Summa Teologica - I |
C. G., IV, cc. 10, 11; De Pot., q. 2, a. 1; De rat. fidei, c. 3; Comp. Theol., cc. 40, 43; In Col., c. 1, lect. 4
Pare che nessuna processione in Dio possa dirsi generazione.
1. La generazione è una mutazione dal non essere all'essere, cioè l'opposto della corruzione; e ambedue hanno come soggetto la materia.
Ma nulla di tutto ciò conviene a Dio.
Quindi nella divinità non ci può essere generazione.
2. La processione che esiste in Dio è di ordine intellettuale, come si è spiegato [ a. prec. ].
Ma tale processione in noi non si dice generazione.
Quindi neppure in Dio.
3. Ogni cosa generata riceve il suo essere dal generante.
Quindi l'essere, in ogni cosa generata, è un essere ricevuto.
Ma l'essere ricevuto non è di per sé sussistente.
Ora, siccome l'essere divino, come si è già dimostrato [ q. 3, a. 4 ], è di per sé sussistente, ne segue che nessuna cosa generata ha l'essere divino.
Quindi non si può dire che in Dio ci sia generazione.
Sta scritto nei Salmi [ Sal 2,7 ]: « Io oggi ti ho generato ».
In Dio la processione del verbo prende il nome di generazione.
Per chiarire questo punto si deve notare che la parola generazione viene usata in due sensi.
Primo, in un senso comune a tutte le cose generabili e corruttibili.
E così la generazione non è altro che una mutazione dal non essere all'essere.
Secondo, in un senso che è proprio dei viventi: e così la generazione significa l'origine di un vivente da un principio vivente congiunto.
E questa è detta propriamente nascita.
Tuttavia non ogni vivente si dice generato, ma in senso rigoroso soltanto quello che procede per via di somiglianza.
Quindi i peli o i capelli non hanno natura di cosa generata e di figlio, ma la ha soltanto ciò che procede per via di somiglianza.
E non basta neppure una somiglianza generica - infatti i vermi che nascono dall'uomo non si dicono generati da lui, né suoi figli, sebbene vi sia una somiglianza generica -, ma si richiede che il generato proceda come simile nella stessa specie naturale, come l'uomo dall'uomo e il cavallo dal cavallo.
Nei viventi dunque che passano dalla potenza all'atto della vita vi sono tutti e due i suddetti tipi di generazione, come negli uomini e negli animali.
Se però c'è un vivente la cui vita non passa dalla potenza all'atto, ammesso che in lui vi sia una processione, essa esclude totalmente il primo tipo di generazione, ma potrà avere l'altro, quello esclusivo dei viventi.
Ed è in questo modo che in Dio la processione del verbo è una generazione.
Esso infatti procede per un'azione intellettuale che è un'operazione vitale; e da un principio congiunto, come si è detto [ a. prec. ]; e secondo una somiglianza, poiché il concetto dell'intelletto è [ immagine o ] somiglianza della cosa intesa; e nella stessa natura poiché, come si è dimostrato sopra [ q. 14, a. 4 ], l'intendere e l'essere in Dio sono la stessa cosa.
Quindi la processione del verbo in Dio è detta generazione, e il verbo che così procede viene detto Figlio.
1. L'obiezione riguarda la generazione presa nel primo senso, in quanto cioè comporta un passaggio dalla potenza all'atto.
Ma come si è già detto [ nel corpo ], tale generazione non si trova in Dio.
2. In noi l'intendere non è la sostanza dell'intelletto: quindi in noi il verbo che procede per operazione intellettiva non è della stessa natura dell'intelletto da cui procede.
Quindi [ a questo suo procedere ] non conviene propriamente e completamente l'idea di generazione.
L'intendere divino, invece, è la stessa sostanza di colui che intende, come si è dimostrato altrove [ q. 14, a. 4 ]: perciò il verbo che ne procede procede come un sussistente della stessa natura del suo principio.
Per cui esso è detto in senso proprio generato e Figlio.
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