovuto seguire i riti nella forma riveduta, provocò un'appassionata opposizione contro l'attentato nei confronti dei misteri della liturgia.
I cosiddetti « amici di Dio » reagirono con enorme indignazione, si formò il raskol ( = scisma ) con eccessi di fanatismo socialmente pericoloso; epidemia di suicidi,311 contro cui il governo russo e la chiesa ufficiale ebbero a lottare per secoli.
Tuttavia, il sinodo di Mosca del 1666 sanzionò l'introduzione della liturgia greca.
b) In questa controversia si manifesta qualcosa che è tipico dell'atteggiamento religioso orientale: la liturgia orientale cresce impercettibilmente, ma, una volta consolidata, le sue forme appaiono assolutamente intangibili.
Per questo motivo certe riforme, come quelle attuate da Roma in tutti i secoli dell'età moderna ( Pio IV e Pio V, Urbano VIII, Benedetto XIV, Pio X e Pio XII ), sono pressoché inimmaginabili in Oriente.
7. a) L'Europa occidentale era molto superiore alla Russia in fatto di « civilizzazione », e Pietro il Grande ( 1682-1725 ) voleva trame vantaggio per sé e per il suo paese.
I suoi amici stranieri appartenevano a confessioni diverse e non erano liberi da influssi illuministici.
Da essi quell'uomo certamente di grande ingegno apprese a considerare la religione come qualcosa di secondaria importanza.
Quasi tutte le sue sconvolgenti riforme toccavano anche questioni religiose; poiché la tradizione ecclesiastica dominava ancora in gran parte la vita pubblica.
Le sue riforme incontrarono subito opposizione tra le file del clero.
Pietro reagì in primo luogo lasciando vacante la cattedra del patriarca, dopo la morte del suo ultimo titolare ( a partire dall'anno 1700 ) e sottoponendo al controllo dello zar le entrate della Chiesa.
Seguì la confisca di una gran parte dei beni della Chiesa e dei monasteri; i sacerdoti secolari, in seguito, dovevano ricevere uno stipendio dallo Stato, e la Chiesa, pertanto, doveva diventare una istituzione statale.
Si fece obbligo ai vescovi di erigere nelle loro sedi almeno una scuola destinata ai figli dei sacerdoti; entrò in vigore la proibizione di entrare in convento prima dei trent'anni.
Nel 1702 lo zar proclamò la generale libertà di coscienza, dalla quale erano esclusi soltanto i protestanti.
Tollerò invece e aiutò i cattolici e cercò di inserire nuovamente nello Stato anche il raskol.
b) Il 25 gennaio 1721 fu definitivamente soppresso il patriarcato di Mosca.
Al suo posto fu costituito un comitato, « il santissimo sinodo dirigente », formato da eminenti prìncipi della Chiesa, nominati dallo zar.
Il « capo supremo » della chiesa russa da allora in poi fu lo zar.
Come suo rappresentante nel santo sinodo fu designato un laico col titolo di procuratore supremo.
Al santo sinodo facevano capo tutti i diversi affari interni della Chiesa: la liturgia, il digiuno, il culto dei santi e delle reliquie, le tradizioni religiose popolari e l'istruzione.
Compito dei vescovi doveva essere invece soltanto l'amministrazione dei beni ancora rimasti alla Chiesa e ai monasteri, l'istruzione del clero, la cura d'anime.
Come doveri dei fedeli furono stabiliti: la conoscenza della dottrina ortodossa e l'obbligo della comunione una volta all'anno.
Il patriarca di Costantinopoli riconobbe il nuovo ordinamento nel 1723.
8. a) I successori di Pietro il Grande seguirono in generale questa linea di politica ecclesiastica.312
Sotto le imperatrici Elisabetta e Caterina si fece qualcosa per sollevare un po' l'ignoranza generale.
La Russia si apriva sempre più a influenze occidentali aumentando al contempo lo scontento fra il clero e il popolo.
Per placarlo, sotto l'imperatrice Elisabetta, furono revocati alcuni provvedimenti già decisi da Pietro il Grande e soprattutto i suoi decreti sulla libertà di religione.
b) Ma Caterina la Grande ( 1762-96 ) introdusse nuovamente la tolleranza per i fedeli di altro credo,313 soprattutto per facilitare ai tedeschi l'immigrazione e per impedire l'emigrazione degli appartenenti al raskol.
Tutti i beni della Chiesa passarono allo Stato.
Anche i monasteri dovevano ora essere mantenuti dallo Stato.
Contemporaneamente la zarina incrementò le missioni: la Siberia divenne allora russa e cristiana.
Caterina raggiunse finalmente quella mèta tanto agognata dai sovrani russi dopo la caduta di Costantinopoli: nel 1774 la Turchia riconobbe alla Russia il diritto di protezione su tutti i cristiani ortodossi d'Oriente.
Questa principessa tedesca, protestante, nella sua qualità di sovrana, applicò indiscriminatamente, in tutti i campi della vita pubblica, le idee e i programmi illuministi in tal misura che la secolarizzazione dei tempi futuri pare già iniziata con lei.
Il fatto che essa esteriormente rispettasse l'ortodossia, anzi la praticasse, era soltanto un'abile strumentalizzazione delle forze della Chiesa314 nell'interesse di una chiesa di stato assoluta, senza ostacoli, liberalistica, caratterizzata dal libero pensiero.
c) È ben vero che la rivoluzione francese e le sue conseguenze minacciose per l'ordine allora esistente provocarono, nel XIX secolo, una reazione in favore della Chiesa e del suo influsso sulla vita sociale.
Ma nella chiesa di stato che riconosceva lo zar come detentore unico del potere, ed esplicitamente come « capo della Chiesa », non cambiò nulla.
Quelle poche concessioni, accordate di tempo in tempo alla Chiesa nelle alternative di una politica poco chiara, non erano di molta durata.
La Chiesa stessa rimaneva quella che era, senza alcun rinnovamento.
Il monachesimo però ebbe un nuovo periodo di fioritura, attraverso la pietà athonito-esicastica molto ardente fra il clero e il popolo.
9. a) La Chiesa, in quanto tale, andò perdendo sempre più la sua influenza. Il XIX secolo fu per la Russia un periodo di appassionate lotte interne.
Al tentativo degli zar di aprirsi sempre più a influenze occidentali, si opposero le forze conservatrici ( filosofi slavofili della religione ).
I vigorosi impulsi religiosi trovarono ben poca rispondenza nella Chiesa ufficiale e investirono pertanto le sètte, mentre la giovane « intellighentia » era guidata da fanatici movimenti occidentali e locali verso un unico fine, il nichilismo.
Nel 1869 fu abolita l'ereditarietà dello stato ecclesiastico; i figli dei preti, da allora in avanti, poterono dedicarsi a professioni civili.
b) Quale alleata dello Stato, la Chiesa divenne oggetto di odio nei territori periferici dell'impero, da quando Alessandro II ( 1855-81 ), che si era presentato come « zar liberatore » ( abolizione nel 1861 della servitù della gleba ) era passato, in misura sempre crescente, a una radicale opera di russificazione.
I protestanti nelle regioni baltiche e i cattolici nella Polonia russa furono vittime di gravi discriminazioni.
Soltanto la Finlandia poté mantenere la libertà di coscienza.
10. In seguito alla rivoluzione bolscevica del 1917, ebbero luogo, in tre riprese, negli anni fino al 1939, le più atroci persecuzioni.
È vero che al « sinodo della Chiesa panrussa » ( 1917 ) fu permesso di ricostituire il patriarcato di Mosca.
È vero anche che il nuovo patriarca Tikhon, degna figura di prelato, resistette eroicamente ai soprusi perpetrati dal governo bolscevico.
Ma già nel 1918 si ebbe la separazione fra Chiesa e Stato, fra Chiesa e scuola, che aveva, palesemente, lo scopo di soffocare la Chiesa e la religione cristiana ( come « relitti della società capitalistica » ); le chiese e i beni della Chiesa, compresi gli arredi liturgici, sono patrimonio del popolo: chi li trattiene è nemico dello Stato.
Fu precisamente il rifiuto del patriarca di consegnare gli arredi sacri che portò ( nel 1919 ) alla persecuzione.
I metropoliti di Pietroburgo e di Kiev furono giustiziati, 84 vescovi e oltre 1000 sacerdoti furono esiliati.
Infranta anche l'autonomia del governo della Chiesa, questa restò completamente nelle mani dello stato ateo.
Fu interdetta ogni forma di predicazione fuori della chiesa e l'educazione della gioventù.
Si ebbero numerosissime condanne di religiosi, arresti, condanne a morte, deportazioni, emigrazioni forzate.
I laici fedeli alla Chiesa subirono la stessa sorte.314a
Si limitò l'espressione della Chiesa al campo « puramente religioso » della liturgia, nelle poche chiese non ancora espropriate.
Non giovò al patriarca l'aver abbandonato le tendenze politiche della gerarchia emigrata e l'essersi professato insieme per la sua fede ortodossa e per l'Unione Sovietica come sua patria civile e dichiarato ad essa solidale.
Nel 1929 furono chiuse circa millecinquecento chiese e ancora una volta furono esiliati molti sacerdoti e molti vescovi.
Nel 1937 si accese un'altra persecuzione al cui riguardo non si hanno dati precisi.
Nel 1939 una imminente e massiccia persecuzione fu fatta rientrare.
Nel 1943 il patriarca-vicario di Mosca fu nominato patriarca di tutta la Russia.
Nel 1944 fu nominato patriarca Alexej, metropolita di Leningrado.
11. Purtroppo l'immane sovvertimento nel paese causò anche molte scissioni rivoluzionarie in seno alla Chiesa: nel 1921 si formò la « chiesa viva », che si divise, a sua volta, in « radicale » e « moderata »; sorse poi la « chiesa dei novatori ».
Queste fazioni finirono poi con il dissolversi o con il tornare alla Chiesa.
Sarebbe ingenuo credere che l'averle sopportate o promosse sia stato indice di vera tolleranza.
Il bolscevismo non è legato per principio a nessuna costante verità.
Questo fatto è dimostrato da tutta una innumerevole serie di circostanze.
Esso si serve unicamente dei metodi più spregiudicati per raggiungere i suoi obiettivi.
Già prima di quella tregua, all'apice della guerra, il governo bolscevico, ossia Giuseppe Stalin, il dittatore macchiatesi di tanto sangue, aveva « stimolato » a parole la tolleranza attraverso le associazioni atee.
Ciò che non è mutato, stando alle stesse parole degli uomini di governo, è il carattere basilare essenzialmente ateo dello stato bolscevico e della sua dottrina.
Molte notizie dei tempi più recenti parlano di calma esterna, ma dicono anche quanto la Chiesa sia poco libera o lo sia soltanto per servire eventualmente ai piani di politica interna, ma specialmente estera, dei dirigenti bolscevichi.
Anche se i musei antireligiosi sono stati chiusi e le associazioni atee sono state sciolte ( perché non più necessarie ), è rimasto tuttavia il motto ( come insegna ben visibile ): « La religione è l'oppio del popolo ».
Recentemente, del resto, si è ritornati a diverse pubblicazioni, associazioni e campagne antireligiose, alle quali si è data soltanto un'altra denominazione « scientifica ».
Una legge recente pone praticamente la Chiesa sullo stesso piano di una qualsiasi altra setta.
A partire dal 1943 lo Stato ha inserito la Chiesa in maniera più attiva nel suo programma.
Stalin riconobbe la gerarchia, autorizzò l'elezione di un patriarca, istituì uno speciale organo statale per gli affari della chiesa ortodossa ( e un altro per le altre comunità religiose cristiane e non cristiane ), numerose chiese furono restituite, furono riaperti o tollerati un certo numero di seminari e scuole teologiche, un'Accademia teolologica ( a Pietroburgo « Leningrado » ) e diversi monasteri .315
12. La gerarchia ortodossa russa si trova in uno stato estremamente grave.
È evidente che essa cerchi di non offrire allo Stato diffidente, del cui arbitrio essa è in balìa, la benché minima occasione d'intervenire nei suoi affari.
In concomitanza con i calcoli di politica estera dello Stato, essa è riuscita tuttavia a rinvigorire e ad approfondire la vita religiosa.
La Chiesa può contare oggi su cinquanta milioni di ortodossi attivi ( il 70% dei bambini viene ancora battezzato ).
Dopo la morte di Stalin, però, la persecuzione è nuovamente infierita ( anche se in maniera meno palese ).
Alla vigilia della guerra erano aperte ancora circa quattromilacinquecento chiese.
Dopo la guerra erano di nuovo salite a circa ventimila.
Oggi la metà è stata nuovamente chiusa e le rimanenti istituzioni ecclesiastiche sono pure state ridotte del 50%.
Vengono ancora istruiti pubblici processi contro vescovi e monaci.
La propaganda antireligiosa e l'opera di convincimento individuale nei confronti di credenti e di aspiranti allo stato sacerdotale o al monachesimo ha raggiunto, per estensione e intensità, i più tristi anni dell'anteguerra.
Neppure il lealismo della Chiesa negli anni della guerra e del dopoguerra ha potuto evitare tutto questo.
Neppure hanno giovato le penose ed esagerate ( per non dire di più ) dichiarazioni in favore dello stato bolscevico.
Non si può certo affermare che il regime sovietico non abbia mai perseguitato la Chiesa e i suoi capi, se si eccettuino quei vescovi che furono condannati per reati politici.
Ancor più triste fu il leggere, nella rivista ufficiale del patriarcato del 1944, che il comandamento di amare i nemici non andava riferito ai nemici fascisti del paese.
Tuttavia, la gerarchia, in quanto tale, sussiste ancora.
Nel 1961 il patriarca poté perfino avanzare la richiesta, che fu esaudita, di poter far parte del Consiglio Mondiale delle Chiese così da garantirsi in tal modo l'influenza nell'ambito di tutta la cristianità non romana; e nel 1962 osservatori russi poterono presenziare al concilio Vaticano II.
Se, come sembrava, si stanno sviluppando dei princìpi di coesistenza con il cattolicesimo ( marzo 1963: udienza privata concessa da Giovanni XXIII al genero di Kruscev, primo ministro russo; gennaio 1967: udienza di Paolo VI al capo dello stato russo, Podgorni ) e se essi, in una qualsiasi forma, siano qualcosa di più e di diverso da abili misure di mascheramento e di propaganda del Cremlino, ufficialmente ateo, è cosa che si vedrà.
13. Le sorti della chiesa ortodossa nell'Ucraina sono state soggette a molte vicissitudini dalla fine della 1a guerra mondiale.
Una prima proclamazione di autocefalia per iniziativa di laici, nel 1919 comportò delle radicali innovazioni ( ai vescovi doveva essere permesso il matrimonio, i sacerdoti potevano nuovamente sposarsi ).
La sola proclamazione di autocefalia ( non le innovazioni ) fu approvata sia dal patriarca ecumenico, sia dal patriarca di Mosca in un nuovo sinodo convocato nel 1925.
Ma neppure la chiesa ucraina sfuggì alla persecuzione dei soviet.
Fu privata dei mezzi d'istruzione, furono chiusi l'università e il monastero di Kiev, la gerarchia fu allontanata o impedita nell'esercizio del suo ministero.
Una congiura le procurò l'accusa di alto tradimento.
La chiesa autocefala di Ucraina si mantenne soltanto all'estero, mentre in patria, dopo la seconda guerra mondiale, venne di nuovo completamente assoggettata al patriarcato di Mosca.
14. a) La rivoluzione bolscevica causò, com'è già stato detto, una forte emigrazione di ortodossi: laici, vescovi e sacerdoti.
Ne scaturì in parte un inserimento nelle comunità ortodosse già esistenti in altri paesi.
Naturalmente però il vincolo con la gerarchia della patria era per molti versi più tenue di quanto non fosse stato in Russia.
Fu già molto che, a partire dal 1921, si costituisse una direzione generale per l'Europa occidentale ( arcivescovo Eulogio con sede prima a Berlino e poi a Parigi ).
Importante poi fu il fatto che questa « suprema organizzazione ecclesiastica della chiesa russa all'estero » fosse confermata dalla gerarchia di Mosca e che fossero riconosciuti Eulogio come suo metropolita e così pure tutti i vescovi emigrati.
Quando però la Chiesa all'estero, sotto forte influsso dei laici, si dichiarò favorevole ai Romanov, il patriarca reggente di Mosca dovette esigerne lo scioglimento.
In seguito le chiese ortodosse all'estero si dettero un nuovo ordinamento.
Dal 1925 a Parigi esiste l'insigne Istituto di san Sergio.
Divisioni interne che penetrarono anche nelle singole comunità, portarono allo scisma, poiché l'arcivescovo Eulogio, nonostante tutto, voleva mantenere l'unione col patriarcato di Mosca.
Ma dopo una cerimonia funebre celebrata a Parigi per le vittime della rivoluzione, la rottura fu inevitabile; nel 1945 sembrò poi momentaneamente superata.
b) L'emigrazione russa, che, dopo le due guerre mondiali, dovrebbe ammontare a circa due milioni, è divisa « giurisdizionalmente » in tre gruppi: uno sotto il patriarcato di Mosca ( esarchi a Berlino, Parigi, New York e ciascuno con parecchie diocesi, l'istituto teologico a Parigi e monasteri ), uno sotto Costantinopoli ( esarca a Parigi, istituto teologico e monasteri ) e uno sotto il sinodo dei vescovi russi e rumeni fuori paese dal 1921, i quali, per motivi politici ed etnici, non vogliono essere uniti al patriarca di Mosca ( ventisei vescovi, istituto teologico a Jordanville e parecchi monasteri ).
Questa diaspora ha chiese e luoghi di culto in quasi tutte le maggiori città di tutti i continenti.
Durante la seconda guerra mondiale « le diocesi ortodosse della Germania » pagarono, con sorprendente servilismo, le agevolazioni materiali concesse dal nazionalsocialismo.
Esse pregavano anche per il « Fùhrer » nella lotta della giustizia contro le oscure potenze del male, dell'anarchia e dell'ateismo.
In Russia la chiesa ortodossa pregava e prega tuttora per il governo e, a quanto giudicano gli stranieri, si è comportata spesso più che lealisticamente.316
15. Nel territorio dell'Unione Sovietica, nella repubblica armena, esiste ancora la Chiesa « gregoriana » ( non-calcedonica ) della quale il governo sovietico sembra servirsi per i suoi calcoli di politica estera.
La sede del katholikos fu lasciata vacante per molti anni dal governo; purtroppo neppure egli è riuscito ad evitare una grave forma di servilismo.
Anche all'estero gli armeni sono divisi: una parte è soggetta al katholikos di Egmiadzin, l'altra invece è autonoma.
16. Un importante dettaglio di questo quadro generale merita ancora di essere menzionato: alla diffusione di idee rivoluzionarie e nichiliste e alla preparazione e all'attuazione della rivoluzione russa presero parte, in considerevole misura, seminari e Egli di preti ( Stalin, allievo del seminario ortodosso di Tiflis, è solo il caso più raccapricciante ).
Ciò divenne possibile perché l'alta gerarchia, in generale e da lungo tempo, era diventata schiava dello Stato; la Chiesa, infatti, avendo trascurato profondamente e per molti secoli la cultura e l'educazione, aveva quasi allevato un proletariato spirituale esposto a ogni corrente, e il governo zarista, da parte sua, nel suo cieco reazionarismo era incapace di attuare vere riforme sociali, come ad esempio, quando esse furono richieste dal prete ortodosso Pekov.
La sua diretta risposta fu allora la terribile domenica di sangue del 1905, quella indiretta fu di indurre la Chiesa, asservita allo Stato, ad escludere quell'uomo coraggioso dalla sua comunione.
Indice |
304 | Circa l'influenza bulgaro-slava, v. sotto. |
305 | Ci fu anche un'ondata di penitente rinuncia al mondo, crebbe il numero dei monaci che, migrando verso nord, si fecero al tempo stesso missionari e crearono dei centri di civiltà. |
306 | Il clero non pagava tasse e non doveva prestare servizio militare; il patrimonio della Chiesa era salvaguardato. Godettero di una certa libertà anche la chiesa nestoriana e più tardi le missioni cattoliche. |
307 | Questa concezione fu valida, naturalmente, solo fino al ripudio dell'Unione, dichiarato da un sinodo di Costantinopoli nel 1484. Il metropolita di Kiev era stato uno dei più entusiasti fautori dell'Unione. Egli dovette abbandonare la Russia. |
308 | Nell'elenco dei patriarchi. Mosca viene messa al quinto posto, prima di quello bulgaro e serbo. L'avanzamento di Mosca a sede patriarcale fu accolto con gioia a Roma; ci si cullava nella speranza, rivelatasi poi illusoria, che Ivan IV aspirasse all'Unione ( trattative col gesuita Possevino ), al tempo della guerra russo-polacca, 1579-82. |
309 | A causa di questa avversione, erano falliti anche alcuni tentativi di diffondere il protestantesimo da parte di mercanti tedeschi, chiamati in Russia da Boris Godunov. |
310 | Iniziatore di questo movimento fu Nilo di Zora ( 1433-1502 ). Egli fu canonizzato come Giuseppe Wolokalamsk. |
311 | Stando a notizie relative all'anno 1679, parecchie migliaia di persone si suicidarono tra le fiamme. Ancora oggi ci sono vescovadi di rito antico, i quali, pur mantenendo i loro riti, sono « uniti » con la chiesa russo-ortodossa. |
312 | A partire dal 1735 ( sotto il governo della zarina Anna Ivanovna ), la Russia devolvette al patriarca ecumenico una ufficiale pensione statale. |
313 | Questa volta furono riconosciute anche le confessioni riformate. |
314 | Ciò vale anche, secondo quanto lei stessa ebbe a dire, per la tolleranza dei gesuiti; « Se necessario, quelli si possono sempre cacciare senza l'impiego di cannoni e armate ». |
314a | Soltanto fra il 1921 e il 1926 furono fucilati o lasciati morire in cattività circa cinquanta vescovi. Fra il 1921 e il 1922, l'attuazione della confisca degli oggetti sacri costò la vita a duemilaseicentonovantun sacerdoti ( Meyendorff ). |
315 | 1945: dieci seminati, un istituto teologico, novanta monasteri, ventimila parrocchie e trentamila sacerdoti. |
316 | Fonti attendibili, anche sovietiche, parlano di una chiesa-segreta che oggi dovrebbe esistere nell'Unione Sovietica. Inoltre, si avverte una certa opposizione nei confronti delle dichiarazioni politiche ufficiali del patriarcato. Dall'organo ufficiale mensile del patriarcato si apprende come una parte dei vescovi talvolta « sparisca » e un'altra parte debba cambiare troppo spesso la sede episcopale. |