Summa Teologica - I |
De Verit., q. 8, a. 13; De Malo, q. 16, a. 8; In 1 Cor., c. 2, lect. 2
Pare che gli angeli conoscano i segreti dei cuori.
1. S. Gregorio [ Mor. 18,48 ], nel commentare le parole del libro di Giobbe [ Gb 28,17 ]: « Non la pareggia l'oro e il cristallo, né si permuta con vasi di oro puro », scrive: « Non sarà uguale ad essa né l'oro né il cristallo, poiché allora », cioè nella felicità dei risorti, « uno sarà tanto conoscibile per gli altri quanto lo è per se medesimo, e mentre si considererà l'intelletto di ciascheduno, se ne penetrerà al tempo stesso la coscienza ».
Ma i risorti, secondo il detto evangelico [ Mt 22,30 ], saranno simili agli angeli.
Quindi un angelo può vedere ciò che è contenuto nella coscienza dell'altro.
2. Le figure rappresentano per i corpi ciò che sono le specie per l'intelligenza.
Ma quando si vede un corpo se ne vede pure la figura.
Se quindi si vede la sostanza intellettuale, si deve vedere anche la specie intelligibile che si trova in essa.
Ora, dato che un angelo vede gli altri angeli e anche le anime, pare che possa vedere i pensieri tanto degli uni quanto delle altre.
3. Tutto ciò che si trova nel nostro intelletto è molto più simile all'angelo di ciò che si trova nella fantasia: poiché tutto ciò che si trova nell'intelletto è attualmente intelligibile, mentre ciò che si trova nella fantasia è intelligibile solo in potenza.
Ma ciò che si trova nella fantasia può essere conosciuto dall'angelo come le realtà corporee: la fantasia infatti è una facoltà del [ nostro ] corpo.
Quindi l'angelo può conoscere i pensieri della mente.
Ciò che è proprio di Dio non può convenire agli angeli.
Ma è proprio di Dio conoscere i segreti dei cuori, come dice Geremia [ Ger 17,9s ]: « Più fallace di ogni altra cosa è il cuore, e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere?
Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori ».
Quindi gli angeli non conoscono i segreti dei cuori.
Il pensiero del cuore può essere conosciuto in due modi.
Primo, nei suoi effetti.
E in tal modo può essere conosciuto non solo dall'angelo, ma anche dall'uomo: e con una penetrazione tanto più acuta quanto più tali effetti sono occulti.
Talora infatti si conosce il pensiero non solo da un atto esteriore, ma anche da un semplice cambiamento del volto; i medici poi possono conoscere dal polso certe affezioni dell'animo.
E molto più gli angeli, nonché i demoni, avendo essi una percezione più acuta delle occulte perturbazioni dei corpi.
Per questo S. Agostino [ De divinat. daem. 5 ] fa osservare che [ i demoni ] « talora con tutta facilità percepiscono le disposizioni degli uomini, non solo quelle espresse con le parole, ma anche quelle che, essendo concepite solo col pensiero, l'animo esprime nel corpo con qualche segno ».
Tuttavia nel libro delle Ritrattazioni [ Rit 2,30 ] aggiunge che non si può affermare in che modo ciò avvenga.
Secondo, si possono conoscere i pensieri in quanto si trovano nell'intelletto, e gli affetti in quanto si trovano nella volontà.
E in questa maniera solo Dio può conoscere i pensieri del cuore e gli affetti della volontà.
E ciò perché la volontà razionale è soggetta soltanto a Dio, ed egli solo può operare in essa, essendone l'oggetto principale quale ultimo fine, come si vedrà meglio in seguito [ q. 105, a. 4; q. 106, a. 2; I-II, q. 9, a. 6 ].
Quindi tutto quanto si trova nella volontà, o che dipende esclusivamente da questa, è noto soltanto a Dio.
Ora, è evidente che pensare in maniera attuale a una data cosa dipende dalla sola volontà: poiché quando uno ha l'abito della scienza, o possiede delle specie intelligibili, se ne serve quando vuole.
Quindi l'Apostolo [ 1 Cor 2,11 ] insegna: « Chi conosce i segreti dell'uomo, se non lo spirito dell'uomo che è in lui? ».
1. Due cose impediscono a un uomo di conoscere il pensiero di un altro: la materialità del corpo e la volontà che cela i propri segreti.
Il primo ostacolo, che non esiste per gli angeli, sarà tolto con la risurrezione.
Il secondo invece rimarrà anche dopo la risurrezione, e già attualmente si trova negli angeli.
Tuttavia lo splendore del corpo rappresenterà allora la perfezione dell'anima, per quanto concerne la quantità della grazia e della gloria.
E in tal senso uno potrà vedere la mente dell'altro.
2. Sebbene un angelo possa scorgere le specie intelligibili di un altro, in quanto le specie intelligibili sono proporzionate per la loro maggiore o minore universalità alla nobiltà delle singole sostanze, non ne segue tuttavia che egli conosca come l'altro si serva delle sue specie nel suo pensiero attuale.
3. L'appetito dell'animale bruto non è padrone del suo atto, ma segue l'impulso di una causa estrinseca corporea o spirituale.
Quindi gli angeli, conoscendo le realtà corporee e le loro disposizioni, possono conoscere per mezzo di queste ciò che si trova nell'appetito e nella fantasia dei bruti, oppure nelle analoghe facoltà degli uomini, quando il loro appetito sensitivo compie un atto in seguito a un impulso fisico, come avviene sempre nei bruti.
Non ne segue tuttavia che gli angeli conoscano il moto dell'appetito sensitivo e l'attività della fantasia umana anche quando queste facoltà sono mosse dalla volontà e dalla ragione: poiché anche la parte inferiore dell'anima partecipa in qualche modo della ragione stessa, come secondo Aristotele [ Ethic. 1,13 ] colui che ubbidisce partecipa della perfezione di colui che comanda.
- E neppure segue che, per il fatto che un angelo conosce ciò che si trova nell'appetito sensitivo o nella fantasia dell'uomo, possa anche conoscere ciò che si trova nel pensiero o nella volontà: poiché sia l'intelletto che la volontà non sono subordinati all'appetito sensitivo e alla fantasia, ma possono servirsi in modi diversi di queste facoltà.
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