Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 1, q. 2, a. 2, ad 4; C. G., I, c. 100
Pare che a Dio non spetti la beatitudine.
1. Al dire di Boezio [ De consol. 3, pr. 2 ] la beatitudine è « uno stato perfetto in cui sono assommati tutti i beni ».
Ma questa somma di beni non si trova in Dio, come neppure la composizione.
Quindi a Dio non spetta la beatitudine.
2. La beatitudine, o felicità, secondo il Filosofo [ Ethic. 1,9 ], « è il premio della virtù ».
Ma a Dio non si addice il premio, come neppure il merito.
Quindi nemmeno la beatitudine.
Scrive l'Apostolo [ 1 Tm 6,15 ]: « [ La manifestazione ] che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei re e signore dei signori ».
La beatitudine conviene a Dio in grado sommo.
Infatti col nome di beatitudine non si intende altro che il bene perfetto della natura intellettuale, di cui è proprio conoscere la pienezza del bene che possiede, essere suscettibile di bene o di male ed essere padrona dei suoi atti.
Ora queste due cose, cioè essere perfetto ed essere intelligente, appartengono in modo eccellentissimo a Dio.
Quindi la beatitudine conviene a Dio in sommo grado.
1. Questa somma di beni in Dio non si trova a modo di composizione, ma come una realtà semplice: infatti ciò che nelle creature è molteplice preesiste in Dio nella semplicità e nell'unità, come già dimostrammo altrove [ q. 4, a. 2, ad 1; q. 13, a. 4 ].
2. Essere premio della virtù è accidentale alla beatitudine o felicità, in quanto c'è chi acquista la beatitudine: precisamente come è accidentale all'ente di essere termine della generazione, in quanto [ vi sono enti che ] passano dalla potenza all'atto.
Come quindi Dio ha l'essere sebbene non sia generato, così ha la beatitudine benché non la possa meritare.
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