L'ideale cristiano e religioso |
3 Vicino alla necessità della preghiera da per tutto si vede la sua assoluta efficacia.
La promessa di Gesù Cristo è formale:
« Tutto ciò che voi domanderete a mio Padre in nome mio vi sarà dato » ( Gv 15,16 ).
« Finora nulla avete chiesto in nome mio; domandate e riceverete » ( Gv 15,24 ).
Questa promessa acquista, in certo modo, maggior certezza quando si tratta di anime unite al corpo mistico di Gesù Cristo per mezzo della divina Carità.
Nostro Signore è il capo del corpo di cui noi siamo le membra;
queste non formano col capo che un sol tutto.
Quando le membra pregano, Gesù Cristo stesso prega con loro.
Ora la preghiera di Gesù Cristo è sempre e infallibilmente esaudita.
Non è forse detto che lo Spirito sostiene la nostra debolezza;
perché noi non sappiamo ciò che si deve domandare, ma lo Spirito chiede Lui stesso per noi con gemiti inenarrabili? ( Rm 8,26 ).
E altrove è detto:
« Il Cristo può sempre salvare quelli che a Dio si avvicinano per mezzo suo;
Egli è sempre vivo per intercedere a favore nostro » ( Rm 8,34 ).
La nostra stessa natura non ci garantisce l'efficacia della preghiera, poiché viene su dal suo fondo con suprema spontaneità?
Riconoscere la nostra miseria davanti a Dio e attendere da Lui il necessario rimedio, vuol dire pregare.
Potrebbe Dio non ascoltare il grido di pietà che Lui stesso ci mette sulle labbra?
Potrebbe abbandonare alla sua impotenza un essere che aspira verso di Lui, che deve tendere verso di Lui e che senza il suo soccorso, finirebbe in sterili sforzi?
Potrebbe Egli violare in tal modo una promessa implicitamente scolpita nella nostra natura, quella di aiutarci a raggiungere un fine stabilito da Lui e necessario alla nostra felicità?
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