Summa Teologica - I-II |
Supra, q. 35, a. 4, ad 2; infra, a. 5; III, q. 46, a. 8, ad 2; In 2 Cor., c. 7, lect. 2
Pare che non tutti i piaceri possano alleviare qualsiasi dolore o tristezza.
1. Il piacere non allevia il dolore se non perché è ad esso contrario: infatti, come dice Aristotele [ Ethic. 2,3 ], « i rimedi si ottengono dai contrari ».
Ora, non tutti i piaceri sono contrari a qualsiasi dolore, come sopra [ q. 35, a. 4 ] abbiamo visto.
Quindi un piacere qualunque non può alleviare qualsiasi dolore.
2. Non può alleviare il dolore ciò che lo causa.
Ora, certi piaceri causano dolore: poiché, come scrive Aristotele [ Ethic. 9,4 ], « chi ha fatto del male si rattrista per aver goduto ».
Quindi non ogni piacere mitiga il dolore.
3. S. Agostino [ Conf. 4,7.12 ] racconta di aver abbandonato la patria, nella quale aveva a lungo vissuto con l'amico defunto, « perché i suoi occhi lo avrebbero cercato meno là dove non erano soliti vederlo ».
Dal che si desume che le cose in cui gli amici morti o assenti hanno comunicato con noi diventano per noi penose quando siamo addolorati per la loro morte o per la loro assenza.
Ma essi hanno avuto in comune con noi specialmente i godimenti.
Quindi i godimenti stessi diventano penosi quando siamo addolorati.
Quindi non tutti i godimenti possono alleviare qualsiasi tristezza.
Il Filosofo [ Ethic. 7,14 ] insegna che « il piacere scaccia la tristezza, sia quella contraria che qualsiasi altra, purché sia forte ».
Come si è già detto [ q. 23, a. 4; q. 31, a. 1, ad 2 ], il piacere è l'acquietarsi dell'appetito nel bene voluto, mentre il dolore nasce da ciò che contraria l'appetito.
Quindi tra i moti dell'appetito il piacere sta alla tristezza come nell'attività del corpo il riposo sta alla fatica, la quale è prodotta da qualche alterazione innaturale: infatti anche il dolore stesso implica un affaticamento o un'infermità della potenza appetitiva.
Come dunque qualsiasi riposo del corpo è un rimedio contro qualsiasi fatica, proveniente da qualsiasi causa innaturale, così qualsiasi piacere porta un sollievo capace di mitigare qualsiasi tristezza, qualunque ne sia l'origine.
1. Sebbene non tutti i piaceri siano contrari specificamente a qualsiasi tristezza, sono però contrari nel genere, come sopra [ q. 35, a. 4 ] abbiamo notato.
Di conseguenza, per il suo influsso sulle condizioni del soggetto, qualsiasi piacere può alleviare qualsiasi tristezza.
2. I piaceri dei malvagi non producono tristezza nel presente, ma nel futuro: cioè quando i malvagi si pentono del male in cui provarono godimento.
E a questa tristezza si rimedia con i piaceri contrari.
3. Quando due cause spingono verso moti contrari, l'una è di ostacolo all'altra, ma finisce col prevalere la più forte e la più tenace.
Ora, in colui che è addolorato per il ricordo di quanto era solito godere con l'amico morto o assente si trovano due cause di moti contrari.
Infatti il pensiero della morte o dell'assenza dell'amico inclina al dolore; il bene presente, invece, inclina al godimento.
Quindi l'uno attenua l'altro.
Ma poiché la percezione sensibile del presente muove più fortemente della memoria del passato, e l'amore verso se stessi è più tenace dell'amore verso gli altri, alla fine il piacere scaccia il dolore.
Quindi S. Agostino aggiunge poco dopo [ Conf. 4,8.13 ] che « il suo dolore cedeva davanti ai medesimi piaceri di una volta ».
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