Summa Teologica - I

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Articolo 2 - Se sia dimostrabile che Dio esiste

Infra, q. 3, a. 5; 3 Sent., d. 24, q. 1, a. 2, qc. 2; 1 Cont. Gent., c. 12; De Pot., q. 7, a. 3; De Trinit., q. 1, a. 2

Pare che non sia dimostrabile che Dio esiste.

Infatti:

1. Che Dio esista è un articolo di fede.

Ora, le verità di fede non si possono dimostrare, poiché la dimostrazione ingenera la scienza, mentre la fede è soltanto delle cose non evidenti, come assicura l'Apostolo [ Eb 11,1 ].

Quindi non si può dimostrare che Dio esiste.

2. Il termine medio di una dimostrazione viene desunto dalla natura del soggetto.

Ora, di Dio noi non possiamo sapere ciò che è, ma solo ciò che non è, come nota il Damasceno [ De fide orth. 1, 4 ].

Quindi non possiamo dimostrare che Dio esiste.

3. Se si potesse dimostrare che Dio esiste, ciò non sarebbe che mediante i suoi effetti.

Ma questi effetti non sono a lui proporzionati, essendo egli infinito ed essi finiti, e non essendoci d'altra parte proporzione tra il finito e l'infinito.

Non potendosi dunque dimostrare una causa mediante un effetto sproporzionato, ne segue che l'esistenza di Dio non può essere dimostrata

In contrario:

Dice l'Apostolo [ Rm 1,20 ]: « Le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute ».

Ora, ciò non avverrebbe se mediante le realtà create non si potesse dimostrare l'esistenza di Dio: la prima cosa infatti che bisogna conoscere di un dato soggetto è se esso esista.

Dimostrazione:

Vi è una duplice dimostrazione.

L'una procede dalla [ conoscenza della ] causa, ed è chiamata propter quid: e questa muove da ciò che di per sé ha una priorità ontologica.

L'altra invece parte dagli effetti, ed è chiamata dimostrazione quia: e questa muove da cose che hanno una priorità solo rispetto a noi; ogni volta infatti che un effetto ci è più noto della sua causa, ci serviamo di esso per conoscere la causa.

Da qualunque effetto poi si può dimostrare l'esistenza della sua causa ( purché gli effetti siano a noi più noti della causa ): dipendendo infatti ogni effetto dalla sua causa, posto l'effetto è necessario che preesista la causa.

Quindi l'esistenza di Dio, non essendo evidente rispetto a noi, può essere dimostrata per mezzo degli effetti da noi conosciuti.

Analisi delle obiezioni:

1. L'esistenza di Dio e altre verità che riguardo a Dio si possono conoscere con la ragione naturale non sono, al dire di S. Paolo [ Rm 1,19 ], articoli di fede, ma preliminari agli articoli di fede: infatti la fede presuppone la conoscenza naturale, come la grazia presuppone la natura e come [ in generale ] la perfezione presuppone il perfettibile.

Tuttavia nulla impedisce che una cosa che di per sé è oggetto di dimostrazione e di scienza sia accettata come oggetto di fede da chi non arriva a capirne la dimostrazione.

2. Quando si vuole dimostrare una causa mediante l'effetto è necessario servirsi dell'effetto in luogo della definizione [ o natura ] della causa, per dimostrare che questa esiste; e ciò vale specialmente nei riguardi di Dio.

Per provare infatti che una cosa esiste è necessario prendere per termine medio la sua definizione nominale, non già la definizione reale, poiché l'argomento riguardante l'essenza di una cosa viene dopo quella riguardante la sua esistenza.

Ora, i nomi di Dio provengono dai suoi effetti, come vedremo in seguito [ q. 13, a. 1 ]: nel dimostrare quindi l'esistenza di Dio mediante gli effetti possiamo prendere per termine medio ciò che significa il nome Dio.

3. Da effetti non proporzionati alla causa non si può avere di questa una conoscenza perfetta; tuttavia in base a qualsiasi effetto noi possiamo avere la chiara dimostrazione che la causa esiste, come si è detto [ nel corpo ].

E così dagli effetti di Dio si può dimostrare che Dio esiste, sebbene non si possa avere per mezzo di essi una conoscenza perfetta della sua essenza.

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