Summa Teologica - I-II |
C. G., III, c. 31; Comp. Theol., p. 2, c. 9; De Reg., 1, c. 8; In Matth., c. 5
Pare che la beatitudine consista nel potere.
1. Tutte le creature tendono alla somiglianza con Dio, loro principio e loro ultimo fine.
Ma gli uomini costituiti in autorità, per la somiglianza nel potere, sembrano più degli altri conformi a Dio: infatti la Scrittura [ Es 22,28 ] talora li chiama dèi: « Non mormorerai contro gli dèi ».
Quindi la beatitudine consiste nel potere.
2. La beatitudine è un bene perfetto.
Ma la cosa più perfetta sta nella possibilità per l'uomo di governare gli altri, il che si verifica per coloro che hanno in mano il potere.
Quindi la beatitudine si identifica con il potere.
3. La beatitudine, essendo la cosa più desiderabile, si oppone alla cosa più ripugnante.
Ma la cosa più ripugnante per gli uomini è la schiavitù, che ha come contrapposto il potere.
Quindi la beatitudine consiste nel potere.
La beatitudine è un bene perfetto.
Il potere invece è sommamente imperfetto.
Come infatti dice Boezio [ De consol. 3, pr. 5 ], « il potere umano è incapace di eliminare il morso delle preoccupazioni, e la spina del timore ».
E continua: « Tu stimi forse potente colui che è circondato di satelliti, che più egli spaventa, più gli fanno paura? ».
Quindi la beatitudine non consiste nel potere.
È impossibile che la beatitudine consista nel potere, per due motivi.
Primo, perché il potere ha natura di principio, come dimostra Aristotele [ Met. 5,12 ], mentre la beatitudine ha ragione di fine ultimo.
- Secondo, perché il potere è indifferentemente buono o cattivo, mentre la beatitudine è il bene proprio e perfetto dell'uomo.
Quindi una certa beatitudine potrebbe trovarsi più nel buon uso del potere, dovuto alla virtù, che non nel potere medesimo.
Si possono poi portare quattro argomenti generali per dimostrare che la beatitudine non consiste in nessuno dei predetti beni esterni.
Primo, perché la beatitudine è incompatibile col male di qualsiasi genere, essendo essa il bene sommo dell'uomo.
Invece tutti i beni suddetti possono trovarsi sia nei malvagi che nei buoni.
- Secondo, perché non è ammissibile la mancanza di un bene qualsiasi necessario all'uomo una volta raggiunta la beatitudine, essendo questa per natura sua « per sé sufficiente », come dice Aristotele [ Ethic. 1,7 ].
Invece dopo il conseguimento dei singoli beni sopra indicati possono ancora mancare all'uomo molti beni necessari, come la sapienza, la salute del corpo, ecc.
- Terzo, perché dalla beatitudine non può mai derivare un male, essendo la beatitudine il bene perfetto.
Non è così invece per i beni suddetti: infatti sta scritto [ Qo 5,12 ] che le ricchezze spessovengono conservate « a danno di chi le possiede »; e lo stesso si dica per gli altri beni enumerati.
- Quarto, perché l'uomo deve essere ordinato alla beatitudine da princìpi interiori, essendo ordinato ad essa per natura.
Invece i quattro beni ricordati derivano piuttosto da cause esterne, e spesso dalla fortuna: infatti sono anche chiamati beni di fortuna.
È perciò evidente che in nessun modo la beatitudine può consistere nei beni suddetti.
1. Il potere di Dio si identifica con la sua bontà: egli quindi non può servirsene altro che in bene.
Ciò invece non accade per gli uomini.
Quindi non basta, per la beatitudine dell'uomo, che egli assomigli a Dio nel potere se non gli assomiglia anche nella bontà.
2. Come servirsi bene del potere nel governo di una moltitudine è cosa ottima, così servirsene male è cosa pessima.
Quindi il potere è qualcosa di indifferente rispetto al bene e al male.
3. La schiavitù è di ostacolo al buon uso del potere, ed è per questo che gli uomini naturalmente la aborriscono, non già perché pensino che nel potere si trovi il sommo bene.
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