Summa Teologica - I-II |
In 3 Sent., d. 23, q. 1, a. 4, sol. 1; De Virt., q. 1, a. 7
Pare che gli abiti intellettivi di ordine speculativo non siano virtù.
1. La virtù, come si è visto [ q. 55, a. 2 ], è un abito operativo.
Ma gli abiti speculativi non sono operativi: infatti speculativo si contrappone a pratico, cioè a operativo.
Quindi gli abiti speculativi dell'intelletto non sono virtù.
2. La virtù va attribuita a quelle cose per cui un uomo è reso felice, o beato: poiché, come dice Aristotele [ Ethic. 1,9 ], « la felicità è il premio della virtù ».
Ora gli abiti intellettivi, più che degli atti e degli altri beni umani che assicurano all'uomo la beatitudine, si interessano della natura e di Dio.
Perciò tali abiti non possono essere considerati virtù.
3. La scienza è un abito speculativo.
Ora, Aristotele [ Topic. 4,2 ] dimostra che la scienza e la virtù sono distinte come due generi non subalternati.
Quindi gli abiti speculativi non sono virtù.
Soltanto gli abiti speculativi considerano le realtà necessarie, che sono immutabili.
Ma il Filosofo [ Ethic. 6, cc. 1,3,6 ] pone delle virtù intellettive nella parte dell'anima che ha per oggetto le realtà necessarie e immutabili.
Quindi gli abiti speculativi dell'intelletto sono virtù.
Come si è già spiegato [ q. 55, a. 3 ], la virtù si definisce in rapporto al bene, per cui un abito può dirsi virtù in due modi [ cf. q. 56, a. 3 ]: primo, perché conferisce una capacità di ben operare; secondo, perché con la capacità dà anche il buon uso di essa.
Ma questo, come si è detto [ q. 56, a. 3 ], appartiene solo agli abiti della parte appetitiva: poiché spetta alla parte appetitiva dell'anima l'uso di tutte le potenze e degli abiti.
Siccome dunque gli abiti intellettivi di ordine speculativo non perfezionano, e in nessun modo riguardano, la parte appetitiva, ma soltanto la parte intellettiva, possono certo essere denominati virtù in quanto conferiscono la capacità di quella buona operazione che è la considerazione [ attuale ] del vero ( questo infatti è il ben operare dell'intelletto ), tuttavia non sono virtù in quell'altro senso, cioè non conferiscono il buon uso della facoltà e dell'abito.
Chi infatti ha l'abito di una scienza speculativa non ha per questo l'inclinazione a usarne, bensì la sola capacità di scorgere la verità nelle cose di cui ha la scienza; ma che faccia uso della sua scienza dipende dalla mozione della volontà.
Quindi le virtù che perfezionano la volontà, come la carità e la giustizia, rendono anche moralmente buono l'uso di queste scienze speculative.
Ed è per questo che ci può essere un merito anche nell'esercizio di questi abiti, quando proviene dalla carità: anzi, S. Gregorio [ Mor. 6,37 ] afferma che la vita « contemplativa è più meritoria di quella attiva ».
1. L'operazione è di due specie: esteriore e interiore.
Perciò il pratico od operativo che si contrappone allo speculativo si riferisce all'operazione esteriore, con la quale non ha rapporto l'abito speculativo.
Questo però si riferisce all'operazione interiore dell'intelletto, cioè alla speculazione del vero.
E in questo senso è un abito operativo.
2. In due modi una virtù può riguardare una cosa.
Primo, considerandola come suo oggetto.
E in questo senso le virtù speculative non riguardano ciò per cui un uomo diviene beato; a meno che non si prenda il per come indicativo della causa efficiente o dell'oggetto della beatitudine perfetta, cioè di Dio, che è l'oggetto principale della speculazione.
- Secondo, considerando una data cosa come atto [ della virtù ].
E in questo senso le virtù intellettuali riguardano ciò per cui un uomo diviene beato.
Sia perché gli atti di queste virtù possono essere meritori, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ], sia anche perché essi sono un preludio della perfetta beatitudine, la quale consiste, come si è detto [ q. 3, a. 7 ], nella contemplazione della verità.
3. La scienza si contraddistingue dalla virtù se prendiamo quest'ultima nel secondo dei modi indicati [ nel corpo ], perché allora è propria delle potenze appetitive.
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