Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 1, q. 1, a. 5; C. G., II, cc. 31 sqq.; De Pot., q. 3, a. 17; Quodl., 3, q. 14, a. 2; Comp. Theol., c. 98; In 8 Phys., lect. 2; In 1 De caelo, lect. 6, 29; In 12 Metaph., lect. 5
Pare che l'universo, che chiamiamo anche mondo, non abbia avuto un inizio, ma sia esistito dall'eternità.
1. Tutto ciò che ha avuto inizio, prima di esistere era una cosa capace di venire all'esistenza: altrimenti sarebbe poi stato impossibile che venisse prodotto.
Se dunque il mondo ha iniziato a esistere, prima che iniziasse era una cosa capace di esistere.
Ora, ciò che ha la capacità di esistere non è altro che la materia prima, la quale è in potenza a quell'essere che si ha mediante la forma, e a quel non essere che si verifica con la privazione.
Se dunque il mondo ha iniziato a esistere, in antecedenza c'era la materia.
Ma non può esistere della materia senza forma; e d'altra parte la materia del mondo con la sua forma non è altro che il mondo.
Quindi il mondo sarebbe esistito prima di iniziare a esistere: il che è assurdo.
2. Tutto ciò che ha la capacità di esistere sempre non capita che in un dato tempo esista e in un altro tempo non esista: poiché l'esistenza di una cosa è legata alla sua virtù.
Ora, ogni essere incorruttibile ha la virtù di esistere sempre: infatti non ha la virtù di durare per un tempo determinato.
Quindi nessun essere incorruttibile esiste per un dato tempo soltanto.
Invece tutto ciò che inizia, ora esiste e ora non esiste.
Quindi nessuna realtà incorruttibile ha iniziato a esistere.
Ma nel mondo esistono molte realtà incorruttibili, quali i corpi celesti e le sostanze intellettuali.
Quindi il mondo non ha iniziato a esistere, [ ma è sempre esistito ].
3. Nessuna cosa improducibile ha iniziato a esistere.
Ora, il Filosofo [ Phys. 1,9 ] dimostra che la materia è improducibile, e così pure il cielo [ cf. De caelo et mundo 1,3 ].
Quindi l'esistenza dell'universo creato non ha avuto inizio.
4. Il vuoto è il luogo dove non c'è alcun corpo, ma dove un corpo si può trovare.
Ora, se il mondo ha iniziato a esistere, nel luogo dove ora si trova il corpo del mondo prima non c'era alcun corpo; e tuttavia vi si poteva trovare, altrimenti ora non vi si troverebbe.
Quindi prima del mondo sarebbe esistito il vuoto: il che è assurdo.
5. Nulla può iniziare a essere mosso se non perché il motore o il mobile viene a trovarsi adesso in una condizione diversa da quella di prima.
Ma se ammettiamo che la creazione si trova ora in una condizione diversa da quella di prima, abbiamo già ammesso il moto.
Quindi prima di tutti i moti che hanno un inizio sarebbe già esistito un moto.
Quindi il moto è sempre esistito.
E così anche il soggetto mobile: poiché il moto non ha luogo che in un soggetto.
6. Ogni causa motrice o è di ordine fisico o è dotata di volontà.
Ma né l'una né l'altra incomincerà a muovere senza un moto antecedente.
Infatti la natura fisica opera sempre allo stesso modo.
Se quindi non vi è in precedenza una mutazione o nella natura della causa movente o nel soggetto che viene mosso, non avrà inizio da un agente fisico un movimento che prima non esisteva.
La volontà invece può, senza mutare se stessa, tardare a compiere ciò che si propone; ma anche questo [ suo agire con effetto ritardato ] non si ha che in base a un mutamento presente all'immaginazione, almeno per quanto riguarda il tempo.
Per es., se uno vuole costruire una casa domani e non oggi, attende che domani accada qualcosa che oggi non c'è; o per lo meno aspetta che passi la giornata di oggi e venga quella di domani: cosa questa che non si ha senza mutazione, poiché il tempo non è che la misura del moto.
Rimane perciò che prima di ogni moto che ha inizio, esisteva già un moto.
Quindi si conclude come sopra.
7. Ciò che si trova sempre al suo inizio e al suo termine non può né iniziare né finire: poiché ciò che inizia non è al suo termine, e ciò che finisce non è al suo inizio.
Ma il tempo si trova sempre al suo inizio e al suo termine: poiché di tutto il tempo non esiste che l'istante, che è il termine del passato e l'inizio del futuro.
Quindi il tempo non può né iniziare né finire.
E per conseguenza neppure il moto, di cui il tempo è la misura.
8. Dio o è prima del mondo soltanto per natura, oppure anche per la durata.
Se soltanto per natura allora, esistendo Dio da tutta l'eternità, anche il mondo esiste da tutta l'eternità.
Se invece è prima per la durata allora, siccome il prima e il poi della durata costituiscono il tempo, il tempo sarebbe esistito prima del mondo, il che è assurdo.
9. Posta una causa adeguata è posto anche l'effetto: infatti la causa dalla quale non segue l'effetto è una causa inefficace, bisognosa di qualcos'altro per produrre l'effetto.
Ma Dio è la causa adeguata del mondo: causa finale per la sua bontà, esemplare per la sua sapienza, efficiente per la sua potenza, come si dimostrò a suo tempo [ q. 44, aa. 1,3,4 ].
Siccome dunque Dio esiste da tutta l'eternità, anche il mondo è esistito dall'eternità.
10. Se un essere ha un'azione eterna, anche il suo effetto sarà eterno.
Ma l'azione di Dio è la sua stessa sostanza, che è eterna.
Quindi anche il mondo è eterno.
Sta scritto [ Gv 17,5 ]: « E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse »; e in un altro luogo [ Pr 8,22 ]: « Il Signore mi ha creata all'inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin d'allora ».
Nulla all'infuori di Dio è esistito da tutta l'eternità.
E questa affermazione non è affatto insostenibile.
Infatti abbiamo già dimostrato [ q. 19, a. 4 ] che la causa delle cose è la volontà di Dio.
Così dunque tanto è necessario che le cose esistano quanto è necessario che Dio le faccia oggetto del suo volere: dato che la necessità dell'effetto dipende dalla necessità della causa, come dice Aristotele [ Met. 5,5 ].
Ora, abbiamo già dimostrato [ q. 19, a. 3 ] che, assolutamente parlando, non c'è necessità per Dio di volere qualcosa all'infuori di se stesso.
Non è quindi dimostrato che Dio debba volere che il mondo sia sempre esistito, ma è evidente soltanto che il mondo esiste in quanto Dio vuole che esista, dato che l'esistenza del mondo dipende dalla volontà di Dio come dalla sua causa propria.
Non è dunque necessario che il mondo sia sempre esistito.
Quindi ciò non può neppure essere provato con argomenti dimostrativi.
E neppure gli argomenti portati da Aristotele [ Phys. 8,1; De caelo et mundo 1,12 ] sono dimostrativi in modo assoluto, ma solo in un certo senso: servono cioè a confutare gli argomenti degli antichi filosofi, i quali ritenevano che il mondo avesse avuto inizio in una maniera realmente insostenibile.
E ciò appare evidente da tre indizi.
Primo, dal fatto che tanto nei libri sulla Fisica quanto in quelli sul Cielo egli premette alcune opinioni, cioè quelle di Anassagora, di Empedocle e di Platone, contro cui porta degli argomenti contrari.
Secondo, dal fatto che in tutti i passi dove parla di questa materia riporta le sentenze degli antichi: e questo non è l'atteggiamento di chi vuole dimostrare, ma di chi vuole persuadere con argomenti probabili.
Terzo, poiché egli espressamente afferma nella Topica [ 1,11 ] che esistono dei problemi dialettici sui quali non abbiamo veri argomenti, come l'argomento « se il mondo sia eterno ».
1. Prima che il mondo esistesse esso era possibile [ ossia era una cosa atta ad esistere ] non in forza di una potenza passiva, qual è la materia, bensì in forza della potenza attiva di Dio.
E inoltre intendendo il termine possibile in ordine non a una potenza reale, ma soltanto all'associabilità dei termini [ mondo - esistenza ], i quali reciprocamente non si escludono: in quanto cioè il termine possibile si contrappone ad assurdo, come spiega Aristotele [ Met. 5,12 ].
2. Ciò che ha la virtù di esistere sempre, da quando ha ricevuto tale virtù non si trova nella condizione di esistere ora sì e ora no; ma prima di ricevere quella virtù non esisteva.
Quindi questo argomento, avanzato da Aristotele [ De caelo 1,12 ], non afferma propriamente che le realtà incorruttibili non hanno iniziato a esistere, ma che non hanno iniziato a esistere per mezzo di una produzione naturale, nel modo in cui iniziano a esistere le realtà soggette alla generazione e alla corruzione.
3. Aristotele nella Fisica [ 1,9 ] dimostra che la materia non è generata per il fatto che non ha un sostrato dal quale poter derivare.
E altrove [ De caelo 1,3 ] dimostra che il cielo non è generato poiché non si dà un elemento contrario dal quale esso possa venire prodotto.
Quindi è evidente che con i due argomenti non si può concludere se non che la materia e il cielo non hanno avuto inizio per generazione, come alcuni ritenevano, specialmente per il cielo.
Ma noi diciamo che la materia e il cielo sono venuti all'esistenza per creazione, come è chiaro da quanto si è detto [ q. 45, a. 2 ].
4. Per la definizione del vuoto non basta [ dire ]: ciò in cui non vi è nulla, ma bisogna [ parlare di ] uno spazio capace di contenere un corpo, come spiega Aristotele [ Phys. 4, cc. 1,7; cf. De caelo 1,9 ].
Ora, noi diciamo che prima del mondo non esisteva né luogo né spazio.
5. Il primo motore è esistito sempre allo stesso modo; invece il primo mobile non è esistito sempre allo stesso modo, poiché ha iniziato a esistere mentre prima non esisteva.
Ciò però non avvenne per una mutazione, ma per creazione, che non è una mutazione, come già abbiamo spiegato [ q. 45, a. 2, ad 2 ].
Quindi è chiaro che questo argomento di Aristotele [ Phys. 8,1 ] ha valore contro coloro che ammettono dei soggetti mobili eterni, ma negano poi il moto eterno; come vediamo nelle opinioni di Anassagora e di Empedocle [ ib. ].
Noi invece sosteniamo che il moto è sempre esistito dal momento in cui ebbero inizio degli enti mobili.
6. La prima causa efficiente è una causa dotata di volontà.
E sebbene abbia avuto dall'eternità il proposito di produrre un dato effetto, tuttavia non produsse un effetto eterno.
E non è necessario presupporre una mutazione, neppure per la nostra rappresentazione immaginaria del tempo.
Infatti un conto è parlare di un agente particolare il quale presuppone una cosa mentre ne causa un'altra, e un conto è parlare di un agente universale che produce ogni cosa.
L'agente particolare infatti, come produce la forma, così presuppone la materia: per cui è necessario che imprima la nuova forma in modo proporzionato alla corrispettiva materia.
È quindi giusto osservare a suo riguardo che esso imprime la forma in tale materia e non in un'altra, per la differenza tra materia e materia.
Ma non è ragionevole fare questa considerazione riguardo a Dio, il quale produce insieme la materia e la forma: si osserva piuttosto con ragione che egli stesso produce la materia adatta alla forma e al fine.
- Ora, la causa agente particolare presuppone il tempo come presuppone la materia.
Quindi è giusto far notare a suo riguardo che essa agisce o dopo o prima, nella successione immaginaria del tempo.
Ma per la causa universale che produce le cose e il tempo non ha senso domandarsi se agisca ora e non prima in base a una rappresentazione immaginaria del tempo, come se il tempo fosse un presupposto della sua azione: bisogna invece far notare qui che questa causa ha stabilito il tempo ai suoi effetti come ha voluto, secondo che era più conveniente per mostrare la propria potenza.
Infatti il mondo porta alla conoscenza della potenza creatrice di Dio in maniera più evidente se non è sempre esistito che non nel caso che sia sempre esistito: poiché è evidente che tutto ciò che non è sempre esistito ha una causa; il che invece non è così evidente per un essere che è sempre esistito.
7. Il prima e il poi sono nel tempo secondo che essi sono nel moto, come afferma Aristotele [ Phys. 4,11 ].
Quindi l'inizio e il termine valgono per il tempo come per il moto.
Supposta dunque l'eternità del moto, è necessario che ogni determinato momento del moto sia il suo principio e il suo termine: il che non accade necessariamente se il moto ha inizio.
E la stessa ragione vale per l'istante del tempo.
E così è dimostrato che quell'argomento - dell'istante attuale che sarebbe sempre inizio e termine del tempo - presuppone l'eternità del tempo e del moto.
Quindi Aristotele [ Phys. 8,1 ] porta questa ragione contro coloro i quali, pur ammettendo l'eternità del tempo, negano l'eternità del moto.
8. Dio è prima del mondo quanto alla durata.
Ma qui il termine prima non indica priorità di tempo, bensì di eternità.
- Oppure si può rispondere che designa un'eternità di tempo non reale, ma immaginario.
Come quando si dice: sopra il cielo non c'è nulla, quel sopra indica soltanto uno spazio immaginario, nel senso che è possibile immaginare altre dimensioni aggiunte alle dimensioni dei corpi celesti.
9. L'effetto, come segue dalla causa agente di ordine fisico secondo la sua forma [ o natura ], così deriva da un agente dotato di volontà secondo la forma da questo premeditata e definita, come altrove si è spiegato [ q. 19, a. 4; q. 41, a. 2 ].
Sebbene dunque Dio sia stato da tutta l'eternità causa sufficiente del mondo, tuttavia non è necessario porre che il mondo sia stato da lui prodotto se non in base a una predeterminazione della sua volontà: cioè in modo da avere l'esistenza dopo l'inesistenza, per manifestare più chiaramente il suo autore.
10. Una volta posta l'azione, l'effetto ne deriva secondo l'esigenza della forma che è il principio dell'azione.
Ora, negli agenti dotati di volontà figura come forma principio dell'azione quanto viene concepito e prestabilito.
Quindi dall'azione eterna di Dio non segue un effetto eterno, ma piuttosto segue un effetto quale Dio lo volle, e cioè tale da ricevere l'esistenza dopo la non esistenza.
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