Summa Teologica - I-II |
In 4 Sent., d. 49, q. 1, a. 1, sol. 1; C. G., III, c. 32; Comp. Theol., p. 2, c. 9; In 1 Ethic., lect. 10
Pare che la beatitudine dell'uomo consista nei beni del corpo.
1. Sta scritto [ Sir 30,16 ]: « Non c'è ricchezza migliore della salute del corpo ».
Ma la beatitudine consiste nella cosa più preziosa.
Quindi essa consiste nella salute del corpo.
2. Dionigi [ De div. nom. 5 ] insegna che l'essere vale più del vivere, e il vivere vale più di tutte le perfezioni susseguenti.
Ma l'essere e il vivere umano dipendono dalla salute del corpo.
Poiché dunque la beatitudine corrisponde al bene supremo dell'uomo, è chiaro che specialmente la salute del corpo fa parte della beatitudine.
3. Quanto più una cosa è universale, tanto più alto è il principio da cui dipende: poiché quanto più una cosa è di ordine superiore, tanto più vasto è il suo raggio di azione.
Ma come la virtù di una causa agente si misura dal suo influsso, così la causalità del fine si misura dagli appetiti.
Come quindi la prima causa efficiente deve estendere il suo influsso a tutte le cose, così il fine ultimo deve essere da tutti desiderato.
Ma la cosa da tutti maggiormente desiderata è l'essere.
Quindi la beatitudine di un uomo consiste specialmente in ciò che è richiesto per la sua esistenza, quindi nella salute del corpo.
Per la beatitudine l'uomo è superiore a tutti gli altri animali.
Ma nei beni del corpo egli è superato da molti di essi: dall'elefante, p. es., nella durata della vita, dal leone nella forza, dal cervo nella velocità.
Quindi la beatitudine dell'uomo non consiste nei beni del corpo.
È impossibile che la beatitudine dell'uomo consista nei beni del corpo, per due motivi.
Primo, perché è impossibile che l'ultimo fine di una cosa sia la conservazione della medesima quando quest'ultima è già ordinata a un fine distinto da essa.
Un pilota, p. es., non può considerare la conservazione della nave a lui affidata come ultimo fine, poiché la nave è già ordinata a un fine più remoto, cioè alla navigazione.
Ora, come la nave è affidata alla direzione di un pilota, così l'uomo è affidato alla volontà e alla ragione, secondo il detto della Scrittura [ Sir 15,14 ]: « Dio da principio creò l'uomo, e lo lasciò in balìa del suo proprio volere ».
È evidente d'altra parte che l'uomo deve avere il suo fine in qualcosa: poiché l'uomo non è il sommo bene.
Quindi è impossibile che la propria conservazione sia l'ultimo fine della ragione e della volontà dell'uomo.
Secondo, anche ammesso che la conservazione dell'esistenza umana fosse il fine della ragione e della volontà dell'uomo, non si potrebbe tuttavia concludere che il fine dell'uomo è un bene corporeo.
Infatti l'essere dell'uomo abbraccia l'anima e il corpo; e sebbene l'essere del corpo dipenda dall'anima, tuttavia l'essere dell'anima umana non dipende dal corpo, come fu già dimostrato [ I, q. 75, a. 2; q. 76, a. 1, ad 5,6; q. 90, a. 2, ad 2 ]; il corpo inoltre è per l'anima, come la materia è per la forma e come gli strumenti sono per il loro principio motore, il quale si serve di essi per le proprie operazioni.
Per cui tutti i beni del corpo hanno come fine i beni dell'anima.
Quindi è impossibile che la beatitudine, ultimo fine dell'uomo, consista nei beni del corpo.
1. Come il corpo è per l'anima, così i beni esterni sono per il corpo.
Quindi è giusto preferire il bene del corpo ai beni esterni, indicati col termine ricchezza, come va preferito il bene dell'anima ai beni del corpo.
2. L'essere preso in assoluto, in quanto include tutte le perfezioni dell'essere, vale più della vita e di ogni altra determinazione successiva: poiché in tal caso l'essere precontiene tutte le perfezioni susseguenti.
E questo è il senso delle parole di Dionigi.
- Se però si considera l'essere in quanto partecipato da soggetti determinati, i quali non possiedono l'essere in tutta la sua perfezione, ma solo parzialmente, come avviene in tutte le creature, allora è evidente che l'essere vale di più se è accompagnato da altre perfezioni.
Infatti Dionigi stesso fa osservare che i viventi valgono più dei semplici esistenti, e gli esseri intelligenti più dei viventi.
3. Esiste certo una corrispondenza tra il principio e il fine, ma ciò prova [ soltanto ] che l'ultimo fine coincide col primo principio dell'essere, nel quale si trovano tutte le perfezioni dell'essere: perfezioni di cui ciascuna creatura appetisce una somiglianza proporzionata, o fermandosi al semplice essere, o cercando l'essere e la vita, oppure aspirando all'essere dotato di vita, di intelligenza e di beatitudine.
Ma questo è di pochi.
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