Summa Teologica - I-II |
In 4 Sent., d. 49, q. 3, a. 4, sol. 3, ad 1
Pare che il piacere non sia la misura o regola del bene e del male morale.
1. Come dice Aristotele [ Met. 10,1 ], « tutte le cose sono misurate da ciò che è primo nel loro genere ».
Ma il godimento nel genere delle entità morali è preceduto dall'amore e dal desiderio.
Quindi non è la regola della bontà e della malizia in campo morale.
2. La misura, o regola, deve essere uniforme: infatti il moto più uniforme, [ quello del primo cielo ], è la misura e la regola di tutti i moti, come dice Aristotele [ ib. ].
Il piacere invece è vario e multiforme: infatti alcuni piaceri sono buoni e altri cattivi.
Quindi il piacere non è misura e regola in campo morale.
3. Si ha un giudizio più sicuro sugli effetti partendo dalla causa che viceversa.
Ora, la bontà o la malizia dell'operazione è causa della bontà o della malizia del godimento, poiché « piaceri buoni sono quelli che accompagnano le azioni buone, e piaceri cattivi quelli che accompagnano le azioni cattive », come dice Aristotele [ Ethic. 10,5 ].
Quindi i piaceri non sono la regola e la misura della bontà e della malizia in campo morale.
S. Agostino così commenta l'espressione del Salmo [ Sal 7,10 ]: « Tu che provi mente e cuore, Dio giusto »: « Il fine delle preoccupazioni e delle risoluzioni è il godimento che si cerca di raggiungere ».
E il Filosofo [ Ethic. 7,11 ] insegna che « il piacere è il fine architettonico », cioè principale, « in rapporto al quale consideriamo ogni cosa buona o cattiva ».
La bontà o la malizia morale, come si è già spiegato [ q. 20, a. 1 ], dipende principalmente dalla volontà.
Ora, se la volontà è buona o cattiva lo si conosce principalmente dal fine, e per fine si prende l'atto in cui la volontà riposa.
Ma il riposarsi della volontà o di qualsiasi appetito nel bene è il piacere.
Quindi un uomo viene giudicato buono o cattivo specialmente in base ai godimenti della sua volontà: infatti è buono e virtuoso colui che gode degli atti virtuosi, mentre è cattivo chi prova gusto nelle azioni malvage.
Invece i piaceri dell'appetito sensitivo non sono la regola della bontà o della malizia morale: infatti il cibo è piacevole secondo l'appetito sensitivo sia per i buoni che per i cattivi.
Però il volere dei buoni ne gode conformemente alla ragione, mentre il volere dei malvagi non si cura di ciò.
1. L'amore e il desiderio vengono prima del piacere in ordine genetico, ma il piacere viene prima nell'ordine della causalità finale: ora il fine, nell'agire, ha ragione di principio, dal quale appunto si desume principalmente il giudizio come da una regola o misura.
2. Ogni godimento è uniforme in questo, che è un acquietarsi in qualche bene: e sotto questo aspetto può essere regola o misura.
Infatti è buono colui la cui volontà si acquieta nel vero bene, mentre è cattivo colui la cui volontà si acquieta nel male.
3. Dato che il piacere, come si è detto [ q. 33, a. 4 ], dà compimento all'operazione quale suo fine, questa non può essere perfettamente buona senza il godimento nel bene: infatti la bontà di una cosa dipende dal fine.
Quindi la bontà del godimento in qualche modo causa la bontà nell'operazione.
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