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G.M.G.
Torino, 13 Luglio 1899
Carissimo F.llo Bonaventura,
Evviva S. Bonaventura!!
S'immagini se voglio lasciar passare la sua festa senza scriverle due righe; dirò magari le cose solite, ma qualcosa voglio dirlo.
Bonaventura carissimo, se non ci facciamo santi siamo i più gran minchioni che esistano sulla terra.
Perché non abbiamo sempre gli occhi rivolti alla nostra santificazione?
Perché non approfittiamo delle circostanze più critiche e più umilianti per far nuovi passi nella via della perfezione?
Vogliamo sì o no farci santi?
Se vogliamo possiamo, e se ancora non siamo santi è perché non l'abbiamo voluto.
L'altro giorno ci siamo dati parola di metterci con ferrea volontà nella via della perfezione; ora sta a noi mantenere le parola data.
Scrivo queste cose con un po' di forza prima per me e poi per Lei, perché al fin dei conti sarebbe tempo di non più contentarci di parole ma venire ai fatti.
Chiediamo al Signore, per mezzo di S. Bonaventura che era tanto umile, la virtù dell'umiltà che è base indispensabile della vera santità, e mettiamoci a praticarla in tutte le circostanze anche impreviste, giacché il chiederla senza praticarla è un burlarsi di Dio e un ingannare se stesso.
Buona festa adunque, carissimo F.llo Bonaventura.
Dica un Memorare a Maria SS. per me affinché io metta in pratica ciò che ho scritto su questo foglio; le prometto di dirne due per Lei.
Suo affz.mo in G.M.G. Fr. Teodoreto
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