Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se l'operazione sia la causa propria del piacere

In 4 Sent., d. 49, q. 3, a. 2

Pare che l'operazione non sia la causa primaria e propria del piacere.

Infatti:

1. Come dice Aristotele [ Reth. 1,11 ], « il godimento consiste nel fatto che il senso subisce qualcosa »: infatti sopra [ q. 31, a. 1 ] abbiamo ricordato che il piacere richiede la conoscenza.

Ma prima e più che le operazioni sono conosciuti gli oggetti.

Quindi l'operazione non è la causa propria del piacere.

2. Il piacere si trova specialmente nel fine raggiunto: questo infatti è ciò che soprattutto si desidera.

Ora, non sempre il fine è l'operazione, ma talvolta lo è la cosa prodotta.

Quindi l'operazione non è la causa propria ed essenziale del piacere.

3. L'ozio e il riposo sono denominati dal cessare dell'operazione.

Eppure essi sono piacevoli, come ricorda Aristotele [ Reth. 1,11 ].

Quindi l'operazione non è la causa propria del piacere.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 7,12; 10,4 ] scrive che « il piacere è un'operazione connaturale non impedita ».

Dimostrazione:

Come si è già detto [ q. 31, a. 1 ], due cose si richiedono per il piacere: il conseguimento di un bene proporzionato e la conoscenza di tale conseguimento.

Ora, sia l'una che l'altra cosa si riducono a un'operazione: infatti la conoscenza attuale è un'operazione, e così pure è mediante un'operazione che raggiungiamo il bene che ci conviene.

D'altra parte la stessa operazione appropriata è un bene conveniente.

- Quindi è necessario che ogni piacere dipenda da qualche operazione.

Analisi delle obiezioni:

1. Gli oggetti delle nostre operazioni non sono piacevoli se non in quanto vengono a unirsi con noi: o mediante la sola conoscenza, come quando godiamo nel considerare o nel vedere le cose, oppure in altro modo, ma assieme alla conoscenza, come quando uno si compiace nel considerare che possiede un bene qualsiasi, per es. le ricchezze, gli onori o altre cose simili.

Ma tutte queste cose non arrecherebbero piacere se non fossero apprese come possedute.

Come infatti osserva il Filosofo [ Polit. 2,2 ], « dà un grande piacere pensare che una cosa ci appartiene; piacere che deriva dall'amore naturale di ciascuno per se medesimo ».

Ora, tale possesso non è altro che l'uso o la capacità di usare di queste cose.

Ma ciò avviene mediante un'operazione.

Quindi è evidente che le cause di tutti i piaceri si riducono a un'operazione.

2. Anche quando il fine di un'attività non è costituito dall'operazione, ma dalle cose prodotte, queste ultime sono oggetto di piacere in quanto prodotte o possedute.

Il che si riduce a un qualche uso od operazione.

3. Le operazioni sono piacevoli in quanto proporzionate e connaturali a chi le compie.

Ora, essendo le forze umane limitate, l'operazione è proporzionata secondo una certa misura.

Per cui oltre quel limite essa non è più né proporzionata né piacevole, ma faticosa e tediosa.

Ed è questo il motivo per cui sono piacevoli l'ozio, il gioco e gli altri svaghi attinenti al riposo, in quanto tolgono la tristezza causata dalla fatica.

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