Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 17, q. 1, a. 1; C. G., II, c. 85; Comp. Theol., c. 94
Pare che l'anima non sia stata prodotta, ma faccia parte della sostanza stessa di Dio.
1. Sta scritto [ Gen 2,7 ]: « Il Signore plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente ».
Ora, chi alita emette qualcosa di se stesso.
Quindi l'anima, in forza della quale l'uomo vive, fa parte della sostanza divina.
2. L'anima è pura forma, come si è visto [ q. 75, a. 5 ].
Ma la forma è atto.
Quindi l'anima è atto puro: e questo è un attributo divino.
Quindi l'anima fa parte della sostanza divina.
3. Quelle entità che esistono e non differiscono in nulla fra di loro sono identiche.
Ma Dio e l'anima esistono e non differiscono in nulla, poiché altrimenti dovrebbero avere elementi differenziali e in tal caso cesserebbero di essere entità semplici.
Quindi Dio e l'anima umana sono la stessa cosa.
S. Agostino nel De origine animae [ 3,15 ] elenca alcune teorie, che chiama « grandemente e apertamente perverse e contrarie alla fede cattolica », e la prima di esse è quella di coloro i quali insegnavano che « Dio non ha prodotto l'anima dal nulla, ma da se medesimo ».
Dire che l'anima fa parte della sostanza di Dio implica una manifesta assurdità.
L'anima umana infatti, come si è visto [ q. 77, a. 2; q. 79, a. 2; q. 84, a. 6 ], spesso ha l'intellezione solo in potenza; riceve poi, sotto un certo aspetto, la conoscenza dalle cose e possiede un complesso di facoltà: ora, tutte queste cose sono estranee alla natura di Dio, il quale è atto puro, non riceve nulla da alcunché e non ha in sé composizione alcuna, come fu già dimostrato a suo tempo [ q. 3, aa. 1,7; q. 9, a. 1 ].
Ma siffatto errore pare che derivi da due concezioni degli antichi [ filosofi ].
Infatti i primi che iniziarono a studiare la natura delle cose, non riuscendo a trascendere il campo dell'immaginazione, ritennero che la sola realtà fosse quella corporea.
Dicevano perciò che Dio stesso sarebbe stato un corpo, concepito come l'elemento primordiale degli altri corpi.
E siccome pensavano che l'anima avesse la natura di quel corpo ritenuto da essi primordiale [ cf. De anima 1,2 ], ne seguiva logicamente che l'anima doveva essere di natura divina.
E in base a questa concezione anche i Manichei credevano che Dio fosse una specie di luce materiale, e che una particella di questa luce, unita a un corpo, fosse l'anima umana.
- In un secondo tempo invece alcuni arrivarono a concepire una realtà immateriale, non però distinta dal corpo, ma quale forma di un corpo.
E in tal senso Varrone disse che « Dio è l'anima che governa il mondo col moto e con la ragione », come riferisce S. Agostino [ De civ. Dei 7,6 ].
Alcuni quindi pensarono che l'anima dell'uomo fosse una parte di quell'anima universale, come l'uomo è una parte dell'universo.
E questo perché non riuscivano a distinguere con la ragione i gradi delle sostanze spirituali se non in base alle distinzioni dei corpi.
- Ora, tutte queste concezioni sono inammissibili, come si è dimostrato [ q. 3, aa. 1,8; q. 50, a. 2, ad 4; q. 75, a. 1 ].
Quindi è falso in maniera evidente ritenere che l'anima faccia parte della sostanza di Dio.
1. La parola alitare [ o soffiare ] non va presa in senso materiale: dire infatti che Dio alita equivale a dire che crea lo spirito.
Del resto anche l'uomo che materialmente alita non emette qualcosa della sua sostanza, ma qualcosa di estrinseco.
2. Sebbene l'anima sia per essenza una forma semplice, tuttavia non si identifica con il suo essere, essendo anch'essa un ente per partecipazione, come si è già dimostrato [ q. 75, a. 5, ad 4 ].
Quindi non è atto puro, come Dio.
3. Parlando in senso proprio, le realtà differenti sono tali in forza di qualche elemento differenziale determinato: per cui si parla di differenza dove esiste anche una somiglianza.
Quindi le realtà differenti dovranno in qualche modo essere composte, poiché in forza di un dato elemento differiscono tra loro, e in forza di un altro concordano.
Ma in base a ciò, sebbene tutte le realtà differenti siano diverse, non è detto, come insegna Aristotele [ Met. 10,3 ], che tutte le realtà diverse siano differenti.
Infatti le realtà semplici sono diverse per se stesse, e non differiscono in forza di elementi componenti differenziali.
L'uomo e l'asino, p. es., hanno le loro differenze nei due termini di razionale e irrazionale, ma questi due concetti non differiscono in forza di differenze ulteriori.
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