Summa Teologica - I |
Infra, q. 16, a. 7, ad 2; q. 52, a. 2; In 1 Sent., d. 37, q. 2, a. 1; C. G., IV, c. 68; Quodl., 11, a. 1
Pare che Dio non sia dappertutto.
1. Essere dappertutto significa essere in ogni luogo.
Ma essere in ogni luogo non conviene a Dio, al quale non conviene essere in alcun luogo poiché, come dice Boezio [ De hebdom., princ. ], le realtà incorporee non sono localizzate.
Quindi Dio non è dappertutto.
2. Il tempo sta alle realtà successive come il luogo alle permanenti.
Ma un'unità indivisibile di azione o di movimento, [ un istante ], non può essere in più tempi.
Quindi neppure un'unità indivisibile nel genere delle realtà permanenti, [ un punto ], può essere in tutti i luoghi.
Ora, l'essere divino non è successivo, ma permanente.
Quindi Dio non è in più luoghi, e così non è dappertutto.
3. Ciò che è tutto in un luogo, non ha nulla fuori di quello.
Ora, se Dio è in qualche luogo, vi è tutto, non avendo parti.
Quindi nulla di lui è fuori di quel luogo: perciò non è dappertutto.
È detto nella Scrittura [ Ger 23,24 ]: « Io riempio il cielo e la terra ».
Essendo il luogo una certa realtà, che qualcosa sia in un luogo può essere inteso in due maniere: o nel modo generico in cui una cosa potrebbe trovarsi comunque in qualsiasi altra realtà, come quando, p. es., diciamo che le qualità del luogo sono nel luogo; oppure nel modo proprio del luogo, come gli esseri localizzati sono in un luogo.
Ora, in tutti e due i modi, in un certo senso, Dio è in ogni luogo, ossia dappertutto.
Primariamente, come è in tutte le cose in quanto dà loro l'essere, la potenza attiva e l'operazione, così è in ogni luogo in quanto dà ad esso l'essere e la capacità locativa.
Parimenti, gli enti localizzati sono nel luogo in quanto lo riempiono: e Dio riempie ogni luogo.
Non però come lo riempie un corpo, poiché di un corpo si dice che riempie un luogo in quanto esclude [ la presenza di ] un altro corpo; invece per il fatto che Dio è in un luogo non si esclude che vi si trovino pure altre cose: anzi, egli riempie tutti i luoghi in quanto dà l'essere a tutte le realtà localizzabili che li riempiono.
1. Gli enti incorporei non sono nel luogo per un contatto di dimensioni, come i corpi, ma per un contatto dinamico, [ cioè per l'applicazione della loro attività ].
2. Vi sono due sorta di indivisibili.
Uno è il termine del continuo, come il punto nelle realtà permanenti e l'istante nelle successive.
E siccome nelle realtà permanenti l'indivisibile, [ il punto ], ha una posizione determinata, esso non può trovarsi in più parti del luogo o in più luoghi: come l'indivisibile d'azione o di movimento, avendo un determinato ordine nella successione del moto o dell'azione, non può trovarsi in più parti del tempo.
Vi è però un altro indivisibile che è fuori di ogni genere di continuità [ temporale o spaziale ]: ed è in questo modo che le sostanze incorporee, come Dio, l'angelo e l'anima, si dicono indivisibili.
Tale indivisibile, dunque, non si applica al continuo come qualcosa che gli appartenga, ma in quanto lo tocca con la sua potenza.
A seconda quindi che la sua potenza attiva si può estendere a una cosa o a molte, a una cosa piccola o a una grande, si dice che è in uno o più luoghi, in un luogo piccolo o in uno grande.
3. Il tutto si dice rispetto alle parti.
Ora, vi sono due specie di parti, cioè: le parti essenziali, come la materia e la forma, che sono le parti del composto, il genere e la differenza, che sono le parti della specie, e le parti quantitative, che sono quelle in cui si divide una data quantità.
Ora, ciò che quantitativamente si trova per intero in un luogo non può certo essere fuori di tale luogo, poiché la quantità dell'oggetto localizzato corrisponde perfettamente all'estensione del luogo occupato, e quindi non si dà la totalità della quantità se non si ha la totalità del luogo.
La totalità dell'essenza, invece, non è commisurata alla totalità del luogo.
Quindi non è per nulla necessario che quanto è interamente in un dato luogo per totalità di essenza non sia in alcun modo fuori di esso.
E ne abbiamo una riprova nelle forme accidentali che indirettamente, [ in ragione del soggetto in cui esistono ], hanno la quantità: la bianchezza infatti, se si considera la totalità della sua essenza, è tutta in ciascuna parte della superficie, poiché in ciascuna parte vi è secondo la sua perfetta natura specifica; se però si considera la sua totalità quantitativa, che essa ha indirettamente, [ cioè a motivo del soggetto ], allora non è tutta in ciascuna parte della superficie.
Ora, nelle sostanze incorporee non si trova né direttamente né indirettamente altra totalità che secondo il preciso aspetto dell'essenza.
Quindi, come l'anima è tutta in ciascuna parte del corpo, così Dio è tutto in tutti e singoli gli enti.
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