Summa Teologica - I |
In 1 Sent., Prol., a. 2, ad 2; d. 19, q. 5, a. 2, ad 1; d. 35, q. 1, a. 4; C. G., I, cc. 32, 33, 34; De Verit., q. 2, a. 11; De Pot., q. 7, a. 7; Comp. Theol., c. 27
Pare che i nomi attribuiti a Dio e alle creature siano loro attribuiti in senso univoco.
1. Ogni equivoco si riduce all'univoco, come il molteplice all'uno.
Se infatti è vero che la parola cane è applicata equivocamente all'animale che abbaia e all'animale marino, bisogna pure che di alcuni animali sia detto in senso univoco, cioè di tutti i latranti, altrimenti bisognerebbe procedere all'infinito [ per trovare il significato originale ].
Ora, esistono degli agenti univoci, i quali concordano con i loro effetti nel nome e nella definizione, come l'uomo [ che ] genera l'uomo; esistono però [ anche ] degli agenti equivoci, come il sole [ che ] causa il caldo pur non essendo esso stesso caldo se non in senso equivoco.
Pare dunque che il primo agente, al quale si riducono tutti gli altri agenti, sia un agente univoco.
E così quanto si dice di Dio e delle creature è detto in senso univoco.
È impossibile che si predichi qualcosa di Dio e delle creature in senso univoco.
Poiché ogni effetto che non è proporzionato alla potenza della causa agente ritrae una somiglianza dell'agente non secondo la stessa natura, ma imperfettamente; in maniera che quanto negli effetti si trova diviso e molteplice, nella causa è semplice e uniforme: come il sole mediante un'unica energia produce nelle cose di quaggiù forme molteplici e svariate.
Allo stesso modo, come si è detto [ a. prec. ], tutte le perfezioni delle cose, che nelle creature sono frammentarie e molteplici, in Dio preesistono in semplice unità.
Così dunque, quando un nome che indica perfezione viene applicato a una creatura, significa quella perfezione come distinta dalle altre, secondo la nozione espressa dalla definizione: p. es., quando il termine sapiente lo attribuiamo all'uomo, indichiamo una perfezione distinta dall'essenza dell'uomo, dalla sua potenza, dalla sua esistenza e da altre cose del genere.
Quando invece attribuiamo questo nome a Dio non intendiamo indicare qualcosa di distinto dalla sua essenza, dalla sua potenza e dal suo essere.
Per conseguenza, se è applicato all'uomo, il termine sapiente circoscrive, in qualche modo, e racchiude la qualità che esprime; non così invece se è applicato a Dio: perché [ in tal caso ] lascia la perfezione indicata senza delimitazione, e nell'atto di oltrepassare il significato del nome.
Quindi è chiaro che il termine sapiente si dice di Dio e dell'uomo non secondo l'identico concetto [ formale ].
E così è di tutti gli altri nomi.
Quindi nessun nome viene attribuito in senso univoco a Dio e alle creature.
Ma nemmeno in senso del tutto equivoco, come alcuni hanno affermato.
Poiché in tal modo nulla si potrebbe conoscere o dimostrare intorno a Dio partendo dalle creature, ma si cadrebbe continuamente nel sofisma chiamato « equivocazione ».
E ciò sarebbe in contrasto sia con i filosofi, i quali dimostrano molte cose su Dio, sia con l'Apostolo, il quale dice [ Rm 1,20 ] che « le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute ».
Si deve dunque concludere che tali termini vengono affermati di Dio e delle creature in modo analogico, cioè proporzionale.
E ciò avviene in due maniere: o perché più termini dicono ordine a un termine unico [ originario e inderivato ] - come sano si dice della medicina e dell'orina, in quanto ché l'una e l'altra dicono un certo ordine e un rapporto alla sanità dell'animale, questa come segno, quella come causa, -, oppure perché un termine presenta [ corrispondenza o ] proporzione con un altro, come sano si dice della medicina e dell'animale in quanto la medicina è causa della sanità che è nell'animale.
E in questo modo alcuni nomi si dicono di Dio e delle creature analogicamente, e non in senso puramente equivoco, e neppure univoco.
Infatti noi non possiamo parlare di Dio se non partendo dalle creature, come sopra [ a. 1 ] si è detto.
E così, qualunque termine si dica di Dio e delle creature, lo si dice per il rapporto che le creature hanno con Dio come al principio o alla causa in cui preesistono in modo eccellente tutte le perfezioni delle cose.
E questo modo di comunanza sta in mezzo tra la pura equivocità e la semplice univocità, poiché nei nomi detti per analogia non vi è una nozione unica come negli univoci, né totalmente diversa, come negli equivoci, ma il nome che analogicamente è applicato a più soggetti significa diverse proporzioni riguardo a una medesima cosa: come sano detto dell'orina indica il segno della sanità, mentre detto della medicina significa la causa della stessa sanità.
1. Sebbene logicamente sia necessario ridurre i termini equivoci a quelli univoci, tuttavia nell'ordine delle cause l'agente non univoco precede necessariamente l'agente univoco.
Infatti l'agente non univoco è causa universale di tutta la specie, come il sole è causa della generazione di tutti gli uomini.
L'agente univoco invece non è la causa agente universale di tutta la specie ( altrimenti sarebbe causa di se stesso, essendo contenuto sotto la specie ), ma è la causa particolare rispetto a tale individuo in cui assicura la partecipazione della specie.
Dunque la causa universale di tutta una specie non è un agente univoco.
Ora, la causa universale è anteriore a quella particolare.
- Tale agente universale tuttavia, sebbene non sia univoco, non è neppure del tutto equivoco, poiché allora non causerebbe un qualcosa di simile a sé, ma lo si può chiamare agente analogico: come in logica i vari attributi univoci si riducono a un termine primo, non univoco, ma analogico, che è l'ente.
2. La somiglianza della creatura con Dio è imperfetta, poiché non lo rappresenta neppure secondo un medesimo genere, come si è già provato [ q. 4, a. 3 ].
3. Dio, [ come causa ], è misura [ degli enti ], ma è una misura eccedente ogni loro proporzione.
Per cui non è necessario che Dio e le creature siano contenute sotto un medesimo genere.
Gli argomenti in contrario da parte loro provano che i predetti nomi non vengono detti di Dio e delle creature univocamente, ma non provano che vengano detti equivocamente.
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