Summa Teologica - I |
In 1 Sent., d. 42, q. 1, a. 1; C. G., I, c. 16; II, c. 7; De Pot., q. 1, a. 1; q. 7, a. 1
Pare che in Dio non vi sia la potenza.
1. Come la materia prima sta alla potenza, così Dio, primo agente, sta all'atto.
Ma la materia prima, considerata in sé, è senza alcun atto.
Quindi il primo agente, che è Dio, è senza potenza.
2. Dice il Filosofo [ Met. 9,9 ] che migliore di qualsiasi potenza è il suo atto: poiché la forma è migliore della materia, e l'azione è migliore della potenza attiva: è infatti il suo fine.
Ma nulla è meglio di ciò che è in Dio: poiché tutto ciò che è in Dio è Dio, come sopra [ q. 3, a. 3 ] abbiamo dimostrato.
Quindi in Dio non vi è potenza alcuna.
3. La potenza è il principio dell'operazione.
Ora, l'operazione divina è la sua essenza, poiché in Dio non vi è alcun accidente.
Ma l'essenza divina non ha principio alcuno.
Quindi l'attributo della potenza non conviene a Dio.
4. Sopra [ q. 14, a. 8; q. 19, a. 4 ] abbiamo dimostrato che la scienza di Dio e la sua volontà sono la causa delle cose.
Ma la causa e il principio sono identici.
Quindi non bisogna ammettere in Dio la potenza, ma solo la scienza e la volontà.
Nei Salmi [ Sal 89,9 ] sta scritto: « Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona ».
Vi è una duplice potenza: quella passiva, che in nessun modo è in Dio, e quella attiva, che deve essere attribuita a Dio in grado sommo.
È evidente infatti che ogni essere è principio attivo di qualcosa in quanto è in atto ed è perfetto, e invece è passivo in quanto è difettoso e imperfetto.
Ora, sopra [ q. 3, a. 1; q. 4, aa. 1,2 ] si è dimostrato che Dio è atto puro, assolutamente e universalmente perfetto, e in lui non vi può essere imperfezione alcuna.
Quindi a lui compete al massimo grado di essere principio attivo, e in nessun modo passivo.
Ma la natura di principio attivo conviene alla potenza attiva: infatti la potenza attiva è il principio dell'azione transitiva, mentre la potenza passiva è un principio di passività, come dice il Filosofo [ Met. 5,12 ].
Resta dunque che in Dio vi sia la potenza attiva al massimo grado.
1. La potenza attiva non si contrappone all'atto, ma si fonda in esso: poiché ogni essere agisce in quanto è in atto.
La potenza passiva invece si contrappone all'atto, poiché ogni essere è passivo in quanto è in potenza.
Quindi da Dio si esclude questa potenza, non già quella attiva.
2. Ogniqualvolta l'atto è distinto dalla potenza, è necessario che esso sia superiore alla potenza.
Ora, l'azione di Dio non è qualcosa di distinto dalla sua potenza, ma l'una e l'altra si identificano con l'essenza divina, poiché neppure l'essere si distingue in Dio dalla sua essenza.
Non c'è dunque da supporre che vi sia qualcosa di superiore alla potenza di Dio.
3. Nelle cose create la potenza non è principio soltanto dell'azione, ma anche degli effetti.
Quindi in Dio si salva la nozione di potenza in quanto causa degli effetti, non però in quanto principio dell'azione, poiché questa si identifica con l'essenza di Dio.
A meno che [ non si voglia dire ], secondo il nostro modo di intendere, che l'essenza divina, che precontiene in sé in modo indiviso tutte le perfezioni esistenti nelle cose create, può essere concepita e come azione e come potenza: come del resto Dio viene concepito e come supposito avente la sua natura e come natura.
4. La potenza non si pone in Dio come qualcosa che differisca dalla scienza e dalla volontà realmente, ma solo concettualmente, in quanto cioè la potenza implica la nozione di causa che esegue ciò che la volontà comanda e la scienza dirige: le quali tre cose in Dio sono una stessa realtà.
- O si può anche dire che la stessa scienza, o la volontà divina, in quanto princìpi di operazione, presentano l'aspetto di potenza.
E per questo la [ nostra ] considerazione della scienza e della volontà divina precede la considerazione della potenza [ di Dio ], come la causa precede l'operazione e l'effetto.
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