Summa Teologica - I |
I-II, q. 50, a. 6; C. G., II, cc. 97, 98, 101; De Malo, q. 16, aa. 5, 6
Pare che l'intelletto angelico talora sia in potenza.
1. Come dice Aristotele [ Phys. 3,1 ], « il moto è l'atto di un ente che è in potenza ».
Ma le menti angeliche, secondo l'espressione di Dionigi [ De div. nom. 4 ], si muovono conoscendo.
Quindi le menti angeliche talora sono in potenza.
2. Il desiderio ha per oggetto una cosa che non si possiede, ma che è possibile raggiungere: perciò chiunque desidera intendere una cosa è in potenza rispetto a tale conoscenza.
Ora, S. Pietro [ 1 Pt 1,12 ] così si esprime: « Cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo ».
Quindi l'intelletto dell'angelo talora è in potenza.
3. Nel libro De Causis [ 8 ] si dice che l'intelligenza intende « secondo il modo della sua sostanza ».
Ma la sostanza dell'angelo ha in sé qualcosa di potenziale.
Quindi talora ha una conoscenza potenziale.
Dice S. Agostino [ De Gen. ad litt. 2,8 ] che gli angeli « dal momento in cui furono creati godono della stessa eternità del Verbo, per mezzo di una santa e pia contemplazione ».
Ma l'intelletto che contempla è in atto, non in potenza.
Quindi l'intelletto dell'angelo non è in potenza.
Come fa osservare il Filosofo [ De anima 3,4; Phys. 8,4 ], l'intelletto può essere in potenza in due modi: primo, « avanti di apprendere o di scoprire », cioè prima di avere l'abito della scienza; secondo, quando « pur avendo l'abito della scienza uno non se ne serve ».
Nel primo modo dunque l'intelletto dell'angelo non è mai in potenza rispetto a quelle cose che la sua conoscenza naturale può raggiungere.
Come infatti i corpi superiori, ossia quelli celesti, non hanno alcuna potenzialità nell'ordine dell'essere che non sia colmata dall'atto, così le intelligenze celesti, ossia gli angeli, non hanno alcuna potenzialità di ordine conoscitivo che non sia perfettamente colmata dalle specie intelligibili ad essi connaturali.
- Tuttavia nulla impedisce che il loro intelletto sia in potenza rispetto alle cose che vengono ad essi rivelate da Dio: poiché, analogamente, anche i corpi celesti sono talora in potenza rispetto all'illuminazione del sole.
Nel secondo modo l'intelletto angelico può essere in potenza rispetto alle cose che raggiunge con la sua conoscenza naturale: l'angelo infatti non considera sempre attualmente tutte le cose che conosce con la sua conoscenza naturale.
- Rispetto invece alla conoscenza del Verbo, e di tutto ciò che vede nel Verbo, non è mai in potenza: poiché egli ha sempre fisso lo sguardo attualmente sul Verbo e su quanto vede in lui.
La beatitudine degli angeli consiste infatti in questa visione: e la beatitudine non consiste in un abito, ma in un atto, come insegna il Filosofo [ Ethic. 1,8 ].
1. Il moto di cui si parla non è già « l'atto di un essere imperfetto », che si trova cioè in potenza, bensì « l'atto di un essere perfetto », cioè in atto.
Infatti in questo senso possono dirsi moti anche l'intendere e il sentire, come osserva Aristotele [ De anima 3,7 ].
2. Tale desiderio degli angeli non esclude il possesso della cosa desiderata, ma solo la noia della medesima.
- Oppure si dice che essi desiderano la visione di Dio in vista di nuove rivelazioni che possono ricevere da Dio, secondo le esigenze del loro ministero.
3. Nella sostanza dell'angelo non vi è potenzialità alcuna priva del suo atto.
E così pure l'intelligenza dell'angelo non è mai in potenza in modo da escludere qualsiasi attualità.
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