Summa Teologica - I |
I-II, q. 3, a. 1; In 4 Sent., d. 49, q. 1, a. 2, sol. 1
Pare che Dio sia la beatitudine di ogni beato.
1. Dio, come si è dimostrato sopra [ q. 6, a. 2 ], è il sommo bene.
Ma è impossibile che vi siano più sommi beni, come si è già visto [ q. 11, a. 3 ].
Poiché dunque appartiene all'essenza delle beatitudine di essere il sommo bene, è chiaro che la beatitudine non è altro che Dio.
2. La beatitudine è il fine ultimo degli esseri intelligenti.
Ma essere il fine ultimo delle nature intellettuali conviene solo a Dio.
Quindi la beatitudine di ogni beato è solo Dio.
La beatitudine dell'uno è maggiore di quella dell'altro, secondo il detto [ 1 Cor 15,41 ]: « Ogni stella differisce da un'altra nello splendore ».
Ma nulla è più grande di Dio.
Quindi la beatitudine è una cosa diversa da Dio.
La beatitudine delle nature intellettuali consiste in un atto dell'intelligenza.
E in esso si possono considerare due cose, cioè l'oggetto dell'atto, che è l'intelligibile, e l'atto stesso, che è l'intellezione.
Se dunque si considera la beatitudine dal lato dell'oggetto, allora soltanto Dio è la beatitudine: poiché uno è beato soltanto per il fatto che vede Dio con la sua intelligenza, secondo il detto di S. Agostino [ Conf. 5,4 ]: « Beato è chi conosce te, anche se ignora tutto il resto ».
Se invece la si considera in rapporto all'atto del soggetto intelligente, allora la beatitudine nelle creature è qualcosa di creato; in Dio invece anche sotto questo aspetto è qualcosa di increato.
1. La beatitudine quanto all'oggetto è il sommo bene in senso assoluto; ma considerata nelle creature beate in relazione all'atto è il sommo bene non in senso assoluto, bensì nell'ordine dei beni che possono essere partecipati dalle creature.
2. Il termine fine può indicare due cose, cioè il finis cuius e il finis quo: ossia la cosa di cui si gode e l'atto con il quale la si gode: come per l'avaro [ il finis cuius è ] il danaro e [ il finis quo ] l'acquisto del danaro.
Quindi per le creature razionali il fine ultimo è Dio in quanto oggetto, ma è la beatitudine creata in quanto uso, o piuttosto godimento, di tale oggetto.
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