Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se a Dio si possa attribuire il nome di persona

In 1 Sent., d. 23, q. 1, a. 2; De Pot., q. 9, a. 3

Pare che, parlando di Dio, non si debba usare il nome di persona.

Infatti:

1. Dionigi [ De div. nom. 1,1 ] scrive: « Circa la sovrasostanziale e occulta divinità non si deve assolutamente aver l'ardire di dire o di pensare se non ciò che è contenuto nella parola divina ».

Ora, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento non si trova mai usato il termine persona.

Quindi quando si parla della divinità non si deve usare il nome persona.

2. Boezio [ De duab. nat. 3 ] dice: « Il nome di persona pare che abbia avuto origine da quelle maschere con le quali nelle commedia e nelle tragedie si rappresentavano alcuni personaggi: persona infatti è detta da personare [ risonare, rimbombare, suonare forte ]: poiché per la stessa concavità [ della maschera ] il suono risulta rafforzato.

E i Greci queste maschere [ o persone ] le dicono pròsopa, dato che poste in faccia, davanti al viso, nascondono il volto ».

Ma tutto ciò non può convenire a Dio se non in senso metaforico.

Quindi il termine persona non può essere attribuito a Dio se non per metafora.

3. Ogni persona è anche ipostasi.

Ma non pare che il nome di ipostasi convenga a Dio: infatti esso, secondo Boezio [ l. cit. ], significa ciò che sta sotto gli accidenti, che in Dio non si danno.

E anche S. Girolamo [ Epist. 15 ad Dam. ] dice che nel nome di ipostasi « sta nascosto il veleno sotto il miele ».

Quindi il nome persona non va attribuito a Dio.

4. A chi non conviene la definizione non conviene neppure la realtà definita.

Ma la definizione di persona sopra [ a. 1 ] riferita non pare convenire a Dio.

Sia perché la razionalità comporta una conoscenza discorsiva, che a Dio non compete, come si è detto sopra [ q. 14, a. 7 ], e così Dio non può dirsi di natura razionale, sia anche perché Dio non può dirsi sostanza individuale: infatti il principio di individuazione è la materia, mentre Dio è immateriale; e non sottostà neppure agli accidenti, come invece dovrebbe per potersi dire sostanza.

Quindi a Dio non si può attribuire il nome di persona.

In contrario:

Nel Simbolo di S. Atanasio è detto: « Altra è la persona del Padre, altra quella del Figlio, altra quella dello Spirito Santo ».

Dimostrazione:

La persona significa quanto di più nobile si trova in tutto l'universo, cioè il sussistente di natura razionale.

Per questo, dovendosi attribuire a Dio tutto ciò che comporta perfezione, dato che nella sua essenza egli contiene tutte le perfezioni, è conveniente che gli venga attribuito anche il nome di persona.

Tuttavia non nel modo in cui viene attribuito alle creature, ma in maniera più eccellente, come si fa con gli altri nomi da noi imposti alle creature e applicati a Dio: secondo quanto si è dimostrato sopra [ q. 13, a. 3 ] parlando dei nomi di Dio.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene nei libri dell'Antico e del Nuovo Testamento non sia applicato a Dio il nome persona, tuttavia ciò che è indicato da quel nome vi è affermato di Dio in molte maniere: cioè che egli è ente per sé in grado sommo e perfettissimamente intelligente.

Se poi, nel parlare di Dio, non si potessero usare se non quelle parole che sono usate dalla Scrittura, ne verrebbe che nessuno potrebbe parlare di lui in una lingua diversa da quella in cui originariamente furono tramandati i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento.

Invece la necessità di disputare con gli eretici spinse a trovare nuovi vocaboli espressivi dell'antica fede.

E non c'è motivo di rifuggire da questa novità, poiché non è una cosa profana, dal momento che non discorda dal senso della Scrittura: ora, S. Paolo [ 1 Tm 6,20 ] vuole che si evitino le « novità profane ».

2. Quantunque, se si bada alla sua etimologia, il nome persona non convenga a Dio, tuttavia gli conviene, e in grado sommo, se si considera il suo significato.

Siccome infatti nelle commedie e nelle tragedie si rappresentavano personaggi famosi, il nome persona fu imposto per significare soggetti costituiti in dignità.

Di qui venne l'uso della Chiesa di chiamare persone quelli che rivestivano una qualche carica.

Per questo alcuni definiscono la persona come « un'ipostasi contrassegnata da una qualifica connessa con una dignità ».

E siccome è una grande dignità sussistere come soggetto di natura razionale, perciò, come si è detto [ a. 1 ], ogni individuo di tale natura fu chiamato persona.

Ma la dignità della natura divina eccede qualsiasi dignità: perciò a Dio massimamente conviene il nome persona.

3. Se si bada all'origine del nome, ipostasi non conviene a Dio, non sottostando egli ad alcun accidente; però gli conviene quanto al suo significato di realtà sussistente.

- S. Girolamo poi dice che sotto quel nome sta il veleno perché, prima che fosse pienamente noto ai latini il suo significato, gli eretici con quel nome ingannavano i semplici inducendoli ad ammettere in Dio più essenze, come ammettevano più ipostasi, dato che il nome di sostanza, a cui in greco corrisponde ipostasi, presso di noi comunemente sta per essenza.

4. Si può dire che Dio è di natura razionale in quanto la ragione, presa in senso generico, significa una natura intellettuale, e non in quanto implica un processo discorsivo.

A Dio poi non può convenire di essere individuo nel senso che il principio della sua individuazione sia la materia, ma solo in quanto [ individuo ] indica incomunicabilità.

Essere poi sostanza conviene a Dio in quanto essa dice esistere per sé.

- Alcuni tuttavia affermano che la surriferita definizione di persona, data da Boezio, non è la definizione della persona che viene ammessa in Dio.

Per cui Riccardo di S. Vittore [ De Trin. 4,22 ], volendo correggere questa definizione, disse che la persona, in quanto attribuita a Dio, è « un'esistenza incomunicabile di natura divina ».

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