Summa Teologica - I |
In 1 Sent., d. 13, q. 1, a. 1; C. G., IV, c. 11; De Pot., q. 10, a. 1
Pare che in Dio non vi possa essere alcuna processione.
1. Processione significa movimento, e precisamente movimento verso l'esterno.
Ma in Dio non vi è nulla che sia mobile o esterno.
Quindi neppure vi è processione.
2. Ciò che procede è diverso da ciò da cui procede.
Ora, in Dio non c'è nulla di diverso, ma somma semplicità.
Quindi in Dio non vi è alcuna processione.
3. Il procedere da altri pare che ripugni al concetto di primo principio.
Ma come si è provato [ q. 2, a. 3 ], Dio è il primo principio.
Quindi in lui non vi può essere alcuna processione.
Il Signore dice [ Gv 8,42 ]: « Sono uscito da Dio ».
La Sacra Scrittura, trattando di Dio, usa parole esprimenti processione.
Questa processione però fu intesa in diversi modi.
Alcuni la intesero come processione degli effetti dalle loro cause.
E così la intese Ario, il quale diceva che il Figlio procede dal Padre come sua prima creatura, e lo Spirito Santo dal Padre e dal Figlio come creatura di entrambi.
- Ma allora né il Figlio sarebbe vero Dio, né lo Spirito Santo.
Ciò però è in contrasto con quanto viene detto del Figlio [ 1 Gv 5,20 ]: « Noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio ».
E dello Spirito Santo è detto [ 1 Cor 6,19 ]: « Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo? ».
Ora, avere un tempio spetta a Dio solo.
Altri invece presero la processione nel senso che le si dà quando si dice che la causa procede nel suo effetto, o in quanto lo produce, o in quanto gli imprime la propria somiglianza.
E in questo senso la interpretò Sabellio, il quale affermava che lo stesso Dio Padre è detto Figlio in quanto prese carne dalla Vergine.
E diceva che è anche Spirito Santo in quanto santifica e vivifica l'uomo.
- Questo senso però è escluso da ciò che il Signore dice di se stesso [ Gv 5,19 ]: « Il Figlio da sé non può fare nulla », e da molte altre espressioni in base alle quali risulta che il Figlio è distinto dal Padre.
Ora, se si guarda bene, si vede che tanto l'uno quanto l'altro presero il termine processione nel senso di moto tendente all'esterno: quindi né l'uno né l'altro ammise la processione in Dio stesso.
Essendo però ogni processione la conseguenza di qualche azione, come dall'azione che tende a un oggetto esteriore deriva una processione all'esterno, così dall'azione che resta nell'agente si ha una processione che resta nell'interno stesso dell'agente.
E ciò appare molto chiaramente nell'intelletto, la cui azione, cioè l'intendere, rimane in chi intende.
Infatti in chiunque intende, per ciò stesso che intende, c'è qualcosa che procede in lui, che è il concetto [ o l'idea ] della cosa intesa, che sgorga dall'attività della mente e dalla nozione della cosa intesa.
Ed è questo concetto, o idea, che viene espresso esternamente con la voce: e viene detto verbo mentale, significato dal verbo orale [ o parola ].
Ora, essendo Dio al di sopra di tutte le cose, ciò che si dice di lui non va inteso per analogia con le creature inferiori, ma con le superiori, cioè con le sostanze intellettuali; e per di più anche le similitudini desunte da esse sono insufficienti a rappresentare le realtà divine.
Quindi la processione [ divina ] non va presa nello stesso senso di quella che si verifica nei corpi con il moto locale o con l'azione transitiva di una causa su degli oggetti esteriori, come quella del fuoco su un oggetto scaldato, ma piuttosto come un'emanazione intellettuale, quale è quella del verbo mentale che resta nella mente che lo esprime.
E in questo senso la fede cattolica pone delle processioni in Dio.
1. L'argomento ha valore per la processione che è un moto locale, o conseguenza di un'azione tendente a una materia esterna o a un effetto esteriore; ma una tale processione non esiste in Dio, come si è spiegato [ nel corpo ].
2. Ciò che procede per processione all'esterno deve essere diverso dal principio da cui procede.
Ciò che però procede interiormente per processo intellettuale non occorre che sia diverso: anzi, quanto più perfettamente procede, tanto più si identifica con ciò da cui procede.
Infatti è chiaro che quanto più perfettamente una cosa viene intesa, tanto più intima resta a chi la intende e più unificata [ al principio da cui procede ].
Tanto più infatti una cosa si identifica con l'intelletto quanto più l'intelletto attualmente la intende.
Quindi, siccome l'intendere di Dio è al vertice dell'[ attualità o ] perfezione, come si è detto [ q. 14, a 1 ], necessariamente il Verbo divino è una cosa stessa col principio da cui procede, senza alcuna diversità.
3. Procedere da un principio come qualcosa di estraneo e diverso da esso ripugna al concetto di primo principio, ma procedere come qualcosa di intimo e senza alcuna diversità, in maniera intellettuale, è incluso nel concetto di primo principio.
Quando infatti diciamo che l'architetto è il principio dell'edificio, nel concetto di questo principio è inclusa l'idea della sua arte; e se l'architetto fosse il primo principio, tale idea sarebbe inclusa nell'idea di primo principio.
Ora Dio, che è il primo principio delle cose, sta ad esse come un artefice sta alle sue opere.
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