Summa Teologica - I |
2 - Ma del trattato tomistico non interessa soltanto la storia: siamo curiosi di conoscerne anche la preistoria.
Infatti molto si è lavorato in questi ultimi cinquant'anni nel ricercare le fonti del pensiero dell'Aquinate, per ricostruire l'ambiente storico in cui si svolsero le polemiche medioevali intorno all'angelologia, e per rintracciare gli autori innominati che fanno la loro comparsa nella Somma Teologica.
La sacra Scrittura supera per importanza ogni altro documento della cultura antica nel pensiero tomistico.
Non dobbiamo dimenticare che anche gli angeli fanno parte di un manuale di teologia, quale doveva essere la Somma nella mente del suo Autore.
Ecco perché negli ottanta articoli che formano il trattato troviamo esattamente cento citazioni della Bibbia.
Ma questa preminenza quantitativa e materiale è appena un indizio dell'interesse primario del testo sacro nella sintesi dell'Aquinate: questi mira costantemente a ricostruire e a giustificare nel modo più ragionevole le nozioni, che sugli angeli ci sono state trasmesse dalla rivelazione divina.
Questo scopo va tenuto presente per comprendere il suo pensiero; anche quando sembra assecondare le facili speculazioni della mitologia e dell'astronomia d'altri tempi.
Nonostante i suoi difetti, l'esegesi medioevale era entrata in possesso dei principi fondamentali dell'angelologia biblica.
La questione dell'esistenza di nature intermedie tra l'uomo e Dio era perciò fuori di discussione: bastavano come prova irrefutabile le innumerevoli apparizioni di angeli, riferite da libri santi.
Altrettanto chiara appariva per tutti la distinzione tra angeli buoni e angeli cattivi.
Ed erano chiaramente indicate le mansioni specifiche di queste nature superiori: adorazione e glorificazione dell'Altissimo, trasmissione degli ordini divini all'umanità, protezione e custodia degli eletti, impetrazione e preghiera presso il trono di Dio a favore dei giusti.
Da parte degli angeli ribelli si hanno invece interventi diametralmente opposti, che giustificano i vari nomi biblici dell'angelo decaduto: tentazione ( serpente antico, dragone, spirito immondo ), persecuzione degli eletti ( satana ), accusa e calunnia dei santi ( diavolo ), infestazione malefica ( spirito maligno ).
Agli autori medioevali pareva che fosse abbastanza evidente dai testi biblici anche la determinazione dell'aria tenebrosa e del fuoco dell'inferno, come luoghi appropriati dei demoni.
Ma nel secolo XIII si era ben lontani dal conoscere l'angelologia biblica come è stata ricostruita dagli esegeti moderni, che hanno potuto avvantaggiarsi dei recenti studi filologici, delle meticolose ricerche sulla letteratura rabbinica, e degli scritti dei più antichi Padri della Chiesa, ignorati nel medioevo.
Gli studiosi medioevali non si contentarono però delle nozioni frammentarie che offriva loro il testo sacro; tanto più che essi erano portati dalle stesse nozioni di fisica aristotelica e araba a scorgere dovunque delle forze occulte operanti nel mondo.
Essi perciò erano preoccupati di risolvere in sede speculativa quei problemi, che la sacra Scrittura lasciava nella penombra, o che addirittura ignorava.
Gli angeli di cui si parla nei libri santi sono dei puri spiriti, o sono sostanze composte di una materia sottile quanto si voglia?
Sono stati certamente creati da Dio; ma quando?
Come si spiegano le loro apparizioni?
Qual' è la natura dei rapporti tra gli angeli e il mondo materiale?
Come si svolgono le funzioni intellettive e volitive di questi esseri superiori?
Come si spiega il peccato degli angeli?
In che consiste questo peccato?
In che consiste la pena incorsa per la loro colpa?
3 - Per risolvere questi problemi il teologo medioevale, come abbiamo accennato, non aveva tutte le risorse positive dei teologi moderni: ignorava quasi del tutto le prime opere compilate dai Padri della Chiesa.
L'unico libro ben noto della letteratura patristica anteriore al IV secolo era il Peri Archon di Origene, nella traduzione di Rufino.
Ma qui è proprio il caso di dire che non tutto il male vien per nuocere.
A conti fatti la teologia scolastica ci ha guadagnato un tanto, nel caso specifico dell'angelologia, dall'ignoranza di queste preziose fonti del pensiero cristiano.
Esse infatti risentono troppo l'influsso delle stravaganze neoplatoniche e gnostiche, imperanti nei primi secoli del cristianesimo.
Uomini come S. Giustino ( m. 163 ), S. Ireneo ( m. 202 ) e S. Clemente Alessandrino ( m. 211 ) non rifuggono dall'attribuire agli angeli dei peccati carnali, insistendo sull'esegesi materiale di quel celebre passo della Genesi 6, 2-4: « I figli di Dio, che videro esser belle le figlie degli uomini, si presero in mogli, fra tutte, quelle che loro piacquero …
Or v'erano dei giganti sulla terra in quel tempo.
Perché, dopo che i figli di Dio si congiunsero alle figlie degli uomini … ».
E si deve giungere al secolo IV prima di trovare dei sostenitori convinti della perfetta spiritualità delle nature angeliche.
Lo stesso S. Agostino, pur condannando gli eccessi di antropomorfismo di tanti suoi predecessori e contemporanei, non aveva saputo schierarsi a favore della perfetta immaterialità degli spiriti creati, ed era ricorso alla sconcertante ipotesi di una materia spirituale, da attribuirsi agli angeli.
Ma al medioevo cristiano non doveva mancare una voce autorevole in favore dell'assoluta immaterialità degli angeli.
E questa fu tanto più autorevole, quanto era più radicato un grave errore di storia e di critica.
Nel secolo XIII i teologi scolastici erano unanimi nel ritenere autentiche le opere dello Pseudo-Dionigi Areopagita.
Quello scrittore era per essi il diretto discepolo di S. Paolo; perciò la sua chiara posizione contro la materialità degli spiriti creati riuscì a neutralizzare l'autorità dello stesso Agostino.
Il De Divinis Nominibus e il De Caelesti Hierarchia dello sconosciuto teologo ellenista del secolo V, presentatosi sotto il nome dell'ateniese areopagita, divennero per S. Tommaso i testi fondamentali per il trattato sugli angeli.
E si comprende facilmente: dietro Dionigi l'Aquinate, come i suoi contemporanei, credeva di scorgere l'ombra di Paolo di Tarso, rapito, mentre ancora viveva sulla terra, fino al terzo cielo.
Con lo Pseudo - Dionigi abbiamo trovato il corso d'acqua, che ci permette di risalire alle fonti più remote del trattato tomistico sugli angeli.
Dionigi infatti è un neoplatonico; e alle teorie neoplatoniche dobbiamo risalire per scorgere i motivi fondamentali della sintesi dell'Aquinate intorno alle sostanze spirituali.
Tanto più che convergono verso quella medesima scaturigine altri rivi, dai quali egli ha attinto, sia pure con molta circospezione.
Il Liber de Causis, che S. Tommaso stesso ha riconosciuto come compendio dell'opera di Proclo, era uscito anch'esso dalla scuola neoplatonica.
Il commento che egli ce ne ha lasciato permette di constatare come il Dottore Angelico sapesse impadronirsi dei motivi dottrinali neoplatonici, che dovevano formare le intime strutture della sua angelologia, scartandone gli spunti eterodossi.
Lo stesso rilievo vale per le opere di Avicenna e di Averroè.
La concordanza dei filosofi sulla perfetta immaterialità degli spiriti creati lo aveva colpito fin da quando, ancora studente, trascriveva a Colonia il commento di S. Alberto Magno all'Etica di Aristotele, e compilava il De Ente et Essentia ( c. 5 ).
Ma questi filosofi arabi, pur avendo subìto influssi neoplatonici, erano sostanzialmente degli aristotelici.
Perciò S. Tommaso trovava nei loro scritti un tentativo di sintesi tra il pensiero di Aristotele e quello neoplatonico.
Sicché non c'è da stupirsi che egli abbia considerato anche le opere aristoteliche come fonti del suo trattato sugli angeli.
La cosmologia aristotelica non parlava forse dei motori delle sfere celesti?
4 - Non si creda però che S. Agostino e gli altri SS. Padri, conosciuti nel secolo XIII, siano stati qui dimenticati da S. Tommaso.
Possiamo dire anzi che, se facciamo astrazione dalla controversia sulla composizione ilemorfica e dalle immediate conseguenze che derivano dal concepire gli spiriti come sostanze immateriali, S. Agostino è l'autore ecclesiastico più citato e più autorevole nelle questioni 50-64.
É più citato dello stesso Dionigi ( 77 volte contro 44 ).
Le sue vedute geniali sono ricordate; e le sue personalissime teorie intorno alla conoscenza angelica vengono rielaborate in uno schema più logico, anche se non sempre rispettoso dell'impronta originale del grande Dottore africano.
La teoria della conoscenza umana, che divide ordinariamente i massimi Dottori della Chiesa, non viene qui a turbare i loro rapporti.
S. Tommaso aderisce pienamente al platonismo di Agostino, quando si tratta degli spiriti puri.
Nel trattato tomistico non vengono dimenticate le opere di S. Gregorio Magno, che per primo difese nella Chiesa occidentale l'assoluta immaterialità degli angeli.
Particolare attenzione viene accordata a S. Giovanni Damasceno.
Le espressioni più significative del De Fide Orthodoxa ( 1. 2, c. 3 ) sono riportate e illustrate efficacemente.
E si pensi che attraverso l'opera del Damasceno il Dottore Angelico aveva la chiara coscienza di ascoltare l'eco fedele della teologia Orientale.
Cosicché nella sua sintesi non è mancato il contributo delle antiche generazioni cristiane.
- Altri autori interessano solo per qualche problema
In complesso troviamo nel trattato una base positiva tutt'altro che esauriente; ma è una base solida, perchè formata dai documenti teologici più sicuri.
Perciò l'elaborazione della dottrina tomistica sugli angeli, che mira oltre tutto a valorizzare l'apporto della tradizione, difficilmente avrebbe potuto usufruire di una selezione più indovinata delle fonti.
Si può affermare che la tradizione cattolica ha ritrovato con S. Tommaso le sue fonti più pure; e il consenso sempre più vasto che la di lui dottrina ha riscosso tra i teologi ne è una riprova.
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