Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se la bontà convenga a Dio

C. G., I, c. 37; In 12 Metaph., lect. 7

Pare che la bontà non convenga a Dio.

Infatti:

1. La bontà consiste nel modo, nella specie e nell'ordine.

Ma tali attributi non pare che convengano a Dio, poiché Dio [ è senza modo e misura ], è l'immenso e non dice ordine ad alcuna cosa.

Quindi a lui non si addice di essere buono.

2. Il bene è ciò che tutte le cose appetiscono.

Ma non tutte le cose desiderano Dio, poiché non tutte lo conoscono, e non si dà desiderio di ciò che si ignora.

Quindi a Dio non si addice la bontà.

In contrario:

È detto in Geremia [ Ger 3,25 ]: « Buono è il Signore con chi spera in lui, con l'anima che lo cerca ».

Dimostrazione:

L'essere buono conviene principalmente a Dio.

Infatti una cosa è buona nella misura in cui è desiderabile.

Ora, ogni ente desidera la propria perfezione.

Ma la perfezione e la forma di un effetto non sono altro che una somiglianza partecipata della causa agente, poiché ogni agente produce qualcosa di simile a sé.

Dal che segue che lo stesso agente è desiderabile [ da parte dell'effetto ] e ha natura di bene: infatti ciò che si desidera è di parteciparne la somiglianza.

Essendo dunque Dio la prima causa produttiva di tutte le cose, è evidente che a lui compete la natura di bene e di appetibile.

Perciò Dionigi [ De div. nom. 4 ] attribuisce il bene a Dio come alla prima causa efficiente, affermando che Dio è detto buono « come colui in forza del quale tutte le cose sussistono ».

Analisi delle obiezioni:

1. Avere un modo, una specie e un ordine è proprio del bene causato.

In Dio invece il bene è come nella [ sua propria ] causa: quindi a lui spetta imprimere nelle cose il modo, la specie e l'ordine.

Quindi queste tre cose sono in Dio come nella loro causa.

2. Tutte le cose, tendendo alla loro perfezione, tendono a Dio stesso, in quanto che le perfezioni di tutte le cose altro non sono che delle somiglianze dell'essere divino, come è chiaro da ciò che si è detto [ q. 4, a. 3 ].

E così tra gli enti che tendono a Dio alcuni lo conoscono in se stesso, e questo è proprio della creatura razionale, altri invece conoscono certe partecipazioni della sua bontà, e ciò va esteso fino alla conoscenza sensitiva, altri finalmente hanno tendenze naturali senza consapevolezza, come essendo inclinati verso i loro fini da un essere superiore dotato di conoscenza.

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