Summa Teologica - I |
De Verit., q. 8, a. 16; De Pot., q. 4, a. 2, ad 10, 19, 22
Pare che la conoscenza mattutina e quella vespertina siano una sola conoscenza.
1. Sta scritto nella Genesi [ Gen 1,5 ]: « E fu sera e fu mattina: primo giorno ».
Ma il termine giorno, come spiega S. Agostino [ De Gen. ad litt. 4, cc. 22,26; De civ. Dei 11,7 ], significa la conoscenza angelica.
Quindi la conoscenza mattutina e quella vespertina sono una stessa e identica conoscenza.
2. Una potenza non può avere simultaneamente due operazioni.
Ma gli angeli hanno sempre l'atto della conoscenza mattutina: poiché vedono sempre Dio e le cose che sono in Dio, come si legge nel Vangelo [ Mt 18,10 ]: « I loro angeli in cielo vedono sempre la faccia del Padre mio ».
Se quindi la conoscenza vespertina fosse distinta da quella mattutina, l'angelo in nessun modo potrebbe avere l'atto della conoscenza vespertina.
3. L'Apostolo [ 1 Cor 13,10 ] afferma: « Quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà ».
Ora, se la conoscenza vespertina è diversa da quella mattutina, la prima starà alla seconda come ciò che è imperfetto sta a ciò che è perfetto.
Quindi la conoscenza vespertina non può sussistere con quella mattutina.
S. Agostino [ De Gen. ad litt. 4,23 ] insegna: « C'è una grande differenza tra la conoscenza di una cosa qualsiasi nel Verbo e la conoscenza di essa nella sua propria natura, per cui ben a ragione la prima conoscenza si chiama giorno e la seconda sera ».
La conoscenza vespertina, come si è detto [ a. 6 ], è quella mediante cui gli angeli conoscono le cose nella loro propria natura.
Ma ciò non va inteso nel senso che gli angeli derivino la loro conoscenza dalla natura propria delle cose, quasi che la preposizione [ articolata ] nella stia a significare l'origine della conoscenza: gli angeli infatti, come si è visto [ q. 55, a. 2 ], non derivano la loro conoscenza dalle cose.
L'espressione quindi nella propria natura va riferita all'oggetto in quanto termine reale di conoscenza.
E in questo senso si dice vespertina quella conoscenza mediante la quale gli angeli conoscono il modo di essere che le cose hanno nella loro propria natura.
E tale oggetto gli angeli possono coglierlo per due vie: per mezzo delle specie innate e per mezzo delle idee delle cose che sono nel Verbo.
Infatti nel contemplare il Verbo essi non conoscono soltanto l'essere che le cose hanno nel Verbo, ma anche quello che hanno nella loro propria natura: a quel modo in cui Dio, conoscendo se stesso, conosce pure l'essere che le cose hanno nella loro propria natura.
Se dunque si vorrà chiamare vespertina la conoscenza con la quale gli angeli, vedendo il Verbo, conoscono il modo di essere che le cose hanno nella loro propria natura, allora la conoscenza mattutina e quella vespertina saranno essenzialmente la stessa cosa, e differiranno soltanto per gli oggetti sui quali termina la conoscenza.
- Se invece per conoscenza vespertina si intende quella che permette agli angeli di conoscere il modo di essere che le cose hanno nella loro propria natura servendosi delle specie innate, allora la conoscenza vespertina è diversa da quella mattutina.
E in questo senso parla S. Agostino quando dice che la prima è imperfetta rispetto alla seconda.
1. Come il numero di sei giorni, secondo l'interpretazione di S. Agostino, è desunto dai sei generi di cose conosciute dagli angeli, così l'unità del giorno è desunta dall'unicità della realtà [ da essi ] conosciuta, ma che tuttavia essi possono raggiungere servendosi di [ due ] diverse conoscenze.
2. Due operazioni possono trovarsi simultaneamente in una sola potenza quando l'una è ordinata all'altra: come è evidente nell'atto con il quale la volontà vuole insieme il fine e le cose ordinate al fine, e allorché l'intelletto, avendo già acquistato la scienza, intende insieme i princìpi e le conclusioni per mezzo dei princìpi.
Ora, negli angeli la conoscenza vespertina è ordinata a quella mattutina, come spiega S. Agostino [ De Gen. ad litt. 4, cc. 22,24,30; De civ. Dei 11,7 ].
Quindi nulla impedisce che negli angeli vi siano simultaneamente le due conoscenze.
3. Al sopraggiungere di ciò che è perfetto viene eliminato quanto di imperfetto ad esso si oppone: come la fede, che riguarda le cose che non si vedono, al sopraggiungere della visione finisce.
Ma l'imperfezione della conoscenza vespertina non si oppone alla perfezione della conoscenza mattutina.
Infatti la conoscenza di una cosa in se stessa non è opposta alla conoscenza della medesima nella sua causa.
E neppure ripugna che una cosa sia conosciuta attraverso due mezzi conoscitivi dei quali uno sia più perfetto dell'altro: come per provare una stessa conclusione possiamo addurre una prova apodittica e una prova dialettica.
E parimenti un angelo può conoscere una stessa cosa per mezzo del Verbo increato e per mezzo della specie innata.
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