Summa Teologica - I |
C. G., III, c. 17; In 12 Metaph., lect. 12
Pare che il fine a cui mira il governo del mondo non sia fuori di esso.
1. Il fine nel governo di un essere è costituito da quel bene a cui è condotto l'essere governato.
Ma tale bene a cui l'essere è condotto è intrinseco all'essere stesso: come ad es. la sanità, a cui è condotto il malato, è un bene a lui intrinseco.
Quindi il fine del governo degli esseri non è un bene estrinseco, ma un bene esistente nelle cose stesse.
2. A proposito dei fini, il Filosofo [ Ethic. 1,1 ] dice che « alcuni sono le operazioni stesse, altri le opere prodotte ».
Ma nessun'opera prodotta può restare al di fuori di tutto l'universo; e d'altra parte l'operazione è immanente a chi la compie.
Quindi nulla di estrinseco può fare da fine al governo delle cose.
3. Il bene di ogni moltitudine è evidentemente l'ordine e la pace, la quale, al dire di S. Agostino [ De civ. Dei 19,13 ], è « la tranquillità dell'ordine ».
Ma il mondo risulta costituito di una moltitudine di esseri.
Quindi il fine del governo del mondo è l'ordine pacifico intrinseco agli esseri stessi.
Non è dunque un bene estrinseco.
Sta scritto [ Pr 16,4Vg ]: « Tutte le cose il Signore ha operato per se stesso ».
Ma egli è al di fuori di tutto l'ordine dell'universo.
Quindi il fine delle cose è un bene estrinseco.
Poiché il fine corrisponde al principio, è impossibile ignorare il fine delle cose una volta conosciutone il principio.
Ma il principio delle cose, cioè Dio, è al di fuori di tutto l'universo, come si è già dimostrato [ q. 44, a. 1 ]: quindi è necessario che anche il fine delle cose sia un bene estrinseco.
Ed eccone la dimostrazione.
È evidente che il bene presenta l'aspetto di fine.
Quindi il fine particolare di un essere è un certo bene particolare, mentre il fine universale di tutti gli esseri è un certo bene universale.
Il bene universale poi deve essere tale per se stesso e per la propria essenza, che quindi è l'essenza stessa della bontà; invece il bene particolare è bene per partecipazione.
Ora, è evidente che in tutto l'universo non esiste un bene che non sia tale per partecipazione.
Per conseguenza quel bene che è il fine dell'universo bisogna che sia al di fuori di tutto l'universo.
1. Noi possiamo conseguire un dato bene in diversi modi:
primo, quale forma immanente in noi, come la salute o la scienza;
secondo, quale prodotto del nostro lavoro, ed è il caso del costruttore che raggiunge il suo fine edificando la casa;
terzo, quale bene avuto o posseduto da noi: come ad es. raggiunge il suo fine chi, mediante la compera, entra in possesso di un campo.
Quindi nulla impedisce che il termine a cui è condotto l'universo sia un bene estrinseco.
2. Il Filosofo si riferisce ai fini delle arti, alcune delle quali hanno per loro fine le stesse operazioni, come ad es. il suonatore di cetra ha quale fine della sua arte il suonare; altre invece hanno per fine un'opera da produrre: come il costruttore ha per fine della sua arte non il costruire, ma l'edificio.
Una realtà estrinseca però può essere fine non solo come opera da produrre, ma anche come oggetto da possedere, o come modello da rappresentare: come se dicessimo che Ercole è il fine dell'immagine, fatta appunto per rappresentarlo.
Si può quindi affermare che il bene estrinseco a tutto l'universo è il fine del governo delle cose in quanto è un bene da possedere e da rappresentare: poiché ogni essere tende a partecipare di quel bene e ad acquistarne una rassomiglianza, nei limiti delle proprie capacità.
3. Vi è certamente nell'universo un fine che è un bene ad esso immanente, ed è l'ordine dell'universo stesso; ma tale bene non è il fine ultimo, dato che a sua volta è ordinato, come a fine ultimo, a un bene estrinseco: nel modo in cui, come dice Aristotele [ Met. 12,10 ], l'ordinamento interno dell'esercito è ordinato, a sua volta, al comandante dell'esercito.
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