Summa Teologica - I |
I-II, q. 10, a. 1; De Verit., q. 22, a. 5
Pare che negli angeli non vi sia una dilezione deliberata.
1. La dilezione deliberata pare essere un amore razionale, poiché la deliberazione segue il consiglio il quale, come insegna Aristotele [ Ethic. 3, cc. 2,3 ], consiste in una ricerca.
Ma al dire di Dionigi [ De div. nom. 4 ] l'amore razionale si distingue in contrapposizione a quello intellettuale ( proprio degli angeli ).
Quindi negli angeli vi è una dilezione deliberata.
2. Negli angeli, oltre alla conoscenza infusa, non c'è altro che la conoscenza naturale: poiché gli angeli non si servono del raziocinio per ricavare delle conclusioni dai princìpi.
Quindi essi, rispetto a tutto ciò che possono conoscere naturalmente, si comportano come il nostro intelletto riguardo ai primi princìpi che esso è in grado di conoscere naturalmente.
Ora la dilezione, come si è visto [ a. 1, s.c ], segue la conoscenza.
Quindi negli angeli, oltre alla dilezione gratuita [ infusa ], non vi è altro che quella naturale.
Quindi non si trova in essi la dilezione deliberata.
Con gli atti naturali né meritiamo, né demeritiamo.
Gli angeli invece con la loro dilezione meritano o demeritano.
Quindi c'è in essi una dilezione deliberata.
Esiste negli angeli una dilezione naturale e una dilezione deliberata.
E la dilezione naturale è per gli angeli principio di quella deliberata, poiché ciò che appartiene a un dato antecedente ha ragione di principio e quindi, siccome la natura in ogni essere antecede tutto il resto, è necessario che quanto appartiene alla natura abbia sempre funzione di principio.
E ciò è evidente nell'uomo, sia riguardo all'intelletto, sia riguardo alla volontà.
L'intelletto infatti per natura conosce i primi princìpi, e da questa conoscenza l'uomo deduce la scienza delle conclusioni, le quali non sono a lui note per natura, ma o le scopre egli stesso o gli vengono insegnate.
Ora, come dice Aristotele [ Phys. 2,9 ], la volontà si comporta rispetto al fine come l'intelletto rispetto ai primi princìpi.
Quindi la volontà tende per natura al suo ultimo fine: ogni uomo infatti vuole per natura la beatitudine.
E da questo atto naturale della volontà sono causati tutti gli altri atti volitivi, poiché tutto ciò che l'uomo vuole lo vuole in vista del fine.
Quindi la dilezione del bene che l'uomo appetisce naturalmente come suo fine è una dilezione naturale; la dilezione invece che ne deriva, che cioè appetisce un bene in vista del fine, è una dilezione deliberata.
C'è tuttavia una differenza tra l'intelletto e la volontà.
Come infatti si è visto sopra [ q. 59, a. 2 ], la conoscenza intellettuale si compie in quanto le cose conosciute vengono a trovarsi nel soggetto conoscente.
E deve ascriversi all'imperfezione della natura intellettuale dell'uomo il fatto che la sua intelligenza non possieda immediatamente tutte le realtà intelligibili, ma soltanto alcune, dalle quali viene mosso in qualche modo a conoscere le altre.
- Invece l'atto della facoltà appetitiva si compie in modo inverso, in quanto si ha un'inclinazione del soggetto che appetisce verso le cose.
E di queste alcune sono buone per se stesse, e quindi sono appetibili per se stesse, altre invece hanno ragione di bene in quanto sono ordinate ad altro, e quindi sono appetibili in vista di quello.
Non proviene quindi dall'imperfezione del soggetto volente il fatto che esso appetisca per natura alcune cose come suo fine, e ne appetisca invece altre in forza di una deliberazione, in quanto queste altre sono ordinate al fine.
Essendo quindi negli angeli perfetta la natura intellettuale, c'è in essi la sola conoscenza naturale, non già quella raziocinativa: invece si trova in essi tanto la dilezione naturale quanto quella deliberata.
In tutto ciò che abbiamo detto non si è però considerato quanto è al disopra della natura, dato che per rispetto a ciò la natura non è un principio sufficiente.
Ma di questo parleremo in seguito [ q. 62 ].
1. Non ogni dilezione deliberata è un amore razionale, se per amore razionale si intende quello che si distingue per opposizione all'amore intellettuale.
Infatti l'amore razionale così inteso è quello che segue la conoscenza raziocinativa: ora, come si è detto sopra [ q. 59, a. 3, ad 1 ] trattando del libero arbitrio, non ogni deliberazione presuppone il procedimento discorsivo della ragione, ma solo la deliberazione umana.
Quindi l'argomento non regge.
2. La risposta risulta evidente da quanto si è detto [ nel corpo ].
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