Summa Teologica - I-II |
In 2 Sent., d. 42, q. 2, a. 2, sol. 2; In Psalm. 25
Pare che non sia giusto distinguere i peccati in peccati verso Dio, verso se stessi e verso il prossimo.
1. Ciò che è comune a tutti i peccati non può essere considerato come parte nella suddivisione dei peccati.
Ora, l'allontanamento da Dio è comune a tutti i peccati: abbiamo infatti trovato nella definizione del peccato l'espressione: « contro la legge di Dio ».
Perciò i peccati verso Dio non possono essere considerati come una parte nella suddivisione del peccato.
2. I membri di ogni divisione devono essere contrapposti.
Invece questi tre generi di peccati non sono contrapposti: poiché chi pecca contro il prossimo pecca pure contro se stesso e contro Dio.
Quindi il peccato non è ben diviso secondo queste tre aspetti.
3. Ciò che è estrinseco non può dare la specie.
Ma Dio e il prossimo sono fuori di noi.
Quindi i peccati non possono derivare da essi una distinzione specifica.
Perciò non è giusto dividere i peccati in base ai tre aspetti suddetti.
S. Isidoro [ Ugo di S. Vitt., Summa Sent. 3,16 ], nel distinguere i peccati tra loro, ricorda che « siamo soliti dire che l'uomo pecca verso se stesso, verso Dio e verso il prossimo ».
Il peccato, come si è visto [ q. 71, a. 1 ], è un atto disordinato.
Ora, nell'uomo ci devono essere tre tipi di ordine.
Uno in rapporto alla regola della ragione: in quanto cioè tutti i nostri atti e le nostre passioni devono essere misurate a norma della ragione.
Un altro ordine invece in rapporto alla regola della legge divina, che deve guidare l'uomo in tutte le cose.
E se l'uomo fosse essenzialmente un animale solitario questi due ordini sarebbero sufficienti; ma siccome egli è un animale politico e socievole, come dimostra Aristotele [ Polit. 1,1 ], è necessario un terzo tipo di ordine, in forza del quale l'uomo viene ordinato rispetto agli altri uomini con i quali deve convivere.
Ora, tra questi ordini il primo abbraccia il secondo e lo sorpassa.
Infatti tutto quanto è incluso nell'ordine della ragione è implicito nell'ordine di Dio stesso, mentre nell'ordine di Dio troviamo cose che sorpassano la ragione umana, come le realtà della fede e quelle dovute a Dio soltanto.
Per colui che pecca in cose di tal genere si dice dunque che pecca contro Dio: come fanno l'eretico, il sacrilego e il bestemmiatore.
- Parimenti il secondo di questi ordini include il terzo e lo sorpassa.
Poiché in tutti i doveri verso il prossimo dobbiamo accettare la regola della ragione, però in certe cose la ragione ci dirige soltanto rispetto a noi stessi.
E quando si pecca in tali cose si dice che uno pecca contro se stesso: è questo il caso del goloso, del lussurioso e del prodigo.
Invece quando uno pecca nei doveri verso il prossimo si dice che pecca contro il prossimo: come è evidente nel caso del ladro e dell'omicida.
Ora, le realtà in base alle quali si attua l'ordine dell'uomo verso Dio, verso il prossimo e verso se stesso sono diverse.
Per cui tale distinzione dei peccati è secondo l'oggetto, che diversifica la specie dei peccati.
Si tratta quindi propriamente di una distinzione specifica dei peccati.
Infatti anche le virtù contrarie si distinguono specificamente tra loro secondo questa divisione: abbiamo infatti dimostrato [ q. 62, a. 1; q. 66, aa. 4,6 ] che l'uomo è ordinato verso Dio dalle virtù teologali, verso se stesso dalla temperanza e dalla fortezza e verso il prossimo dalla giustizia.
1. Peccare contro Dio è comune a tutti i peccati, dato che l'ordine verso Dio include tutto l'ordine umano.
In quanto però l'ordine verso Dio sorpassa gli altri due ordini, il peccato contro Dio è un genere speciale di peccato.
2. Quando si distinguono tra loro cose che sono incluse in parte l'una nell'altra, la distinzione viene impostata non su quanto hanno in comune, ma sull'eccedenza dell'una sull'altra.
Come è evidente nella distinzione dei numeri e delle figure: infatti il triangolo non si distingue dal quadrato in quanto è incluso in esso, ma in quanto ne viene sorpassato; e lo stesso si dica per il tre rispetto al quattro.
3. Sebbene Dio e il prossimo siano esterni a chi pecca, non sono però esterni all'atto peccaminoso, ma ne sono l'oggetto proprio.
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