Positio super scriptis |
Per raggiungere l'immedesimazione in Cristo occorre una continua tensione, un continuo ricominciare da capo e Fr. Teodoreto non si da vinto mai.
Lotta contro l'orgoglio, la vanità, per tutta la vita.
A un confratello scrive:
« Tutte quelle lodi mi hanno fatto male, e quantunque lei abbia, chiesto scusa, ad imitazione del Manzoni, pure le raccomando di non fare una cosa simile ».
Nella stessa lettera dice:
« Oh! quanto è bello il detto scritturale : ' Chi vuoi venire dietro a me rinneghi se stesso ' per chi ha capito... la necessità di vincersi in tutto! » ( cf. I, pp. 13-14 ).
Allo stesso che lo aveva invitato a dargli avvertimenti e a fargli correzioni, scrive nel 1914:
« Vi è una correzione che io potrò sempre fare a me stesso e a Lei.
Il rimprovero di non fare per Iddio quello che dovremmo fare.
Su questo punto sento che il rimprovero principale devo farlo a me che dopo aver predicato agli altri lascio raffreddare me stesso nel fervore...
Se le viene in mente qualche cosa da correggere in me, continui ad usarmi carità sì fiorita » ( cf. I, pp. 16-17 ).
Possediamo alcune lettere al suo ultimo direttore spirituale, P. Piombino dei Barnabiti ( 1946-1954 ).
In esse si legge il tormento per non essere ancora giunto al pieno dominio di sé, ma anche Io sforzo per salire sempre, nella fiducia dell'aiuto che ci viene da Dio.
In una di esse, dando notizia della recuperata salute, prega il Padre; ad aiutarlo a ringraziare il Signore e a ottenergli la grazia « di corrispondere con una vita santa » ( cf. I, p. 164 ).
In altra lo ringrazia di avergli ricordato che Gesù gli vuoi bene e dice:
«È' proprio vero, ma non ci penso abbastanza... Cerco di stare unito con Gesù e con Maria non occupandomi delle cose estranee al mio dovere; ma sono un po' freddo e non abbastanza espansivo con Loro.
Forse uno dei motivi che mi porta a questa specie di rilassatezza è il mio cadere con troppa facilità nell'egoismo e nella vana gloria » ( I, p. 220 ).
Al Padre spirituale che gli aveva scritto di abbandonarsi completamente alle direttive di Gesù, alla sua cura misericordiosa, risponde di trovar bello il pensiero, ma di trovarvi delle difficoltà e aggiunge:
« Un esame, anche non troppo minuto, mi rivela l'egoismo infiltratosi in modo sconcertante.
Non mi rimane che ricominciare per trovarmi sempre da capo... » ( cf. I, p. 221 ).
Qualche tempo dopo ancora ringrazia dei consigli e del conforto che gli da con le sue lettere e dice:
« Nel modo da Lei indicato, anche con tutte le mancanze posso ostare unito a Gesù, sicuro che Egli mi guarisce distruggendo e bruciando tutte le mie miserie » ( cf. I, p. 225 ).
La confidenza e la fiducia in Dio crescono in lui e l'animo si placa, ma la tensione non vien meno.
Scrive, sempre al Padre spirituale nel Natale 1948:
« Le cose dell'anima mia stanno a questo punto: Grazie a Dio non c'è più in me quella specie di riserbo o mancanza di confidenza, coll'amabilissimo Gesù, che era prodotta dal vedere che non riuscivo a liberarmi da tanti pensieri di egoismo e di vana gloria, che spuntavano in me con una facilità spaventosa.
Le miserie di tal genere, quando le avverto, le consegno a Gesù, come Lei mi disse, perché Egli faccia da Medico e guarisca...
Non trovando in me penitenze, ne attività di apostolato e vedendo che il tempo si abbrevia sempre più, resto un po' sull'interrogativo: in tempi di tanto male basta una vita così?... » ( cf. I, pp. 228-229 ).
Segue i consigli del Direttore di spirito e rileggendo le sue lettere sente accrescersi in sé l'abbandono completo e fiducioso nel Cuore di Gesù, anche se ci sono in lui degli alti e bassi, dovuti anche al suo stato di salute.
Nel comunicare tutto questo al Padre afferma:
« Continuerò a stare unito a Gesù, pregando con Lui, operando con Lui, confidando nel suo Amore infinitamente misericordioso e onnipotente » ( cf. I, p. 233 ).
Questa fiducia in Dio, nella sua bontà e provvidenza, la inculca negli altri.
Durante la guerra, 1943, scrive ad una signora:
« Dobbiamo avere sempre grande fiducia perché nostro Signore non manca mai di aiutare i suoi in tutto e dappertutto » ( I, p. 117 ).
Alla stessa, qualche tempo dopo:
« Siamo in momenti gravi e dobbiamo unirci al SS. Crocifisso per patire con Lui, ma stare nelle braccia di Dio come i bambini nelle braccia della mamma o del papa » ( I, p. 120 ).
Nello stesso anno, scrive al Prof. V. Buffa:
« Dobbiamo aver fiducia nel Signore in questi momenti difficili perché Egli ci ama con un amore infinito e si occupa di noi in ogni ora e in ogni momento » ( I, p. 119 ).
Sempre in piena guerra ricorda a un Catechista che l'Unione è nelle mani onnipotenti di Gesù e aggiunge:
« Quando abbiamo fatto con tranquillità quello che era possibile, dobbiamo dire alla fantasia di lasciarci dormire in pace perché tutte le difficoltà saranno risolte da Lui che tutto vede e che tutto può » ( cf. I, pp. 131-132 ).
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