Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 23, q. 2, a. 1; C. G., III, cc. 41, 49; De Verit., q. 8, a. 3
Pare che gli angeli non possano conoscere Dio con le proprie forze naturali.
1. Dionigi [ De div. nom. 1 ] afferma che Dio è posto, « per la sua perfezione incomprensibile, al disopra di tutte le menti celesti ».
E aggiunge: « poiché si eleva al disopra di ogni sostanza, non è raggiunto da alcuna conoscenza ».
2. Dio dista infinitamente dall'intelletto dell'angelo.
Ma le cose che distano infinitamente non sono raggiungibili.
Pare quindi che l'angelo, con le sue forze naturali, non possa conoscere Dio.
3. Scrive l'Apostolo [ 1 Cor 13,12 ]: « Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo a faccia a faccia ».
È chiaro quindi che ci sono due maniere di conoscere Dio: l'una ce lo fa conoscere nella sua essenza, e corrisponde al così detto vedere a faccia a faccia; l'altra ce lo mostra nello specchio [ delle creature ].
Ora, l'angelo non poteva avere la prima conoscenza con le sue forze naturali, come sopra si è dimostrato [ q. 12, a. 4 ].
D'altra parte la conoscenza attraverso lo specchio [ delle creature ] non si addice agli angeli: poiché essi, come afferma Dionigi [ De div. nom. 7,2 ], non derivano la conoscenza divina dalle realtà sensibili.
Quindi gli angeli non possono conoscere Dio per mezzo delle loro forze naturali.
Gli angeli hanno una conoscenza più perfetta che gli uomini.
Ma gli uomini con le loro forze naturali possono conoscere Dio, secondo il detto dell'Apostolo [ Rm 1,19 ]: « Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto ».
Quindi a maggior ragione lo potranno gli angeli.
Gli angeli con le loro forze naturali possono avere una certa conoscenza di Dio.
Per comprendere ciò bisogna considerare che una cosa può essere conosciuta in tre modi.
Primo, per il fatto che la sua essenza si trova nel soggetto conoscente, come la luce è nell'occhio nell'atto della visione: e in questo modo, si disse [ a. 1 ], l'angelo conosce se stesso.
Secondo, per il fatto che nella facoltà conoscitiva è presente un'immagine della cosa: e in questo modo è vista dall'occhio la pietra, in quanto si trova nell'occhio una sua immagine.
Terzo, quando l'immagine della cosa conosciuta non viene presa immediatamente da questa, ma da un'altra cosa in cui essa si trova: come quando vediamo un uomo in uno specchio.
Al primo genere dunque appartiene la conoscenza di Dio ottenuta per mezzo della sua essenza.
Ma nessuna creatura, come già si è visto [ q. 12, a. 4 ], può avere una tale conoscenza con le sue forze naturali.
- Corrisponde invece al terzo genere la conoscenza mediante la quale noi, nello stato di viatori, conosciamo Dio dalle vestigia e dalle immagini di lui impresse nelle creature, secondo il detto dell'Apostolo [ Rm 1,20 ]: « Le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute ».
Quindi si dice anche che vediamo Dio come in uno specchio.
- Ora, la conoscenza di cui si serve l'angelo per conoscere Dio con le sue forze naturali è qualcosa di intermedio tra queste due, e assomiglia a quella conoscenza che ci fa vedere una cosa per mezzo della specie desunta dalla cosa stessa.
Poiché infatti l'immagine di Dio è impressa essenzialmente nella natura dell'angelo, questi conosce Dio in quanto egli stesso ne è un'immagine.
Non vede tuttavia l'essenza stessa di Dio: poiché nessuna immagine creata è in grado di rappresentare pienamente l'essenza divina.
Quindi questa conoscenza si avvicina piuttosto alla [ nostra ] conoscenza speculare: poiché la stessa natura angelica è un certo specchio che riflette l'immagine di Dio.
1. Dionigi, come si vede dalle sue parole, parla della conoscenza comprensiva.
E in questo modo Dio non può essere conosciuto da alcun intelletto creato.
2. Dal fatto che l'intelletto e l'essenza dell'angelo distano infinitamente da Dio segue che l'angelo non è in grado di comprendere Dio e di vedere la sua essenza mediante la propria natura.
Non ne segue però che non possa avere alcuna conoscenza di Dio: poiché come Dio dista infinitamente dall'angelo, così pure la conoscenza che Dio ha di se stesso dista infinitamente dalla conoscenza che di Dio può avere l'angelo.
3. La conoscenza che l'angelo ha di Dio con le proprie forze naturali sta in mezzo tra le due [ suddette ] conoscenze: tuttavia, come si è spiegato [nel corpo], si avvicina di più alla seconda.
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