Summa Teologica - I |
In 1 Sent., d. 37, q. 1, a. 2; et expos.
Pare che siano male assegnati i modi di esistere di Dio nelle cose quando si dice che Dio è in tutte le cose per essenza, per presenza e per potenza.
1. Una cosa è in un'altra per essenza quando vi è essenzialmente.
Ora, Dio non è nelle cose essenzialmente, dato che non appartiene all'essenza di cosa alcuna.
Quindi non si deve dire che Dio è nelle cose per essenza, per presenza e per potenza.
2. Essere presente a una cosa significa non mancare ad essa.
Ora, dire che Dio è in tutte le cose per essenza equivale a dire che Dio non manca a cosa alcuna.
È dunque lo stesso il dire che Dio è nelle cose per essenza e dire che vi è per presenza.
Vi è così del superfluo in questa divisione: per essenza, per presenza e per potenza.
3. Come Dio è principio di tutte le cose per la sua potenza, così lo è anche per la sua scienza e per la sua volontà.
Ora, non si dice che Dio è nelle cose per scienza e per volontà.
Quindi nemmeno deve dirsi che vi è per potenza.
4. Oltre alla grazia, che è una perfezione aggiunta alla sostanza di una cosa, vi sono altre perfezioni aggiunte.
Se dunque si dice che Dio è in un modo speciale in alcuni per grazia, parrebbe che per ogni altra perfezione vada assegnato un modo speciale di presenza di Dio nelle cose.
Dice S. Gregorio [ In Ct 5,16 ] che « Dio in una maniera generale è in tutte le cose per presenza, potenza ed essenza; però si dice che è familiarmente in alcuni con la grazia ».
In due modi si dice che Dio è in qualcosa.
Primo, come causa efficiente: e in questo modo è in tutte le cose da lui create.
Secondo, come l'oggetto dell'attività si trova nell'agente, e ciò propriamente avviene nelle attività dell'anima, in cui l'oggetto conosciuto è nel conoscente e quello desiderato nel desiderante.
Quindi in questa seconda maniera Dio si trova particolarmente nella creatura razionale, che lo conosce e lo ama attualmente per una disposizione abituale.
E siccome la creatura razionale deve ciò alla grazia, come si vedrà più innanzi [ I-II, q. 109, aa. 1, 3 ], si dice che Dio è in questo modo nei santi per grazia.
In qual modo poi Dio sia in tutte le altre cose da lui create bisogna argomentarlo da ciò che si dice circa i modi di presenza nelle realtà umane.
Così di un re si dice che è in tutto il suo regno a motivo del suo potere, sebbene non sia presente ovunque.
Si dice invece che in certe cose uno si trova di presenza quando le ha sotto il proprio sguardo: come tutti gli oggetti che sono in una casa si dicono presenti a qualcuno [ che vi si trova ], anche se questi materialmente non è in ogni parte della casa.
Finalmente si dice che una cosa è secondo la sua sostanza o essenza in un luogo se lì si trova la sua sostanza.
Ora, ci furono alcuni, cioè i Manichei, i quali sostennero che alla divina potestà sarebbero soggette le realtà spirituali e incorporee; le visibili invece e le corporali le dicevano soggette al potere del principio contrario, [ cioè al principio del male ].
Contro costoro dunque bisogna dire che Dio è in tutte le cose per la sua potenza.
Altri, pur credendo che tutte le cose sono soggette alla divina potenza, non estendevano però la divina provvidenza sino ai corpi inferiori di quaggiù; e in persona di costoro è detto nel libro di Giobbe [ Gb 22,14 Vg ]: « Attorno ai cardini del cielo egli passeggia, e non si occupa delle cose nostre ».
Contro costoro si dovette dunque dire che Dio è in tutte le cose per la sua presenza.
Finalmente vi furono altri i quali, sebbene ammettessero che le cose non sono estranee alla provvidenza di Dio, dissero tuttavia che non tutte sono state create immediatamente da Dio, ma che immediatamente egli creò le prime creature, e queste crearono le altre.
E contro costoro bisogna dire che Dio è in tutte le cose per essenza.
Per concludere, Dio è in tutte le cose con la sua potenza perché tutte sono soggette alla sua potestà; vi è con la sua presenza perché tutto è scoperto e come nudo davanti ai suoi occhi; vi è con la sua essenza perché egli è presente a tutte le cose quale causa universale dell'essere, come si è detto [ a. 1 ].
1. Si dice che Dio è in tutte le cose per essenza non certo delle cose, come se facesse parte della loro essenza, ma per la sua essenza, essendo la sua sostanza presente a tutte le realtà quale causa dell'essere, come si è detto [ a. 1 ].
2. Una cosa può dirsi presente a qualcuno quando sta dinanzi al suo sguardo, pur rimanendo distante da lui con la sua sostanza, come si è detto [ nel corpo ].
Fu quindi necessario porre questi due modi, cioè per essenza e per presenza.
3. È proprio della natura della scienza e della volontà che il conosciuto sia nel conoscente e l'oggetto voluto nel volente: quindi secondo la scienza e la volontà piuttosto le cose sono in Dio, che Dio nelle cose.
È proprio della potenza invece comportarsi come principio di un'operazione [ transitiva ] che passa su un soggetto diverso: perciò secondo la potenza l'agente dice ordine e applicazione a qualcosa di estraneo.
E così si può dire che un agente per la sua potenza è in un'altra cosa.
4. Nessun'altra perfezione aggiunta alla sostanza, all'infuori della grazia, fa sì che Dio sia in qualche creatura come oggetto conosciuto e amato: perciò soltanto la grazia costituisce un modo singolare della presenza di Dio nelle cose.
Vi è tuttavia un altro modo singolare della presenza di Dio nell'uomo: cioè per unione ipostatica; ma di questo modo tratteremo a suo luogo [ III, q. 2 ].
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