Summa Teologica - I |
In 1 Sent., d. 4, q. 2, a. 1; d. 22, q. 1, a. 2, ad 1; C. G., I, c. 36; De Pot., q. 7, a. 5, ad 2
Pare che rispetto a Dio non si possano formare delle proposizioni affermative.
1. Dionigi [ De cael. hier. 2,3 ] dice che « relativamente a Dio le negazioni sono vere, le affermazioni invece inadeguate ».
2. Boezio [ De Trin. 2 ] scrive: « Nessuna forma semplice può essere soggetto ».
Ora, Dio è una forma semplice al massimo grado, come si è già dimostrato [ q. 3, a. 7 ].
Quindi non può essere soggetto.
Siccome dunque tutto ciò su cui si forma una proposizione affermativa è preso come soggetto, ne segue che su Dio non si possono formare proposizioni affermative.
3. L'intelletto che concepisce le cose diversamente da come sono è falso.
Ora, Dio ha l'essere immune da ogni composizione, come fu già provato [ q. 3, a. 7 ].
Poiché dunque la mente, quando afferma, concepisce l'oggetto facendo una composizione, pare che non si possano formulare proposizioni affermative vere intorno a Dio.
La fede non contiene nulla di falso.
Ma nella fede vi sono alcune proposizioni affermative, p. es. che Dio è uno e trino, e che è onnipotente.
Quindi su Dio si possono formulare delle proposizioni affermative vere.
Si possono con verità formulare intorno a Dio delle proposizioni affermative.
Per dimostrarlo occorre considerare che in ogni proposizione affermativa vera il soggetto e il predicato devono significare realmente, sotto un certo aspetto, l'identica cosa, e concettualmente cose diverse.
Il che è evidente tanto nelle proposizioni in cui il predicato è una qualità accidentale, quanto in quelle in cui il predicato è sostanziale.
[ Nella proposizione, p. es.: l'uomo è bianco ] evidentemente uomo e bianco sono una sola e identica realtà in concreto, ma concettualmente differiscono, poiché altra è la nozione di uomo e altra quella di bianco.
E così pure quando dico: l'uomo è un animale: poiché quella realtà medesima che è uomo è in verità animale; infatti nello stesso soggetto [ concreto ] c'è sia la natura sensibile, per la quale è detto animale, sia quella razionale, per la quale è detto uomo.
Anche qui dunque abbiamo che il predicato e il soggetto sono in concreto l'identica cosa, differendo però nozionalmente.
Ora ciò, in qualche modo, si ritrova persino nelle proposizioni in cui un'identica cosa è affermata di se medesima: poiché l'intelletto a ciò che prende come soggetto fa fare la parte del supposito, e a ciò che prende come predicato fa fare la parte della forma esistente nel supposito, verificandosi in tal modo quanto si dice [ in logica ], che cioè « i predicati si presentano sotto l'aspetto di forma e i soggetti sotto quello di materia »; a questa diversità concettuale dunque corrisponde la pluralità del predicato e del soggetto, mentre l'identità reale è espressa dall'intelligenza per mezzo del loro stesso congiungimento.
Ora Dio, considerato in se medesimo, è assolutamente uno e semplice; tuttavia il nostro intelletto lo conosce attraverso diversi concetti, non potendolo vedere così come è in se stesso.
E tuttavia, sebbene lo conosca sotto diversi concetti, sa però che a tutti i suoi concetti corrisponde semplicemente una sola e identica sostanza.
Ora, questa pluralità di concetti la nostra mente la rappresenta mediante la pluralità del predicato e del soggetto; ne rappresenta invece l'unità per mezzo del loro congiungimento.
1. Dionigi dice che le proposizioni affermative intorno a Dio sono inadeguate o, come porta un'altra versione, non convenienti, in quanto ché nessun nome compete a Dio secondo il modo di significare, come è stato detto sopra [ a. 3 ].
2. La nostra mente non può apprendere le forme semplici sussistenti come sono in se stesse, ma le apprende alla maniera dei composti, nei quali c'è qualcosa che fa da sostrato e qualcosa che vi si appoggia sopra.
Quindi apprende la forma semplice sotto l'aspetto di soggetto e le attribuisce qualcosa.
3. La proposizione: « l'intelletto che intende una cosa diversamente da come è, è falso », ha un doppio senso: poiché l'avverbio diversamente può determinare il verbo intendere rispetto all'oggetto inteso, oppure rispetto allo stesso intelletto che percepisce.
Nel primo caso la proposizione è vera, e il senso è questo: quell'intelletto che intende una cosa altrimenti da ciò che la cosa è, è falso.
Ma ciò non si verifica nel caso nostro: poiché la nostra mente, formulando su Dio proposizioni affermative, non dice che egli è composto, ma che è semplice.
Se invece [ il diversamente ] si riferisce all'intelletto che intende, allora la proposizione è falsa.
Infatti il modo dell'intelletto nell'apprendere è diverso dal modo di essere della cosa.
È infatti evidente che il nostro intelletto concepisce immaterialmente le cose materiali che sono al disotto di esso non perché le considera immateriali, ma perché nell'intendere ha un modo che è immateriale.
Parimenti, quando [ la nostra intelligenza ] concepisce le realtà semplici che sono al disopra di essa le intende alla sua maniera, cioè sotto forma di realtà composte, senza però che le consideri composte.
E così il nostro intelletto non è falso quando formula nei riguardi di Dio delle composizioni concettuali.
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