Summa Teologica - I-II

Indice

Articolo 6 - Se l'atto della ragione possa essere comandato

De Virt., q. 1, a. 7

Pare che l'atto della ragione non possa essere comandato.

Infatti:

1. È inconcepibile che uno comandi a se stesso.

Ma comandare spetta alla ragione, come si è dimostrato [ a. 1 ].

Quindi l'atto della ragione non è comandato.

2. Ciò che è per essenza è diverso da ciò che è per partecipazione.

Ma la potenza il cui atto viene comandato, al dire di Aristotele [ Ethic. 1,13 ], è ragione per partecipazione.

Quindi non può essere comandato l'atto di quella potenza che è ragione per essenza.

3. Può essere comandato quell'atto che è in nostro potere.

Ma conoscere e giudicare la verità, che è un atto della ragione, non è sempre in nostro potere.

Quindi l'atto della ragione non può essere comandato.

In contrario:

Può essere compiuto col nostro comando ciò di cui siamo capaci col libero arbitrio.

Ma gli atti della ragione sono eseguiti mediante il libero arbitrio: infatti il Damasceno [ De fide orth. 2,22 ] scrive che « col libero arbitrio l'uomo ricerca, scruta, giudica e dispone ».

Quindi gli atti della ragione possono essere comandati.

Dimostrazione:

Poiché la ragione riflette su se stessa, come dispone degli atti delle altre facoltà, così può disporre anche del proprio atto.

Quindi anche i suoi atti possono essere comandati.

- Ma si deve osservare che l'atto della ragione può essere considerato sotto due aspetti.

Primo, quanto all'esercizio dell'atto.

E allora l'atto della ragione è sempre passibile di comando: come quando si ordina a qualcuno di stare attento e di usare la ragione.

Secondo, quanto all'oggetto: e a questo proposito due sono gli atti della ragione.

Il primo consiste nell'apprendere la verità su un dato argomento.

E questo non è in nostro potere: infatti ciò avviene in virtù di una qualche luce, o naturale o soprannaturale.

Quindi in questo caso l'atto della ragione non è in nostro potere, né può essere comandato.

Ma c'è un secondo atto della ragione, che consiste nel dare l'assenso alle cose conosciute.

Se dunque si tratta di nozioni a cui l'intelletto assente naturalmente, come i primi princìpi, allora non è in nostro potere assentire o dissentire, ma dipende dall'ordine naturale: per cui, propriamente parlando, tale atto non sottostà al comando.

Ci sono però delle nozioni che non convincono l'intelletto al punto di togliergli la facoltà di assentire o di dissentire, o almeno di sospendere l'assenso o il dissenso, per qualche motivo: e in questi casi l'assenso e il dissenso sono in nostro potere, e ricadono sotto il comando.

Analisi delle obiezioni:

1. La ragione comanda a se stessa come la volontà muove se stessa, secondo le spiegazioni date [ q. 9, a. 3 ]: cioè perché sia l'una che l'altra facoltà riflettono sul proprio atto, e possono passare da un atto all'altro.

2. Data la diversità degli oggetti sottoposti all'atto della ragione, nulla impedisce che la ragione possa partecipare se stessa: come nella conoscenza delle conclusioni viene partecipata la conoscenza dei princìpi.

3. La risposta è evidente in base a quanto detto.

Indice