Summa Teologica - I |
C. G., II, c. 96
Pare che nell'angelo vi siano l'intelletto agente e quello possibile.
1. Dice il Filosofo [ De anima 3,5 ]: « Come in ogni natura, così nell'anima c'è qualcosa per cui essa può divenire tutti gli esseri, e c'è qualcos'altro per cui essa può far divenire ogni altro essere ».
Ma l'angelo è una natura.
Quindi nell'angelo vi è l'intelletto agente e l'intelletto possibile.
2. Ricevere è proprio dell'intelletto possibile, mentre illuminare è proprio dell'intelletto agente, come dimostra Aristotele [ De anima 3, cc. 4,5 ].
Ma l'angelo riceve l'illuminazione dall'angelo superiore e illumina l'inferiore.
Quindi in lui c'è l'intelletto agente e quello possibile.
Ci sono in noi l'intelletto agente e l'intelletto possibile a motivo dei fantasmi, i quali, al dire di Aristotele [ De anima 4, cc. 5,7 ], in rapporto all'intelletto possibile sono come i colori rispetto alla vista, e in rapporto all'intelletto agente sono come i colori rispetto alla luce.
Ma tutto ciò non si riscontra nell'angelo.
Quindi nell'angelo non ci sono l'intelletto agente e l'intelletto possibile.
La necessità di ammettere in noi un intelletto possibile è derivata dal fatto che non sempre noi siamo intelligenti in atto, ma solo in potenza: ci deve essere quindi una certa facoltà che prima dell'intellezione sia in potenza rispetto alle realtà intelligibili e che venga posta in atto, relativamente ad esse, quando ne acquista la scienza, e ulteriormente quando pensa ad esse.
E questa facoltà è chiamata intelletto possibile.
- La necessità poi di ammettere un intelletto agente fu causata dal fatto che le essenze delle realtà materiali, che formano l'oggetto della nostra intelligenza, fuori dell'anima non esistono come attualmente immateriali e intelligibili, ma come intelligibili solo in potenza: ci vuole quindi una facoltà che le renda intelligibili attualmente.
E questa nostra facoltà viene chiamata intelletto agente.
Ora, negli angeli manca questa doppia necessità.
Gli angeli, infatti, non sono mai intelligenti solo in potenza rispetto a quelle cose che naturalmente conoscono, né i loro propri oggetti intelligibili sono intelligibili in potenza, bensì in atto: poiché, come si vedrà in seguito [ q. 84, a. 7; q. 85, a. 1 ], essi intendono in primo luogo e principalmente le realtà immateriali.
Quindi l'intelletto agente e quello possibile non possono esistere in essi se non in senso equivoco.
1. Il Filosofo, come risulta dalle sue stesse parole, intende dire che vi sono quei due princìpi in tutte le nature soggette alla generazione e al divenire.
Ora, nell'angelo la scienza non viene generata, ma si trova naturalmente.
Quindi non è necessario ammettere in esso l'intelletto agente e quello possibile.
2. Il compito dell'intelletto agente non è quello di illuminare un altro essere intelligente, ma di illuminare degli oggetti che sono intelligibili in potenza, rendendoli attualmente intelligibili per mezzo dell'astrazione.
Il compito poi dell'intelletto possibile è quello di essere in potenza a [ conoscere ] degli oggetti conoscibili naturalmente, rispetto ai quali viene in certi casi attuato.
Quindi l'illuminazione di un angelo da parte di un altro angelo non ha nulla a che vedere con l'intelletto agente.
E non ha nulla a che vedere con l'intelletto possibile il fatto che l'angelo talora venga illuminato sui misteri soprannaturali che per un certo tempo era solo in potenza a conoscere.
Se poi qualcuno vorrà chiamare tutte queste cose intelletto agente e possibile, avremo delle espressioni metaforiche; ma noi non dobbiamo far questione di parole.
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