Summa Teologica - I-II |
Supra, a. 2; De Malo, q. 7, a. 1, ad 18; a. 3, ad 9
Pare che un peccato mortale possa divenire veniale.
1. Dal peccato mortale al veniale c'è la stessa distanza che si trova dal veniale al mortale.
Ma un peccato veniale, come si è detto [ a. 4 ], può divenire mortale.
Quindi anche un peccato mortale può divenire veniale.
2. La differenza che si riscontra tra il peccato veniale e il mortale sta in questo: che chi pecca mortalmente ama la creatura più di Dio, mentre chi pecca venialmente la ama al disotto di Dio.
Ora, può capitare che qualcuno, nel commettere azioni che nel loro genere sono peccati mortali, ami la creatura al disotto di Dio: p. es. se uno fornicasse ignorando che la semplice fornicazione è un peccato mortale ed è contraria alla carità di Dio, e fosse pronto per amore di Dio ad astenersi da essa se conoscesse di agire con la fornicazione contro la carità di Dio.
Costui dunque peccherà venialmente.
Quindi un peccato mortale può divenire veniale.
3. Il bene è più distante dal male, come si è già notato sopra [ a. prec., ob. 3 ], di quanto il peccato veniale lo sia dal mortale.
Eppure un atto che in se stesso è cattivo può diventare buono: l'omicidio, p. es., può diventare un atto di giustizia, come è evidente nel caso del giudice che uccide un brigante.
A maggior ragione, quindi, un peccato mortale può cambiarsi in veniale.
Ciò che è eterno non potrà mai divenire temporaneo.
Ma il peccato mortale merita una pena eterna, mentre quello veniale ne merita una temporanea.
Quindi un peccato mortale non può mai trasformarsi in veniale.
Come si è già accennato [ a. 1, ad 1 ], il veniale e il mortale differiscono come l'imperfetto e il perfetto in materia di peccato.
Ora, ciò che è imperfetto può raggiungere la perfezione mediante nuovi elementi.
Per cui anche un peccato veniale, col sopravvenire di una deformità propria dei peccati mortali, diviene mortale: come quando uno dice delle parole oziose per commettere una fornicazione.
Invece ciò che è perfetto non può divenire imperfetto con l'aggiunta di altri elementi.
Perciò un peccato mortale non diventa veniale con l'aggiunta di qualche deformità propria dei peccati veniali: infatti il peccato di chi compie una fornicazione per dire una parola oziosa non viene per questo diminuito, ma anzi si aggrava per questa nuova deformità.
Tuttavia ciò che nel suo genere è un peccato mortale può essere invece veniale per l'imperfezione dell'atto, come sopra [ a. 2 ] si è notato, inquantoché non raggiunge perfettamente la natura di atto morale, non essendo deliberato, ma improvviso.
E ciò avviene mediante una certa inavvertenza, vale a dire per la mancata deliberazione della ragione.
E poiché da tale deliberazione l'atto riceve la sua specie morale, la sottrazione di essa dissolve la specie dell'atto.
1. Il peccato veniale differisce dal mortale come ciò che è imperfetto dalla sua perfezione, cioè come il bambino dall'uomo adulto.
Ora, il bambino può divenire un uomo adulto, ma non viceversa.
Perciò l'argomento non regge.
2. Se l'ignoranza è tale da scusare totalmente il peccato, come nel caso di un pazzo furioso o demente, allora chi commette la fornicazione suddetta per ignoranza non fa peccato, né mortale né veniale.
Se però l'ignoranza non è invincibile, allora essa stessa è un peccato, e implica una mancanza di amore verso Dio, in quanto uno ha trascurato di imparare le cose atte a conservarlo nell'amicizia di Dio.
3. Come insegna S. Agostino [ Contra mendacium 1,4.7 ], « le cose che sono cattive in se stesse nessun fine può renderle buone ».
Ora, l'omicidio è l'uccisione di un innocente: quindi in nessun modo può mutarsi in un bene.
Ma il giudice che uccide un brigante, o il soldato che uccide il nemico, non vengono detti omicidi, come afferma S. Agostino [ De lib. arb. 1,7.16 ].
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