Summa Teologica - I |
I-II, q. 109, a. 1; Comp. Theol., c. 129
Pare che Dio non muova immediatamente l'intelletto creato.
1. L'azione dell'intelletto proviene dal soggetto in cui si produce: poiché non passa in una materia esteriore, come fa osservare Aristotele [ Met. 9,8 ].
Ora, l'azione di chi è mosso da un altro non deriva dal soggetto in cui si produce, ma da colui che muove.
Quindi l'intelletto non è mosso da altri.
E così pare che Dio non possa muovere l'intelletto.
2. Chi possiede in se stesso il principio sufficiente del proprio movimento non è mosso da altri.
Ora, il moto dell'intelletto non è altro che la sua azione intellettiva, nel senso in cui, secondo le espressioni del Filosofo [ De anima, 3,7 ], diciamo che anche l'intendere e il sentire sono una specie di moto.
Ma il lume intellettuale, di cui è dotato l'intelletto, è un principio sufficiente dell'atto intellettivo.
Quindi l'intelletto non è mosso da altri.
3. L'intelletto è mosso dall'oggetto intelligibile, come il senso da quello sensibile.
Ma Dio non è intelligibile per noi, poiché trascende il nostro intelletto.
Quindi Dio non può muovere il nostro intelletto.
L'insegnante muove la mente del discepolo.
Ma Dio, come si legge nei Salmi [ Sal 94,10 ], « insegna all'uomo il sapere ».
Quindi Dio muove l'intelletto dell'uomo.
Come nel moto fisico si dice motore ciò che imprime la forma che è principio del moto, così diciamo che muove l'intelletto ciò che imprime la forma che è principio delle operazioni intellettive, chiamate anche moti intellettivi.
Ora, nel soggetto intelligente vi sono due princìpi dell'atto intellettivo: il primo è la stessa virtù intellettiva presente anche in colui che è soltanto in potenza all'intellezione; l'altro invece è il principio dell'intellezione attuale, ed è l'immagine ideale dell'oggetto nel soggetto che intende.
Si dice dunque che uno muove l'intelletto o perché gli dona la virtù di intendere, o perché gli imprime l'immagine della cosa intesa.
Ora, Dio muove l'intelletto creato in ambedue i modi.
Egli è infatti il primo ente immateriale.
E poiché l'intellettualità scaturisce dall'immaterialità, ne segue che egli è pure il primo intelligente.
Ma in qualsiasi genere di cose il primo è causa di tutta la serie che segue: perciò da lui proviene ogni virtù intellettiva.
Parimenti, essendo egli il primo ente e preesistendo tutti gli altri enti in lui come nella prima loro causa, è necessario che essi si trovino in lui come intelligibili nel modo che a lui compete.
Come infatti le nozioni intelligibili di tutte le cose esistono prima in Dio, e vengono poi da lui comunicate agli altri intelletti perché abbiano l'intellezione attuale, così anche vengono partecipate alle creature perché queste possano sussistere.
Così dunque Dio muove l'intelletto creato in quanto gli dà la virtù naturale o soprannaturale di intendere, in quanto gli comunica le specie intelligibili e in quanto tiene e conserva nell'essere la virtù e le specie.
1. L'operazione intellettiva proviene dall'intelligenza in cui si produce come dalla causa seconda, ma proviene da Dio come dalla causa prima.
È lui infatti che dà al soggetto il potere di intendere.
2. Il lume intellettuale unito all'immagine della cosa intesa è principio sufficiente dell'intellezione, ma secondariamente e in dipendenza dal primo principio.
3. L'oggetto intelligibile muove il nostro intelletto comunicandogli in qualche modo la sua immagine, mediante la quale può essere conosciuto.
Ma le immagini che Dio imprime nell'intelletto creato non bastano a farci conoscere Dio nella sua essenza, come già altrove [ q. 12, a. 2; q. 56, a. 3 ] abbiamo spiegato.
Per cui Dio muove l'intelletto creato pur non essendo intelligibile per esso, come si è detto [ q. 12, a. 4 ].
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