Summa Teologica - I |
1 Sent., Prol., a. 5; d. 34, q. 3, aa. 1, 2; 3 Cont. gent., c. 119; De Trinit., q. 2 a. 4
Pare che la Sacra Scrittura non debba fare uso di metafore.
1. Non è conveniente a questa scienza, che fra tutte tiene il primato, il procedimento proprio della scienza infima.
Ma procedere per via di similitudini e di figure è proprio dell'arte poetica, che è l'ultima delle discipline.
Quindi l'uso delle metafore non conviene a questa scienza.
2. Questa dottrina è destinata alla manifestazione della verità, tanto che ai suoi cultori è promesso un premio: « Quelli che mi mettono in luce avranno la vita eterna » [ Sir 24,31Vg ].
Ma le similitudini occultano la verità.
Non conviene quindi a questa dottrina insegnare le realtà divine sotto la figura di realtà corporali.
3. Quanto più una creatura è sublime, tanto più si accosta alla divina somiglianza.
Se quindi proprio si vuole che alcune creature simboleggino la Divinità, è necessario scegliere le più eccelse anziché le più basse, cosa che invece spesso accade nella Scrittura.
È detto in Osea [ Os 12,11 ]: « Io moltiplicherò le visioni, e per mezzo dei profeti parlerò con parabole ».
Ma presentare la verità con parabole è fare uso di metafore.
Quindi tale uso si addice alla dottrina sacra.
È conveniente che la Sacra Scrittura ci presenti le realtà divine e spirituali sotto la figura di realtà corporali.
Dio infatti provvede a tutti gli esseri in modo conforme alla loro natura.
Ora, è naturale all'uomo elevarsi alle realtà intelligibili attraverso le realtà sensibili, poiché ogni nostra conoscenza ha inizio dai sensi.
È dunque conveniente che nella Sacra Scrittura le realtà spirituali ci vengano presentate sotto immagini corporee.
Ed è quanto dice Dionigi [ De cael. Hier. 1,2 ]: « Il raggio divino non può risplendere su di noi se non attraverso la varietà dei sacri veli ».
Inoltre, siccome la Scrittura è un tesoro comune a tutti ( secondo il detto dell'Apostolo [ Rm 1,14 ]: « Io sono debitore verso i dotti come verso gli ignoranti » ), è conveniente che essa ci presenti le realtà spirituali sotto parvenze corporali, affinché almeno in tal modo le persone semplici le possano apprendere, non essendo esse idonee a capire le realtà intelligibili così come sono in se stesse.
1. Il poeta fa uso di metafore per il gusto di costruire delle immagini: infatti il raffigurare è naturalmente piacevole per l'uomo.
La Scrittura invece fa uso di metafore per necessità e utilità, come si è detto [ nel corpo ].
2. Il raggio della divina rivelazione non viene distrutto, come nota lo stesso Dionigi [ l. cit. ], sotto il velame delle figure sensibili, ma resta intatto nella sua verità: e così non permette che le menti a cui è stata fatta la rivelazione si arrestino alle immagini, ma le eleva alla conoscenza delle realtà intelligibili, e fa sì che per mezzo di coloro che direttamente hanno avuto la rivelazione anche gli altri vengono istruiti su tali cose.
Ed è per questo che quanto in un luogo della Scrittura è insegnato sotto metafora viene espresso più esplicitamente in altri luoghi.
E inoltre la stessa oscurità propria delle figurazioni è utile per l'esercizio degli studiosi e contro le irrisioni degli infedeli, a proposito dei quali è detto nel Vangelo [ Mt 7,6 ]: « Non vogliate dare le cose sante ai cani ».
3. Con Dionigi [ De cael. Hier. 2,2 ] bisogna riconoscere che è più conveniente che le realtà spirituali ci vengano presentate nella Sacra Scrittura sotto figure di corpi vili, anziché di corpi nobili.
E ciò per tre ragioni.
- In primo luogo perché così l'animo umano è più facilmente premunito dall'errore.
Appare chiaro infatti che tali simboli non vengono applicati alle realtà divine in senso proprio, il che invece potrebbe pensarsi se queste venissero presentate sotto figure di corpi superiori, specialmente da parte di chi non riesce a immaginare qualcosa di più nobile dei corpi.
- In secondo luogo perché un tale modo di procedere è più conforme alla conoscenza che noi abbiamo di Dio in questa vita.
Infatti di Dio noi sappiamo ciò che non è piuttosto che ciò che è, e quindi le figure delle cose che sono più distanti da Dio ci fanno intendere meglio che Dio è al disopra di quanto noi possiamo dire o pensare di lui.
- In terzo luogo perché in tal modo le cose divine sono meglio occultate agli indegni.
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